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Immagini filosofiche e interpretazioni filosofiche del cartesianismo PDF

370 Pages·2011·2.351 MB·Italian
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GIORNALE CRITICO DELLA FILOSOFIA ITALIANA QUADERNI 23 Direzione Aldo Brancacci, Massimo Ferrari, Sebastiano Gentile, Gianna Gigliotti, Maurizio Torrini (coordinatore) Comitato scientifico Carlo Borghero, Michele Ciliberto, Tullio Gregory, Helmut Holzhey, Sir Geoffrey E.R. Lloyd, Denis O’Brien, Dominic O’Meara, Gianni Paganini, Gennaro Sasso, Loris Sturlese, Giuseppe Tognon, Mauro Visentin Redattore Alessandro Savorelli I MMAGINI FILOSOFICHE E INTERPRETAZIONI STORIOGRAFICHE DEL CARTESIANISMO a cura di Carlo Borghero e Antonella Del Prete Le Lettere Il volume è stato pubblicato con il contributo del PRIN 2007: “Descartes e il paradigma cartesiano”. Copyright © 2011 by Casa Editrice Le Lettere – Firenze ISBN 978 88 6087 746 8 www.lelettere.it Carlo Borghero INTRODUZIONE 1. Pochi anni or sono, nel presentare lo stato degli studi per introdurre una raccolta di saggi sul pensiero cartesiano, Jean-Luc Marion osservava che il primo compito dello studioso sembra oggi essere quello di «liberare Descartes dal cartesianismo». Non si tratta soltanto della divaricazione tra le conoscenze degli specia- listi e la vulgata circolante nel grosso pubblico, è qualcosa di più sottile e interessante per lo storico della filosofia, che attiene alle modalità della ricezione del pensiero di un autore e si manifesta in forme accentuate per le filosofie che hanno fatto epoca. Ci sono testi che continuano a essere oggetto privilegiato della lettura dei filosofi successivi perché anche in filosofia vale quel che disse Italo Calvino a proposito della letteratura: il classico è «un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire», un libro che si legge e si rilegge e mette il lettore in contatto con le altre letture che hanno preceduto la sua. La storia della filosofia è, verrebbe da dire tipica- mente, una successione di filosofi che leggono filosofi, magari per cercarvi risposte a problemi propri, una catena di testi nella quale si è costruita la tradizione filosofica. Ovviamente ciò vale anche per Descartes, ancora oggi uno dei classici della filosofia più pre- senti nel dibattito contemporaneo: ovunque si guardi ci si imbatte nella presenza del ‘paradigma cartesiano’, evocato per collocare la ‘modernità’ cartesiana nella storia della metafisica occidentale, dare conto di una ricerca della verità disgiunta dalla spiritualità, o anche soltanto per confutarne gli ‘errori’. Forzature polemiche e distorsioni interpretative sembrano dunque essere un portato dell’attualità delle filosofie. Se ne ha un esempio nelle discussioni VIII CARLO BORGHERO degli ultimi decenni sulla filosofia della mente, dove il riferimento a Descartes è d’obbligo ma si accompagna spesso con l’imputazio- ne all’autore delle Meditazioni di ciò che il filosofo aveva esplicita- mente escluso, quando aveva risposto alla questione posta già da Aristotele negando che il rapporto della mente col proprio corpo potesse essere assimilato a quello del nocchiero con la sua nave. Perciò, in quanto deposito e veicolo della tradizione, il classico è, come la statua del dio marino Glauco di cui ci parla Platone, coperta dalle incrostazioni depositate dalle diverse interpretazioni succedutesi nel tempo, il cui volto è divenuto quasi irriconoscibile. E come le statue greche ripescate dal fondo del mare anche i no- stri classici richiedono talvolta un’opera di restauro che riporti in luce quel che resta del loro volto genuino, un lavoro che richiede competenze tecniche proprie dello storico della filosofia. Infatti l’intelligenza delle domande cui il testo classico tenta una risposta impone una ricostruzione accurata di sfondi storici e intellettua- li lontani dal lettore di oggi, un’opera di mediazione che rende difficile la lettura diretta e «ingenua». Una volta Eugenio Garin scherzò sulla pretesa di chi richiedeva un lettore che si presentasse nella sua nudità e verginità intellettuale di fronte a testi di ardua penetrazione, anche se ciò non autorizza a leggere le opere, nep- pure quelli degli interpreti, con la matita rossa e blu. Liberare, dunque, Descartes dal cartesianismo con tutti gli stru- menti che il sapere mette a disposizione dello storico della filosofia. Ma ciò è solo una parte del suo compito, che si completa quando egli riesce a dare conto di quelle letture, a ricostruirne anche in questo caso gli sfondi intellettuali, a comprenderne le ragioni e gli scopi che hanno condotto a rileggere i testi cartesiani e offrirne una nuova interpretazione. Fuori dall’ambito degli storici professionali della filosofia – ma talvolta anche dentro questi confini – la rilettura dei testi raramente si appaga della ricostruzione di ciò che l’auto- re ha voluto dire e dell’individuazione dello scarto che esiste tra il testo e la lettura che ne è stata fatta. Soprattutto dove maggiore è l’intenzione filosofica dell’interprete, è questa che diventa oggetto primario di interesse e suggerisce allo storico della filosofia di fare emergere i problemi filosofici nuovi che all’interprete si ponevano, per cogliere il significato delle risposte che questi ha dato dietro il velo dei testi cartesiani. Qui non è più in gioco la ricostruzione del senso genuino di ciò che ha scritto Descartes, e forse neppure INTRODUZIONE IX la storia del cartesianismo, bensì l’intera catena dei testi in cui si è depositata la storia della filosofia. Scarti tra testi e interpretazio- ni, fraintendimenti e forzature dell’interprete da oggetti secondari possono diventare primari, veicoli di senso che parlano allo storico della filosofia non meno dei testi oggetti dell’interpretazione, sep- pure per aprire scenari lontani da quelli che l’autore aveva presenti. Leggo il Descartes di Cousin e mi trovo proiettato in un mondo intellettuale che non è solo quello cartesiano ma anche quello cou- siniano, e soltanto assumendo quest’ultimo come oggetto di stu- dio posso cercare di capire le ragioni della sua lettura. Pertanto lo storico della filosofia si trova a dover applicare all’interprete gli strumenti del proprio lavoro, lasciando per una volta sullo sfondo i testi dell’autore. Ciò è tanto più vero per filosofie che, come quella di Descartes, hanno scompaginato l’eredità letteraria della tradizione e hanno avuto un impatto ‘rivoluzionario’ nella storia della filosofia. Perché filosofie come queste offrono a tutti, e in primo luogo ai filosofi, l’opportunità di riposizionarsi rispetto al passato, di modificare il percorso delle idee, di inventare tradizioni nuove, se non addi- rittura di uscire dall’ambito ristretto delle vicende filosofiche per costruire una dimensione culturale più ampia che aspira ad ave- re una risonanza anche politica. Di trasformare, come appunto è accaduto al cartesianismo, una filosofia in un fattore di identi- tà nazionale: Descartes c’est la France aveva intitolato anni fa un suo libro André Glucksmann e, in anni a noi più vicini, François Azouvi ha potuto ricostruire la storia del rapporto tra la Francia e Descartes, qualificandola come la storia di una «passione na- zionale». Eppure non si tratta di una vicenda soltanto francese, com’è confermato sia dal dibattito filosofico contemporaneo, con le domande nuove che ambienti filosofici diversi per nazionalità e prospettive culturali continuano a porre a Descartes, sia dalla bi- bliografia internazionale degli studi sul cartesianismo, dove i lavori in lingua inglese hanno ormai superato quelli in lingua francese (e quelli prodotti dalla comunità scientifica italiana occupano un onorevole terzo posto): una situazione che ha fatto dire a Marion che Descartes è semmai un «filosofo globale». 2. La filosofia cartesiana fu percepita già dai contemporanei come una rottura rivoluzionaria con il passato. Per rendersene X CARLO BORGHERO conto basterebbe un’occhiata distratta ai testi satirici che ne han- no accompagnato la prima diffusione, come quella Histoire de la conjuration faite à Stokolm contre Mr Descartes, pubblicata nel 1695 da Gervaise de Montpellier, che faceva responsabile della morte del filosofo la cospirazione ordita da qualità, accidenti, forme sostan- ziali, anime vegetative e sensitive, desiderose di vendicarsi contro il novatore colpevole di aver preteso filosofare facendo a meno di loro. Non per caso, dunque, l’espressione «rivoluzione cartesiana» campeggiava nel frontespizio della memoria pubblicata nel 1842, con la quale Francisque Bouillier rispondeva al concorso bandito nel 1838 dall’AAccaaddéémmiiee ddeess sscciieenncceess mmoorraalleess eett ppoolliittiiqquueess sssuuullllll’’’«««eeesssaaa--- me ciritico del cartesianismo», prima che la sua ricerca si ampliasse nei due volumi della Histoire de la philosophie cartésienne. Nelle ultime righe dell’Avertissement dell’Histoire et critique de la révo- lution cartésienne, dove viene presentato il senso complessivo del lavoro, l’inscindibile relazione tra l’interesse per Descartes e le mo- tivazioni filosofiche dell’interprete è messa in primo piano: «fare la storia e la critica del cartesianismo» – diceva Bouillier conquistato alla riforma cousiniana della filosofia francese – equivale a «fare la storia e la critica delle vere origini della filosofia del XIX secolo» e a dimostrare che questa filosofia «è innanzitutto francese nel suo spirito e nelle sue origini». Neppure nelle più celebri discussioni del Novecento, il confronto sui testi cartesiani è stato una mera discussione storiografica e, anche laddove ha stimolato contribu- ti di storici professionali della filosofia, la dimensione speculativa è stata non di rado prevalente: si pensi alla celebre discussione sull’interpretazione della follia nella prima Meditazione tra Michel Foucault e Jacques Derrida, col seguito di precisazioni puntuali di Jean-Marie Beyssade. Anche la nozione di cartesianismo ha dunque conosciuto usi argomentativi oltre a quelli storiografici, sicché proprio la filoso- fia che più di altre ha invitato a mettere tutto in discussione ha generato, grazie ai suoi interpreti, immagini accettate come idee ricevute e tramandate per una sorta di inerzia teorica. Su di esse poco possono le ricostruzioni storiografiche rigorose perché, anche quando hanno fatto pagare costi elevati all’apparato categoriale del cartesianismo, queste vischiosità concettuali e linguistiche esulano dall’ambito delle conoscenze storiche di una dottrina e vivono una vita propria, in quanto riguardano l’immaginario filosofico. Non

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