.Wiì, 1 ir 1 .. ìihJ Claudio Guidi La fabbrica dell’ateismo Il tentativo del Settecento francese di abolire Dio il melari! Nel terzo volume della sua trilogia dedicata ai movi menti intellettuali del Settecento francese, l’autore affronta il problema della battaglia contro la religione e in favore dell’ateismo, sostenuta dai principali espo nenti del movimento enciclopedista. Voltaire non manca di sottolineare che ogni credenza religiosa rap presenta “il flagello più abominevole della terra”. D’Holbach sostiene che “tutte le religioni ci mostrano solo un ammasso di imposture e fantasticherie che fanno rivoltare la ragione”, mentre per Diderot “non c’è stata una sola contrada al mondo, che la diversità di opinioni religiose non abbia inondato di sangue”. La Mettrie arriva addirittura a scrivere che “l’univer so non sarà mai felice, se non sarà ateo”. Dei due titanici tentativi intrapresi in quel secolo per cambiare il mondo, uno è dunque riuscito con l’avvento della rivoluzione del 1789, mentre la posterità ha confer mato che quello di scardinare dal pensiero umano ogni credenza religiosa è miseramente fallito, con le conseguenze dei fanatismi religiosi che invece proprio nei sempre più inquieti tempi attuali diventano ogni giorno più terrificanti. ISBN 978-88-6983-067-9 € 18,00 9 788869 830679 Claudio Guidi è studioso e critico di teatro in Italia, Francia e Germania. Ha ricoperto posizioni manageriali in gruppi multinazio nali. Giornalista e corrispondente dall’estero di agenzie di stampa e quotidiani italiani, dal 2014 si dedica all’attività di scrittore. Sulla base di ricerche e studi decennali sull’lllumi nismo francese ha potuto redigere un monu mentale affresco di quell’affascinante movi mento intellettuale, neH’ambito del quale ha portato alla luce contenuti e testi in gran parte inediti. Il presente volume conclude la trilogia iniziata con II secolo bello e proseguita con Maledetta rivoluzione. In copertina: François Dubois, Le Massacre de la Saint-Barthélemy, 1572- 1584, Musée cantonal des Beaux-Arts, Lausanne extra collana Copyright © 2016, il nuovo melangolo s.r.l. Genova - Via di Porta Soprana, 3-1 www.ilmelangolo.com ISBN 978-88-6983-067-9 .* Claudio Guidi La fabbrica dell’ateismo Il tentativo del Settecento francese di abolire Dio il melangolo PREFAZIONE Gli inquisitori di Francia ci considerano balle di paglia, buone solo per essere bruciate. Scrivere mi disgusta. D’Alembert a Federico il Grande Nel suo famoso ciclo di 82 incisioni, raccolte sotto il tito lo Los desastres de la guerra, Francisco Goya mette sotto gli oc- ·. chi dell’osservatore le forme più atroci con le quali può manifestarsi la violenza umana organizzata. Qualche decennio prima d’Alembert non si esprime in termini diversi, quando af ferma che “la guerra è l’arte di ammazzare gli uomini”, ag giungendo subito che “la politica è l’arte di imbrogliarli”1. In fatto di guerre non ce ne è stata una nella storia del genere umano in cui entrambi i contendenti per giustificarla non si siano richia mati a qualche Dio, quasi sempre lo stesso e sempre ovvia mente schierato dalla propria parte, fino al Gott mit uns fatto incidere dai nazisti sulle fibbie dei cinturoni dei soldati della Wehrmacht. Vero è che anche nel mondo politeista cantato da Omero, gli dei dell’Olimpo si dividono in parti numericamen te quasi uguali nel sostenere le carneficine auspicate e realizzate da ognuno dei due schieramenti. L’altro flagello con radici forse altrettanto antiche di quel le della guerra, sul quale gli enciclopedisti ed i loro amici atti rano l’attenzione, cercando con i loro scritti di sradicarlo, è costituito dal fanatismo religioso. Quanto immane, ma al con tempo illusoria, fosse quell’arditissima impresa, possiamo con statarlo a distanza di due secoli e mezzo, con il mondo attuale che assiste nel frattempo sempre più esterrefatto a carneficine di altrettanta se non superiore barbarie. 5 Una caratteristica geneticamente intrinseca ad ogni cre denza religiosa monoteista è basata sulla naturale pretesa di detenere la verità assoluta. Da qui la tentazione spesso irresistibile di imporre il proprio credo con ogni mezzo, compreso quello di far scorrere il sangue di chi crede in un’altra religione, che per logica e necessità di cose non può che essere quella sbagliata. Delle tre grandi religioni monoteiste esistenti, la più anti ca ha commesso ai suoi inizi orrori ormai lontanissimi nel tem po, dettagliatamente descritti però nel testo sacro che ne è alla base, la Bibbia, sui quali Voltaire ha scritto pagine intrise di profondo ribrezzo. Il giudizio forse meno tagliente è quello che il patriarca di Ferney riserva a San Giovanni Crisostomo, il quale afferma a più riprese che “Mosè era dolce, il più dolce de gli uomini, una cosa che non mi stancherò di ripetere”2. Nel ci tare l’episodio secondo il quale Mosè “aveva fatto immolare ventiquattro mila uomini della sua nazione con il pretesto che un ebreo era stato trovato a letto con una donna midianita”, Vol taire si chiede esterrefatto: “Come si può dire, dopo queste straordinarie carneficine, che «Mosè era il più dolce degli uo mini»? Dobbiamo ammettere che, umanamente parlando, que sti orrori fanno orrore alla ragione e alla natura”3. Il patriarca di Ferney si affretta tuttavia a precisare che il po polo ebraico descritto nella Sacra Scrittura non è stato il solo a macchiarsi di crimini tanto feroci dettati dalla religione, poiché a questa tentazione non sono sfuggiti nemmeno i pacifici popo li dei Mari del Sud, peraltro non inclini al monoteismo. Rivolto agli ebrei spiega dunque che “voi avete immolato delle vittime umane al Signore, ma consolatevi. Vi ho spesso detto che i no stri francesi e tutte le altre nazioni hanno fatto altrettanto in altri tempi. Ecco che Monsieur de Bougainville toma dall’isola di Tahi ti, da quest’isola di Citera i cui abitanti pacifici, dolci, umani e ospitali offrono ai viaggiatori tutto quanto possiedono, i frutti più deliziosi e le figlie più belle, le più facili della terra. Ma questi popoli hanno i loro ciarlatani e questi vendifrottole li costringo no a sacrificare i loro figli a statuette che chiamano i loro dei”4. 6