La fine del valore d'uso Riproduzione, informazione, controllo ..... .... •! Q ~ 0 e ·..-._ 0 (.) ~ 8- Feltrin el/i PREMESSA L'idea dell'opuscolo era nata per riunire sotto un unico titolo le versioni aggiornate di due miei precedenti lavori.1 Si trattava di montare dei materiali che, da diversi punti di vista, si propo nevano di mettere in luce le difficoltà incontrate dalla sociologia marxista nell'analizzare i processi di terziarizzazione e di infor matizzazione della società tardocapitalista. I primi tre capitoli della stesura definitiva mantengono que sta impostazione, delimitando tre aree di crisi teorica: la nozione marxiana di lavoro produttivo; il "post-taylorismo", e le nuove funzioni del lavoro riproduttivo di fronte al processo di informa tizzazione dello stato. Vi è tuttavia una radicale trasformazione del punto di vista: nei saggi originari, la riflessione critica su al cune categorie marxiane muoveva dall'analisi del ruolo dell'in formatica nel nuovo modo di produrre; nella versione definitiva l'informatica non è piu al centro dell'attenzione, se non come "metafora", proiezione tecnico-organizzativa di un sistema che non si adegua ai modelli imposti dalle nuove tecnologie, bensi li produce direttamente. In questo senso, la chiave di lettura è nella seconda parte del saggio (capp. 4-6) dove si affrontano il metodo delle scienze so ciali, alcuni sviluppi del marxismo contemporaneo, e il discorso di Baudrillard. È infatti nella seconda parte che il percorso criti co interno al marxismo - la denuncia dell'arretratezza del meto do dinanzi a una realtà oggettiva mutata - diviene, o almeno tenta di divenire, coscienza del crollo di un sistema teorico: crol lo del valore d'uso rivoluzionario come annullamento dei refe renti materiali dell'antagonismo sociale. 1 Cfr. C. FoRMENTI, Lavoro produttivo e improduttivo ... , in Informatica e capi talismo, a cura di M. Janco, D. Furjot, C. Formenti, Moizzi, Milano 1978, e Le tra sformazioni de/l'architettura dei sistemi informativi ne/l'impresa e negli enti locali, dispensa della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. 7 Non più quindi cnt1ca del modello teorico, ma assunzione della sua efficacia operativa - del tentativo di ridurre la totalità dei rapporti sociali alla legge del valore -- come sviluppo di una delle tecniche mediante le quali il sistema cerca oggi cli ridurre l'antagonismo a variabile dipendente del suo processo riprodut tivo. Molta carne al fuoco, forse troppa! Ma si trattava di aprire un dibattito che, a mio parere, è imposto da esigenze più pressanti delle pur non trascurabili difficoltà teoriche. Mi riferisco ai noti avvenimenti del 7 aprile e del 21 dicembre che hanno radicalmen te "semplificato" la discussione, sottraendo alla stessa un nutrito gruppo di interlocutori. C.F. Gennaio 1980 8 1. LIMITI "MATERIALISTI" DELLA NOZIONE MARXIAi\it\ DI LAVORO. PRODUTTIVO NELLA SOCIETA TERZIARIZZATA Il concetto di lavoro produttivo, in Marx, fonda la possibilità stessa di una conoscenza scientifica delle leggi di sviluppo della storia moderna. Non è del lavoro in generale che si dà conoscen za scientifica, ma del lavoro produttivo. Processo produttivo e processo di valorizzazione, produzione come processo materiale e forma della sua organizzazione sociale, solo distinguendo fra queste due determinazioni si arriva alla nozione scientifica di modo di produzione. La definizione generalissima secondo cui: "Ogni produzione è una appropriazione della natura da parte dell'individuo, entro e mediante una determinata forma di società"1 si applica piena mente solo alle forme sociali precapitalistiche, in relazione alle quali si parla di un valore d'uso e di una "naturalità" che fanno corpo con l'individuo e con la sua socialità.2 è soltanto nel " ••• XVIII secolo, nella società civile, che le diverse forme del conte nuto sociale si contrappongono all'individuo come un puro stru mento per i suoi scopi privati, come una necessità esteriore"3; dissoluzione dei vincoli naturali fra individuo e società, perché l'individuo non si produce piu entro e mediante una forma di so cietà, ma entro e mediante la forma di merce, "liberazione" dell'individuo che perviene a piena maturazione solo con la sua riduzione a merce forza-lavoro. È a questo punto che nasce il concetto di lavoro produttivo, "espressione abbreviata per indi care l'intero rapporto e il modo in cui la forza-lavoro figura nel processo capitalistico di produzione". 4 Il concetto marxiano di lavoro produttivo dissolve il mito del 1 K. MARX, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, La Nuova Italia, Firenze 1969, voi. I, p. 10. 2 Cfr. R. MADERA, Identità e feticismo, Moizzi, Milano 1977. 3 K. MARX, Lineamenti ... , cit., voi. I, p. 5. 4 K. MARX, Storia delle Teorie Economiche, Einaudi, Torino 1954, p. 383. 9 lavoro come necessità eterna della natura, dimostrando come il valore d'uso perda il carattere di "semplice" clatità naturale e possa essere compreso saio a posteriori, come prodotto storico, riflesso e non presupposto del valore di scambio, entità puramen te materiale, "coglibile post fes.tum come residuo, detratta la tra sformazione storica". 5 Il carattere di feticcio della merce non nasce da deformazioni soggettive delle coscienze, esprime l'elevazione a legge naturale del divenire indifferente della materia, è "dedotto oggettivamen te dall'apriori sociale, il processo di scambio".6 Ma il processo di scambio in quanto tale non basta a definire l'individuo sociale come funzione del rapporto di capitale: "La trasformazione del lavoro (come attività vivente e finalistica) in capitale, è in sé il risultato dello scambio fra capitale c lavoro [ ... ]. Ma questa trasformazione avviene soltanto nel processo di produzione stesso[ ... ] il lavoro stesso è produttivo solo in quanto è assunto nel capitale[ ... ] nella sua esisten,.a immediata, scparata dal capitale, non è produttivo. "7 Il proccsso di riduzione del ma teriale è già implicito nella forma merce, ma si dispiega co111ple tamente solo nel rapporto capitalistico di produzione: come il valore d'uso dei prodotti è del tutto indifferente ai fini della de terminazione del valore di scambio, ugualmente indifferente è il contenuto materiale del lavoro rispetto al suo ca1·auerc di lavoro produttivo, alla sua funzione di agente valorizzante interno al capitale. Produttivo è dunque il lavoro che si scambia coni rn capitak, senza relazione alcuna coi contenuti concreti dell'attivitù lavora tiva; definizione che consente di determinare in modo altrettanto univoco il concetto di lavoro improduttivo: esso è quel lavorn che non si svolge in forma specificamente capitalistica, clic 11011 produce profitto per un capitale. Marx si attiene a questa defini zione - che sembrerebbe sfuggire ad ogni opzione "naturalista" - in tutte le sezioni del suo lavoro teorico che allro11la1w l'anali si del capitale in generalc.8 L'identità fra lavoro produttivo e rap porti capitalistici di produzione viene invece posta in discussione nel III Libro del Capitale, nçl quale egli ritiene di dover operare una distinzione fra i diversi capitali, in relazione alle diverse mo dalità di appropriazione del reddito; qui il contenuto concreto 5 R. MADERA, op. cii., p. 69. 6 ADORNO, Dialettica negativa, Einaudi, Torino 1970, pp. 169-170. 7 K. MARX, Lineamenti ... , cit., voi. I. pp. 295-296. 8 Cfr. RoSDOLSKY, Genesi e struttura del "Capitale" di Marx, Latena, Bar-i 1975, pp. 65 sgg. 10 d.el processo lavorativo diviene rilevante per d isl ingUlTl J1;i ,I ìl k renti funzioni del capitale: solo il capitale industriale i_· Jnrn l 1111 i vo, i capitali per il commercio cli merci e di denaro lraggo1H1 iii vece i loro profitti dall'appropriazione cli una quota del plusv;du re prodotto dal primo. "Capitale monetario e capitale merce, in quanto con le loro funzioni compaiono accanto al capitale industriale come deposi tari di branche proprie, ormai soltanto per la divisione sociale del lavoro sono modi di esistenza, resi autonomi e svìluppati in senso unilaterale, delle differenti forme di funzione che il capita le industriale ora assume ora abbandona entro la sfera della cir colazione. "9 Distinzione logico-formale delle funzioni e distinzio ne di interessi coincidono, infatti: "Il saggio generale del profitto contiene di già la detrazione del plusvalore che spetta al capitale commerciale, quindi una detrazione dal profitto del capitale in dustriale. "10 Questa opposizione di interessi interna al campo capitalistico attraversa nello stesso modo il campo della forza-lavoro e ne de finisce la composizione di classe: "Il commerciante non produ cendo valore né plusvalore [ ... ] neppure i lavoratori commerciali da lui occupati nelle medesime funzioni possono produrre per lui del plusvalore immcdiato."11 In altre parole, il carattere impro duttivo del capitale si estende anche alla forza-lavoro che con es so si scambia. Applicando questo criterio di classificazione alla moderna so cictù krziarizzata, si delinea uno scenario di drastica riduzione della classe operaia produttiva nel tardo capitalismo. Tale è in fatti il punto di vista di molti studiosi marxisti "ortodossi", fra cui Bravenna11: "Ogni progresso nel campo della produttività re slringl'. il campo dei veri lavoratori produttivi, amplia quello di chi può essere utiliaato nelle lotte fra le grandi imprese per la d isl rihuzio11c del le eccedenze, espande l'impiego del lavoro in oc n1pazio11i di spreco o senza occupazione del tutto e conferisce al la società l'aspetto di una piramide rovesciata che poggia su una h;1sc di lavoro utile sempre piu ristretta."12 11 riemergere di una concezione del "vero" lavoro produttivo, fondata sul carattere utile del lavoro, non è il prodotto di una :-;vista di Braverman, ma il risultato teorico inevitabile dei limiti "materialisti" del discorso marxiano, limiti che sono già evidenti 9 K. MARX, Il Capitale, Edizioni Rinascita, Roma 1956, Libro II(!), p. 60. IO lbid., Libro III (I), p. 347. 11 lbid., Libro II(!), p. 354. 12 BRAVERMAN, Lavoro e capitale monopolistico, Einaudi, Torino 1978, p. 206. 11 nell'analisi del capitale in generale, in particolare nell'imposta zione della. critica a Smith, condotta nella Storia delle Teorie Economiche. Il nodo è quello del lavoro riproduttivo in generale e della produzione di servizi in particolare. Marx definisce i servizi "un'espressione abbreviata per indicare il valore d'uso particola re che il lavoro fornisce, come ogni altra merce [ ... ] espressione specifica per il particolare valore d'uso del lavoro, in quanto que sto presta servizi non come cosa, ma come attività" .13 Al contra rio di Smith egli ammette quindi che nei casi in cui gli effetti utili del lavoro divengono essi stessi merce, il giudizio sul suo caratte re produttivo o improduttivo dipende esclusivamente dal fatto che la produzione di servizi avvenga o no in forma capitalistica. Tuttavia afferma che il lavoro riproduttivo è per lo piu impro duttivo, in quanto si tratta di attività in cui "il modo di produ zione capitalistico si situa in un ambito ristretto e non può aver luogo, per la natura delle cose, che in alcune sfere" .14 Relativamente al problema del lavoro riproduttivo, il punto di vista marxiano finisce quindi per coincidere con quello di Srnith: "Nella misura stessa in cui il capitale assoggetta tutta la. produzione [ ... ] si stabilisce una differenza materiale sempre piu grande fra lavoratori produttivi e improduttivi. Salvo eccezioni di poco conto, i primi produrranno esclusivamente merci, men tre i secondi forniranno solo prestazioni personali."15 La differen za teorica si riduce ad una sfumatura logico-formale, il modello concreto di sviluppo della società capitalistica è identico: un blocco sociale "produttivo", sostanzialmente definito dal rap porto diretto con la produzione di ricchezza materiale, oggettiva bile in oggetti-merce, cui si contrappongono strati di classe mar ginali, improduttivi perché impiegati nella produzione immate riale di "prestazioni personali". È un modello che la realtà del tardo capitalismo, caratterizza ta dalla produzione di massa di merci servizio, ha completamen te rovesciato; infatti, come osserva J. Baudrillard: "Se attual mente tutti i lavori s'allineano su un'unica definizione, è su quel la del lavoro-servizio, su questa categoria bastarda, arcaica, non analizzata, e non su quella classica, e supposta universale, del la voro salariato proletario. "16 13 K. MARX, Storia delle Teorie ... , cit., p. 391. 14 Ibid., p. 397. 15 Ibid., p. 258. 16 J. BAUDRILLARD, Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano 1979, p. 29. 12 La realtà storica del processo di terziarizzazione del lavoro è andata ben al di là delle affermazioni marxiane sull'indifferenza del carattere utile del lavoro ai fini della distinzione fra lavoro produttivo e improduttivo, si è incaricata di vanificare la distin zione stessa, riassorbendola nella genericità del lavoro riprodut~ tivo: "Al giorno d'oggi, in cui i prodotti, tutti i prodotti e lo stes so lavoro, sono al di là dell'utile e dell'inutile, non c'è piu lavoro produttivo, c'è soltanto lavoro riproduttivo [ ... ]. Il tempo libero è altrettanto 'produttivo' del lavoro, il lavoro di fabbrica al trettanto 'improduttivo' del tempo libero o del lavoro terziario [ ... ]. Sono tutti riproduttivi, cioè hanno perduto la finalità con creta che li distingueva. Nessuno produce piu. La produzione è morta. Viva la riproduzionel"17 Di fronte ad una critica radicale delle categorie marxiane - critica che è prima ancora nella realtà delle trasformazioni so ciali in atto che in analisi teoriche come quelle di Baudrillard - il marxismo contemporaneo reagisce soprattutto in due dire zioni. Gli "ortodossi" accentuano ulteriormente quei connotati "ma terialisti" che nel discorso marxiano possono apparire come resi dui storico-culturali determinati dall'arretratezza della realtà so ciale analizzata da Marx. Un esempio di tale accentuazione è nel modo in cui F. Anderlini interpreta gli schemi della riproduzione sociale del II Libro del Capitale: "Nella riproduzione si tratta ad un tempo di delucidare il processo di realizzazione del valore prodotto e il processo di riçambio e sostituzione materiale dei fattori della produzione globalmente intesi, quindi tanto quelli oggettivi (materie prime-mezzi di produzione) quanto quelli sog gettivi (riproduzione delle figure sociali attraverso il consumo immediato). Ricompare in forma dispiegata quel valore d'uso dal cui condizionamento il capitale era parso sottrarsi relegandolo, in sede di valorizzazione, a mero depositario materiale del valore di scambio delle merci e che ora, nella riproduzione, conferma la proprià invalicabile essenza naturale-sociale. "18 Si tratta di un punto di vista motivato esclusivamente dalla necessità di dare fondamento teorico alla centralità politica degli strati di classe "produttivi", che costituiscono ancora il referente privilegiato delle organizzazioni operaie tradizionali. Un punto di vista che C;Onsidera ancora produzione e riproduzione soprat- 11 .Ibid., p. 42. 18 F. ANDERIJNI, Lavoro produttivo e improduttivo, De Donato, Bari 1977, pp. 70-71. 13 tutto in quanto processi lavorativi, il cui esclusivo connotato ca pitalistico sembra essere queHo di produrre merci, dimenticando il problema centrale del tardocapitalismo, dimenticando cioè che "-Oggi bisogna produrre i consumatori, bisogna produrre la stessa domanda, e questa produzione è infinitamente piu costosa di quella delle merci". 19 Il pensiero marxista rivoluzionario accetta invece il terreno della critica delle categorie marxiane di lavoro produttivo e im produttivo, tentando di dimostrare come lo stesso Marx - ed in particolare il Marx dei Grundrisse - offra le chiavi teoriche per superare i limiti delle sue classificazioni logico-formali. In questo senso si muove in particolare l'analisi di A. Negri che, analizzan do la sezione dei Grundrisse dedicata a capitale sociale e mercato mondiale, insiste sul superamento della contrapposizione fra produzione e circolazione nel processo complessivo di riprodu zione sociale: "L'appropriazione capitalistica della circolazione, appropriazione sempre piu totalitaria, determina la circolazione come base della produzione e della riproduzione, fino ad un limi te di identificazione storica, effettiva (anche se non logica) di produzione e circolazione. "20 L'identificazione di produzione e circolazione nel processo di riproduzione del capitale sociale è un approccio che, da un lato, ripropone con forza la centralità della produzione dei consuma tori, e quindi tutta la tematica dei bisogni come terreno di scon tro fra progettazione capitalistica del valore d'uso e comporta menti proletari;• dall'altro mette in evidenza la velocificazione come caratteristica fondamentale della società tardocapitalista: "Tempo e spazio, dopo essere stati il tessuto dell'espansione del capitale nella circolazione, si presentano come ostacoli. Come ostacoli da annullare, da distruggere, riducendo lo spazio al tem po, imprimendo àl tempo il segno della velocità dei trasferimenti e delle trasformazioni. "21 Affrontando tali temi entriamo nel vivo di questo saggio che si propone di analizzare il ciclo produttivo dell'informazione per misurarne l'impatto sulle trasformazioni del modo di produzione e verificare la tenuta delle categorie marxiane - anche nelle loro interpretazioni piu "rivoluzionarie" ed "eretiche" - di fronte a tali trasformazioni. 19 J. BAUDRILLARD, All'ombra delle maggioranze silenziose, Cappelli, Bologna 1978, p. 32. 20 A. NEGRI, Marx oltre Marx, Feltrinelli, Milano 1979, p. 122. 21 Ibid., p. 125. 14 Un esempio di come le nuove tecnologie dell'informazione ten- ~- ., dano a sconvolgere le coordinate spazio-temporali del modello ~ teorico marxiano, è la crescente difficoltà di mantenere la distin zione fra la circolazione che si svolge nello spazio e quella che si svolge nel tempo, distinzione in base alla quale Marx - come sot tolinea Rosdolsky - classifica una circolazione "spaziale" ed una propriamente "economica": "La prima - il trasporto del prodotto al mercato - rientra, dal punto di vista economico, nel processo di produzione stesso, può essere considerata come trasformazione del prodotto in merce[ ...] [mentre] la vera e propria circolazione economica è soltanto un processo qualitativo del valore. "22 McLuhan ha già da tempo messo in luce come nell'era elettro nica il termine "comunicazioni" - già identificato con la circola zione spaziale - venga assumendo il significato di "movimento di informazione"23 e come d'altro canto le stesse merci che pur continuano a circolare fisicamente ''acquistano sempre piu carat tere di informazione" .24 Il primato della circolazione di informa zione sulla circolazione spaziale è sinonimo di accelerazione to tale e tende quindi "a distruggere l'idea dello spazio come fattore principale delle organizzazioni sociali". 25 D'altro canto le tecnologie elettroniche che operano "in tem po reale" tendono a ridurre a zero il tempo della circolazione economica, realizzando l'assunto marxiano secondo cui "quanto piu il tempo di circolazione diviene uguale a zero o si avvicina allo zero, tanto piu il capitale opera di fatto come tale, tanto piu grande diviene la sua produttività e autovalorizzazione". 26 Tuttavia la conversione dello spazio in tempo e la contrazione del tempo, che caratterizzano la moderna circolazione, non im pediscono una continua espansione dei processi produttivi che si svolgono in forma di circolazione; nasce quindi il dubbio che si tratti qui di "costi di circolazione, il cui carattere produttivo è soltanto nascosto dalla forma di circolazione", definizione che Marx applicava invece solo al trasporto del prodotto sul mercato e a processi lavorativi come l'immagazzinaggio e la conservazio ne delle merci. 27 Non pochi studiosi marxisti si ostinano a considerare questi 22 RoSDOLSKY, op. cit., pp. 390-391. 23 M. McLuHAN, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano 1967, p. 99. 24 Ibid., p. 46. 25 Ibid., p. 104. 26 K. MARX, Il Capitale, cit., Libro Il (1), p. 131. 21 Ibid., p. 143. 15