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La fine del lavoro. Il declino della forza lavoro globale e l'avvento dell'era post-mercato PDF

576 Pages·2002·6.587 MB·Italian
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Dellostessoautore nellacollezioneOscar Ecocidio Economiaall'idrogeno L'eradell'accesso IlSognoeuropeo JEREMY RIFKIN LA FINE DEL LAVORO Il declino della forza lavoro globale e l'avvento dell'era post-mercato Traduzionedi Paolo Canton Prefazionedi RobertL. Heilbroner NUOVAEDIZIONE OSCARMONDADORI © 1995,2004byJeremyRifkin Allrightsreserved.Thiseditionpublishedbyarrangement withJeremyP.Tarcher,amemberofPenguinPutnamInc. Titolofioriƒgìnalì'edell'opera:.TheEndiofWork-TheDeclineoftheGlobalLabor Force_,ándiilfzéíìDaìunoflthePost-MarketEra ©2002ArnoldoMondadoriEditoreS.p.A.,Milano TraduzionesulicenzaBaldini&Castoldi Iedizione-Oscarbestsellersottobre2002 ISBN978-88-04-53653-6 Questovolumeèstatostampato pressoMondadoriPrintingS.p.A. StabilimentoNSM-Cles(TN) StampatoinItalia.PrintedinItaly Anno 2009 - Ristampa 5 6 7 aiibrimondadoriJD Premessa alla nuova edizione Nei nove anni trascorsi dalla pubblicazione della Fine dellavoro, l”economia globaleha avuto un andamento ali talenante, raggiungendo nuovi picchi per poi precipitare bruscamente, lasciandosi dietro una recessione mondia- le. Tuttavia, anchenelmomento della massima espansio- ne del ciclo economico, la disoccupazione strutturale è rimasta pericolosamente alta in vari Paesi del mondo, nonostante la crescita sia della produttività globale sia del prodotto interno lordo. Nel 1995, 800 milioni diper- sone erano disoccupate o sottoccupate. Nel 2001, più di un miliardo di persone apparteneva a una delle duecate- gorie.1 Oggi milioni di lavoratori in tutta 1,America sono sot- toccupatio senzalavoro, econ pochesperanzediottenere un impiego a tempo pieno. Questa realtà appare ancora più dolorosa nel momento in cui ricordiamo che solo qualche anno fa importanti uomini d'affari e personalità pubbliche affermavano con una certa sicumera che gli Stati Uniti avevano risoltoilproblema della disoccupazio- ne. I dati «ufficiali» calarono dal 6,6% del gennaio 1994 al 4% del gennaio 2000 e questo portò alcuni economisti a dire che la disoccupazione apparteneva ormai al passa- 1 InternationalLaborOrganization,ILO': WorldEmploymentReport2001: Despz'tèImprovedEmploymentOutlook, DigitalDivideLoomsLarge,Genève, ILO,24gennaio2001 (Www.ilo.org). to.2 Le loro previsioni si sono rivelate senza fondamento. Nella primavera del 2003 i dati ufficiali della disoccupa- zionenegliStatiUnitisono risaliti al6% edessaèdiventa- tail problema più grave da affrontareperil Paese.3 E non solo negli USA. Nel mondo, le nazioni più avanzate continuano a essere vittima di un'alta disoccupazione cronica. In Germania, nelliagostodel2003 sieraattestataintorno al 10% eil 60% :5;,dei disoccupati si trovava senza lavoro da più di un anno.4 In Francia e in Italia la disoccupazione nel 2003 oscillava intorno al 9%, in Spagna al 12%.5 Nel complesso, 1a disoc- cupazionenell'UnioneEuropeaerapari al7,9% enell,area di diffusionedell,europari apiù dell,8,7%.6 Dalllaltra parte del mondo le cose non vanno meglio. I disoccupati in Giappone avevano raggiunto i 3 milioni e 680.000 all,inizio del 2003, con un tasso complessivo pari al 5,5%, il più alto tra quelli documentati fin dagli anni Cinquanta. Il tasso dell”Indonesia era pari al 9,1%, quello dellllndia all'8,8%. Nell'area caraibica e in America lati- na, il tassomedio di disoccupazione era del 10%.7 È diventato chiaro in tutto questo periodo come i pro- 2 US Department ofLabor,BureauofLabor Statistics, LaborForceStatistics jšromtheCurrentPopulationSurvey,24ottobre2003 (http://data.bls.gov). Ibia'. 4 UtaHarnischfeger,InternationalNews:ItIs,Degrading-IFeelLi/eeaMan GoingtoHisUrologist,«TheFinancialTimes»,7maggio2003;German Unem- ploymentRisesby8,000,CNN,7agosto2003 (http://edition.cnn.com). 5Euro-zoneUnemploymentupto8.7%,Luxembourg,Eurostar,febbraio2003 (httpz//europa.eu.int/comm/eurostat/). 6Ibia'. 7IapanIoblessRateIumpstoPostWarHighof5.5%,«TheWallStreetJournal», 28febbraio2003;OrganizationonEconomicCooperationandDevelopment, MainEconomicIndicators:Indonesia CountryReport,Paris, settembre2003 (www.oecd.com); CentralIntelligenceAgency, CIA. Tbe WorldFactboo/e In- - dia, 17 settembre2003 (www.cia.gov/cia);InternationalLaborOrganization, NewILOReportonGlobalEmploymentTrends2003,Genève,ILO,24gennaio 2003 (wwwilo.org/public/english/bureau/inf/pr/2003/1htm). VI blemi strutturali che stavano alla base della crescita della disoccupazione (e discussi nella prima edizione di questo volume) si siano aggravatinegli anni seguenti, rendendo il futuro dell,occupazione la questione cruciale del nostro tempo. È interessante notare che le analisi e le tendenze tracciate allora hanno oggi maggiore risonanza rispetto a quando illibro fu pubblicato la primavolta. In questaPremessa alla nuova edizioneho colto l”oppor- tunità di aggiornareillettore sulfuturo dellavoro, insisten- doinparticolaresullalezioneimpartitadaitumultuosieven- ti economici degli ultimi anni. Mi sono inoltre dilungato su alcuni deimolti suggerimentipropostiper affrontarela crisi dell,occupazione, unagamma dinuoveideeperripensarela natura del lavoro. La mia speranza è che queste proposte possano aiutarci atrovarela rottaverso unnuovomondoin cui i talenti personali e il contributo di ognuno al destino dell'umanità e al benessere del pianeta saranno forse com- pletamentediversida qualsiasicosamaiimmaginataprima. Ogni Paese è alle prese con un vasto dibattito sul futuro dellavoro. Fai conti conproblemicomeun”alta disoccupa- zione, tasse esose, pesanti sistemi di previdenza sociale e contortiregimiregolativi, chesecondo alcuninonfanno che perpetuare la stagnazione economica; coloro che hanno un atteggiamento critico all,interno del governo, delfindustria edellasocietàcivilesonoimmobilizzatiinun',asprabattaglia ideologica e si chiedono selenorme che regolano Foccupa- zione, ilcommercioegliscambidebbanoessereriformatee, sesì, come. Mentreipoliticieileader delmondo degli affa- riedellavoro siaccapiglianosucomeelaborareunapolitica del lavoro flessibile, abbassare le tasse e riscrivere le regole che governano previdenza sociale e assegnazione delle pen- sioni, la vera causa della disoccupazione globale non viene affrontataneldibattitopoliticopubblico. Sela chiaveperla creazionedinuovi posti dilavorofos- se soloPattuazione delleriforme menzionate, alloragliSta- VII ti Uniti dovrebbero sperimentare unioccupazione massic- cia. Dopotutto, abbiamo effettivamentefattotuttele rifor- me che altri Paesi stanno cercando ora di realizzare. Ep- pure i lavoratori americani - e quel che conta, di fatto, i lavoratori di tutte le altre economie nazionali mondiali - selapassanomale. Finoa qualchetempofa, prima chenegliUSAiltassouf- ficiale di disoccupazione cominciasse a crescere, il resto del mondo guardava'all”America in cerca di guida e ispirazio- ne. Quello chegli altriPaesinon sapevanoè chela disoccu- pazione realenegli StatiUniti, anche durante ilboom della seconda metà degli anni Novanta, quando il governo di- chiarava un dato del 4%, era molto più alta. Uno studio della University of Chicago ha dimostrato che se si fosse sommatoancheildato delladisoccupazionenascosta,iltas- so avrebbe eguagliato quello dell,Unione Europea negli stessi anni.8 E questo perché, benché in America qualcuno riuscisse a trovare un posto anche dopo la recessione del 1989-92, milionidialtrilavoratoriscoraggiati semplicemen- te si arresero e fuoriuscirono dalla forza lavoro: per questo motivonon furono più conteggiatinellestatisticheufficiali.9 Molti altrifinirono in carcere. Nel 1980lapopolazione car- ceraria arnmontava a 330.000 persone. Nel 2000 i detenuti erano circa due milioni.10 Oggi l'1,8% della forza lavoro 8ChinhuiJuhn,KevinMurphyeRobertTopel,CurrentUnemployment, Histo- ricallyContemplated,elaboratopresentatoalBrookingsPanelonEconomicAc- tivity,marzo2002(wwwnber.org/~confer/ZOOZ/lssOZ/juhnpdf). 9AllenBerger, Margaret KyleeJoseph Scalise,Dz'dUSBankSupervisor:Get TougberDuring the CreditCruncb?Dz'a'Tbey GetEarz'erDuringtbeBanking Boom?DidItMattertoBankLena'z'ngP,NationalBureauonEconomicResearch, 15 gennaio2000 (http://people.brandeis.edu/~cecchett/pdf/berger2000.pdf); MonicaDaveyeDavidLeonhardt,Joblesrana1Hopeless, Many Quz'ttbeLabor Force,«TheNewYorkTimes»,27aprile2003. 10AllenJ.BeckeDarrellK.Gilliard,Prz'ronersin1994,USDepartmentofJustice, BureauofJusticeStatistics, agosto 1995 (http://www.ojp.usdoj.gov/bjs); Paige M. HarrisoneAllenJ. Beck,Prz'ronerrz'n2002,USDepartmentofJustice,Bu- reauofJusticeStatistics,luglio2003 (www.ojp.usdoj.gov/bjs). VIII maschile si trova in carcere.11 Inoltre, molti lavoratori che trovarono un,occupazione nel mercato in crescita tra il 1995 eil2000eranolavoratoritemporanei,parttime, senza benefits e per la maggior parte sottoccupati. Molti sono rientratinelleschieredeidisoccupatiallafinedel2003. L'ascesa e z'ldeclino del«miracoloamericano» Granpartedelcosiddetto«miracoloeconomico»americano deitardianniNovanta, inclusalatemporaneabolladisapo~ ne della ripresa dell'occupazione, si scopre, con il senno di poi, esserestatounfenomenoillusorio. Nonfuronotantole superiori competenze manageriali, le abilità imprenditoriali olacrescitadellaproduttivitàadalimentarel'espansionede- gli scambi, quanto, piuttosto, Pestensione senza precedenti del credito al consumo, che ha consentito agli americani di aumentarefollementele spese. Il miracolo americano è sta- to, in buonaparte, acquistato a credito. È davveroimpossi- bile comprenderela temporanea riduzione delladisoccupa- zione americana dei tardi anni Novanta senza esaminarela strettarelazioneintercorsatrala creazionedipostidilavoro el'accumulo diundebitoal consumo darecord. Il credito al consumo sta aumentando da circa un de- cennio. La brusca impennata nei consumi ha portato la gente a ritrovare unposto dilavoroper qualche anno, per produrre tutti i beni e fornire tutti i servizi acquistati a credito.12 Il risultato è stato che il tasso di risparmio delle famiglie americane, attestato intorno all,8% nei primi an- ni Novanta, è precipitato a circa il2% nel2001.13 11 USDepartmentofLabor,BureauofLaborStatistics,LaborForceStatistics fromtheCurrentPopulatzonSurvey, 12agosto2003 (http://data.bls.gov);Priso- nerrin2002,cit. 12ConcettogiàillustratonellaprecedenteedizionedellaFinedellavoro. 13BureauofEconomic'Analysis,USPersonalSavingsRates,3ottobre2003. IX Una situazione analoga si verificò dalla metà alla tme degli anni Venti. Come oggi, gli anni Venti furono un pe- riodo di frenetica innovazione tecnologica. L'elettricità preseil posto della forzavapore in tutteleindustrie prin- cipali, aumentando notevolmente.la capacità produttiva del Paese. L,incremento della produttività non portò co- munque a un aumento significativo delle retribuzioni dei lavoratori. Al contrario, i salari rimasero relativamente bassi, mentre molti lavoratori marginali furono lasciati a casa, con l,avvento di sostituti tecnologici più efficienti e meno costosi. Alla fine del decennio, Pindustria america- na marciava a un ritmo pari solo al 75% della sua capa- cità nella maggior parte dei settori chiave dell'economia. I frutti dell,aumento di produttività non furono redistri- buiti tra i lavoratori in modo sufficiente a sostenere la crescita dei consumi e a svuotarei magazzini. Preoccupa- ti da una domanda al consumo insufficiente, la comunità bancaria e il commercio al minuto estesero il credito a basso tasso di interesse nella forma dell”acquisto a rate per incoraggiare i lavoratori a comprare di più e conti- nuare a far crescere l,economia.lAlla fine del 1929, il de- bito al consumo era così alto che non fupiù possibile so- stenerlo. Anche il mercato alrialzo veniva alimentato da acquisti record di :tac/es on margin (la somma pagata dal clientequandousailcredito delsuobrokerpercomprare o vendere un titolo). Alla fine l'intero castello di carte crollò. _ Lo stesso fenomeno si sta verificando oggi. L'aumento della produttività causato dalla rivoluzione dell'informa- zione e delle telecomunicazioni comincia a entrare nello stadio terminale. Il problema è che, di fatto, ogni indu- stria sta affrontm una sottoutilizzazione della capacità produttivaeunadomandadibenidiconsumoinsufficien- te. Le manifatture americane nell'ottobre del 2003 hanno resonotodifareusodimeno del73% delleloropotenzia- X lità.14 Ancoraunavolta,negli StatiUniti, il credito al consu- moèdiventatoilpalliativoditutto,ilmododimanteneresu digiriimotoridellieconomia, almenoperqualchetempo. Ilcredito alconsumostacrescendo all,oscillanteritmodi un 9% annuo e lebancarotte sono in aumento. Nel 1994, 780.000 americani dichiararono fallimento. Alla fine del 2002 si eraraggiuntoilnumero di 1576.13315 Fino ai tem- pipiùrecenti, alcunieconomistihannosostenuto che-iltas- sopercentualedirisparmioprossimo allozerononfosseun elementotantonegativo comelacifrasuggeriva, perchémi- lioni di americanistavanobeneficiando dei guadagni dare- cord delmercatodelleazioni,facendo delloroportfoliodei titoli un sostituto deltradizionale risparmio bancario. Il re- centeribasso delmercatodelleazionihanaturalmentefatto mutareil tenore di tali asserzioni. Andrebbeinoltre sottoli- neato checircail90% deiguadagni azionarisonofinitinel- le tasche del 10% dei nuclei familiari, mentre più della metà dellapopolazione americananonhabeneficiato affat- to deirialzi delmercato,_dato chenon possedeva azioni.16 LaGranBretagnaèilsoloaltroPaesedelG-8adaverse- guito la direzione degli Stati Uniti nello spingere l'econo- miasullascorta diunaumentoimpressionantedeldebito al consumo. E, nel breve periodo, tale politica ha incontrato un certosuccesso. La disoccupazionebritannicaètralepiù basse del mondo e lleconomia è in crescita. Il problema è che, come per gli Stati Uniti, ilmiracolo economicobritan- nico ha meno a che fare con l'acutobuon senso del mondo degli affari e con Pefficiente supervisione dello Stato che 14LouisUchitelle,USOuercapacz'tyStallrNewjobs,«TheNewYorkTimes»,19 ottobre2003. 15 AmericanBankruptcyInstitute, CurrentBan/eruptcyStatistics, 16settembre 2003 (Wwwabiworldprg). 16LawrenceMishel,JaredBernsteineHeatherBoushey, TbeStateofWorking America,EconomicPolicyInstitute,Ithaca,CornellUniversityPress,2003. XI

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