Manuali Laterza Laura Zanfrini Introduzione alla sociologia delle migrazioni Editori Laterza © 2016, Gius. Laterza & Figli Edizione digitale: ottobre 2016 www.laterza.it Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Bari-Roma Realizzato da Graphiservice s.r.l. - Bari (Italy) per conto della Gius. Laterza & Figli Spa ISBN 9788858126967 È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata Sommario Premessa 1. Migranti, rifugiati, minoranze etniche 1.1. Tra inclusione ed esclusione: la costruzione sociale e politica del migrante internazionale 1.2. Diversi tipi di migranti, diversi livelli d’inclusione 1.3. I “confini” della mobilità forzata 1.4. Dalle migrazioni alle minoranze etniche 2. L’Age of Migration: cosa genera le migrazioni contemporanee 2.1. La prospettiva sociologica allo studio delle migrazioni 2.2. Perché si sceglie di migrare? I fattori d’espulsione e d’attrazione 2.3. Le migrazioni come processi autopropulsivi 2.4. Migrazioni e sviluppo dei Paesi d’origine 3. L’integrazione nella sfera economica 3.1. La varietà dei percorsi d’integrazione. Tra risorse etniche e processi di costruzione sociale del mercato 3.2. Wanted but not welcome: il lavoro degli immigrati nell’economia post-industriale 3.3. Il regime migratorio europeo e la sua ambivalenza 3.4. Dal contrasto delle disuguaglianze alla valorizzazione delle diversità 4. La convivenza interetnica 4.1. Alle origini del concetto di integrazione 4.2. Modelli nazionali di gestione della convivenza interetnica 4.3. Un’Europa sempre più “diversa” e sempre più “uguale” 4.4. Ragioni e “spiegazioni” del razzismo contemporaneo 5. Generi, famiglie e generazioni nei processi migratori 5.1. Le migrazioni come processi genderizzati 5.2. Le migrazioni come processo familiare 5.3. Le seconde generazioni e il banco di prova della scuola 5.4. Sentirsi inclusi o esclusi: i “confini” della membership Postfazione Riferimenti bibliografici Premessa La mobilità geografica è un fenomeno che da sempre accompagna la storia dell’umanità e che ha profondamente influito – come bene emerge da alcune memorabili pagine della tradizione sociologica – sulla modernizzazione delle società occidentali e sulla nascita delle comunità statuali. Tuttavia, è soprattutto nell’attuale società “globale”, la cui cifra distintiva sta proprio nella sempre più profonda interdipendenza tra le diverse aree del pianeta, che le migrazioni – ovvero le migrazioni internazionali – si sono imposte come uno dei principali fattori di trasformazione delle nostre società. Le migrazioni sono, innanzitutto, un fenomeno demografico, che produce immensi spostamenti di persone all’interno e tra le regioni del mondo e che modifica in maniera irreversibile la composizione della popolazione, tanto nelle società di partenza, quanto in quelle di arrivo; con un impatto ancor più importante nei contesti sociali segnati da una situazione d’invecchiamento e declino demografico, come sono oggi la gran parte dei Paesi economicamente avanzati. Già questa considerazione basterebbe a intuire la profondità degli effetti cui possono dar luogo. Tuttavia, il potenziale trasformativo delle migrazioni agisce a tutti i livelli della vita sociale: da quello politico- istituzionale a quello economico, da quello culturale-identitario a quello della vita quotidiana. Per tale ragione, non soltanto le migrazioni rappresentano uno dei temi più rilevanti e suggestivi dell’analisi sociologica; ciò che è ancor più importante è che i concetti, le teorie e le ricerche prodotti dalla sociologia su questo tema, in tutte le sue innumerevoli sfaccettature e declinazioni, compongono un repertorio prezioso, perfino indispensabile, per comprendere il fenomeno della mobilità umana e i temi e i problemi della convivenza interetnica. Questo volume intende introdurre il lettore all’analisi sociologica delle migrazioni, dei processi di costruzione sociale e istituzionale dei migranti e delle minoranze etniche, delle cause delle migrazioni contemporanee, dell’integrazione dei migranti nelle società di destinazione, delle questioni sollevate dall’insediamento permanente di famiglie e comunità immigrate all’interno delle società nazionali, della transnazionalizzazione dei processi sociali e delle sue conseguenze per le società d’origine e di destinazione. Pur muovendo dalla consapevolezza che le migrazioni internazionali rappresentano, per definizione, un fenomeno globale, che coinvolge tutti i Paesi del mondo e anzi ne rende più evidenti le interconnessioni, l’analisi proposta nel volume si focalizza in particolare sui Paesi dell’Unione Europea e sulle sfide che le migrazioni pongono alle democrazie europee. Come emergerà dalla lettura, in ragione delle sue dimensioni e della vastità delle sue implicazioni, l’immigrazione non è soltanto un fenomeno che “investe” le società europee, bensì un fenomeno che ha ormai modificato strutturalmente l’Europa, la sua economia, le sue istituzioni, la sua stessa identità, al punto che sarebbe impossibile pensare all’Europa di oggi e di domani senza fare i conti con questo fenomeno. La sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica costituisce, di conseguenza, una componente indispensabile della riflessione sociologica tout court, sollecitata a superare i limiti del “nazionalismo metodologico” che la contraddistingue fin dalle origini, e oggi più che mai investita del compito di concorrere a quell’opera di “auto riflessività” cui sono chiamate le società europee. Dagli anni Novanta del secolo scorso, l’immigrazione costituisce la componente più significativa della crescita demografica dell’Europa, e si avvia a divenire l’unica in grado di controbilanciare, sia pure solo parzialmente, il declino demografico che caratterizza il “vecchio” continente. Dall’inizio del nuovo millennio, l’apporto demografico dell’immigrazione è stato circa pari a un milione l’anno; nello stesso arco di tempo, milioni di immigrati sono divenuti cittadini europei, attraverso una procedura di naturalizzazione, trasformando dal di dentro lo stesso “corpo” delle nazioni europee, e rendendolo sempre più distante dai miti nazionalistici dell’omogeneità etnica, culturale e religiosa. All’interno di uno scenario che vedrà, nei prossimi anni, uno straordinario numero di cittadini europei – ovvero le coorti dei cosiddetti baby boomers – avviarsi al pensionamento, gli immigrati e i soggetti con un background migratorio raggiungeranno un peso ancor più significativo nelle fasce d’età attiva. Nei luoghi di lavoro e negli altri setting organizzativi si preannuncia quella che è stata definita una diversity transition che sollecita strategie non solo di gestione, ma anche di valorizzazione della diversità, così da massimizzarne l’impatto per lo sviluppo dell’Europa. Al tempo stesso, la condizione di svantaggio strutturale che colpisce gli immigrati e i loro figli – esito di un complesso quadro di determinanti, ma certamente anche dei caratteri dei regimi migratori europei – rischia di compromettere non solo l’equità delle società europee, ma la loro stessa capacità competitiva, oltre evidentemente la coesione sociale e la “qualità” della democrazia. Come vedremo nel corso del volume, gli studi sull’immigrazione e la convivenza interetnica sono in buona misura il racconto di ciò che non ha funzionato nel governo della mobilità umana e nella gestione dei percorsi di integrazione; il racconto di problemi sopravvissuti al trascorrere del tempo, o che addirittura si sono accentuati col passaggio alle seconde generazioni; degli effetti “perversi” e contro-intuitivi dei regimi d’ammissione e delle politiche per l’integrazione; delle tendenze all’esclusione di quanti continuano a essere percepiti come diversi e a costituire il bersaglio di discriminazioni e razzismi; delle tante sfide che ancora restano da affrontare. Ma è anche la testimonianza di società che hanno fatto ripetuti tentativi per sostenere i percorsi d’integrazione dei migranti e dei loro figli, migliorarne i rendimenti scolastici e le opportunità sul mercato del lavoro, facilitarne l’inclusione nel tessuto abitativo e sociale, ovvero di società che hanno incessantemente cercato – e incessantemente cercano – di trovare risposte che tengano insieme esigenze di ordine pubblico e di pacifica convivenza, vincoli di sostenibilità economica e istanze etiche e di giustizia sociale; che progressivamente ampliano la cerchia degli inclusi rivedendo le loro normative sulla cittadinanza e sull’accesso ai diritti, e che sempre più spesso vedono nella diversità generata dai processi migratori non solo un problema da governare ma anche una risorsa da valorizzare. Certamente i percorsi d’integrazione dei migranti e dei loro figli si confrontano oggi con una realtà molto diversa rispetto a quella che faceva da sfondo alle ottimistiche teorie dell’assimilazione che hanno segnato le origini della riflessione sociologica applicata ai processi migratori. E si confrontano anche coi rigurgiti xenofobi che evocano la distanza sociale come criterio legittimo per giustificare l’esclusione dalla membership. E, d’altro canto, quelli della convivenza interetnica, sebbene in parte socialmente e istituzionalmente costruiti, anche attraverso discutibili scelte di governo e altrettanto discutibili pratiche di senso comune, sono problemi reali, che producono conseguenze reali, e che certamente continueranno a interpellare, nei prossimi anni, la capacità di analisi e comprensione sociologica. Nella consapevolezza che le migrazioni e i loro protagonisti – i migranti, nelle loro molteplici tipologie, ma anche i loro discendenti, nella cui biografia è impressa l’eredità di una storia migratoria familiare – sono, da molti punti di vista, una questione paradigmatica dell’Europa contemporanea e delle sfide che ha di fronte. Di un’Europa investita da processi di mutamento al cui cuore vi è molto spesso il rapporto, insidioso e complesso, tra la diversità – o meglio, le diversità – e la disuguaglianza. Di un’Europa reduce da una crisi tremenda generata proprio dalla produzione di grandi quantità di “scarti umani” e dal sottoutilizzo delle capacità individuali di ampie categorie di soggetti, e che paradossalmente tenta di uscirne “proteggendosi” dai poveri e dagli esclusi invece che proteggendoli. E di un’Europa percorsa da una profonda crisi identitaria che rischia di trovare risposta più nel rafforzamento dei confini geografici – ne è emblema, proprio in questi mesi, la proliferazione di “muri” perfino all’interno dello spazio unico europeo – che non nella rivisitazione dei valori più nobili della sua civiltà. È questo il frutto più prezioso della sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica: fornirci uno “specchio” attraverso il quale guardare e comprendere le nostre società, prevederne le possibili evoluzioni, imparare a governarne i processi di mutamento, cogliere le implicazioni etiche delle scelte politiche e delle pratiche sociali. 1. Migranti, rifugiati, minoranze etniche Praticamente non passa giorno che un nuovo sbarco, un fatto di cronaca nera, la dichiarazione di un esponente politico non porti i riflettori sul fenomeno della migrazione e sui suoi protagonisti: i migranti, i rifugiati, le minoranze etniche che prendono forma per effetto dei movimenti migratori. Sull’onda delle migrazioni di massa che stanno investendo l’Europa, una delle questioni più dibattute è se chi arriva debba essere definito migrante, piuttosto che profugo, richiedente asilo o, come alcuni sostengono, clandestino. Come vedremo in questo capitolo, le categorie con cui definiamo i migranti non esistono “in natura”, ma riflettono scelte di tipo politico-giuridico, atteggiamenti e vissuti della popolazione, sentimenti custoditi dalla memoria collettiva, percezioni riguardo il grado di distanza sociale tra i diversi gruppi. Esse sono “parole di Stato”, e rinviano sempre a una certa idea di confine che, a sua volta, regola i processi di inclusione/esclusione. L’immigrato, lo straniero, il rifugiato sono abbastanza vicini da interpellare la società e impegnarla in un processo di definizione che ne delimita le possibilità di inclusione; ma anche abbastanza lontani da non dissolversi completamente nel gruppo e perdere la loro specificità (Simmel 1908), ovvero la loro “definizione”. Il glossario per lo studio della mobilità umana e dei rapporti interetnici ha dunque un’insopprimibile arbitrarietà, alla quale non possiamo che rassegnarci: pur rendendo complessa l’analisi di questi fenomeni, ne costituisce però anche uno dei lati più affascinanti. Le definizioni non sono infatti soltanto uno strumento per analizzare i processi reali, ma anche un aspetto integrante per la loro comprensione: il “discorso” sull’oggetto di studio deve essere anch’esso oggetto di studio. E, come ci avverte A. Sayad (1999), è un discorso che abbraccia tutte le dimensioni dell’esistenza: prima ancora che essere scientifico, è, allo stesso tempo, sociale, politico, economico, culturale e perfino morale. Le parole, dunque, “contano” (Zanfrini 2015a). Contano nel determinare