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La fine di una teoria. Il collasso del marxismo storico del Novecento PDF

204 Pages·1996·4.586 MB·Italian
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Testi e Studi 123 Gianfranco La Grassa Costanzo Preve IL COLLASSO DEL MARXISMO STORICO DEL NOVECENTO EDIZIONI UNICOPLI "Vorremmo mettere subito in guardia il lettore da un possibile fraintendi­ mento. Anche se parliamo di "fine di una teoria", in modo che fin dal titolo appaia chiara la nostra concezione e non siano possibili interpretazioni possibilistiche, opportunistiche e concordistiche, non riteniamo di avere teoricamente nulla in comune con l’odierna retorica della cosiddetta fine della storia (Francis Fukuyama) o della fine del comuniSmo come di una grande illusione utopica e totalitaria (Francois Furet). Riteniamo che in tutta questa retorica della "fine" ci sia soltanto un rispec­ chiamento congiunturale dell’attuale dominio mondiale, che sembra effet­ tivamente per ora incontrastato ed incontrastabile, delle grandi oligarchie finanziarie transnazionali (Fukuyama)". Gianfranco La Grassa. Docente di Economia politica nell'Università di Venezia. Ha approfondito gli studi di teoria dei modi di produzione con Charles Bettelheim all’Eco^ des Hautes Etudes en Sciences Sociales. Autore di una ventina di libri (tra individuali e collettanei) e di decine di articoli (alcuni tradotti in francese e spagnolo) sul marxismo e la teoria della società capitalistica. Costanzo Preve ha stidiato Filosofia e Scienze politiche in Università ita­ liane e straniere. È autore di numerosi saggi filosofici inerenti soprattutto alla storia del marxismo nel suo rapporto con le grandi filosofie dell'Otto­ cento e del Novecento. ISBN 88-400-0409-2 L. 25.000 9 788840 0 Gianfranco La Grassa Costanzo Preve LA FINE DI UNA TEORIA Il collasso del marxismo storico del Novecento EDIZIONI UNICOPLI Copertina : Studio grafico Strada Copyright © 1996 by Edizioni Unicopli spa Edizioni Unicopli, Alzaia Naviglio Grande, 98 20144 Milano-tei. 02/58107155, 58101140 Ristampa 10 987654321 1996 1997 1998 1999 2000 ISBN 88-400-0409-2 Prima edizione: febbraio 1996 È vietata la riproduzione, anche parziale, a uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, non autorizzata. Indice p. 9 Introduzione L'ENIGMA DEL COMUNISMO PRIMA, DURANTE E DOPO MARX E IL COMUNISMO STORICO DEL NOVECENTO, di Costanzo Preve 17 1. Il comuniSmo precapitalistico. La volontà di Dio e la conformità alla natura 17 LI l cuore del problema nei suoi tratti essenziali 19 II. Alcune ragioni che rendono oggi indispensabile per noi 10 studio del comuniSmo precapitalistico 23 III. Il comuniSmo come realizzazione della volontà di Dio attraverso messia e/o profeti 27 IV. Il comuniSmo come manifestazione dell'Essere sociale originario conosciuto attraverso la ragione filosofica 31 V. Il comuniSmo come conformità alla natura e ai bisogni autentici che da essa direttamente discendono 34 VI. Il ritorno del rimosso: le eredità novecentesche dei comuniSmi precapitalistici 39 2. Il comuniSmo di Marx nelle sue dimensioni metafisiche, epistemologiche e ideologiche 11 cuore del problema nei suoi tratti essenziali 42 I. Il marxismo di Marx e la differenza tra ricostruzione e coerentizzazione 44 II. I! modello marxiano della transizione necessaria dal capitalismo al comuniSmo 48 III. Lo spazio metafisico del pensiero di Marx 51 IV. Lo spazio epistemologico del pensiero di Marx 55 V. Lo spazio ideologico del pensiero di Marx 6 p. 59 3. Il comuniSmo nei marxismi storicamente esistiti nell'Ottocento e Novecento 59 I. Il cuore del problema nei suoi tratti essenziali 61 II. L'ideologia socialdemocratica fra evoluzionismo e positivismo 63 III. La natura storica del comuniSmo novecentesco dopo il 1917 67 IV. Le cause strutturali della dissoluzione del comuniSmo storico novecentesco nel 1989-91 72 V. Le basi fragili del comuniSmo ideale e filosofico del Novecento 75 VI. Le due eredità del comuniSmo storico novecentesco 81 4. Marx e il comuniSmo del Novecento 81 I. Il cuore del problema nei suoi tratti essenziali 82 II. Il problema del lavoro salariato e sfruttato oggi 86 III. L'irrazionalismo globale dal fondamentalismo religioso al conservatorismo capitalistico 90 IV. Il problema cruciale del nuovo soggetto rivoluzionario­ comunista 97 V. Il capitalismo della terza rivoluzione industriale, la sua nobiltà, il suo clero, il suo Terzo stato 105 VI. Il comuniSmo moderno della libera individualità, unico illuminismo e unico romanticismo possibili per il Terzo stato della terza rivoluzione industriale 111 VII. Le due distinte prospettive concrete del comuniSmo di oggi RICOSTRUIRE IL CONCETTO DI MODO DI PRODUZIONE CAPITALISTICO (PER RIPENSARNE LA TRASFORMAZIONE), di Gianfranco La Grassa 117 1. Mance il comuniSmo 117 I. Impostazione del problema 121 II. La cosiddetta socializzazione delle forze produttive 124 III. 1 due stadi del comuniSmo 133 IV. Permanenza o estinzione di Stato e mercato 143 2. Marx e il capitalismo 143 I. La fase attuale: fine del comuniSmo del Novecento e transizione capitalistica 149 li. La prima distorsione del pensiero di Marx da parte del marxismo 155 III. Modo di produzione capitalistico e teoria del valore in Marx 7 p. 161 IV. La seconda distorsione del pensiero di Marx 165 V. Per tornare a Marx 173 3. Il modello di Marx e la sua possibile revisione 173 1. La teoria generale di Marx e le mistificazioni delle ideologie correnti 178 II. Le ipotesi di Marx sulla trasformazione sociale 185 III. La revisione del modello di Marx 193 IV. Ipotesi sui raggruppamenti sociali dopo la revisione 203 V. Conclusioni 207 Indice dei nomi Introduzione È stato detto, in modo molto acuto, che udire è un fenomeno fisiolo­ gico, mentre ascoltare è un atto psicologico. L'ascolto presuppone dunque una sorta di disposizione primaria, basata sul fatto che si ritiene impor­ tante il contenuto di ciò che ci viene comunicato. Come tutti i saggisti, grandi o piccoli, dotati o mediocri, anche noi vorremmo essere ascoltati. Ciò non comporta affatto, ovviamente, l’arrogante pretesa della con­ divisione automatica. Ci basti, ed anzi ci avanza, la presa in considera­ zione onesta e razionale delle argomentazioni che portiamo, che rite­ niamo sinceramente dotate di un certo valore teorico. In prima appros­ simazione, non vediamo nulla di particolarmente originale nella riaffer­ mazione del fatto, apparentemente ben noto a tutti gli studiosi, per cui in Marx le nozioni di capitalismo e di comuniSmo sono pensate ab origine in modo ontologicamente ed assiologicamente unitario, e le stesse ca­ tegorie del "comuniSmo" sono dialetticamente ricavate dallo sviluppo temporale delle determinazioni storiche e sociali del modo di produzio­ ne capitalistico, e non vengono invece per nulla "sovrapposte" ad esso sulla base di una sorta di protesta morale o di un'invocazione al ristabi­ limento della comunità perduta. Per gli studiosi seri di Marx e di marxismo, questa è un'assoluta ov­ vietà. Non ci saremmo mai permessi di suggerire un titolo tanto provo­ catoriamente netto e reciso, che parla di fine di una teoria e di collasso del marxismo storico del Novecento, se non fossimo stati profondamen­ te convinti che è necessario prendere fermamente congedo da una teo­ ria (o meglio, da una costellazione di teorie convergenti) che ha dimen­ ticato questa fondamentale ovvietà trasmessagli dal suo fondatore, in­ seguendo un'interminabile serie di giustificazioni ideologiche e retoriche allo scopo di censurare, rimuovere ed occultare lo scarto fra la diagnosi marxiana e gli esiti della storia del Novecento. Si tratta di un atto di ri­ spetto nel confronti del pensiero marxiano originario, che non conside­ 10 riamo in alcun modo un "fallimento" teorico, scientifico o filosofico che sia, ma che riteniamo anzi essere per molti versi un orizzonte tuttora in­ superato, in particolare per ciò che concerne la centralità metodologica ed epistemologica della nozione di modo di produzione storicamente determinato. Vorremmo inoltre mettere subito in guardia il lettore da un possibile fraintendimento. Anche se parliamo di "fine di una teoria", in modo che fin dal titolo appaia chiara la nostra concezione e non siano possibili in­ terpretazioni possibilistiche, opportunistiche e concordistiche, non rite­ niamo di avere teoricamente nulla in comune con l'odierna retorica della cosiddetta fine della storia (Francis Fukuyama) o della fine del comuni­ Smo come di una grande illusione utopica e totalitaria (Francois Furet). Riteniamo che in tutta questa retorica della "fine" ci sia soltanto un rispecchiamento congiunturale dell'attuale dominio mondiale, che sem­ bra effettivamente per ora incontrastato ed incontrastabile, delle grandi oligarchie finanziarie transnazionali (Fukuyama), cui si unisce in modo subalterno ed addirittura un po' ridicolo l'esito terminale dei processi psicologici ed esistenziali di "delusione" verso il comuniSmo di intellet­ tuali che a suo tempo verso il comuniSmo ebbero un fugace innamora­ mento giovanile (Furet). Il lettore attento si renderà facilmente conto che lo stile del nostro ragionamento non ha nulla a che fare con questa retorica della "fine", che fra qualche decennio verrà certamente giudicata in modo severo dai nostri figli e nipoti. Vi è però un elemento paradossale ed anzi un po' surreale della si­ tuazione attuale che ci ha costretti ad usare una formula tanto netta e tranchante come quella di "fine di una teoria", e faremo due esempi per farci capire meglio. Immaginiamo che un pubblico di studiosi e di filosofi, che si ritiene serio, informato ed aggiornato, chieda a gran voce che il vecchio orizzon­ te metafisico di origine medioevale venga coraggiosamente superato, e che pertanto si vada verso il criticismo di Kant, l'idealismo di Hegel ed il materialismo di Marx, ma nello stesso tempo ci si astenga dallo scrivere la Dialettica Trascendentale di kantiana memoria, perché sarebbe troppo "distruttiva" e "demonizzante" nei confronti di tutti i "lati positivi" della vecchia credenza metafisica neH'immortalità dell’anima e dell'esistenza di Dio. Si innovi dunque con coraggio, ma non si tocchino le "credenze" dei semplici, che non devono essere "scandalizzati" da un eccesso di razio­ nalismo iconoclasta che potrebbe infrangere le loro certezze. Immaginiamo ancora che un pubblico di fisici e di astronomi, che si ritiene serio, informato ed aggiornato, chieda a gran voce che le scienze della natura vengano coraggiosamente coltivate, e che pertanto si vada 11 verso la teoria della gravitazione universale e della relatività generale e speciale, ma che nello stesso tempo si mantenga ad ogni costo il pre­ supposto geocentrico della terra piatta, senza il quale le stesse innova­ zioni scientifiche sembrerebbero "ingiuste" ed "unilaterali" nei confronti di una gloriosa tradizione i cui aspetti "edificanti" non devono essere mai dimenticati, se non vogliamo "perdere le nostre radici". A questo punto il lettore penserà di essere in pieno teatro dell'assur­ do e del paradosso, perché è assolutamente evidente che per procedere verso la filosofia contemporanea bisogna rompere con la metafisica tradi­ zionale (sia pure "nobile" come era quella di Leibniz e di Wolf), e per sviluppare la fisica moderna è necessario rompere con la teoria della terra piatta. Ebbene, questa scandalosa assurdità, che salta agli occhi di qualunque lettore anche distratto, è stata per più di un secolo la normali­ tà della dinamica teorica del marxismo storico novecentesco, e continua ad essere ancor oggi la normalità nella stanca riproduzione di pressoché tutti i marxismi fondamentalisti ancora esistenti, sia di quelli di origine ortodossa sia di quelli di origine variamente "eretica" e minoritaria. Del tutto indipendentemente dall'adesione o meno all'epistemologia pop- periana (cui noi non aderiamo), è evidente che nella logica di ogni pro­ getto scientifico (come era quello di Marx) ci sta fisiologicamente anche la possibile "falsificazione" di tutti, o alcuni, dei suoi elementi portanti. Nella fattispecie, riteniamo tuttora valido il concetto che a suo tem­ po Marx ha "costruito", quello di modo di produzione sociale (e di modo di produzione capitalistico in particolare), un concetto, fra l'altro, che non è suscettibile di falsificazione epistemologica popperiana per la sua natura intimamente non "realistica" (nel senso preciso del realismo gno­ seologico), e che nello stesso tempo continua ad essere la migliore ap­ prossimazione possibile per cogliere la dinamica riproduttiva globale della totalità mondializzata dei rapporti sociali di produzione oggi esi­ stenti. A fianco di questo concetto fondamentale, in cui ci riconosciamo consapevolmente (per cui, civettando con un'espressione crociana, non possiamo non dirci "marxisti" nel senso di allievi di Marx), vi sono due "pilastri" della tradizione marxiana novecentesca, i cui presupposti sono però già presenti in Marx (ed ecco perché è del tutto illusorio pensare di poter "ritornare" a Marx "saltando" il marxismo), con cui intendiamo rompere recisamente, anche se questo implica una dolorosa rottura cul­ turale, politica ed esistenziale con molti ambienti italiani ed internazio­ nali. In primo luogo, non riteniamo che esista una dinamica immanente, sociale e tecnologica, che porti nel modo di produzione capitalistico alla ricomposizione "virtuosa" fra le potenze mentali della produzione (da Marx definite come generai intellect) ed il lavoro collettivo associato, dal

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