Secondo quanto afferma Andrew Lycett, autorevole biografo di Kipling che studiò approfonditamente quest’opera, l’autore britannico era preoccupato per il crollo dell’impero Ottomano e per i possibili effetti sull’India, perciò decise di andare a verificare sul campo. In Egitto incontrò turisti e diplomatici, il limo del Nilo e sconfinati deserti, bazar sconnessi e animali fantastici in lunghe carovane. Nacquero così i sette reportage de L’Egitto dei maghi in cui, accanto alle esilaranti analisi geopolitiche, ritroviamo tutta la fascinazione dell’autore per il volto esoterico e magico dell’Egitto, in cui le mastodontiche statue di Abu Simbel sembrano prendere vita nella luce dell’alba e dove osserviamo l’autore intrattenersi amabilmente con un nobile egizio di 4000 anni fa.