Si raccoglie qui tutto ciò che per Del Giudice fa mania. Intendendo per mania una parola doppia, una parola male-bene: nel mondo greco mania indica infatti non soltanto il demone che sconvolge la mente, ma anche una particolare forma di concentrazione, una forma estrema del conoscere e del coincidere con il proprio destino. È mania la mezzanotte, ventiquattresima ora del giorno, istante ultimo e anche primo, valico del giorno passato e incipit del nuovo, ora ventiquattro e ora zero; è mania il proprio lavoro, scrivere e narrare, in cui secondo Del Giudice sarebbe meglio possedere un doppio passo, essere ambidestri, con una mano tracciare delle mappe, costruire dei progetti e con l'altra operare perché questi progetti vengano invalidati dalla narrazione, perché ciò che vale nel racconto è proprio tutto quanto eccede e vanifica il progetto. Sono mania la luce, le macchine, le città, lo spazio, le fortezze reali e quelle immaginarie, le carte geografiche, il cinema e la fotografia. I protagonisti dei libri piú famosi di Daniele Del Giudice. Si ritrovano in queste pagine le riflessioni sul tempo e quelle sul volo («Come quando l'aereo si stacca da terra, una sospensione nebulosa e via, la scrittura spinge su, dentro i carrelli»). Si parla, con estrema e acuta intelligenza, del leggere, degli autori e dei libri piú amati, del tradurre, delle storie e dei personaggi, del trovarsi davanti al foglio bianco e del «levare ad ogni frase la terra sotto i piedi». *** «Il volo della mente, il volo dello sguardo, il volo dell'aereo; ma il tempo, si può comperare? Riflessioni, lezioni, racconti, memorie del grande scrittore, sui rapporti fra linguaggio e realtà». Cesare Segre