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La Festa della Sfortuna PDF

1989·0.5341 MB·other
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«Gli schiavi adorano la fortuna e il potere. Noi onoriamo la Sfortuna, la Sfortuna che l'umanità non può bandire interamente dalla terra, ma che consola, e allevia con rispetto.» Così Robespierre riassumeva, in quello che rimane forse il suo discorso più bello, gli impegni presi dalla Rivoluzione francese con la Dichiarazione dei diritti dell'uomo. Ma con queste parole rendeva anche omaggio a Georges Couthon, l'amico fedelissimo, che gli aveva suggerito, con orgoglioso paradosso, di istituire la Festa della Sfortuna.
Giovane ed entusiasta deputato del dipartimento del Puy-de-Dóme, Couthon, fin dai suoi primi interventi all'Assemblea legislativa, si era guadagnato la stima di tutti riuscendo a far dimenticare (e dimenticandola egli stesso) la sua infermità: colpito a ventidue anni da una misteriosa malattia, aveva perso l'uso delle gambe, e poteva spostarsi solo grazie all'aiuto dei compagni e, nell'ultimo anno, con una sedia a rotelle. La menomazione non gli aveva impedito di riversare tutte le energie della sua mente nelle cariche politiche che gli venivano via via affidate (nel 1791 all'Assemblea legislativa, nel '92 alla Convenzione e dal luglio '93 al Comitato di salute pubblica dove, con Robespierre e Saint-Just, formò il triumvirato), ma aveva certamente accentuato in lui l'attenzione per l'umanità sofferente, per i più deboli, per gli oppressi, un'attenzione che ricorre puntualmente in tutti gli interventi che gli Atti parlamentari ci hanno tramandato. Attraverso questa documentazione Franco Piro ha ricostruito la vicenda umana e politica di Georges Couthon, forse il meno noto e il meno studiato fra i grandi protagonisti della Rivoluzione, ma non il meno importante: percorrendo le tappe della sua breve e intensissima vita, conclusa inevitabilmente dalla ghigliottina il 10 termidoro, rileggiamo, tutta la storia della Rivoluzione francese cui Couthon si era dedicato con lucida coerenza senza mai perdere di vista, delle tre parole emblematiche «Liberté, Égalité, Fraternité», soprattutto la terza, la fraternità, essenziale per un uomo che, come usava dire, non era in grado di fare un passo senza gli altri.
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