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Incivilimento e storia filosofica nel pensiero di Antonio Rosmini PDF

367 Pages·2015·2.71 MB·Italian
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Dottorato in Studi Umanistici – XXVII ciclo Incivilimento e storia filosofica nel pensiero di Antonio Rosmini Direttore di tesi Dottorando Prof. Paolo Marangon Alberto Baggio Anno Accademico 2014/2015 Indice INTRODUZIONE ……………………………………………………………………………………… p. 1 PARTE PRIMA Capitolo 1. La concezione rosminiana dell’incivilimento negli anni Venti ………………… p. 7 1.1 Alla ricerca dell’oggetto (o del soggetto): popoli civili e popoli mezzi selvaggi, p. 7. 1.2 Primitivo stato di natura: l’uomo selvaggio?, p. 12. 1.3 La polemica con Melchiorre Gioia: rozzezza, corruzione, civiltà e politezza, p. 20. 1.4 Sulle nozioni di perfezione e progresso negli scritti giovanili, p. 28. 1.5 La teoria rosminiana dell’andamento delle società negli anni Venti, p. 36. 1.6 Tra società domestica e società del genere umano: uno sguardo alla concezione della società civile negli anni Venti, p. 47. Capitolo 2. La concezione rosminiana dell’incivilimento dal 1828 alla maturità .………. p. 53 2.1 Selvatichezza e società domestica, p. 53. 2.2 La critica al perfettismo 10 anni dopo, p. 59. 2.3 Rousseau come reazione al perfettismo, p. 72. 2.4 L’andamento delle società nella Filosofia della politica e nella Filosofia del diritto, p. 77. 2.5 Tra società domestica e società del genere umano: uno sguardo alla concezione della società civile nella Filosofia della politica e nella Filosofia del diritto, p. 107. 2.6 Il confronto con Romagnosi, p. 127. 2.7 Il rapporto tra facoltà di pensare e facoltà di astrarre come criterio di lettura della storia, p. 143. PARTE SECONDA Capitolo 3. Storia filosofica e azione provvidenziale ……………………….………………. p. 155 3.1 I concetti rosminiani di Storia, Filosofia e Storia dell’umanità, p. 155. 3.2 Storia filosofica dell’umanità, p. 164. 3.3 Il movimento a spirale dell’Umanità, p. 176. 3.4 La concezione rosminiana della provvidenza, p. 180. 3.5 L’azione provvidenziale nella storia, p. 191. Capitolo 4. Momenti di una Storia filosofica dell’umanità ………………………………… p. 203 4.1 Premessa, p. 203. 4.2 I popoli primitivi e l’incivilimento: dall’Asia all’Occidente, p. 204. 4.3 L’irruzione del Cristianesimo nella storia, la romanitas e i popoli barbari, p. 216. 4.4 Il medioevo, il feudalesimo, Gregorio VII, i p. 226. 4.5 Dal medioevo alle società moderne, p. 239. 4.6 Il secolo 18°, la Rivoluzione francese e Napoleone, p. 249. 4.7 Uno sguardo sull’Italia, p. 256. PARTE TERZA Capitolo 5. Cristianesimo come società teocratica …….……………………………........... p. 262 5.1 Premessa, p. 262. 5.2 Società teocratica-Chiesa-Cristianesimo, p. 264. 5.3 Le epoche della Chiesa, p. 271. 5.4 Il destino escatologico della Chiesa, p. 276. Capitolo 6. Cristianesimo e incivilimento ……………………………………………………. p. 284 6.1 Cristianesimo come filosofia cristiana, p. 284. 6.2 Incivilimento e morale cristiana, p. 299. 6.3 Cristianesimo e incivilimento politico, p. 311. 6.4 Cristianesimo e incivilimento giuridico, p. 327. 6.5 Cristianesimo e incivilimento economico, p. 333. 6.6 Cristianesimo e incivilimento culturale, p. 342. CONCLUSIONE …………………………………………………………………………………….. p. 349 . ii Alle mie nonne, vita activa e vita contemplativa INTRODUZIONE Antonio Rosmini, filosofo e sacerdote, nato a Rovereto nel marzo del 1797 e morto a Stresa il 1° luglio 1855, è stato di certo una delle personalità più importanti del mondo intellettuale italiano in età moderna. Basterebbe dare un rapido sguardo alla vastità della sua produzione per rendersene immediatamente conto. Ma se è vero che Rosmini ha scritto praticamente su tutto, rivelando una conoscenza così vasta da impressionare l’uomo contemporaneo, abituato allo specialismo, è anche vero che egli non può dirsi un “erudito”. I suoi scritti di filosofia, teologia, ascetica, morale, politica, diritto, pedagogia, economia, rivelano una tensione unitaria al vero. Sin da giovanissimo, sin dal progetto di una Enciclopedia cristiana pensata in contrapposizione all’Enciclopedia degli illuministi, il Roveretano ha in mente una concezione sistematica degli ambiti del sapere1. Tale nota caratteristica non verrà mai meno nel corso della sua vita, anzi, si approfondirà con l’intensificarsi degli studi filosofici, che costituiranno, nella loro portata teoretica, quello sfondo comune su cui le discipline particolari troveranno fondamento. Così dicendo si è già affermato qualcosa a proposito del presente lavoro. È assumendo quel desiderio di “unità” che ha animato il Nostro che si cercherà di indagare la concezione rosminiana dell’incivilimento e della storia. In questa maniera, il saggio che qui viene proposto vorrebbe non solo colmare un vuoto negli studi sull’autore, ma anche ripercorrere alcuni snodi fondamentali del pensiero di Rosmini illuminandoli con una luce particolare. Ricchissima è la produzione critica sugli aspetti eminentemente teoretici della filosofia del Roveretano, primo fra tutti la questione dell’idea dell’essere o essere ideale e più in generale del sintesismo delle tre forme dell’essere. A tal riguardo si è potuto addirittura parlare di diverse “fasi” degli studi rosminiani, delle quali la quarta sarebbe quella presente, aperta dai lavori del prof. M. Krienke e portata avanti dal gruppo di studiosi che afferisce al Rosmini Institut di Varese2. Ma anche altre tematiche sono state ormai sviscerate a fondo, come ad esempio le questioni fondamentali di filosofia della politica e del diritto, i motivi 1 In una pagina dell’Epistolario, Rosmini, non ancora ventenne, così si esprime: «Ah! chi ben vedesse tutte le scienze, tutto lo scibile è una unità, una cosa sola, e ciascuna scienza è parte d’un medesimo tutto! costui conoscerebbe appieno il valore e l’utilità di ciascuna, l’influenza che vicendevolmente s’hanno, non ne dispregerebbe alcuna». E, vol. I, Tipografia Giovanni Pane, Casale Monferrato 1887-1894, p. 152. 2 Per una sintesi efficace delle diverse fasi del pensiero rosminiano con particolare riferimento alle questioni ontologiche fondamentali, rimando alle pagine introduttive del volume Rosmini e la filosofia tedesca, a cura di M. Krienke, Rubettino, Soveria-Mannelli 2008, pp. 31-108. 1 ecclesiologici, pedagogici, storici e perfino quelli economici3. Dagli studi critici sembra invece rimanere esclusa la questione che mi propongo di analizzare. Operando una veloce ricognizione bibliografica sul Catalogo nazionale e una più approfondita ricerca nelle biblioteche rosminiane, mi sono accorto della esiguità dei contributi critici riguardanti la tematica dell’incivilimento e della storia. Tra i numerosi corsi e convegni organizzati sul pensiero del Nostro (mi riferisco soprattutto ai corsi della Cattedra-Rosmini), solo uno ha come focus il problema qui preso in considerazione4. È vero invece che illustri studiosi si sono occupati della questione della storia con particolare riferimento alla teoria rosminiana della società civile e della società religiosa, e alla questione dell’incivilimento a partire dal ruolo dell’educazione nella società civile. Mi riferisco soprattutto ai lavori di M. D’Addio, E. Botto, G. Campanini, P. Marangon, M. Nicoletti, P. Piovani, G. Solari e F. Traniello, che costituiranno il terreno di confronto obbligato di questa ricerca. Eppure, sin dalla fase preparatoria, mi sono reso conto che troppo poca importanza si era data allo studio della prima delle società di cui parla Rosmini, la «società domestica», di ciò che lega tale società alle altre, e di come il Roveretano abbia fruito, nell’elaborazione della sua teoria, di una ulteriore espressione, quella di «società del genere umano». Mi è parso sin da subito evidente che se si vuol comprendere la storia come storia del genere umano, secondo la prospettiva rosminiana, è necessario andare alla radice della teoria delle società. Nel fare questo, ho cercato una via che rimanesse fedele all’intento originario di Rosmini stesso, l’intento di considerare gli ambiti del sapere non come meri settori disciplinari, ma come parti organiche di un tutto. Per queste ragioni, il mio approccio alla questione dell’incivilimento non avverrà dal solo punto di vista della storia del pensiero politico, ma da una prospettiva teoretica ampia, con la quale mi propongo di evidenziare la dipendenza della questione che è qui in oggetto dal nucleo teoretico della filosofia rosminiana. Ho fatto ciò in modo consapevole, riconoscendo il valore ineliminabile della metodologia storico-genetica per la ricostruzione degli sviluppi del pensiero del Roveretano, e cercando di rendere il più chiare possibili le influenze del contesto culturale nel quale il Nostro si era formato e che continuamente agivano da stimolo. Muovendo da queste basi, mi sono convinto che la componente teoretica non solo sia giustificata, ma permetta una comprensione e quasi una fondazione propriamente filosofica delle questioni trattate. Questo è stato il tentativo che ha percorso le tre parti del mio lavoro: quello di mostrare come in 3 A questi ultimi, il Centro di Studi e Ricerche “Antonio Rosmini”, afferente al Dipartimento di filosofia, storia e beni culturali dell’Università di Trento, ha dedicato nel 2012 un convegno internazionale. Gli atti sono in corso di pubblicazione. 4 AA.VV., Rosmini e la storia, Atti del XVIII corso della Cattedra-Rosmini, a cura di P. Pellegrino, Stresa-Milazzo 1986. 2 Rosmini, questioni come quella dell’incivilimento, molto spesso affrontate da un punto di vista sociologico o di antropologia culturale, assumano una valenza propriamente filosofica, se non addirittura teologica. Nella prima parte, con il proposito di analizzare lo spettro semantico che ruota attorno alla nozione di incivilimento, ho diviso l’opera rosminiana in due grandi periodizzazioni, quella degli anni Venti e quella che va dal 1828 alla maturità. Una tale divisione si giustifica se si tiene conto del raffinamento concettuale cui vanno soggette le opere politiche dopo la fatica teoretica del Nuovo saggio sull’origine delle idee. La seconda parte, anch’essa costituita da due grandi capitoli, vuole essere il tentativo di mostrare come, sebbene Rosmini non abbia mai composto una “storia filosofica dell’umanità”, sia possibile riflettere sul concetto di storia e, fruendo di un’ampia antologia di testi, proporne alcuni suoi momenti. Pur riconoscendo una disparità nel valore scientifico delle opere rimaste inedite rispetto a quelle dall’autore pubblicate, ho ritenuto importante recuperare alcuni scritti rosminiani aventi tale deficit, per vedere se mediante essi si offrisse una visione coerente della storia. Così si sono delineati alcuni momenti fondamentali della storia filosofica dell’umanità, connessi alla teoria rosminiana dell’incivilimento e delle tre società. La terza parte si pone come rivelativa ed esplicativa del filo rosso che percorre la teoria dell’incivilimento e più in generale la concezione della storia, ovvero l’azione sociale del cristianesimo. Ed è proprio la componente teoretica, a mio modo di vedere, che “salva” la riflessione rosminiana sul cristianesimo dal piano sociologico, per giustificarla secondo i canoni dell’episteme, sebbene di una episteme teologica, la cui nozione a molti sembrerà paradossale, se non contraddittoria. Non mancherò di trasparenza affermando sin dall’inizio che mi riferisco a Rosmini come a uno degli ultimi baluardi del “pensiero forte”, un “segnavia”, una “boa” per coloro che ritengono che la filosofia possa essere, nel proprio statuto costitutivo, non una mera opinione, ma tensione alla verità, sforzo al vero, fondazione di un pensiero che resista agli attacchi del relativismo e dello scientismo. Anche sull’incivilimento, quindi, non si tratterà solo di coprire un vuoto negli studi di un autore, ma di “pensare”; il che, rosminianamente, vuol dire già “pensare in termini veritativi”. Così uno studio può generare altro pensiero e, credo, aver presa sulla realtà: proporsi come “idea concreta” su cui fondare la vita vissuta. Per introdurre la parte prima di questo lavoro, desidero affidarmi alla sottigliezza intellettuale di Niccolò Tommaseo, letterato e linguista amico di Rosmini, il quale, alla voce civilizzazione del suo Dizionario della lingua italiana, pubblicato in otto volumi apparsi tra il 1861 e il 1874, scrive: «atto dell’acquistare, piuttosto che del dare, civiltà, e Stato di civiltà. Quel che molti dicono Civilizzazione è significato di Civiltà, se si parla di uno Stato, di un 3 popolo, o di una parte di quello; di Incivilimento, se si parla del passaggio da Stato men colto a più colto»5. Alla voce civiltà e civilità: «Stato di società civile, contr. a Selvaggio o Barbaro, o Non ben sociale né socievole»6. Ad essa fa seguire la definizione di incivilimento in questi termini: «Stato civile che si è svolto o si svolge in bene. (Rosm.) La società risponda ai supremi bisogni dell’intelligenza e della moralità»7. Civilizzazione, civiltà, società civile, stato civile, selvaggio, barbaro, costituiscono, nel Dizionario del Tommaseo, la sfera semantica in cui si trova il concetto che sarà centro della nostra indagine, il concetto di incivilimento nel pensiero di Antonio Rosmini. Ad esse vanno aggiunte altre nozioni correlate, come ad esempio quelle di costume, legge, morale, cultura. Osservando attentamente le definizioni, possono emergere in via del tutto preliminare alcune considerazioni. Ci si concentri su “civilizzazione” e “incivilimento”. Della prima si dice che è un «atto dell’acquistare»; ora, “atto” dà l’idea dell’azione come un “punto”, della “puntualità”, nel senso che chi la compie è in quel momento “totalmente quello che deve essere”. L’atto di cosa? Di acquistare civiltà; e civiltà è propriamente «società civile» contrapposta a ciò che è selvaggio e barbaro. Acquistare viene da ad quaèrere, cercare di avere, di procacciarsi; civilizzazione è dunque l’atto con cui si cerca di procacciare società civile. Società civile viene detta come contraria a selvaggio e barbaro. Sorgono allora alcune domande: ciò che non ha ancora società civile è selvaggio e barbaro? Si dà qualche stato che sia “tra” i due contrari? e selvaggio è lo stesso che barbaro? La definizione dice poi che il soggetto di questo cercare è il «popolo», ma il popolo è veramente un “soggetto” che cerca? Il popolo, se selvaggio e barbaro, ha davvero in sé quell’unità con cui muove chi veramente ricerca e non va invece a caso? Passiamo alla definizione di “incivilimento”, o meglio si dovrebbe dire alle “due” definizioni di incivilimento. La prima è posta come sotto-definizione di “civilizzazione”, e dice “passaggio”. Prima “atto di cercare”, ora “passaggio”. Passare viene da “fendere”, “forare”, “traversare” e più in generale dall’idea di moto a luogo o per luogo; un tra-scorrere da uno stato meno colto ad uno più colto. Anche qui, rimane la domanda: “chi” passa? e ne sorgono di nuove: cos’è “colto”? Coltura e cultura? Erudito ed educato? Nella seconda definizione Tommaseo richiama Rosmini e definisce l’incivilimento come un movimento interno ad una società già civile; non un movimento qualsiasi ma “in bene”, un bene che sembra coincidere con i “supremi bisogni” di intelligenza e moralità. Il movimento è un movimento verso il bene e questo è dato da una coppia concettuale. Ci si 5 N. Tommaseo - B. Bellini, Dizionario della lingua italiana, vol. V, presentazione di G. Folena, Rizzoli, Milano 1977, pp. 232-233. 6 Ibidem. 7 Ibidem. 4 chiede: il passaggio dallo stato di minore a quello di maggiore cultura è proprio della società già civile? oppure questo passaggio consiste nel movimento stesso da ciò che non è ancora società civile a ciò che lo è? In questo secondo caso ci sarebbe una oscillazione di significati. Da un lato l’incivilimento può coincidere con la civilizzazione, da un altro può essere suo momento successivo. Da un lato avere a che fare con lo sforzo di ricerca della società civile, di entrata in essa, di travaglio in una sorta di “tra” selvatichezza (o barbarie) e società, dall’altro avere a che fare con un movimento “nella” società civile, quindi “della” società civile che si indirizza a maggiore bene, intellettuale e morale; un movimento, forse, avvicinabile al concetto di “progresso”? Ora, tutta questa sfera di concetti e soprattutto di domande che si aprono da una de- finizione, da ciò che dovrebbe de-finire, limitare, circo-scrivere, è il soggetto del presente lavoro. Mi occuperò, attraverso il filosofo di Rovereto, di quello che la parola “incivilimento” ha significato nella modernità e lo farò confrontandomi con quegli autori e quelle posizioni che ne hanno parlato. Eppure, dire che mi soffermerò su ciò che la sfera concettuale evidenziata ha significato in Rosmini, non è del tutto ‘corretto’ e nei confronti dell’autore e nei confronti della mia ricerca. Il Roveretano infatti non ha subito passivamente una serie di concetti, ma li ha modificati, anzi creati, e più ancora li ha strappati dalla loro rigidità e li ha messi in comunicazione, inserendoli in un pensiero vivo, in una filosofia. Storia del concetto quindi, ma anche e soprattutto storia della filosofia e con essa vera e propria filosofia, com’è quella di Rosmini. Se si prende il Grande dizionario della lingua italiana di S. Battaglia, opera che nasce come aggiornamento del Dizionario della lingua italiana di N. Tommaseo, e se si bada al dato non irrilevante che la fondazione del Grande dizionario è datata 1961, cent’anni esatti dalla pubblicazione del primo volume del Dizionario (1861), si può costatare come la voce incivilimento sia in realtà più asciutta, diretta, meno elaborata. Così l’autore scrive alla voce suddetta: «il rendere civile, civilizzazione; condizione di popolo civile, civiltà; progresso (sociale, politico, giuridico, culturale, religioso, morale); sviluppo (economico)»8. Più diretta sì, ma non meno ampia. Incivilimento, civilizzazione, civiltà, addirittura progresso e sviluppo, vengono posti sotto la medesima voce, quasi che l’incivilimento comprenda in sé tutti questi sinonimi. Si ritrova, dunque, quella oscillazione concettuale che abbiamo intravisto palesarsi nel Dizionario del Tommaseo, una oscillazione che sembra acutizzarsi, così da far pensare, più che ad un concetto preciso e puntuale, ad una vibrazione di punti determinanti una sfera. 8 S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, vol. VII, UTET, Torino 1961-2008, p. 690. 5 La voce più stringata della nozione “incivilimento” nel Grande dizionario, diviene stringatissima nei dizionari dei nostri giorni. Essa viene sempre più sostituita con la parola “civilizzazione”, in una assoluta coincidenza di significati. Se si prende il Grande dizionario dell’uso di T. De Mauro, la parola incivilimento è quasi sparita: la voce «incivilimento» rimanda a «incivilire» che significa «rendere civile» e per estensione «ingentilire, dirozzare»9. Nelle Enciclopedie della seconda metà del ‘900 la voce non è più presente, per essa vale «civilizzazione». Anche nell’autorevole Enciclopedia filosofica, riedita da Bompiani nel 2006, si trova solo questa seconda espressione e solo all’interno della voce «civiltà»: «(civilisation; Kultur, Zivilisation; culture, civilisation; civilización). – Forma di vita umana associata che permette la realizzazione di valori». I curatori della voce, V. Mathieu e G. Colombo, hanno però l’accortezza di evidenziare come, in modo analogo al termine «cultura», a cui è strettamente connesso, «il termine civiltà nel corso della sua storia ha subito importanti trasformazioni semantiche»10. La civiltà è fatta derivare da civilis, lo stato del civis ovvero del cittadino, e di essa viene rinvenuta la prima caratteristica nella «pietà religiosa» evocando la lezione di Foscolo e prima ancora quella di Vico. In secondo luogo si rimanda alle istituzioni che sorgono ad opera dell’uomo in risposta alle sfide della natura e delle prime società. In questa maniera, notano gli autori, la civiltà «non è anteriore alla storia»11. Questo rapporto tra civiltà, civilizzazione, incivilimento e storia costituirà una parte importante del presente lavoro. Nella voce viene poi richiamata la contrapposizione tra civiltà e «vita selvaggia», che si incontra anche nel Dizionario di Tommaseo. È propriamente da questa contrapposizione che desidero partire: quello era il significato della parola che veniva a Rosmini. Dire società civile e vita selvaggia significava allora confrontarsi con le scoperte etnologiche fatte proprie dalla cultura illuministica del ‘70012. Infine rilevo come, nella storia del concetto, civiltà sia stata contrapposta anche a “barbarie”, ponendo l’attenzione su uno scarto culturale ed assiologico tra popoli civili e popoli barbari. Per precisare questo significato del termine, nella lingua tedesca si è distinto tra Zivilisation e Kultur. Mentre il primo termine indica la civiltà «in riferimento ai valori superficialmente razionalistici, esteriori e convenzionali», il secondo si pone «in riferimento ai valori culturali autentici». Questa duplicità era presente già in Kant e sarebbe stata riaffermata in Schiller e Fichte13, autori che fanno parte delle letture di Rosmini. 9 T. De Mauro, Grande dizionario italiano dell’uso, vol. III, UTET, Torino 1999-2007, p. 526. 10 Cfr. V. Mathieu – C. Colombo, Civiltà, in Enciclopedia filosofica, vol. III, Bompiani, Milano 2006-2010, pp. 1948- 1950. 11 Ibidem. 12 Si badi che il riconoscimento dell’Etnologia come scienza va collocata più avanti, a cavallo tra ‘800 e ‘900. 13 Cfr. V. Mathieu – C. Colombo, Civiltà, in Enciclopedia filosofica, vol. III, cit., pp. 1948-1950. 6

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