© 1985, Gius. Laterza & Figli Prima edizione 1985 INTRODUZIONE A DI LA SCUOLA FRANCOFORTE DI GIUSEPPE BEDESCHI EDITORI LATERZA Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nel febbraio 1985 nello stabilimento d·arti grafiche Gius. Laterza &. Figli, Bari CL 20.2567-1 ISBN 88-420.2567-4 LA SCUOLA DI FRANCOFORTE PREMESSA La maggior parte degli studi sulla Scuola di Franco forte è apparsa nella seconda metà degli anni Sessanta e nella prima metà degli anni Settanta: fu quello, infatti, il periodo d'oro del ' recupero ' di autori come Hork heimer, Adorno, Marcuse (il quale conobbe un succes so mondiale soprattutto con L1uomo a una dimensione, pubblicato nel 1964 ), Benjamin, Fromm, ecc., i cui scritti, apparsi in gran parte negli anni Trenta e Quaranta, furono riesumati e tradotti nelle principali lingue occi dentali, fino a divenire i ' manifesti filosofici ' della ' nuo va sinistra'. Come è noto, il 1968 fu l'anno magico di questo movimento. Ma esso fu solo l'inizio di un periodo che si sarebbe protratto (almeno per ciò che riguarda i suoi effetti sulla mentalità diffusa) per parecchi anni ancora (grosso modo, per un decennio): il periodo della guerra nel Vietnam, con la profonda impressione che essa esercitò sull'opinione pubblica del mondo intero; delle rivolte studentesche nei campus americani, presto diffusesi anche nell'Europa occidentale; del maggio fran cese e della ' rivoluzione culturale ' cinese; del guevarismo, ecc. Simboli, questi, di un'epoca in cui la trasformazione rivoluzionaria della società sembrava essere all'ordine del giorno, secondo un progetto che appariva tanto più esal tante in quanto avrebbe dovuto realizzarsi in base a moduli interamente nuovi rispetto alle altre esperienze rivoluzionarie del Novecento (in primo luogo rispetto all'esperienza sovietica, finita, dopo il terrore staliniano, in una sorta di totalitarismo burocratico, che aveva spento ogni vitalità della ' società civile '). La Scuola di Francoforte aveva espresso, già a partire dagli anni Trenta, queste esigenze di rinnovamento del l'idea e della pratica della rivoluzione. I suoi temi cen trali erano stati infatti l'equiparazione di fascismo, stali nismo e società unidimensionale (la società industriale avanzata, dominata dalle regole ferree dell' ' apparato ' e plasmata dall'industria culturale, cioè dalla mercificazione di tutta la vita spirituale); la critica della scienza e delle sue applicazioni tecnologiche, che comportavano inevita bilmente il dominio dell'uomo sull'uomo (a differenza di quanto aveva pensato il marxismo classico, che aveva ritenuto scienza e tecnologia in qualche misura neutrali, usabili, quindi, sia dalla borghesia sia dal proletariato-per fini, ovviamente, diversi, anzi opposti); l'esigenza di una liberazione ' totale ', che, per essere davvero tale, avrebbe dovuto passare prima di tutto attraverso una completa rigenerazione della persona umana (di qui gli studi sulla ' personalità autoritaria ', e il tentativo di rinnovare e di completare il marxismo con tematiche psicoanalitiche); la constatazione del venir meno del potenziale rivoluzio nario della classe operaia nei paesi più sviluppati, e l'indi viduazione dei nuovi soggetti rivoluzionari negli intel lettuali non conformisti, ovvero non addomesticati dal ' sistema', negli emarginati, negli oppressi per motivi raz. ziali, nei popoli del terzo mondo; e altri temi ancora, che esamineremo nel corso del presente lavoro. Oggi che il decennio apertosi col 1968 è ormai pas sato (tanto passato, che sembra lontano da noi addirit tura decine d'anni, poiché, come è noto, il tempo cronolo gico non coincide col tempo storico); oggi che i suoi miti sono stati impietosamente smentiti uno dopo l'altro, e sembrano appartenere a una sorta di infanzia dell'uma nità; oggi che gli intellettuali sono divenuti più sobri e - recuperata gran parte del pensiero realistico-' bor ghese ' che avevano imprudentemente rimosso (da Weber 4 a Kelsen, da Pareto a Schumpeter, da Mosca ad Aron) - sembrano ormai dediti a ricerche positive sui congegni economici, sociali e politici delle società in cui viviamo, per dominarne, per quanto è possibile, i giganteschi e certamente inquietanti problemi; oggi, dicevamo, anche un fenomeno culturale come la Scuola di Francoforte può essere esaminato con il necessario distacco. E non è detto che non se ne possano ricavare u ti H indicazioni e inse gnamenti. Analizzando, infatti, l'esperienza della Scuola di Fran coforte, è giuocoforza fare i conti con alcuni dati di fondo, che potranno forse dispiacere ma che non possono essere negati: in primo luogo, il persistere e il continuo ripre sentarsi del pensiero utopico all'interno di società sempre più caratterizzate da un possente sviluppo della scienza, dell'industria e della più sofisticata tecnologia; in secondo luogo, il rampollare del mito (nelle vesti di una critica - che è piuttosto un rifiuto - della società industriale avanzata) da un complesso dottrinale e da una tradizione intellettuale -il marxismo -che sembrano essere carat terizzati invece da una ispirazione fortemente realistico e da una profonda adesione ai valori illuministici e ai risultati pratici della rivoluzione industriale. Sebbene que sti due importanti temi non siano al centro di questo libro, essi possono essere in qualche misura riproble matizzati e rischiarati da una ricostruzione analitica della oroduzione teorica della Scuola di Francoforte (che è, invece, il tema vero e proprio del libro). Le principali conclusioni, a questo proposito, il lettore le troverà nel capitolo finale (Epilogo), conclusioni che l'autore di que ste pagine ha ritenuto di poter ricavare dall'analisi com plessiva dell'esperienza della Scuola: si tratta però di appunti schematici e di ipotesi che richiedono ulteriore approfondimento ed elaborazione. Devo, infine, al lettore un ulteriore chiarimento. La mia ricostruzione dell'esperienza ' francofortese ' si ferma al 19 50, cioè alle soglie del ritorno di Horkheimer e Adorno in Germania. E ciò per due motivi (che sono poi, in fondo, un motivo solo): in primo luogo, perché il 5 ritorno in Germania dei due principali esponenti dell'Isti tuto per la Ricerca Sociale incise fortemente sulla compo sizione dell'Istituto medesimo (parecchi suoi autorevoli membri, infatti, restarono negli Stati Uniti); in secondo luogo, perché la ripresa dell'attività dell'Istituto a Franco forte si giovò dell'apporto di una generazione più gio vane (Habermas, Schmidt e altri), la cui formazione e le cui esigenze determinarono una fase sostanzialmente nuova della Scuola. Perciò gli scritti successivi al 1950 degli espo nenti ' francofortesi ' sono rimasti quasi completamente al di fuori del quadro tracciato nelle pagine che seguono. 1. LA FONDAZIONE DELL'ISTITUTO PER LA RICERCA SOCIALE E LA PRIMA FORMULAZIONE DELLA c TEORIA CRITICA· 1 L'Istituto per la Ricerca Sociale fu fondato nel 1922, a Francoforte, da un gruppo di intellettuali marxisti. Essi, in un primo tempo, avevano pensato di chiamarlo Isti tuto per il marxismo, ma poi questa idea fu abbandonata per motivi di opportunità accademica. Benché, infatti, l'Istituto fosse autonomo finanziariamente (era sorto gra zie a una generosa donazione di un ricco industriale, Her mann Weil, padre di uno dei soci fondatori, Felix Weil), esso fu affiliato all'università di Francoforte e fu ricono sciuto dal ministero dell'Istruzione: ciò gli dava notevoli vantaggi di stabilftà e di prestigio (fra l'altro, sulla base dell'accordo stipulato col ministero, il direttore dell'Isti tuto doveva essere un professore ordinario di università). Con tale riconoscimento accademico, l'Istituto per la Ri cerca Sociale divenne il primo organismo universitario tedesco dichiaratamente marxista e formato interamente da marxisti. Il primo direttore dell'Istituto fu un economista, Kurt Albert Gerlach, che però non poté dare la propria im pronta all'istituzione da lui diretta, perché morl preco- 6