eBook Laterza Giulia Sfameni Gasparro Introduzione alla storia delle religioni © 2011, Gius. Laterza & Figli Edizione digitale: giugno 2014 www.laterza.it Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Realizzato da Graphiservice s.r.l. - Bari (Italy) per conto della Gius. Laterza & Figli Spa ISBN 9788858115503 È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata Sommario Premessa I. L’oggetto e il metodo 1. Osservazioni preliminari 2. Riflessioni sul metodo 3. Utilità e rischi delle classificazioni tipologiche. Le coordinate generali II. Per una storia del termine e della nozione di «religione» 1. La «religio» a Roma nel I secolo a.C.: Cicerone 2. La «religio» in autori cristiani dei primi secoli: continuità e mutazioni di significato. Da Tertulliano ad Arnobio 3. Lattanzio 4. Agostino 5. Teologia come «quantità» della ricerca storico-religiosa III. Breve storia degli studi Un’introduzione al tema 1. Un esempio di teoria interpretativa generale dei fenomeni religiosi: l’animismo di E.B. Tylor e l’evoluzionismo positivista 2. J.G. Frazer e la magia 3. L. Lévy-Bruhl e la mentalità primitiva 4. A. Lang e la teoria di W. Schmidt sul monoteismo primitivo 5. Un esempio di miti delle origini: l’Essere supremo dei Kurnai 6. La teoria di R. Otto: natura e origine del «sacro» 7. Il giudizio di un antropologo: E.E. Evans-Pritchard e «La religione dei primitivi» 8. Mircea Eliade e l’«homo religiosus» 9. La Scienza cognitiva della religione: appunti per un approccio ad una nuova teoria generale, «esplicativa» dei fenomeni religiosi Osservazioni conclusive IV. Per una tipologia storica delle religioni 1. Riflessioni metodologiche 2. Un esempio: questioni di contatti, diffusione, assimilazione e utilità delle categorie classificatorie 3. Politeismo e monoteismo: in cerca di definizioni 4. Religioni e culture: un problema generale e un esempio particolare 4.1. Una premessa 4.2. Religioni etniche, nazionali e religioni fondate: un’introduzione al tema, fra Grecia e Roma 4.3. Culto metroaco e identità romana tra la fine della Repubblica e l’età augustea 4.4. Tra universalismo cristiano e culti cosmopolitici del mondo ellenistico-romano V. Il mito, il rito, il sacrificio: tre «categorie» del discorso storico-religioso 1. Una teoria «comprensiva»: osservazioni sul metodo 2. Il mito 3. Il rito 4. Il sacrificio 5. Per una valutazione critica VI. Religioni etniche e religioni fondate 1. Religioni etniche e religioni fondate: una ripresa del tema 2. «Fondatori» e «religioni fondate»: un problema storico-religioso 3. Esempi di «fondatori» e di «religioni fondate» 4. Zarathuštra e il mazdeismo 4.1. La religione degli Achemenidi 4.2. Il messaggio delle «Gāthā» 4.3. Osservazioni conclusive 5. Maometto e l’islam 5.1. La situazione culturale e religiosa 5.2. Il Profeta tra innovazione e tradizione Bibliografia 1. Opere generali e manuali 2. Storia della ricerca, metodologie, tipologie e storie religiose Premessa Questa Introduzione alla storia delle religioni intende proporsi come il frutto di una lunga esperienza accademica d’insegnamento di una disciplina a cui lo studente universitario si avvicina quasi del tutto impreparato, solitamente animato da curiosità o da vero e proprio interesse, ma privo dei necessari strumenti metodologici, oltre che delle nozioni fondamentali. Le ragioni dell’assenza di questa disciplina dai curricula scolastici italiani hanno radici lontane nella nostra vicenda storica e culturale e motivazioni complesse che non è possibile ora analizzare. Tuttavia, nonostante questa sorta di «vuoto» di partenza o forse proprio per questa assenza, configurabile in senso positivo come apertura a una nuova esperienza intellettuale, posso senz’altro affermare di avere sempre trovato nei miei studenti un’attenzione vivace alle problematiche storico-religiose e la disponibilità a seguire i percorsi, non sempre facili, dell’indagine puntuale, intesa ad analizzare fonti e documenti per ricostruire segmenti e momenti del vasto scenario delle esperienze religiose delle diverse culture umane, ai quali – di anno in anno – ho dedicato le mie ricerche. Il «mestiere» del professore ha infatti il pregio incomparabile di permettere allo studioso di confrontarsi quotidianamente con degli interlocutori con la cui attenzione e comprensione misurare – nell’assenso o nel dissenso – la validità delle proprie indagini e l’interesse che i temi affrontati presentano, non solo nella cerchia chiusa del dibattito scientifico tra «gli addetti ai lavori», ma anche in una dimensione culturale più ampia, in cui i frutti di quel dibattito siano divulgati, resi accessibili e anche testati, se non nella loro validità in assoluto, almeno nel loro impianto argomentativo, quando esso si riveli capace di essere compreso nelle sue articolazioni e accolto nelle sue conclusioni. Non si tratta naturalmente di un «Manuale» inteso a offrire notizie sulle principali storie religiose. Di opere generali esistono buoni esempi nel panorama editoriale italiano, ma esse – per l’indispensabile specializzazione documentaria e anche filologica necessaria nei singoli ambiti – richiedono la collaborazione di numerosi studiosi e un’ampiezza ben diversa da quella componibile con le esigenze didattiche. Ho inteso piuttosto proporre alcune linee metodologiche fondamentali che, a mio avviso, permettono al lettore di orientarsi nel vasto panorama delle tradizioni religiose, del passato e del presente, affinché, nell’avvicinarsi all’una o all’altra, possa essere dotato degli strumenti critici idonei a procedere allo studio delle loro rispettive storie e identità. A questo fine, piuttosto che insistere su argomentazioni teoriche che spesso rischiano di perdere concretezza e cadere nel generico se non nel dogmatico, ho preferito procedere per sondaggi in ambienti diversi e – senza alcuna pretesa di impossibile completezza, anzi operando delle scelte abbastanza radicali – addurre solo poche ma pertinenti e documentate esemplificazioni delle vaste problematiche della disciplina storico-religiosa. Esse sono in larga misura dedotte da quel mondo antico e tardo-antico, così ricco peraltro di numerose e diversificate storie religiose, decisive per la definizione dell’identità culturale, oltre che religiosa, dell’attuale scenario europeo e più ampiamente mondiale, che mi è più familiare e rispetto al quale la mia esperienza scientifica mi permette di proporre alcuni risultati maturati nel corso delle mie ricerche. Ho evitato inoltre di appesantire il discorso con un apparato documentario, affidando alle note soltanto i necessari riferimenti alle opere utilizzate nel corso delle argomentazioni (citate in forma abbreviata se comprese anche in Bibliografia) e alla Bibliografia un’elencazione più ampia, con l’aggiunta di una ristretta scelta di altri contributi, tra una vasta produzione scientifica relativa alle singole tematiche, alla quale in ogni caso sono debitrice per la costruzione del discorso. Soprattutto ampio e ricco di voci è l’attuale panorama degli studi di carattere teorico e metodologico, del quale tuttavia non è stato possibile offrire se non le coordinate essenziali e un minimo di informazione bibliografica. Chiarite le intenzioni e le finalità di questo lavoro, non mi resta che dedicarlo proprio agli studenti dei miei corsi universitari, alcuni dei quali sono ora anche miei allievi, ormai Dottori di ricerca e autori di ottimi lavori scientifici. Messina, giugno 2010 I. L’oggetto e il metodo 1. Osservazioni preliminari La denominazione stessa della disciplina, Storia delle religioni, rende evidente come essa abbia un oggetto unitario (il complesso dei fenomeni riconoscibili come religiosi) ma nello stesso tempo vario e diversificato. La ricerca storica non postula infatti la religione come fenomeno unico e monolitico, bensì constata nelle diverse culture umane l’esistenza di una varietà di fenomeni che, per certi aspetti e caratteristiche, sono situabili in una categoria comune, quella appunto che nella tradizione culturale occidentale di matrice cristiana si definisce «religione». Essi tuttavia presentano ciascuno una propria distinta individualità. Di fatto, la questione pregiudiziale all’avvio della ricerca su «le religioni» consiste nella definizione di questa categoria comune, in quanto lo studioso deve determinare il proprio campo d’indagine, fare delle scelte e decidere quali fenomeni analizzare nel corso delle proprie ricerche e quali invece escludere. Nel procedere allo studio della molteplicità dei fenomeni storicamente documentati, tuttavia, lo storico non può appellare a definizioni rigide e precostituite, a differenza del filosofo e del teologo, i quali muovono da una definizione ritenuta ottimale di ciò che a loro parere integra la nozione di religione e su tale base elaborano le proprie argomentazioni. Essi procedono infatti con un metodo deduttivo, ossia utilizzano una definizione previa, ritenuta corretta sotto il profilo filosofico o teologico e cercano di illustrarla con esempi concreti, di verificarla nei fatti per constatare quale fra le religioni storiche si avvicini di più alla nozione ritenuta corretta e normativa in base ai propri presupposti teorici. In altri termini, in una prospettiva filosofica o teologica si vuole stabilire ciò che «deve essere» la religione e quali fatti storici si conformano più o meno perfettamente a tale nozione. Il procedimento dello storico è invece del tutto opposto in quanto egli non utilizza un metodo deduttivo bensì induttivo, muovendo dall’esame dei concreti fatti storici, in tutta la loro molteplicità e diversità, cercando di individuare aspetti analoghi e differenze fra di essi per circoscrivere una categoria ampia e diversificata in cui tutti possano legittimamente collocarsi. Inutile oltre che impossibile sarebbe il tentativo di elencare non tutte ma neppure le principali definizioni proposte nel corso della riflessione sul fenomeno, già presente nel mondo greco e romano, perseguita dal tardo-antico all’età moderna e particolarmente vivace a partire dall’Ottocento, quando si definiscono sistematicamente i presupposti teorici della disciplina. Senza dire del dibattito vivace che ai nostri giorni vede confrontarsi e spesso contrapporsi diverse posizioni metodologiche, da quelle di ispirazione storica, talora orientate in senso storicista, ovvero fenomenologica, a quelle antropologiche, sociologiche, teologiche, filosofiche fino alle nuove e agguerrite proposte interpretative che intendono applicare i princìpi biologici e psicologici delle scienze cognitive alla ricerca sulle religioni per la definizione della loro origine e natura. In questa sede si propone piuttosto un approccio aperto, fondato peraltro sulla presa d’atto di quella che sembra essere – come si dirà subito – una connotazione peculiare e distintiva dei fenomeni religiosi, nel loro riferirsi ad un livello di realtà diverso da quello percepibile attraverso l’esperienza sensibile, anche se profondamente legato a quest’ultimo sotto numerosi e qualificanti profili. Per esemplificare questa situazione diremo che lo storico delle religioni percepisce la differenza sussistente fra un contesto come quello cristiano – con la sua nozione di un Dio unico creatore di tutta la realtà, sia visibile sia invisibile, trascendente rispetto alla sua creazione, garante dei valori etici che devono regolare la vita umana e oggetto di un culto istituzionalizzato – da una parte e dall’altra un fenomeno riscontrabile presso molte popolazioni illetterate – consistente nella credenza nell’esistenza di una molteplicità di entità non umane o sovrumane (definibili in senso lato come «spiriti»), piuttosto evanescenti quanto a identità personale, considerate presenti nell’ambiente in cui l’uomo vive e capaci di influire a vario titolo su di lui. Spesso queste entità abitano in luoghi marginali e pericolosi, possono aggredire l’uomo, procurargli danno ma anche, se propiziate, garantirgli benefici. Con esse pertanto egli cerca di mettersi in contatto con comportamenti di vario tipo (invocazioni, offerte, riti vari). Se tra tali contesti sussiste una notevole diversità, peraltro, non mancano anche delle significative analogie. In entrambi i casi, l’uno definito tradizionalmente come monoteistico, ossia fondato sulla nozione dell’esistenza di un Dio unico, e l’altro caratterizzato dalla presenza di una pluralità di entità invisibili e intangibili che per convenzione possiamo chiamare «spiriti», cui non si attribuirà la definizione di «dèi» (nel senso di personalità dai marcati tratti funzionali, riscontrabili nei contesti di tipo politeistico e in altri analoghi di cui si discuterà in seguito), emerge comunque uno degli aspetti tipici del fatto religioso, ossia l’idea che l’uomo possa instaurare dei rapporti, variamente qualificati caso per caso, con entità potenti, diverse da sé, non visibili né tangibili ma pure presenti nella realtà che lo circonda e capaci di intervenire nella sua esistenza. La personalità di tali potenze può essere nettamente definita, come nel caso di un dio di tipo monoteistico (sia Yahweh nel giudaismo, il Dio Padre nel cristianesimo, Allah nell’islamismo), ovvero assai sfuggente, come è quella degli «spiriti», che agiscono in un modo che l’uomo percepisce come inatteso e imprevedibile, spesso senza essere chiaramente comprensibili nelle loro intenzioni ma tuttavia efficaci nella vita umana, influendo su di essa in senso positivo o negativo. Tale influenza si esercita a livello sia dell’individuo sia della società, una volta che l’orizzonte religioso si articola su due piani, a vario titolo interferenti e diversamente rilevanti secondo i particolari contesti storici, ossia quello individuale e quello collettivo. Di fatto, il fenomeno religioso, come meglio sarà chiarito in seguito, si caratterizza anche per la sua natura di dato tradizionale di una comunità, e pertanto coinvolge il singolo e l’intero gruppo sociale nelle «credenze» e nel «culto». L’uomo, infatti, sente la necessità e la possibilità di instaurare con le «potenze» un rapporto che si concretizza in una serie di comportamenti e di atti, diversi da quelli che attengono alla vita quotidiana e con finalità distinte da quelle perseguite con le normali attività pratiche. Si tratta appunto di azioni rivolte ad entità pertinenti ad un livello diverso dall’umano, e pure ritenuto capace di influire più o meno radicalmente sulla vita dell’uomo e sullo scenario cosmico in cui egli si muove. Da queste brevi notazioni emerge chiara l’estrema varietà di posizioni individuabili all’interno del campo d’indagine della disciplina. Ciò impedisce l’utilizzo di una definizione rigida e sistematica di ciò che bisogna intendere per «religione». Infatti, se si volesse definire il fenomeno sotto un profilo ottimale, quale è configurato in sede filosofica e teologica, assai spesso – all’interno della tradizione di matrice cristiana o comunque consapevole dei grandi monoteismi storici giudaico, islamico e appunto cristiano – come credenza in una somma divinità creatrice, portatrice di valori etici, garante di tutti i fondamenti della vita umana, non potrebbero rientrare in una categoria così determinata innumerevoli fenomeni presenti in contesti culturali del passato e del presente noti allo storico delle religioni. Tra essi, ad esempio, quello sopra evocato relativo all’orizzonte variegato degli «spiriti», quale – con modalità assai diverse – risulta attestato in varie culture. Tuttavia, anche in quell’orizzonte sono presenti elementi e aspetti analoghi ai fenomeni che nella tradizione culturale di origine occidentale, in cui si è formata la nozione stessa di «religione», sono comunemente intesi come religiosi. Lo storico delle religioni, pertanto, consapevole dei condizionamenti culturali e storici di quella nozione ma pure autorizzato, dalla fondamentale vocazione comparativa della propria disciplina, a estendere la ricerca al di là della tradizione culturale in cui essa si è formata, deve riconoscere l’impossibilità di escludere dal proprio campo di indagine i fatti in questione, per quanto lontani essi appaiano a prima vista da una nozione sistematica, ovvero ottimale, di religione. Risulta confermata la necessità di evitare ogni definizione previa e il proposito di accedere senza rigide definizioni ai fatti storici per esaminarli nel loro concreto manifestarsi e divenire. Non si esclude tuttavia la possibilità di individuare dei punti di riferimento precisi per pervenire ad una definizione che sia peraltro ampia e flessibile, continuamente verificabile e modificabile al contatto con i concreti contesti storici presi in esame. I problemi della definizione dell’oggetto e della formulazione del metodo d’indagine sono dunque profondamente connessi, anzi interdipendenti: la storia delle religioni è infatti una disciplina fondata sul metodo storico, che muove dall’analisi di specifici fatti, situati in diversi contesti storico-culturali, e questi fatti esamina nelle loro manifestazioni e nel loro sviluppo storico, indagando anche, per quanto è possibile, le loro origini, i contatti con fenomeni analoghi di altri ambienti più o meno storicamente vicini e i loro esiti finali, qualora si constati la «fine» di un fenomeno o di una tradizione religiosi. Si pone quindi in luce l’altro aspetto peculiare della disciplina, che è storica e insieme comparativa: la possibilità di riunire in un’unica categoria – quella delle religioni – fenomeni numerosi e vari, anche molto lontani fra loro nel tempo e nello spazio, deriva dalla vocazione comparativa della disciplina. Essa infatti postula un progressivo ampliamento del campo d’indagine dello storico che, muovendo dall’analisi di un particolare fenomeno, o meglio dal complesso dei dati di una specifica tradizione culturale che integrano un orizzonte religioso, estende l’esame ad altri fenomeni analoghi, muovendo da quelli storicamente e