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Insegnamento universale: lingua materna PDF

329 Pages·2019·2.983 MB·Italian
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Preview Insegnamento universale: lingua materna

Nel 1818, Joseph Jacotot fugge in esilio in Belgio. 3 Qui, a Lovanio, fa l’esperienza di insegnare ciò che egli stesso non sa. Ne ricava un metodo, di cui que- sto volume, pubblicato per la prima volta nel 1823, costituisce la prima e fondamentale parte. La prefa- a n zione di Jacques Rancière, cui va il merito di averlo r e t riportato all’attenzione, chiarisce come la non-peda- a m gogizzata lingua materna che è oggetto di questo a u libro non sia altro che la lingua dell’emancipazione. g n L’introduzione del curatore cerca di aprire qualche li : e possibile pista di ricerca per il lettore che può fi- l a s nalmente confrontarsi con una traduzione italiana er v dell’opera di Jacotot. ni u o t n Joseph Jacotot (1770-1840) è stato un filosofo e un pedago- e m gista francese. Esule in Belgio, nel 1818 ha fondato il metodo a dell’emancipazione intellettuale. n g e Joseph Jacotot s n I INSEGNAMENTO UNIVERSALE: LINGUA MATERNA t o t o c a J Prefazione di Jacques Rancière h p A cura di Giovanni Campailla e s o J 0 0 , 7 2 € Idea 3 Joseph Jacotot Insegnamento universale: lingua materna Prefazione di Jacques Rancière Traduzione, introduzione e note di Giovanni Campailla eutimia Questa collana è promossa dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Opera pubblicata con la sovvenzione del CNL – Centre National du Livre Ouvrage publié avec le concours du CNL – Centre National du Livre Titolo originale: Enseignement universel. Langue maternelle, 1823 Traduzione e cura di Giovanni Campailla Copyright © 2019 Eutimia Via Monte di Dio, 54 – 80132 Napoli Tel./fax 081 7646814 www.scuoladipitagora.it/eutimia [email protected] Eutimia è un marchio editoriale di proprietà della Scuola di Pitagora s.r.l. isbn 978-88-31911-10-8 (versione cartacea) isbn 978-88-31911-13-9 (versione digitale in formato PDF) Stampato in Italia – Printed in Italy Indice La lingua dell’emancipazione Prefazione di Jacques Rancière 7 Jacotot, il suo metodo e la lingua materna Introduzione di Giovanni Campailla 19 insegnamento universale: lingua materna Premessa alla prima edizione 37 La lettura e la scrittura 41 Lo studio della lingua 51 La grammatica 121 La storia 123 La geografia 137 La cronologia 149 L’aritmetica 155 L’improvvisazione 191 L’eloquenza della cattedra 223 L’oratore da tribuna 229 L’eloquenza dell’avvocatura 253 Post-scriptum 273 La lingua dell’emancipazione Bisogna diffidare dai titoli. Il lettore che, nel Belgio o nella Francia degli anni Venti dell’Ottocento, prendeva in mano un libro intitolato Lingua materna poteva facilmente sbagliarsi: apparentemente si trattava solo di un metodo per i maestri di scuola, che illustrava come occorresse iniziare i bambini alla scrittura, poi alla lingua e infine a tutto ciò che costituiva in quell’epoca l’insegnamento dei collegi, dall’aritmetica alla geometria o dalla cronologia alla retorica. Il lettore1 di oggi potrebbe, simmetricamente, vedervi una testimonianza dei di- battiti pedagogici di due secoli fa. E tuttavia quest’opera in apparenza inoffensiva o antiquata conteneva una potenza sovversiva il cui eco risuona ancora nel cuore del nostro presente. Questa potenza consiste in due parole: emancipazione intellettuale. In ciò risiede la posta in gioco del libro e la potenza che lo anima. La diligente progres- sione degli esercizi proposti ai maestri era tesa verso un solo 1 La presente prefazione è stata pubblicata la prima volta nel 2008 per l’edizione argentina: qui recava quindi il termine «argentino». Ringraziamo Jacques Rancière per averci concesso l’autorizzazione a ripubblicarla in questa edizione. [NdC] 7 prefazione scopo, verso un’insurrezione inedita destinata a capovolgere la più radicale delle tirannie che si esercitano sugli uomini: quella che li dichiara incapaci di servirsi della loro propria capacità di pensare e conoscere. Poiché, prima della tirannia dichiarata, evidente, che proibisce agli individui la libera espressione dei pensieri, c’è la tirannia ben più radicale che impedisce loro di pensarsi a pieno titolo come esseri pensanti. Questa tirannia non ha bisogno di alcun apparato repressivo perché si identifica con un ordine delle cose che essa fa riconoscere come evidente da quelli stessi che opprime. In effetti chi rifiuterebbe di consta- tare che ci sono dei sapienti e degli ignoranti, che gli ignoranti possono apprendere soltanto se i sapienti insegnano loro la loro scienza, che i sapienti debbano pertanto adattare la loro scienza all’ignoranza degli ignoranti, spiegarla loro, partendo dal più semplice per andare passo dopo passo verso il più complesso, e che il successo stesso del loro sforzo dipende dalle capacità intellettuali che la natura ha inegualmente ripartito tra gli al- lievi? Questo insieme di evidenze ha sostenuto le pratiche della pedagogia dalla notte dei tempi. Il secolo in cui Jacotot era nato aveva ampliato questa visione della progressione ordinata del sapere in vista dell’evoluzione stessa dell’umanità. Il progresso dei Lumi faceva passare l’umanità all’età adulta. Ma lo faceva progressivamente. Il popolo ignorante – il popolo bambino – stava ancora indietro rispetto al progresso generale. Questo ritardo lo rendeva un animale inadatto alle nuove condizioni, sempre suscettibile di esprimere questa inadattabilità con rea- zioni funeste per l’ordine sociale. Toccava dunque alle élite illu- minate dare al popolo l’istruzione, farlo accedere, passo dopo passo, al grado di sapere necessario e sufficiente a prendere il suo posto nella società e nell’ordine governamentale moderni. È tutto questo edificio che l’autore di Lingua materna stra- volge mettendo in discussione la più lampante delle evidenze: la necessità che gli ignoranti apprendano attraverso le spiegazioni date dai sapienti. Questa evidenza è troppo naturale per essere 8 prefazione scossa dal solo ragionamento. Bisogna opporle i fatti, dei fatti tali che soltanto il caso può produrre. E proprio il caso se ne incaricò per Joseph Jacotot. Durante la Rivoluzione francese e l’Impero napoleonico, egli aveva insegnato, secondo il vecchio metodo, ogni sorta di scienza, dalla retorica alla matematica e al diritto. Ma il ritorno della monarchia lo aveva costretto all’esilio in un paese, il Belgio, all’epoca sottomesso al dominio olandese. La necessità di comunicare con degli studenti che ignoravano il francese, mentre lui stesso ignorava l’olandese, lo aveva condotto a uno stratagemma improvvisato: dare a questi studenti un’edizione bilingue di un classico della letteratura pedagogica francese, il Telemaco di Fénelon, chiedendo loro di impararne a memoria una parte, di leggere il resto e riassu- merlo servendosi delle sole parole apprese nello stesso libro. Il successo inatteso di questo esperimento casuale era andato ben oltre ciò che egli si attendeva. Aveva imposto un fatto fino a quel momento incredibile per il professor Jacotot così come per tutti: è possibile, semplicemente confrontando un testo scritto nella sua lingua materna con un testo scritto in una lingua sco- nosciuta, imparare non soltanto il senso delle parole di questa lingua ma le sue forme di costruzione e di espressione. Ciò è possibile senza alcun maestro che assista l’allievo e gli spieghi, passo dopo passo, la formazione delle parole della lingua e le regole della sua grammatica. Questo fatto inverosimile obbligava a porre una domanda che, anch’essa, era fino a quel momento impensabile: a cosa servono dunque le spiegazioni? A cosa servono se si può appren- dere senza di esse? A domanda impensabile, risposta altrettanto impensabile. Jacotot la formulò così: le spiegazioni non servono a insegnare [apprendre] all’allievo ciò che egli non potrebbe apprendere [apprendre] senza di esse; servono a insegnargli che egli non potrebbe apprendere senza di esse, a insegnargli la propria incapacità. La logica “normale” della pedagogia è destinata innanzitutto a questa dimostrazione. È destinata a 9

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