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La fine del mondo nel ›De rerum natura‹ di Lucrezio PDF

422 Pages·2019·2.666 MB·Italian
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Manuel Galzerano La fine del mondo nel De rerum natura di Lucrezio CICERO Studies on Roman Thought and Its Reception Publications of the Foundation Patrum Lumen Sustine (Basel) and of the Société Internationale des Amis de Cicéron (Paris) Edited by Ermanno Malaspina Advisory Board Mireille Armisen-Marchetti, Carmen Codoñer, Perrine Galand, Henriette Harich-Schwarzbauer, Robert Kaster, David Konstan, Carlos Lévy, Rita Pierini, Jula Wildberger Volume 2 Manuel Galzerano La fine del mondo nel De rerum natura di Lucrezio Con una presentazione di Giancarlo Mazzoli The publication of this volume was made possible through the financial support of the Patrum Lumen Sustine foundation in Basel and the scholarly direction of the Société Internationale des Amis de Cicéron (SIAC, Paris). www.patrumlumensustine.com www.tulliana.eu ISBN 978-3-11-065962-7 e-ISBN (PDF) 978-3-11-067466-8 e-ISBN (EPUB) 978-3-11-067468-2 ISSN 2567-0158 This work is licensed under the Creative Commons Attribution-Non Commercial-No Derivatives 4.0 Licence. For details go to http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/. Library of Congress Control Number: 2019949332 Bibliographic information published by the Deutsche Nationalbibliothek The Deutsche Nationalbibliothek lists this publication in the Deutsche Nationalbibliografie; detailed bibliographic data are available in the Internet at http://dnb.dnb.de. © 2019 Manuel Galzerano, published by Walter de Gruyter GmbH, Berlin/Boston Cover image: Cesare Maccari, Cicero Denounces Catiline @ AKG Printing and binding: CPI books GmbH, Leck www.degruyter.com Quo magis in dubiishominem spectare periclis convenit adversisque in rebus noscere qui sit; nam verae voces tum demum pectore ab imo eliciuntur et eripitur persona, manet res. Lucr. 3.55‒58 Presentazione di G. Mazzoli Già agli albori della cultura occidentale¹ lo scenario dei mondi che finiscono si può ravvisare variamente – pur nei limiti di cautela intrinseci alla frammenta- rietà e discutibilità dei dati – nel pensierofisicodei filosofi ionici del VI secolo a.C.²LeprimeasserzioniteorichesonoinAnassimandrodiMileto:«eglidice–ci viene tramandato (12 A11, B2) – che origine delle cose che sono è una certa natura dell’infinito, da cui nascono i cieli e il loro ordine. Essa, inoltre, dura sempre e non invecchia; e in più circonda tutti i mondi. Oltre a ciò, parla del tempocomedeterminazionedellanascitaedellasostanzaedelladissoluzione». Afrontediquesto“divino”principio,«esentedamorteedadistruzione»(12B3), sussistelafinitezzatemporaledituttelecose,«chedaessoprovengono[…]eche in esso tutte si distruggono. Per questo si formano infiniti mondi, che, poi, si dissolvonoinquellodacuiderivano»(12A14).AsuavoltaSenofanediColofone, sedaunaparte(comegiàasseritoinPlatone,soph.242d=21A29)aprelastrada all’ontologia eleatica con la concezione d’un tutto «uno e non mutevole», identificatoconDio,«mai natoedeterno,diformasferica»(21A34:cfr.28A23, 25, 36) – dall’altra è portato ad ammettere per il destino umano una deriva catastrofica, sostenendo (A33) «che tuttigli esseri umanivengano distrutti,una voltache la terra, inabissatasi nel mare, sia divenutafango,eche poidi nuovo ricominci la generazione, e che questa trasformazione avvenga per tutti i mon- di».Nelpensieroempedocleo(siamoormainelVsecolo)sonoNeikosePhilíale forze antagonistiche che producono nei quattro elementi primordiali la mesco- lanza o separazione da cui dipendono le alterne trasformazioni cosmiche: «AmiciziaeContesahannoilsopravventoaturno,el’unaraccoglietuttelecose in unità, distrugge il cosmo di Contesa e da esso crea lo Sfero, mentre Contesa separa nuovamente gli elementi e produce questo cosmo» (31 A52). Anche gli atomisti contemplano un cosmo soggetto a perenne vicenda di trasformazioni, prodotte dal meccanico aggregarsi e disgregarsi degli atomi. AffermaLeucippo(67A1)che«comecisononascitedimondi,cosìcisonoanche accrescimenti, consunzioni e morti, secondo una certa necessità», e Democrito suo discepolo ribadisce (68 A40) che «da una parte ci sono più mondi e da un’altra meno, e alcuni si ingrandiscono, mentre altri sono all’apice dell’in- grandimento. Altri, poi, si rimpiccioliscono, cosicché da una parte si originano  Alla quale queste considerazioni si limitano; per un corpus di testi antichi sulla fine del mondoestesoanchealleoriginimediorientalideltema,bibliche,mesopotamicheeiraniane,cfr. Dumas-Reungoat2001,19‒89.  LetraduzionicheseguonosonotrattedaReale2006. OpenAccess.©2019G.Mazzoli,publishedbyDeGruyter. Thisworkislicensedunderthe CreativeCommonsAttribution-NonCommercial-NoDerivatives4.0License. https://doi.org/10.1515/9783110674668-001 VIII G.Mazzoli nuovimondiedall’altrascompaiono.Imondisicorrompononelcollassodiuno contro l’altro». In età ellenistica è la fisica epicurea ad attingere i suoi fondamenti dalla dottrina atomistica, mentre lo stoicismo cerca altrove nella riflessione preso- cratica le sue basi, e le incontra negli oracolari aforismi di Eraclito di Efeso, il pensatore nel quale il riconoscimento del divenire cosmico assurge a legge to- talizzantedelreale:nondinamichedimondiinfiniti,malepervasivevicendedi guerra, pace e compenetrazione dei contrari in un universo inteso fortemente come uno, che ha nel fuoco il divino principio, perennemente mutevole, go- vernante come logos tutte le cose. Nell’assunzione di questo principio igneo Aristotele, seguito da Teofrasto, accomuna nella Metafisica (22 A5) Eraclito con un pitagorico, Ippaso, secondo talune fonti suo possibile maestro; inoltre (22 A10) attribuisce nel De caelo all’Efesio l’asserzione d’un cosmo in modo alterno perituro e nella Fisica più precisamente afferma che «come sostiene Eraclito,auncertomomentotuttodiventafuoco»,ascrivendodunquegiàaluila dottrina dell’ekpyrosis, della conflagrazione universale. Questi dati trovano ul- teriori riprese in testimoni più tardi, come il dossografo Aezio e Simplicio, commentatore neoplatonico di Aristotele. Così ribadisce il primo (22 A5): «Era- clito e Ippaso di Metaponto pongono come principio di tutte le cose il fuoco. Dicono, infatti, che tutte le cose nascono dal fuoco e che finiscono tutte nel fuoco.Quando il fuoco si spegne, si forma l’universo […] e poi di nuovo, nella conflagrazione, l’universo e tutti i corpi sono distrutti dal fuoco»; e il secondo (22A10):«anche Eraclitodicechel’universotalorasidistruggenel fuoco,eche poi dal fuoco si riforma, secondo periodi di tempo determinati, nei quali, egli dice ‘a misura si accende e a misura si spegne’ [B30] e soggiunge: ‘di questa opinione furono in seguito anche gli Stoici’». L’esegesi di queste e di altre consimili testimonianze, nel contesto antono- masticamente oscuro della speculazione eraclitea, ha dato adito, fin dai primi dell’800, a un serrato dibattito, ancora oggi tutt’altro che concluso, tra diverse scuoledipensiero.³Inestremasintesi,c’èchipuntasostanzialmenteainvalidare laconsistenzateoricadiquelle asserzioni,tendendoaritenereletestimonianze post-aristotelichefalsatedaunainterpretatiostoicadelpresocraticieaderivare quelle di Aristotele dall’applicazione di sue personali linee dottrinali, piuttosto che da conoscenza diretta dei testi eraclitei; ma sembra riguadagnare oggi maggiori consensi la più tradizionale linea esegetica, che – accreditando so- prattutto l’attendibilità di Aristotele – propende per riconoscere effettivamente  Cfr.Finkelberg1998,195‒222el’introduzionediGiovanniRealeaMarcovich-Mondolfo-Tarán 2007,inpart.clxxx‒cxciii. Presentazione IX Eraclito come precursore del pensiero stoico non solo nella centrale afferma- zioned’ununiversounitarioinformatodallogoschehanelfuocoilsuosupporto materiale ma in quella dei cicli cosmici risolti dalla conflagrazione. Se il Giardino ateniese rimane sostanzialmente fermo sulle posizioni del fondatore,èinsenoallascuolastoicacheilportatodellafinedelmondoassume profondità di campo, a fronte degli scenari di un mondo immortale o eterno, rispettivamentedisegnatidaPlatoneedaAristotele.Ciòchevasubitoribaditoè appunto il carattere ciclicoche lo stoicismo attribuisceal catastroficoevento, a partire dal suo stesso fondatore e primo scolarca,vissuto tra gli ultimi decenni delIVsec.a.C.elaprimametàdelterzo:ZenonediCizioritiene–leggiamonel fr. 1.98 SVF – «che in tempi fissati dal destino l’intero cosmo finisca per com- bustione, ma che poi, di nuovo, si riorganizzi». È la dottrina della periodica diakosmesis, elaborata per conciliare l’affermata eternità della sostanza univer- sale con portati stessi dell’esperienza, quali i fenomeni d’erosione, il ritiro dei mari provato dai fossili, e cosìvia (1.106), assunti come indicatori d’un mondo tutt’altro che vigente ab aeterno e ad aeternum nel suo stato attuale bensì in preda a incessante divenire e progressiva corruttibilità. Alla sua genesi e cor- ruzioneZenonededicaunaspecificaopera,intitolataΠερὶτοῦὅλου,“sultutto”, e mutua ancora da Eraclito il “cammino all’insù” e poi “all’ingiù” dei quattro elementi che dal fuoco procede e in esso ritorna, determinando così via via il sussistere di tutte le cosee poi appunto daultimo, rottisigli equilibri alla base deivaripassaggi e commistioni, il riassorbimento di tutte nella sostanza ignea. Ecco i termini in cui verosimilmente lo stesso Zenone profetizza il compiersi dell’attuale ciclo (1.106): «se il mare va restringendosi, anche la terra farà al- trettantoeinunlungovolgerediannisiconsumeràcompletamenteciascunsuo elemento, si esaurirà tutta l’aria riducendosi progressivamente,e tutto finirà in unasolasostanza:ilfuoco».Conforzavisionariailsecondoscolarca,Cleante,il solo dotato tra gli stoici più antichi di talento poetico,e particolarmente sensi- bile al fascino egemonico del sole (1.499‒504), trasfonde nello scenario dell’incendio cosmico lo spettacolo astrale (1.510): «nella conflagrazione co- smica la luna e gli altri astri diverranno simili al sole assimilandosi ad esso; pertanto anche gli astri, essendo dei, cooperano col sole alla propria consu- mazione». Riscontri con l’imagérie di questa collettiva autocremazione divina (che susciterà critiche e ironie in Filone Alessandrino, aet. 47, SVF 2.613 e in Plutarco, comm. not. 31, SVF 1.510) saranno rilevati nel discorso Boristenico di Dione Crisostomo (cfr. SVF 2.602; 622), che pure fa spazio (siamo alla fine del sec.Id.C.)aelementid’estrazioneplatonicaeorientale.CosìriassumePohlenz:⁴  Pohlenz1967,1.156‒157. X G.Mazzoli Dione fa scorrere avanti a noi, in una serie di quadri staccati, la storia grandiosa del divenireuniversale.Primaditutto–quireminiscenzedelFedroplatonicosifondonocon suggestioniiraniche–civienepresentatouncocchioguidatodaundio.Visonoaggiogati quattrocavalli:unodiZeus,alatoeavvoltoinunluminososplendoredifuoco,uno,scuro, diHera,laqualegiànelnome(Ἥρα~ἀήρ)simboleggial’ariaoscura;ilterzodiPosidone, signore delle acque; l’ultimo di Hestia, la terra che forma il saldo focolare del cosmo. I quattrocavallioperanod’amoreed’accordo,ancheseavolteilsoffioinfocatodeldestriero diZeusoilsudorediquellodiPosidoneprovocanodellecatastrofiparziali,chetrovano un’econelleleggendeellenichediFetonteedeldiluviodiDeucalione.Maallafinetuttosi trasforma.Comeunartistacondellefigurinedicera,cosìilDemiurgo,chetuttoreggee dispone, fonde i quattro cavalli-elementi in uno solo.Ciò non accade per un intervento violento operato dall’esterno. I cavalli hanno ciascuno una propria volontà e tendono volontariamente alla meta fissata dal dio, sacrificando la loro esistenza per l’unico che rimanevincitoreinquestagaraefierosidilatanellospazioinfinito.OrailcavallodiZeus diventauguale nella sua essenza all’auriga, diventa purissima luce di fuoco, anima, ra- gione, divinità. Ma solo per un certo tempo Dio rimane chiuso in se stesso. Presto si risveglia in lui l’eros, l’impulso ad agire e a governare, a creare e a plasmare […] Da purissimofuocofulgureoladivinitàsitrasformainariaignea,nelpneuma–questaèla ierogamiadiZeusediHerachevienecontemplataneimisteri–,edaquestaunionenasce il seme di tutte le cose, l’elemento umido che ora riceve forma e figura dal pneuma, affinchésorgaunmondonuovo,raggiantedibellezzaedigiovinezza,qualenessunpoeta umanopotrebbedegnamentecelebrare,senzaleimperfezionicheora,vecchio,lodetur- pano. Ciclico finire e rinnovarsi del mondo, tra conflagrazione e (con chiare ascen- denze pitagoriche) palingenesi: è un plesso dottrinale che trova il più sistema- tico inquadramento (cfr. SVF 2.574‒632) nel terzo scolarca stoico, Crisippo, in trattati quali Περὶ φύσεως, Περὶ προνοίας, Περὶ κόσμου. Attesta Alessandro d’Afrodisia, commentatore d’Aristotele del II‒III sec. d.C. (SVF 2.624): «sono convinti [i.e. gli stoici] che dopo la conflagrazione tutte queste realtà si costi- tuiscono di nuovo nel cosmo,una per una, e che in quel cosmo la loro qualità tornerà a essere quella di prima, come testualmente afferma Crisippo nei suoi libri sul cosmo». È la teoria dell’apokatastasis, chiaramente legata a una con- cezione circolare (tipicamente greca) dell’eterno ritorno. «Un tempo […] – af- fermerà con tono profetico Anneo Cornuto, di età giulio-claudia, nel suo com- pendio di teologia stoica (17): I sec. d.C.) – l’intero universo era fuoco, e lo diventerà dinuovo, allaconclusione d’un ciclo temporale». Ecosìscenderànei particolari Nemesio di Emesa (vescovo del IV‒Vsec. d.C.): GliStoiciaffermanocheipianetisiristabilisconoidentici,sianelledimensionisianella estensione, nella medesima zona dellozodiaco che ciascuno occupava alle origini della costituzionedelcosmo,equestipianetiintempiprefissatideterminanolaconflagrazionee ladistruzionedellarealtà.Poi,dibelnuovo,ilcosmosiriformeràcosìcom’eraall’origine: gliastriseguirannolaloroconsuetaorbita,elacondurrannoatermineallostessoidentico

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