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La «Chirurgia Magna» di Bruno da Longobucco in volgare: Edizione del codice Bergamo MA 501, commento linguistico, glossario latino-volgare PDF

962 Pages·2020·3.436 MB·Italian
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Emanuele Ventura La «Chirurgia Magna» di Bruno da Longobucco in volgare Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philologie Herausgegeben von Éva Buchi, Claudia Polzin-Haumann, Elton Prifti und Wolfgang Schweickard Band 438 Emanuele Ventura La «Chirurgia Magna» di Bruno da Longobucco in volgare Edizione del codice Bergamo MA 501, commento linguistico, glossario latino-volgare ISBN 978-3-11-062410-6 e-ISBN (PDF) 978-3-11-062459-5 e-ISBN (EPUB) 978-3-11-062544-8 ISSN 0084-5396 Library of Congress Control Number: 2019946315 Bibliografische Information der Deutschen Nationalbibliothek Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über http://dnb.dnb.de abrufbar © 2020 Walter de Gruyter GmbH, Berlin/Boston Typesetting: Integra Software Services Pvt. Ltd Printing and binding: CPI books GmbH, Leck www.degruyter.com Alla mia famiglia Premessa Poco più di un quindicennio fa, Riccardo Gualdo, intervenendo sulla lingua della pediatria in occasione di un eccellente convegno leccese dedicato alle parole della scienza,1 notava come la ricerca nel campo della lingua medica medievale si presentasse ancora, soprattutto in Italia, del tutto insoddisfacente. In parti- colare, mancavano quasi completamente non solo edizioni critiche moderne, filologicamente affidabili, dei testi volgari, ma anche e soprattutto delle opere originali, laddove (e ciò riguarda notoriamente la maggior parte dei casi) si avesse a che fare con traduzioni di trattati e commenti originali scritti in latino; lo scarso interesse suscitato negli studiosi è tuttavia inversamente proporzionale al ruolo ricoperto da questi testi nel sapere medievale e nella cultura medica europea, della quale essi costituiscono un punto di riferimento centrale, tanto da essere stati spesso oggetto di copia e poi di pubblicazione a stampa almeno fino alla metà del XVI secolo (sia in latino sia in volgare). All’assenza di moderne edizioni si è accompagnata la pressoché inenistente collaborazione tra filologi italiani e romanzi da una parte e storici della scienza e della medicina medievale dall’altra: ciò ha ulteriormente complicato i progressi della ricerca, inducendo lo stesso Gualdo a lamentare come «nel nostro paese, le edizioni di testi di medi- cina umana condotte con accortezza filologica sono ancora troppo poche [...]. Il confronto con quello che s’è fatto in Francia o in Germania è sconfortante, anche solo pensando all’Archiv für die Geschichte der Medizin fondato dal Sudhoff (ora Sudhoffs Archiv) o alle pubblicazioni dei Beihefte per la storia della medicina di Würzburg».2 A distanza di tre lustri la situazione può dirsi di certo migliorata, anche se, forse, non mutata nella sostanza, in particolar modo per quel che concerne la tradizione latina, tuttora piuttosto lontana dal centro degli interessi negli studi medievistici. Sicuramente più in salute appare oggi lo stato dell’arte sulla lingua medica in volgare, tanto da consentire di rettificare in positivo un’affer- mazione come la seguente, che pareva invece inoppugnabile fino a poco tempo 1 Dal quale è poi derivata una raccolta di atti ormai canonica per questo campo di studi: Gualdo (2001a). 2 Ivi, 40; inoltre, nel caso di edizioni otto-novecentesche delle opere mediche medievali, «gli editori, pur benemeriti, sono prevalentemente storici della medicina, non sempre sensibili alle sollecitazioni della filologia, e spesso portati ad esprimere giudizi impressionistici sulla lingua, accettati per inerzia dagli storici della medicina contemporanea» (ibid.): una situazione che si riflette a pieno, come si vedrà, nel caso particolare degli studi su Bruno da Longobucco e sulle sue opere, nelle quali, a uno scarsissimo apporto filologico si accompagnano valutazioni spesso inattendibili. https://doi.org/10.1515/9783110624595-202 VIII   Premessa fa: «la filologia italiana non ha ancora affrontato in modo sistematico neppure il censimento dei testi medici e veterinari in volgare,3 per non parlare dei testi tecnici ed enciclopedici».4 Limitandoci proprio ai cinque protagonisti della medi- cina medievale chiamati in causa da Gualdo (Guglielmo da Saliceto, Lanfranco da Milano, Guy de Chauliac, Bruno da Longobucco, Pietro d’Abano), infatti, si potrà constatare l’avvenuto progresso. Almeno i primi due hanno goduto recente- mente di un discreto interesse proprio sul fronte dei loro volgarizzamenti: Coco/ Di Stefano (2008) hanno compiuto un lodevole, seppur non definitivo, lavoro di recensio sulla vasta tradizione volgare della Chirurgia di Guglielmo da Saliceto;5 su Lanfranco da Milano, allievo di Guglielmo e tradizionalmente considerato il fondatore della scuola medica francese, ha posto l’attenzione Roman Sosnowski,6 pubblicandone nel 2014 un volgarizzamento veneto della Chirurgia parva e con- tribuendo così ad apportare nuova luce su una figura di primissimo piano nella storia della chirurgia medievale. Se con Guglielmo e Lanfranco ci troviamo proprio nel campo specifico della chirurgia, che qui più ci interessa, altre edizioni hanno riguardato, nell’ultimo decennio, testi medici di diverso genere e provenienza: tra i più recenti, Tomasin (2010), Mazzeo (2011), Piro (2011), D’Anzi (2012a), Zamuner (2012a), Castrignanò 3 Accanto agli studi condotti sui testi propriamente medici sono importanti, come termini di confronto dei temi affrontati nel presente lavoro, anche quelli riguardanti i testi veterinari (non- ché di mascalcia e falconeria): questi ultimi saranno dunque tenuti in giusta considerazione alla luce dei contatti, sia sul piano lessicale sia su quello testuale e traduttivo, condivisi dai due àmbiti della medicina umana e animale. Si ricorda qui anzitutto il lavoro fondamentale di Gleßgen (1996) sul Moamin in volgare; accanto a questo, Trolli (1983; 1990), Gualdo (1998); Aprile (2009) offre una rassegna dei testi medievali di mascalcia: tra questi occupa un ruolo primario il De medicina equorum di Giordano Ruffo, per il quale cf. Montinaro (2015; 2016). 4 Ivi, 38. Non si dimentichi, peraltro, che, allargando il quadro al mondo complessivo dei volgarizzamenti medievali, molti sono quelli ancora esclusi dal corpus TLIO (http://gattoweb. ovi.cnr.it/), perché le loro edizioni, per lo più ottocentesche, peccano di inaffidabilità. Per avere una panoramica, seppur ancora in costruzione, dei volgarizzamenti italiani (di testi pratici e letterari), il punto di partenza è rappresentato dalla banca dati SALVIt, che si avvale dello stesso programma elaborato per TLIon (Tradizione della letteratura italiana on line), ed è consultabile in rete (http://www.salvit.org/): essa contiene «schede filologicamente impostate riguardanti la tradizione testuale dei testimoni manoscritti e a stampa, le edizioni e gli studi» delle traduzioni realizzate tra il XIII e il XVI secolo, dalla Toscana alla Sicilia. L’obiettivo della banca dati è quello di «testimoniare l’importanza fondamentale assunta nella cultura del Medio Evo italoromanzo dai volgarizzamenti, fonti linguistiche e lessicali essenziali, soprattutto per quelle aree dell’Ita- loromania in cui la documentazione dei volgari locali è più debole o più tarda». 5 Notevole esempio di tradizione manoscritta particolarmente fortunata nell’àmbito dei testi scientifici in volgare. A tal riguardo, cf. anche Zarra (2017). 6 Sosnowski (2014). Premessa   IX (2014), Sosnowski (2014), Zarra (2018); a questi si possono allegare alcuni studi specifici sulla lingua medica più tarda, come Sboarina (2000) e Motolese (2004). Vanno poi ricordati due importanti progetti di ricerca varati negli ultimi anni e, al momento della stesura di questo lavoro, ancora in nuce, ma certamente di solida prospettiva: anzitutto, il corpus ReMediA (curato da Elena Artale e Ilaria Zamuner), che, nato in seno all’Opera del Vocabolario, mira a «fornire l’edizione del più alto numero possibile di testi in edizione moderna (trattati medici vari, chirurgie, ricettari, ecc.) e procedere alla revisione di edizioni ottocentesche o primo-novecentesche di testi medico-scientifici soprattutto in italiano, ma anche nelle diverse lingue romanze (principalmente catalano, francese e occitanico)».7 Accanto a questo, va menzionato il progetto LeMMA (Lessico medievale della Medicina e dell’Alimentazione, a cura di Maria Francesca Giuliani, Sergio Lubello e Rosa Piro), costituente un segmento del più ampio LeItaLiE (Lessicografia dell’Italoromanzo e delle lingue europee), promosso a sua volta dalle due Università di Napoli e dall’Università di Salerno, e vòlto a «disegnare una mappa dei testi tecnico-scientifici italiani medievali inerenti alla medicina e all’alimentazione, delle tradizioni testuali, dei tipi lessicali e dei modi in cui nascono e si disegnano i linguaggi tecnico-scientifici antichi».8 Parlare di trattatistica scientifica in volgare e, più in generale, di letteratura medica in volgare nel Medioevo, vuol dire in massima parte, come accennato, occuparsi di volgarizzamenti di opere latine.9 Si ha a che fare, dunque, con testi nei quali il rapporto tra latino e volgare s’impone in primo piano, motivandone, 7 Cf. http://www.sifr.it/storico/ricerca/remedia.pdf. Il corpus è interrogabile in rete al seguente indirizzo: http://remediaweb.ovi.cnr.it/ (ultima consultazione: 15 gennaio 2019). 8 Per una descrizione del progetto, cf. la seguente pagina web: http://www.unior.it/ateneo/13076/1/ progetto-lemma.html; si vedano, inoltre, Giuliani/Lubello/Piro (2014). La ricerca è divisa in tre sezioni, i cui risultati saranno disponibili su un archivio informatico: la prima è dedicata alla medicina medievale (R. Piro), la seconda al lessico culinario dell’italiano antico (S. Lubello), la terza, denominata LeMMArio (M. Giuliani), «raccoglie schede lessicali onomasiologiche e sema- siologiche singole o interrelate, schemi di sintesi, rappresentazioni cartografiche di percorsi e contrasti lessicali significativi, con riferimenti ad articoli scientifici pertinenti e a materiali corre- lati all’avanzamento della lessicografia storico-etimologica delle varietà italo romanze». Di par- ticolare interesse in questa sede sarà la prima sezione, che concerne la pubblicazione periodica in rete dei Lessici dell’Almansore (https://lessicialmansore.com/), consultati nella costruzione del glossario che qui si offrirà. 9 Cf. Aprile (2014, 75): «A parte episodi di fortissima originalità come quella dei trattati dante- schi, la storia della trattatistica del primo secolo e mezzo è quella della riappropiazione e del continuo travaso di contenuti dal latino, con cui l’ancora gracile volgare vive in simbiosi. La trattatistica medievale è insomma, da certi punti di vista, la storia di un vastissimo processo di traduzione: dal latino al volgare, ma prima ancora da altre lingue (l’arabo, il greco) in latino». X   Premessa di fatto, il notevole interesse anzitutto sul piano lessicografico: «la loro rile- vanza è fondamentale, soprattutto per l’individuazione, la progressiva messa a fuoco e la stabilizzazione del lessico, dunque per il costituirsi di una lingua della scienza» (Frosini 2014, 48). Se la lingua europea comune delle scienze rimarrà ancora per secoli il latino, il volgare acquisì nel corso del Medioevo una posizione sempre più preponderante, avviandosi verso una graduale istituzio- nalizzazione: pur restando sicuramente distante dalle caratteristiche proprie del linguaggio scientifico moderno, esso presenta sin dal Trecento un sistema terminologico e di formazione delle parole sicuramente ben organizzato, come Altieri Biagi (1970) mostrò già nel suo pioneristico studio su Guglielmo da Sali- ceto. In questo processo d’istituzionalizzazione largo merito (oltre a un ruolo quantitativamente dominante) va riconosciuto ai volgarizzamenti delle opere latine («Übersetzungen spielten eine entscheidende Rolle in der sprachlichen Ausprägung fachlicher Texte»).10 Anche limitando il campo ai soli testi medici, va poi ricordato come essi rap- presentino categorie talvolta piuttosto distanti tra loro, con finalità e un pubblico che possono variare in modo sostanziale. Non è perciò secondaria la necessità di collocare preliminarmente la Chirurgia di Bruno all’interno di quel «fascio di rea- lizzazioni che corrono a livelli diversi», di cui M. L. Altieri Biagi ha parlato in uno dei suoi tanti e benemeriti studi sulla lingua scientifica in volgare.11 Non basterà, soprattutto, tracciare una semplice linea di demarcazione tra opere cólte, scritte in latino, e opere popolari, scritte in volgare. La stessa letteratura medica in latino, infatti, contempla una gamma di realizzazioni piuttosto ampia, com- prendente, accanto a trattati, manuali e commenti di natura scolastica, anche ricettari e altri prontuari medicinali, di circolazione più larga (consilia, regimina, practicae).12 La Chirurgia magna di Bruno si pone sicuramente sul piano della trattatistica alta, ufficiale, avendo peraltro le sue fondamenta, con discreta pro- babilità, nelle lezioni scolastiche impartite da Bruno (forse, come si osserverà, in quelle universitarie dello Studium padovano agli albori della sua storia, attorno alla metà del Duecento). Lo status dell’opera è perciò di particolare interesse, 10 Gleßgen (1995, 88). 11 Altieri Biagi (1984, 897). 12 Cf. De Tovar (1982, 195): «Les textes rédigés en langue vulgaire au Moyen Age et classés sous le titre général de ‹textes médicaux› sont d’ordre très diverse: ils vont des réceptaires populai- res, de style presque folklorique, aux traductions d’authentiques traités magistraux. Ils n’ont en commun que d’avoir été destinés à un public non lettré, composés et copiés selon des critères d’utilité pratique: soit pour répondre aux besoins les plus courants dans le domaine de la patho- logie, soit pour mettre à la portée du laïc les bases théoriques élémentaires d’un enseignement d’École qui lui était inaccessible».

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