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La Bibbia Maya, Il Popol-Vuh: storia culturale di un popolo PDF

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Raphaël Girard LA BIBBIA MAYA Il "Popol-Vuh": storia culturale di un popolo Le Popol-Vuh. Histoire culturelle des Maya-Quichés Nota autobiografica «Raphaël Girard, nato a Martigny (Svizzera) il 30 ottobre 1898. Al corso di etnografia con il dott. Pittard dell'Università di Ginevra, imparai il metodo di ricerca interdisciplinare che caratterizza i miei lavori. Nel luglio 1919 intrapresi una missione di studi etnografici per conoscere i popoli indigeni dell'Honduras. Il mio viaggio fu patrocinato dal dott. Pittard e dal dott. Paul Rivet, direttore del Musée de l'Homme di Parigi. Compiute le mie ricerche feci i primi passi per la costituzione della società svizzera degli Americanisti. Profondamente interessato allo studio dei Maya, mi trasferii poi in Guatemala per intraprendere una ricognizione etnografica e archeologica del paese. Il mio primo viaggio in area maya si realizzò il 12 maggio 1924. Non avendo alcun sussidio economico, dovetti trovare un lavoro per vivere e portare avanti le ricerche che tanto mi interessavano. Le mie prime esperienze rivelarono che il "Popol-Vuh" costituisce un documento chiave per capire la spiritualità, la cultura e la storia dei Maya-Quiché. Non esisteva però alcuna esegesi del famoso documento: ne era misconosciuto il significato esoterico, mai utilizzato per le ricerche. Lo stesso accadeva per la religione e i simboli maya-quiché che venivano appunto descritti come i più inaccessibili al nostro modo di pensare. Puntai la mia attenzione sullo studio della religiosità maya-quiché in Guatemala, Chiapas e Yucatán e realizzai inoltre una ricerca intensiva dei riti segreti e notturni celebrati dai Chortis, unici discendenti dei Maya del Periodo Classico viventi in Guatemala. Questa ricerca, in contatto diretto con gli indigeni per integrarmi al loro pensiero e compenetrarmi con la loro tradizione esoterica, durò più di venti anni. Questo tempo considerevole dedicato allo studio del sacro si spiega con la barriera di impenetrabile riserva di cui si avvalgono i capi spirituali per difendere i loro valori culturali più preziosi. Oltre alle ricerche in area maya, ho realizzato nel corso degli anni studi etnografici tra i popoli indigeni delle tre Americhe: dagli Irochesi del Canada ai Guaraní del Paraguay. Con una visione panoramica della cultura indoamericana e attraverso il metodo interdisciplinare fui in grado di stabilire l'unità delle culture agricole del Nuovo Mondo e i loro legami storico-genetici con i Maya. I frutti delle mie ricerche sono raccolti in una ventina di libri, oggi pubblicati in cinque lingue. Non ho accettato le cattedre di Preistoria americana e di Antropologia che mi sono state offerte da due università in Guatemala perché tutto il mio tempo è sempre stato dedicato alla ricerca». (Raphaël Girard, da un curriculum inviato all'editore italiano). Raphaël Girard è morto il 25 dicembre 1982. INDICE Premessa Note Introduzione: Cosmogonia e creazione dell'Universo Note e didascalie delle figure Parte prima. Le Ere del Popol-Vuh La prima era: L'orizzonte primitivo Note La seconda era: Il periodo di formazione della cultura Note e didascalie delle figure La terza era: Il ciclo dell'orticoltura avanzata Note e didascalie delle figure Parte seconda. La storia dei Gemelli La prima era (L'orizzonte primitivo): I Gemelli sconfiggono i Giganti Note e didascalie delle figure La seconda era (La formazione della cultura): L'impero dei Camé Note e didascalie delle figure La terza era. L'orticoltura avanzata Note e didascalie delle figure Introduzione alla quarta creazione. I tratti culturali della quarta era. Il codice agrario Note e didascalie delle figure I Gemelli agli inferni Note e didascalie delle figure La quarta creazione Note e didascalie delle figure Parte terza. Storia e drammatizzazione mitica del calendario Origine e struttura del calendario Note e didascalie delle figure L'ulteriore sviluppo del calendario. La causa efficiente del grande calcolo Note e didascalie delle figure I miti del teatro Maya-quiché Note e didascalie delle figure Parte quarta. L'età storica La migrazione quiché Note La ricomparsa dei sacrifici umani Note Il ritorno dei Quiché in Guatemala Note Sintesi L'orizzonte primitivo La seconda Epoca La terza Epoca La quarta Epoca PREMESSA Quattro secoli or sono un saggio quiché trascrisse, nel manoscritto che porta il titolo di Popol-Vuh, le tradizioni millenarie del suo popolo. Le scrisse nella sua lingua servendosi, però, dei caratteri latini. Non era stato possibile fino ai nostri giorni decifrare il significato esoterico, né cogliere la portata storiografica di questo documento semplicemente perché è scritto in una lingua simbolica che va al di là delle nostre capacità di comprensione. Eppure questi testi sacri, così oscuri per il mondo occidentale, sono perfettamente intelligibili per i Maya-Quiché e rappresentano ai loro occhi tutta la realtà vivente. All'inizio del Diciottesimo secolo, il padre Francisco Ximénèz scopre e traduce il Popol-Vuh e al proposito scrive che «si è perpetuato tra gli indiani circondato da un alone di segreto tale che tra i preti antichi non veniva neppure citato, ma al momento di fare delle ricerche in merito, quando mi trovavo al presbiterio di Chichicastenango, constatai che questa dottrina era la prima cosa che assimilavano assieme al latte materno e che quasi tutti la sapevano a memoria» (1). Queste parole esprimono in maniera eloquente quel che ha significato e che significa tuttora il Popol-Vuh per gli indigeni di ceppo maya-quiché, come ho avuto modo di verificarlo io stesso nel corso di trentadue anni di ricerca etnografica presso i diversi gruppi che rappresentano detta cultura. E' probabile che un tale documento sia la riproduzione di un Codice pre- ispanico «scritto nell'antichità», come afferma l'autore del Popol-Vuh. Per interpretare questo materiale mitico, che è al tempo stesso molto vecchio e perennemente giovane, è indispensabile immedesimarsi nel modo di pensare, di sentire e di esprimersi proprio dell'indigeno e di esplorare gli strati più profondi del suo pensiero, di conoscere i suoi processi mentali, le sue idee religiose, in una parola la condizione reale della sua spiritualità. Nessun ricercatore è fino ad oggi riuscito a insinuarsi nelle pieghe misteriose dell'anima maya a causa dell'ermetismo sistematico a cui ricorre l'indiano per proteggere i suoi preziosi valori culturali. Questo spiega, a mio avviso, la nostra ignoranza della realtà spirituale dell'indigeno di oggi come di quello del passato che palpita nelle pagine del Popol-Vuh. Così, sebbene disponiamo di svariate traduzioni letterali di questo manoscritto in spagnolo, francese, inglese e tedesco, nessuna di esse fino ad oggi mette in luce il vero significato di un documento di così grande valore in cui si compendia l'anima e la storia dei Maya-Quiché. Per quel che riguarda il valore storiografico del Popol-Vuh esso deriva non soltanto dal suo contenuto, il quale descrive la storia dell'uomo maya- quiché nel corso dei tempi, ma inoltre dalla dichiarazione esplicita dello scriba indigeno il quale, in guisa di introduzione, proclama che: «Questa è l'origine, il punto di partenza della storia antica dei Quiché: qui scriveremo la storia antica, l'inizio, l'origine del popolo quiché e di tutto ciò che è stato realizzato dal popolo quiché (tutta la storia)». I Chorti confermano questo carattere di documento storiografico del Popol-Vuh con il titolo stesso del dramma, "La storia", che riproduce in modo grandiosamente sintetico gli episodi essenziali del poema quiché. Interpretando il sentimento del popolo quiché, il padre Ximénèz ha intitolato la sua versione spagnola: «Storia dell'origine degli indiani di questa provincia del Guatemala». I Maya-Quiché definiscono quindi la loro concezione della Storia là dove dichiarano che i loro racconti mitici sono al tempo stesso delle narrazioni storiche, un mito-storia quindi, un mito elevato a rango di storia. Non si tratta, quindi, di cercare nel Popol-Vuh una parte mitica e una parte storica. Come dimostrerà il presente studio, tutta l'opera, dalla prima all'ultima pagina, è caratterizzata da un medesimo stile. Per di più non vi sono suddivisioni in capitoli: il testo del manoscritto è tutto di un pezzo, la narrazione si svolge senza interruzioni dall'inizio sino alla fine. Questa disposizione è tipica della mentalità dei Maya-Quiché e si proietta altresì sul loro sistema cronologico. Infatti tutti i periodi dei loro calendari si intrecciano e si succedono senza soluzione di continuità come i racconti storici al fine di evitare qualsiasi breccia nell'ordine cosmico. Il sistema crono-magico ricalca il modello dei miti, archetipi di tutte le loro costruzioni mentali. A questo modo i Maya-Quiché non conoscono alcuna frattura rispetto al loro passato, esso non ha per loro nulla di oscuro dal momento che i miti costituiscono la base della loro coscienza culturale. Si tratta in realtà di una storia unica la quale abbraccia in una successione continua l'insieme del processo storico-culturale: è una storia scritta in termini di pensiero mitico il quale, per i Maya-Quiché, si identifica con il pensiero storico. E' di estrema importanza conoscere il metodo usato dai Maya-Quiché per esprimere la loro concezione e organizzazione della Storia. Questo metodo viene in luce nella dottrina ciclica delle Ere, la quale abbraccia in una totalità storica i fatti del passato come quelli del presente. Questo materiale si articola in quattro Ere o serie storiche, di cui le prime tre corrispondono a periodi trascorsi, cioè al passato e la quarta al presente il quale ha inizio con la quarta Creazione. Le forme culturali esistenti appartengono al presente, cioè alla quarta era, mentre quelle del passato hanno cessato di esistere in quanto si sono trasformate e sono state incorporate in quelle attuali. Per distinguere le forme presenti da quelle del passato ed esprimere al tempo stesso il loro rapporto genetico, i Maya-Quiché hanno trovato una formula geniale nella sua semplicità: hanno separato con un taglio netto il passato remoto da un lato e il presente dall'altro interponendo tra le serie cicliche un cataclisma devastatore che annienta lo stato anteriore e che fa sì che non sia più possibile osservarlo direttamente dal momento che ha cessato di esistere. Nel momento stesso in cui il passato si trova così tagliato fuori dal presente, esso appartiene alla preistoria. Vennero così distrutti volta per volta i tre primi cicli etnici, che al loro tempo furono delle epoche in corso, cioè dei periodi vissuti dai Maya-Quiché nel corso della loro storia. Queste Ere o Periodi sono al tempo stesso uniti e distinti in quanto parti necessarie di un'unica Totalità, distinti al fine di discernere le fasi del passato, uniti per conservare il legame causale che collega le parti al Tutto. Sebbene le modalità del passato siano state obliterate (in modo simbolico da una catastrofe), dal momento che sono state rimpiazzate da quelle del presente, è necessario mantenerne vivo il ricordo al fine di spiegare le forme in vigore che affondano le loro radici nella preistoria. In realtà questo passato non è scomparso: si è trasformato per incorporarsi al complesso culturale del momento attuale. Così, ad esempio, i Giganti della Prima Era si trasformano in Portatori cosmici; gli dei della Seconda Era nei Geni del male del tempo presente e le Virtù del periodo preistorico diventano i Vizi della Quarta Era. Ogni periodo è una nuova Creazione, dal momento che il passato, incorporandosi al presente, cessa di esistere. Vi è qui una contraddizione apparente nella dottrina delle Ere che presenta, da un lato, una serie di brusche mutazioni, incompatibili con i fatti, ma che, d'altro lato, mette in risalto il processo graduale delle forme, senza perdere contatto con quelle precedenti. Esse evolvono esattamente come avviene nella successione storica delle forme biologiche. La conoscenza della genesi degli elementi culturali, cioè del loro significato prima che venissero incorporati al tempo presente, è indispensabile per capire la loro evoluzione ulteriore e per spiegare come, perché e in quali circostanze si siano trasformati, e quali siano i fenomeni che hanno determinato la loro situazione presente. Questo è molto importante dal momento che su questi fenomeni riposano i canoni fondamentali della dottrina religiosa e storica. I tratti del passato rimangono annullati, ma solo in apparenza poiché sono stati reinterpretati e si ritrovano vivi e palpitanti nel presente. La storia mitica è quindi descritta in una prospettiva genetica. Essa spiega il processo di incorporazione del passato nel presente e quello della trasmissione del patrimonio culturale che si arricchisce da un'epoca all'altra. Essa permette inoltre di cogliere, nello svolgersi del processo storico, le variazioni degli elementi culturali, di seguire, ad esempio, l'evoluzione dell'etica o delle istituzioni in collegamento con i cambiamenti che si realizzano su tutti i piani della cultura. In altri termini, la cultura attuale è un prodotto della totalità storica, di conseguenza essa sale lungo la scala della civiltà proporzionalmente alla porzione del passato che influisce su di lei e di conseguenza il livello culturale di un'Epoca è direttamente proporzionale alla durata del suo passato preistorico. Da questo punto di vista la conservazione di tutte le fasi del passato disposte in ordine cronologico è necessaria al fine di determinare e spiegare il presente. La storia-mito, quindi, espone il corso degli avvenimenti che hanno generato il presente e questi avvenimenti sono messi in rapporto di dipendenza e di successione nella trama del divenire storico. Su questa tela di fondo il Popol-Vuh proietta in quadri successivi la vita dell'uomo e del popolo maya-quiché attraverso la loro storia. Esso descrive con precisione e vivacità, in uno stile chiaro, semplice e commovente, la vita della famiglia-tipo che caratterizza la cultura spirituale e materiale di ciascun ciclo etnico (famiglia di Gukup Cakix nella Prima Era; di Camé nella Seconda; di Ixmucané nella Terza; dell'Eroe Civilizzatore e dei primi quattro veri uomini nella Quarta) mostrando così il lato semplice e umano della Storia e, al tempo stesso, fornendo un panorama integrale della cultura tipo di ogni epoca e in particolare dei fenomeni spirituali, sociali ed economici che la caratterizzano. Il Popol-Vuh registra non soltanto i cambiamenti che intervengono nella storia delle Istituzioni e degli elementi costitutivi della cultura, ma per di più i mutamenti delle forme originali prodotti da choc esterni, cioè provocati dal contatto con altri tipi di cultura: ad esempio l'instaurazione dei sacrifici umani e le conseguenze che ne derivano, dovuta all'influenza azteca. Ci mostra egualmente che i fenomeni culturali sono determinati da necessità organiche fondamentali, inseparabili dalle idee, le credenze e le istituzioni di un determinato momento. Nella concezione dei Maya-Quiché, la Storia è l'uomo o il gruppo umano attraverso i tempi, criterio questo che non si distingue dalla definizione che la storiografia scientifica moderna dà della Storia: «scienza che studia ed espone in connessione causale i fatti relativi all'evoluzione dell'uomo in quanto essere sociale nelle sue manifestazioni sia individuali che tipiche e collettive» (2). Nel Popol-Vuh abbiamo quindi una fonte diretta scritta dai Maya-Quiché sulla vita dell'Uomo. Essa abbraccia tutto lo sviluppo della cultura e della vita dell'uomo dall'orizzonte primitivo fino al livello della civiltà. La sua fedeltà storica si rivela nella descrizione di fatti e di stili in cui si manifesta la vita spirituale che non corrispondono alla cultura attuale e che sono stati abbandonati da migliaia di anni, ma che sono l'espressione della realtà vitale di culture dei tempi remoti. I Maya-Quiché hanno scritto prima dei nostri storici la vera storia, quella che si occupa dell'Uomo, cioè della vita reale di una nazione e non di avvenimenti ufficiali che non presentano alcun interesse per l'avvenire. Gli eventi storici tradotti in mito documentano con esattezza i fatti e gesti archetipi realizzati a suo tempo dai lontani antenati dei Maya-Quiché. Questi eventi non soltanto si sono succeduti un tempo, ma continuano ancora a succedersi incessantemente: si ripetono sempre allo stesso modo nei riti, nel calendario (3), nel teatro e nei costumi attuali. Giungono quindi fino a noi nelle pratiche degli indiani di oggi, come riproduzione fedele della Storia, quale essa si è svolta nella realtà. Questo dissipa il pregiudizio antico (fin dai tempi di Montaigne e Cartesio) che voleva che l'Americano fosse il tipo d'Uomo senza storia, e conferma il criterio degli storici moderni circa il valore storiografico dei miti. (Il passo più importante fatto dalla Critica storica moderna è stato quello di comprendere, seguendo Vico, che la maggior parte dei miti di dei ed eroi delle Tradizioni antiche... sono il frutto di altrettante ricostruzioni e spiegazioni storiche... nella forma compatibile con la mentalità dei primitivi, alogica e antropomorfica (4)). Già da un certo tempo lo studio della mitologia ha abbandonato il terreno della letteratura ed è entrato in quello della scienza. Il Popol-Vuh fornisce un materiale preziosissimo per la conoscenza della storia maya-quiché e ci permette di seguire l'evoluzione delle idee, dell'arte, delle scienze, di tutta la cultura di questo popolo.

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