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Introduzione Il contraddittorio el‟oralità fin dal mondo antico Il contraddittorio el‟oralità nel “giusto p PDF

353 Pages·2009·2.19 MB·Italian
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INDICE Introduzione p. 4 CAPITOLO I Il contraddittorio e l‟oralità fin dal mondo antico 1.1 Oralità e contraddittorio nella πόλις attica e nella Roma repubblicana p. 9 1.2 Il sistema accusatorio moderno: i principi come espressione di garantismo p. 12 1.3 Il contraddittorio e l‟oralità dal codice Rocco al sistema vigente: il loro legame col principio dispositivo p. 13 CAPITOLO II Il contraddittorio e l‟oralità nel “giusto processo” 2.1 Il contraddittorio e l‟oralità nel “giusto processo” a livello internazionale p. 19 2.2 Art. 111 Cost.: “giusto processo” e contraddittorio in senso soggettivo e in senso oggettivo p. 25 2.3 Nozione di contraddittorio: il valore processuale e di metodo di ricerca della verità p. 39 2.4 Nozione di oralità p. 45 2.5 Oralità nel diritto positivo p. 51 2.6 Contraddittorio ed oralità nella formazione della prova: l‟esame incrociato accolto dall‟art. 498 c.p.p. e il diritto alla “controprova” ex art. 495, 2° comma, c.p.p. p. 54 2.7 Le deroghe previste dal comma 5 dell‟art. 111 Cost. p. 67 2.8 Letture consentite e letture vietate p. 80 1 CAPITOLO III Il consenso dell‟imputato 3.1 La volontà dell‟imputato nei riti speciali p. 94 3.2 L‟acquisizione “concordata” al fascicolo dibattimentale dei verbali di atti delle fasi precedenti p. 109 3.3 La particolare disciplina dell‟art. 513 c.p.p. nel rapporto col “giusto processo” p. 122 3.3.1 Le varie tappe dell‟evoluzione normativa p. 124 3.3.2 La lettura delle dichiarazioni rese dall‟imputato nelle indagini preliminari o nell‟udienza preliminare: art. 513, comma 1, c.p.p. p. 132 3.3.3 La lettura dei verbali di dichiarazioni rese dal coimputato in procedimento connesso o collegato: art. 513, comma 2, c.p.p. p. 139 3.4 L‟art. 526, comma 1 bis, c.p.p. e la deroga al contraddittorio per “consenso dell‟imputato” p. 150 CAPITOLO IV L‟accertata impossibilità di natura oggettiva 4.1 L‟”atto a contenuto irripetibile” p. 163 4.2 La lettura di atti originariamente irripetibili: la disciplina prevista nell‟art. 511 c.p.p. p. 174 4.3 La lettura di atti ad irripetibilità sopravvenuta: le innovazioni all‟art. 512 c.p.p. dall‟impianto originario alla riforma dell‟art. 111 Cost. p. 190 4.3.1 I presupposti di operatività della norma p. 193 4.3.2 Casi particolari di irripetibilità sopravvenuta: l‟irreperibilità e l‟amnesia totale del testimone; le dichiarazioni dei prossimi congiunti dell‟imputato p. 200 4.3.3 Oggetto della lettura e sindacabilità dei presupposti ex art. 512 c.p.p. p. 209 CAPITOLO V La condotta illecita 5.1 L‟istituto delle contestazioni dibattimentali p. 215 5.2 La disciplina normativa: i presupposti, i soggetti 2 legittimati e gli atti utilizzabili ai fini contestativi p. 218 5.3 La regola della non acquisizione del“precedente difforme”: l‟evoluzione normativa dell‟art. 500 c.p.p. fino alla legge n. 63/2001 p. 233 5.3.1 La posizione assunta dalla Corte costituzionale nell‟ordinanza n. 36 del 2002 p. 243 5.3.2 La contestazione con rilevanza probatoria per “provata condotta illecita” p. 248 5.3.3 L‟accertamento incidentale e le garanzie del contraddittorio: art. 500, comma 5, c.p.p. p. 257 5.4 L‟acquisizione delle dichiarazioni c.d. “garantite”: art. 500, comma 6, c.p.p. p. 261 5.5 Il rifiuto da parte del teste di sottoporsi all‟esame o al controesame p. 262 5.6 Le contestazioni durante l‟esame delle parti private ex art. 503 c.p.p. p. 266 5.7 Le contestazioni nel giudizio di appello p. 274 5.8 Le conseguenze nel caso di violazione delle regole p. 276 CAPITOLO VI Le altre deroghe presenti nel codice 6.1 La lettura dei verbali di prove di altri procedimenti: art. 511-bis c.p.p. p. 280 6.2 La lettura di dichiarazioni secondo l‟art. 512-bis c.p.p. p. 290 6.3 La lettura dei verbali di prove dichiarative nel caso di mutamento del giudice o di modifica del collegio giudicante p. 306 Conclusioni p. 324 Bibliografia p. 327 3 Introduzione In questo lavoro si è cercato di analizzare le varie caratteristiche del contraddittorio e dell‟oralità evidenziando, da un lato, la loro natura di principi - cardine del dibattimento, fase deputata alla formazione della prova, e tenendo presente, dall‟altro, la loro necessaria reciprocità per soddisfare quell‟esigenza di garanzia di matrice squisitamente accusatoria. Il primo capitolo è dedicato all‟origine dei principi, facendo riferimento, in modo particolare, all‟oralità e al contraddittorio nell‟ambito dell‟ώgreco nella ό attica e nella controversia forensis della Roma repubblicana. Si è ritenuto opportuno scorgere che, fin dalle origini del sistema processuale occidentale, il principio dialettico, connotato ed integrato dalla pubblicità e dall‟oralità, come momenti significativi di una democrazia ante litteram, sia chiara espressione della moderna scelta accusatoria. Nella stessa sede è stata trattata, sommariamente, la differenza di disciplina, riservata ai principi del contraddittorio e dell‟oralità, fra il codice Rocco del 1930 e il codice del 1988, precisando che il principio dispositivo rappresenta un‟autentica novità rispetto alla vecchia struttura inquisitoria e, nello stesso tempo, sia diretto a preservare il principio di terzietà del giudice nell‟ideale configurazione triangolare del sistema accusatorio moderno. Il secondo capitolo è dedicato all‟esame dei suddetti principi nell‟ambito del “giusto processo”. In tal senso, si è ritenuto di suddividere il campo d‟analisi in due piani interconnessi tra loro: il primo relativo alla normativa internazionale; il secondo, invece, relativo alla normativa interna, evidenziando, soprattutto, il modo in cui nell‟art. 111 Cost. si sia dato attuazione al principio del contraddittorio nella sua valenza “soggettiva” ed “oggettiva”. In seguito, si è rilevato il valore processuale e di metodo di ricerca della verità che il contraddittorio assume rispetto agli elementi costitutivi del “giusto processo”, facendo anche riferimento allo sviluppo della ά negli studi di tipo filosofico – sociologici. Si è dato risalto, poi, al principio dell‟oralità, illustrandone prima la sua nozione, in netta contrapposizione alla scrittura, e poi la sua funzionalità agli altri principi dibattimentali nell‟ambito della formazione della prova. 4 Si è cercato di cogliere il modo in cui è stato accolta l‟oralità dal punto di vista dogmatico, ponendo in evidenza la distinzione di approccio ideologico e di disciplina fra il codice abrogato e il codice attuale, oltre a chiarire il senso che il legislatore delegante abbia voluto dare alla previsione del “metodo orale” come espressa prescrizione nell‟ambito del processo penale. Dopo l‟analisi del fondamento costituzionale dei due principi e della posizione che la Corte costituzionale ha assunto in varie decisioni in materia, si è ritenuto che l‟esame incrociato e il diritto alla controprova, come accolti dalle norme codicistiche, conferiscano concretezza al contraddittorio processuale, garantendo il rispetto di quei diritti fondamentali di cui lo stesso è espressione. In tale sede, l‟analisi ha avuto ad oggetto soprattutto il valore maieutico che il metodo dialettico acquista all‟interno del processo formativo della prova, qualificandosi, quindi, in contraddittorio non “sulla” prova ma “per” la prova. Nello studio dei vari momenti dell‟escussione dibattimentale, ci si è avvalsi dell‟ausilio di regole e cadenze procedimentali che, negli ordinamenti di common law, trovano il modello maggiormente collaudato. Si conclude il capitolo con la enucleazione di quelle che rappresentano le deroghe generali al principio del contraddittorio nella formazione della prova, previste dal comma 5, dell‟art. 111 Cost., e segnatamente al ruolo generale che, rispetto a tale processo formativo, svolgono le letture dibattimentali, come evidente eccezione al canone dell‟oralità. Lungo questo versante, nei successivi capitoli si è trattato, in medias res, il tema principale del presente lavoro, analizzando, in maniera esplicativa, il modo in cui nel codice attuale si dia attuazione alle deroghe al contraddittorio nella formazione della prova sancite nel comma 5 dell‟art. 111 Cost. Praesertim, il terzo capitolo tratta del “consenso dell‟imputato” e, specificamente, della sua espressione nei riti speciali e nell‟istituto dell‟”acquisizione concordata” al fascicolo dibattimentale degli atti delle fasi precedenti; le pagine successive sono dedicate ad una dettagliata analisi del meccanismo di lettura predisposto dall‟art. 513 c.p.p., mentre, in conclusione, si è evidenziato il rapporto tra la clausola generale indicata nell‟art. 526, comma 1-bis, c.p.p. e la deroga al contraddittorio per consenso dell‟imputato. Nel quarto capitolo si è precisato, preliminarmente, la nozione di “atto irripetibile” in funzione della deroga dell‟”accertata impossibilità di natura 5 oggettiva”, per poi esaminare le modalità di attuazione positiva della differenza tra l‟irripetibilità “originaria” e l‟irripetibilità “sopravvenuta” nel sistema delle letture predisposto dagli artt. 511 e 512 c.p.p. In modo particolare, rispetto a quest‟ultima norma, si è cercato di sottolineare il significato dei suoi presupposti di operatività, l‟impossibilità e l‟imprevedibilità, nell‟ambito di alcuni casi particolari oggetto della prassi giurisprudenziale. La c.d. “provata condotta illecita” è l‟oggetto di analisi del quinto capitolo: in tale sede, si è avuto modo di scrutare, nella sua dimensione evolutiva, l‟istituto delle contestazioni dibattimentali, partendo dall‟esame della disciplina normativa. In tale prospettiva, si è rimarcato il precipuo valore della regola di non acquisizione del “precedente difforme” nell‟ambito nell‟art. 500 c.p.p., relativo all‟esame testimoniale, essendo tale norma “archetipo” di riferimento dell‟intera disciplina delle contestazioni. Il fulcro dell‟analisi risiede nella valenza probatoria che assumono le contestazioni allorquando si accerti la commissione di una “condotta illecita”: in tal senso, si mettono in rilievo i momenti peculiari di attuazione della deroga costituzionale al contraddittorio “per” la prova, riguardo ad un istituto che è stato più volte oggetto di esame da parte della Corte costituzionale. Lungo tale linea, quindi, le successive pagine di questo capitolo sono contrassegnate dall‟indagine dei presupposti per mezzo dei quali si può dar luogo alla c.d. “lettura – contestazione con acquisizione”. Infine, dopo aver delineato le analogie e le differenze con le contestazioni nell‟ambito dell‟esame delle parti e nel giudizio di appello, si è messo in luce la posizione della dottrina e della giurisprudenza riguardo alle conseguenze nel caso di violazione delle regole. L‟ultimo capitolo è dedicato alle altre deroghe presenti nel codice di rito, che pur non rispondendo perfettamente alle deroghe di rango costituzionale analizzate nei precedenti capitoli, sono comunque espressione di quel meccanismo acquisitivo del materiale probatorio che si attua mediante la lettura, determinando, in tal senso, un‟evidente eccezione al generale modello di formazione della prova dichiarativa orale in sede dibattimentale. 6 Precisamente, emergono, in quest‟ottica, da un lato, il sistema delle letture acquisitive predisposto dagli artt. 511-bis e 512-bis c.p.p. e, dall‟altro, il caso particolare di lettura di verbali di prove dichiarative qualora ci sia un mutamento del giudice - persona fisica o dell‟intero collegio giudicante. Infine, senza la pretesa del finis coronat opus, nella conclusione di questa dissertazione è presente un‟ulteriore considerazione circa la piena ed effettiva applicazione che i principi del dibattimento analizzati debbano avere nella fase del “giudizio”, in termini di garanzia. 7 CAPITOLO I Il contraddittorio e l‟oralità fin dal mondo antico 8 1.1.Oralità e contraddittorio nel processo della όι attica e nella Roma repubblicana. L‟aspetto del processo penale che ha come oggetto i principi che lo regolano risponde, probabilmente, molto di più alla sua essenza che alla sua natura1. Questa riflessione era stata già avanzata, mutatis mutandis, nel processo dell‟antica Grecia nella quale l‟orazione giudiziaria aveva come scopo fondamentale di “far presa sulla passionalità e sul senso estetico del pubblico” (Von Humboldt). Se, da un lato, questo ha favorito il sorgere di due pregiudizi di fondo: uno riferito allo schematismo di tipo ciceroniano dell‟ego huic causae patronus extiti con l‟affermazione della letteratura avvocatesca d‟autore e l‟altro riferito al concetto di retorica articolata a teoria generale dello stile; dall‟altro lato, non si può non osservare che l‟orazione giudiziaria antica ha rappresentato un vero e proprio humus per l‟elaborazione di valori, prima ancora che principi, determinanti nel processo penale. Il processo attico secondo Troilo2 era articolato in tre momenti principali: ί ώί La pratica processuale greca era caratterizzata da due coordinate di fondo3: la laicità dei giudici, sprovvisti quindi di cultura giuridica, e il ό (legge) ridotto alla pari di qualsiasi elemento di prova. In tale contesto il “proemio” aveva lo scopo di far breccia sulέ (nel senso di pubblico) con discorsi ossequiosi e adulatori mediante l‟uso dei c.d. ό aristotelici. Il sofista Alcidamante ritenne che per carpire meglio la condizione psicologica in cui versava il pubblico era opportuno4 cogliere il ό (momento favorevole) mediante l‟orazione improvvisata così da dare al discorso un valore psicagogigo. Il canone dell‟oralità diventa quindi determinante in questo procedimento di persuasione delέcontro qualsiasi tipo di modello predeterminato. Il momento nel quale l‟attività locutoria acquista maggiore ampiezza è quello dell‟ώ. Tecnicamente si suole dire che l‟agone del processo greco corrisponde all‟attuale dibattimento e probabilmente c‟è una ragione alla base. 1 F. CARNELUTTI, La pubblicità del processo penale, in Riv. dir. proc., 1955, p. 1 2 G. AVEZZU‟, L‟oratoria giudiziaria, in Lo spazio letterario della Grecia antica, vol. I, Tomo I, La polis, a cura di G. CAMBIANO - L. CANFORA - D. LANZA, 1992, p. 397 - 417. 3 TROILO, (V sec. d. C.), Prolegomena, p.52, in Rhetores Gr., VI, Walz, p. 48. 4 ALCIDAMANTE, Orazioni e frammenti, in G. AVEZZU‟, op. ult. cit., p. 400. 9 Infatti il celebre oratore siculo Corace tenne a precisare che nell‟ambito dell‟ώ il discorso dev‟essere simpatetico e agogico, deve cioè cercare un legame col punto di vista del pubblico. Il termine ώ, in senso etimologico, ha come primo significato “assemblea”, poi “lite” o “duello”, e ciò evidenzia l‟importanza che gli antichi Greci davano al momento partecipativo anche nella dinamica processuale. L‟assemblea era espressione di ί (libertà di parola) e di ί (eguaglianza democratica), e dall‟incontro di entrambe scaturiva l‟ί (la libertà di intervenire mediante la parola). Nel momento centrale del processo, per così dire assembleare, fa il suo ingresso la ά, e cioè l‟abilità di discutere in pieno contraddittorio esponendo argomentazioni che tendono a dimostrare la colpevolezza o meno dell‟imputato. La Tetralogia antifontea è la dimostrazione del valore di tale momento in virtù di una paventata dilatazione delle repliche delle parti in causa. Il contraddittorio greco è, quindi, espressione non soltanto di valori che risiedono nell‟universo della όma anche un metodo di ricerca della verità, certo una verità processuale, colta attraverso l‟uso5 di strumenti retorici, ma comunque rispondente a quel modello dialogico di tipo platonico che ha ispirato la nascita del principio dialettico, alla base di ogni moderna scelta di tipo accusatorio. Nella Roma repubblicana6 si passò dal vecchio istituto della provocatio ad populum, che attribuiva all‟imputato la facoltà di ricorrere all‟assemblea, alle quaestiones perpetuae, ovvero tribunali stabili per la repressione criminale, istituiti per legge e presieduti da un magistrato (ognuno deputato al giudizio dei casi attinenti ad una sola specifica imputazione). La pratica processuale era caratterizzata essenzialmente da tre momenti: accusatio, controversia forensis, sententia. L‟accusa7 era presentata da un cittadino privato di pieni diritti che assumeva la funzione di pubblico ministero con poteri inquisitori. L‟imputato (reus) era rappresentato da un collegio di difensori, alcuni dei quali esperti nell‟ars oratoria, altri iurisperiti, esperti di 5 R. BARTHES, L‟ancienne rhètorique, in Communications, a. XVI 1970, 1988. 6 B. SANTALUCIA, Diritto e processo penale nell‟antica Roma, 1998, p.165 e ss. 7 M. BETTINI, (a cura di ), Storia della letteratura latina, p. 224 e ss. 10

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sufficiente di contestare una testimonianza a carico e di interrogarne 3864, in cui si dice che l‟utilizzazione, ai sensi dell‟art. 512 c.p.p., delle
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