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La formazione del Nuovo Testamento nelle sue tre dimensioni PDF

141 Pages·2011·6.978 MB·Italian
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ROMANO PENNA La formazione del Nuovo Testamento nelle sue tre dimensioni ~ SAN flt\OLO ©EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2011 Piazza Soncino, 5 -20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Corso Regina Margherita, 2 -10153 Torino ISBN 978-88-215-7160-2 PRESENTAZIONE Quando si parla di Nuovo Testamento si usa in realtà un costrutto ambiguo. Esso infatti ha almeno tre diversi signi ficati. In un primo senso, primo perché basilare, Nuovo Testa mento va inteso a un livello storico-salvifico: si fa cioè riferi mento all'alleanza o alla disposizione o al patto nuovo che Dio ha sancito con l'uomo in Gesù Cristo, oltrepassando (o inglobando?) il Testamento Antico della Legge donata a Mo sè sul Sinai. Senza questo primo livello di significato non ci sarebbero gli altri due livelli, cosa che troppo spesso si ten de a dimenticare o a sottovalutare. Un secondo senso, che è quello dell'uso più corrente, in tende con Nuovo Testamento il complesso letterario dei ven tisette scritti qualificati appunto come «neotestamentari». Essi in realtà non fanno altro che documentare quel primo livello, impiegando generi letterari molto diversi (narrazioni su Gesù e sulla Chiesa primitiva, lettere di autori assai di sparati e, persino, un'enigmatica apocalisse). Tutti però te stimoniano in forme sfaccettate il fatto di un nuovo ordina mento concesso per grazia da Dio in Cristo. Un terzo significato si applica a questi scritti sotto il pun to di vista della loro accettazione normativa da parte della comunità cristiana. Si intende cioè il Nuovo Testamento co me canone. Ne consegue che lo studio dei testi «canonici» 6 LA FORMAZIONE DEL NUOVO TESTAMENTO deve tenere conto del fatto che la loro accoglienza comportò una scelta che ne escludeva altri più o meno coevi e che quin di faceva valere un evidente giudizio di valore, di cui sarà in teressante conoscere i criteri che lo motivarono. In tutte e tre le accezioni è fondamentale l'idea di un di venire, cioè di una maturazione nel tempo e quindi di una formazione, lenta e anche travagliata, che fa vedere bene co me nell'ottica (giudaico-)cristiana del compiersi di una ri velazione divina non tutto avviene in un colpo solo; c'è inve ce bisogno di apporti successivi e plurali spalmati su un ar co temporale di una certa ampiezza. Le pagine che seguono sono appunto impostate seguendo questa triplice distinzione, nella quale si esaurisce anche l'in tera semantica del costrutto in questione (Nuovo Testamen to). Alle tre sezioni si farà precedere un'illustrazione del con cetto stesso di «testamento», di cui i tre gradi appena men zionati non sono che una differenziata esplicitazione. Inutile dire che l'argomento potrebbe essere trattato (e in parte ciò è già stato fatto da altri) con un'estensione mol to maggiore. Qui mi propongo di offrire una sintesi, densa ma completa, di un sintagma che è fondamentale per com prendere l'identità cristiana. Così infatti Agostino commen tava brillantemente il Salmo 32(33),3 («Cantate al Signore un canto nuovo»): «Spogliatevi di quanto in voi è vecchio: avete conosciuto il cantico nuovo. Nuovo uomo, Nuovo Te stamento, nuovo cantico. Il cantico nuovo non compete a uo mini vecchi: lo apprendono solo gli uomini nuovi, che sono stati svecchiati per mezzo della grazia e che già appartengo no al Nuovo Testamento» (Esposizioni sui Salmi 32,2,8). Il senso di novità dunque è il vero leitmotiv che ha ac compagnato la scrittura di queste pagine e che mi auguro passi anche nella intelligenza e nel cuore dei lettori. ROMANO PENNA I DAL NUOVO TESTAMENTO ALL'ANTICO 1. L'idea di «testrunento» Una precisazione va subito premessa: se parliamo di Nuo vo Testamento, è solo perché a monte ammettiamo lesistenza e riconosciamo l'importanza di un Testamento Antico (da al cuni detto Primo, a mio parere impropriamente)1. Questa constatazione ci confronta subito e inevitabilmente con Israe le, da cui traiamo l'idea stessa di «testamento» nel senso re ligioso del termine, inteso come decisione presa e dispiega ta da Dio a favore di un popolo che Egli considera suo e da cui attende una corrispondenza adeguata. Va precisato che il vocabolo italiano «testamento» è un la tinismo che rende la parola greca dia-theke, la quale nella sua etimologia esprime l'idea di un qualcosa che, intercorrendo in un rapporto bilaterale, risulta «posto tra» due partner2• A sua volta, il vocabolo greco rende l'ebraico berìt. Quest'ulti mo termine però ha per lo più il significato di un'obbliga- 1 Si possono trovare più ampi sviluppi in R. Penna,.«Appunti sul come e perché il Nuovo Testamento si rapporta all'Antico», Biblica 81 (2000) 95-104; inoltre H. He germann, voce «diatheke», in Dizionario esegetico del Nuovo Testamento, a cura di H. Balze G. Schneider, voi. 1, Paideia, Brescia 2004, 789-797. Quanto alla qualifica im propria dell'Antico Testamento come «primo», cfr. quanto dirò in seguito (pag. 11 ). 2 Così per esempio avviene in un'unione matrimoniale (cfr: Aristofane, Uccelli 439-440) o in una disposizione testamentaria nei confronti di eredi (cfr. Platone, Leggì 11,923e). 8 LA FORMAZIONE DEL NUOVO TESTAMENTO zione unilaterale affine al giuramento: con esso Dio si vin cola a un uomo o a un popolo3• Per esempio, in Gen 17,2 Dio dice ad Abramo: «Stabilirò la mia berìt!diatheke tra me e te», con riferimento alla pro messa gratuita di una numerosa discendenza (in Gen 12,3; cfr. At 3,25). Bello è il commento che ne fa Filone di Ales sandria, filosofo ebreo contemporaneo di Gesù: «Si redigo no delle diathekai nell'interesse di coloro che sono degni di ricevere un dono, poiché la diatheke è il simbolo della grazia che Dio ha stabilito tra di sé che l'accorda e l'uomo che lari ceve; il colmo del beneficio è che non c'è nulla tra Dio e l'a nima che non sia la pura grazia»4• Come si vede, il significa to primario non è quello di una alleanza o patto scambie vole, ma quello di un semplice favore, dettato da benevolenza. Certo è che occorre evitare di applicare alle pagine bibliche l'idea per noi corrente di un testamento lasciato come espres sione delle ultime volontà di una persona defunta. Propria mente, infatti, «né patto, né testamento rendono il senso pro prio che ha il concetto di diatheke nella Bibbia. Il suo signi ficato resta sempre quello di disposizione di Dio, autoritativa comunicazione della sovrana volontà di Dio nella storia me diante la quale egli definisce il rapporto tra lui e l'uomo ìn conformità del suo piano salvifico»5• 3 Si veda l'ottima voce di A. Wénin, «Alleanza», in Temi teologici della Bibbia, a cura di R. Penna, G. Perego e G. Ravasi, San Paolo, Cinisello Balsamo 2010, 23-31. Uno studio fondamentale, che esamina il concetto in parallelismo con un mate riale del Vicino Oriente antico, resta quello di D.J. McCarthy, Treaty and Covenant. A Study in Form in the Ancient Orienta! Documents and in the Old Testament, Pont. Istituto Biblico, Roma 21978. 4 Filone di Alessandria, Il mutamento dei nomi 52-53. Addirittura, commen tando il testo greco di Gen 9,11 («Stabilirò la mia alleanza a te»), egli scrive: «A dif ferenza di quanti fanno doni diversi da quelli che li ricevono, Dio non solo fa di que sti doni ma consegna a se stessi quelli che li ricevono; egli infatti mi ha donato a me stesso e ha donato ciascuno a se stesso. Dire: "Stabilirò la mia alleanza a te" significa: "Ti ho donato a te stesso"»(/ sogni 2,224). 5 J. Behm, «diatheke», in Grande Lessico del Nuovo Testamento 2, 1078-1094, qui 1092-1093. DAL NUOVO TESTAMENTO ALL'ANTICO 9 Tuttavia, c'è poi il rapporto stabilito da Dio con l'intero po polo d'Israele per il tramite di Mosè, come si legge per esem pio in Dt 5,2-3: «Il Signore nostro Dio strinse con noi una berit!diatheke all'Oreb. Non con i nostri padri il Signore strin se questa berit!diatheke, ma con noi che oggi siamo qui tutti in vita». In questo caso subentra come costitutivo fonda mentale del concetto in questione quello di {<legge», secondo cui l'obbligazione non è solo quella di Dio verso il suo popolo ma anche quella del popolo verso Dio, che come due poli ven gono ad appartenersi l'un l'altro. Infatti, le parole appena ci tate dal libro del Deuteronomio sono precedute da questo primo versetto: «Ascolta, Israele, le leggi e le norme che og gi io proclamo dinanzi a voi: imparatele e custoditele e met tetele in pratica». Segue la enumerazione delle Dieci Parole o Dieci Comandamenti (cfr. Dt 5,6-21 =Es 20,1-17). Certo non è privo di interesse il fatto che questi comandamenti sia no sprovvisti di sanzioni penali per i trasgressori; e già Fi lone di Alessandria riteneva che questa assenza fosse moti vata dal fatto che in essi c'è all'opera Dio stesso, il quale è buono ed è causa solo del bene, non del male (Il Decalogo 176-177). In ogni caso, secondo il testo biblico, le leggi vann<? con cretamente eseguite: «Osservale e mettile in pratica con tut to il cuore e con tutta l'anima ... il Signore ha dichiarato di essere il tuo Dio, ma solo se tu cammini per le sue vie, os servi i suoi comandamenti, le sue leggi e le sue norine e ascol ti la sua voce» (Dt 26,16-17; un'eco di queste parole si trova in Ger 26,4-6). Come si vede, l'idea originaria di pura dona zione trapassa in quella che potremmo chiamare di un con traccambio, tanto che vengono formulate a Israele delle ri chieste molto esigenti, condizionate dalla prospettiva di ve re e proprie maledizioni: «Se non ascolti la voce del Signore tuo Dio, impegnandoti a mettere in pratica tutti i suoi co mandi e le sue leggi che oggi ti do, verranno su di te e ti 10 LA FORMAZIONE DEL NUOVO TESTAMENTO colpiranno tutte queste maledizioni» (Dt 28,15, che continua con una lunga serie di anatemi nei vv. 16-68). Queste stesse esecrazioni entrano a fare parte dell'idea in questione, poi ché al termine della loro lunga enumerazione leggiamo: «Que ste sono le parole della berWdiatheke che il Signore ordinò a Mosè di concludere con i figli d'Israele» (Dt 28,69). Addi rittura il testo ebraico di Dn 7,13 che parla della «Torà (leg ge) di Mosè» viene tradotto nella versione greca con «diatheke (testamento/alleanza) di Mosè», facendo conispondere l'al leanza con la legge. Con queste premesse si comprende be ne perché l'antico Midrash rabbinico sull'Esodo, a proposi to di Es 12,6, dica chiaro e tondo che «non c'è altra berìt se non la Torà». A questo punto è evidente che il termine ebraico con il suo corrispettivo greco non può essere tradotto solo con «giu ramento» nel senso di un'iniziativa del tutto personale e per così dire unilaterale, ma acquista una chiara dimensio ne di bilateralità equivalente all'idea di <<alleanza/patto», come di solito si rende il vocabolo nella nostra lingua. 2. Testamento Antico e Testamento Nuovo Il sintagma «Antico Testamento» è di conio non ebraico ma cristiano. Il primo a impiegarlo è l'apostolo Paolo in 2Cor 3,14 a proposito degli Israeliti che non hanno creduto al Van gelo: «Fino ad oggi quel medesimo velo rimane quando si legge l'Antico Testamento e non si rende manifesto che Cri sto lo ha abolitò»6• Evidentemente il riferimento è.di carat tere letterario, in quanto si prendono in considerazione gli 6 Per un commento, cfr. F. Manzi, Seconda lettera ai Corinzi, Paoline, Milano 2002, 150-152, e A. Pitta, La seconda lettera ai Corinzi, Borla, Roma 2006, 182- 185.

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