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Il tempo della ricerca [CORRETTO] PDF

251 Pages·1993·6.985 MB·Italian
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Costanzo Preve IL -TEMPO saggio sul m oderno il post-m oderno e la fine della storia Vangelista Agli eroi comunisti delle giornate di Mosca dell’ottobre 1993 caduti per fermare il mondo di belve della privatizzazione capitalistica. © 1993 by Vangelista Editori Snc 20145 Milano, via Alberto da Giussano 15 Tutti i diritti riservati Quel che è accaduto, tragico, doloroso, io credo che sia un punto di passaggio di un percorso che è cominciato molto prima e che non è finito. Dire che l’idea socialista è morta nel 1989 significa cadere in una tentazione molto comune all’uomo che, avendo una vita breve, tende sempre a pensare che qualche altra cosa muoia prima di lui. Oggi gli ideali socialisti stanno attraversando il deserto, ma da tutto questo, se mi è consentito, io tirerei una lezione che mi si è fatta chiarissima, ossia che non si può costruire il socialismo senza una mentalità socialista. Questo contraddice l’idea anteriore die per un processo cumulative di risoluzioni dei problemi dell’umanità si potesse arrivare ad una mentalità diversa che qualcuno ha chiamato, con troppo ottimismo, l’Uomo Nuovo, mentre abbiamo dovuto verificare che non era cosi È possibile che la condizione che sto ponendo getti definitivamente il socialismo nel regno dell’iimnito irrealizzabile e dell’utopia. Sono cosciente del rischio che corro dicendo questo ma, nonostante tutto, sono convinto che solo a partire da una mentalità socialista si potrà costruire il socialismo, e conservo intatta la speranza. José Saramago, scrittore portoghese Per le epoche storiche, così come per le epoche geologiche, non esistono linee di demarcazione rigide. Karl Marx Non mi si dica di non aver detto nulla di nuovo: nuova è la disposizione della materia. Quando due giocano alla pallacorda, si rimandano sempre la stessa palla, ma uno la lancia meglio. Tanto varrebbe rimproverarmi di essermi servito di parole antiche: come se gli stessi pensieri non facessero, grazie ad una differente collocazione, un altro discorso, nello stesso modo che le medesime parole diversamente disposte fanno altri pensieri. Blaise Pascal Introduzione Ha scritto Jorge Luis Borges: «... in quell’impero, l’Arte della Cartografìa raggiunse tale Perfezione che la mappa di una sola Provincia occupava tutta una Città, e la mappa dell’Impero tutta una Provincia. Col tempo, codeste Mappe Smisurate non basta­ rono più, e i Collegi dei Cartografi eressero una Mappa dell’Im­ pero che eguagliava in grandezza l’Impero e coincideva con esso punto per punto. Meno dedite allo Studio della Cartografìa, le Generazioni Successive compresero che quella vasta Mappa era inutile...». Chi scrive ha compreso da tempo che un lavoro teorico real­ mente innovativo ha senso soltanto se viene fatto per le genera­ zioni successive. Più in dettaglio, non ha senso scrivere un Libro Smisurato che ambisca trattare esaurientemente tutti gli aspetti delle questioni, perché un libro simile coinciderebbe con l’in­ sieme delle citazioni di tutti coloro che se ne sono occupati. In questo libro vengono tematizzati soprattutto cinque concetti es­ senziali (la libera individualità comunista, la coerenza interna della dottrina marxiana e della metafìsica marxista, il moderno, il post-moderno e la fine della storia), accompagnati da altri concetti minori «satellitari», die hanno appunto la funzione su­ bordinata che i satelliti hanno rispetto ai pianeti (nel nostro caso si tratta di concetti come progresso, materialismo, scienza, capi­ talismo, eccetera). Al posto di una borgesiana Mappa Smisura­ ta, che non farebbe die riprodurre i milioni di libri scritti su questi argomenti, si avranno qui dei semplid Segnali, che indi­ cheranno al lettore un possibile sentiero nel bosco che dovrà poi seguire per proprio conto. L’oggetto esclusivo di questo libro è la trattazione del triplice argomento costituito dalle tre nozioni di modernità, post-mo­ dernità e fine della storia. Si tratta di tre nozioni intrecciate, che vengono trattate separatamente per comodità del lettore e per 7 esigenze di chiarezza, anche se, per fare solo un esempio, la post-modernità non è die una rappresentazione ideologica della tarda modernità attuale, di cui rappresenta filosoficamente un cortocircuito ed esteticamente un arredo. H lettore è però di fronte ad un saggio diviso in due parti, di cui solo la seconda tratta espressamente della modernità, della post-modernità e della fine della storia, ed ha il diritto di chiedere: perché l’ogget­ to specifico del libro non è introdotto immediatamente, ma si è ritenuto di farne precedere la trattazione da una parte dedicata alla riformulazione integrale, talvolta provocatoria nella sua in­ tenzionalità innovativa, del punto di vista teorico che un tempo era definito tout court marxista? Vi è una ragione che legittima questa scelta. L’oggetto di que­ sto libro, per essere più precisi, è il rapporto che lega la questio­ ne della libera individualità comunista (che coincide per noi con la questione del comuniSmo) con i tre temi della modernità, del­ la post-modernità e della fine della storia. In una formulazione volutamente semplificata, ci si potrebbe chiedere: se il comuni­ Smo, o quanto meno il comuniSmo storico novecentesco, è stato figlio del progetto di emancipazione universalistica tipico della modernità, può esso sopravvivere in un’epoca post-moderna, in cui questo progetto sembra irreversibilmente condannato a sciogliersi, a frammentarsi, a disperdersi in un universo spazio­ temporale che trasforma il tempo della progettualità nello spa­ zio delle rappresentazioni? La volontà di «voler continuare ad essere» comunisti contro venti e maree, per fedeltà ai propri ideali di giovinezza e ai propri sentimenti di giustizia distributi­ va o di solidarietà umana, non vale letteralmente nulla in presen­ za di una situazione storica oggettiva che annunciasse il tramon­ to epocale di qualsiasi significato plausibile del progetto comu­ nista. Occorre infatti accertare spietatamente e senza riserve «religiose» se ed in che misura il comuniSmo sia stato un prodot­ to fisiologico della modernità e non una sua escrescenza patolo­ gica, se ed in che misura la post-modernità sia ancora compati­ bile con il comuniSmo stesso, e infine quale sia la plausibilità delle teorie che predicano la fine della storia (e che sono più nu­ merose e articolate di quanto sembri a prima vista). Per far que­ 8 sto è necessario sottoporre ad esame ancora una volta l’insieme delle categorie tradizionali del pensiero filosofico e politico che si è ispirato a Marx e al marxismo. Lo sappiamo: si tratta di una revisione noiosa ed interminabile, che ha smesso soggettiva­ mente di divertirci da molto tempo, ma che non smette purtrop­ po di essere oggettivamente indispensabile. Lo voglia o no, chi parla di comuniSmo non è ancora in nessun modo oltre l’oriz­ zonte teorico del pensiero marxiano e marxista, dal momento che è tipica appunto di Marx la coniugazione del comuniSmo con la modernità (in un senso che cercheremo di chiarire più avanti). Era dunque necessario dedicare la prima parte di que­ sto libro a questo nodo di problemi. Fedeli al detto di Lucrezio, sappiamo che nessuna cosa può nascere se prima le vecchie non scompaiono e non lasciano il po­ sto. Ora, ci è dolorosamente chiaro che le vecchie tradizionali interpretazioni del marxismo non hanno nessuna intenzione di scomparire o di lasciare il posto da sole, e che sulla base di que­ ste vecchie interpretazioni tradizionali il pensiero comunista non è in grado di inserirsi dialetticamente nei tre problemi del­ l’accertamento dello statuto storico della modernità, della di­ stinzione fra aspetti reali ed aspetti fittizi della post-modernità ed infine della confutazione razionale delle teorie della fine della storia. È stato dunque necessario scrivere una prima parte, de­ stinata a precedere la seconda, anche se chi scrive si è divertito di meno a scriverla. La prima parte è divisa in tre capitoli. Il primo capitolo è de­ dicato alla stesura di un dizionario filosofico-politico elementa­ re che comunica immediatamente al lettore il nostro approccio definitorio a nove termini di uso comune (capitalismo, imperia­ lismo, nazione e nazionalismo, democrazia, fascismo, sociali­ smo, esperienza sovietica 1917-1991, comuniSmo storico orto­ dosso, comuniSmi storici eretici). Si tratta di nove termini che sembrano assolutamente ovvi, ma che non lo sono invece per nulla. È poco saggio procedere nel ragionamento senza prelimi­ narmente dare le accezioni dei termini che si usano, anche se queste accezioni sembreranno a prima vista paradossali e scan­ dalose (e certo lo sembreranno, in particolare quando diremo 9 che non viviamo affatto in una «democrazia» — o meglio, che le «democrazie capitalistiche» sono oligarchie legittimate da ple­ bisciti — o che in Marx non esiste nessun concetto di capitali­ smo o di socialismo). Siamo certi però che il lettore paziente, su­ perato il primo momento di comprensibile sconcerto, prenderà sicuramente in esame le argomentazioni che produrremo, anche se esse costringono a nuotare faticosamente contro corrente. D secondo capitolo è dedicato invece alla coerenza interna del paradigma marxiano originario, vero e proprio «nucleo espan­ sivo» della teoria del comuniSmo moderno. La nostra tesi sarà in proposito provocatoriamente semplice: una coerenza teorica esiste» se si decide di separare la teoria dalla storia reale, ma non esiste più, se si vuole identificare la coerenza teorica con la coe­ renza storica. Detto più brutalmente: la coerenza interna del pa­ radigma marxiano originario non esiste. Questa coerenza inter­ na salta soprattutto dove si aprono dolorosamente tre punti im­ perfetti di sutura (a proposito rispettivamente della teoria delle classi rivoluzionarie, della socializzazione del lavoro complessi­ vo e della ricchezza dei bisogni). Un paradigma teorico debole sui tre punti essenziali delle classi, del lavoro e dei bisogni deve a nostro avviso essere esplicitamente corretto e modificato, an­ che perché — come mostreremo brevemente — la mancata cor­ rezione ha reso sterile sia la sua storia intenta sia la sua storia esterna. Nello stesso tempo, finché esisteva una «chiesa trion­ fante» che si legittimava ideologicamente proprio attraverso l’immodificabilità sacrale del làscito marxiano originario (nes­ suna chiesa può ammettere che il suo profeta fondatore ha potu­ to sbagliarsi anche solo su di un dettaglio marginale) nessuna operazione di correzione o modificazione era possibile. Il terzo capitolo è dedicato infine ad una proposta di smantel­ lamento di gran parte della «metafisica marxista» trasmessaci dalla tradizione del Novecento. Insistiamo molto sulla distinzio­ ne radicale fra dottrina marxiana e metafisica marxista. La dot­ trina marxiana è un làscito ottocentesco di grandissimo valore filosofico e scientifico, il cui orizzonte fondamentale non è stato a nostro avviso ancora superato per il semplice fatto che non possiamo ancora dire di essere oltre la teoria che individua il co­ lo munismo moderno nel superamento delle estraneazioni prodot­ te dalla generalizzazione spaziale e temporale del modo di pro­ duzione capitalistico (e questo orizzonte continua a non essere superato nonostante i tre veri e propri «buchi» delle teorie delle classi, del lavoro e dei bisogni). La metafisica marxista (e usia­ mo qui il termine «metafisica» nel senso non di Aristotele ma di Heidegger, come modo storico cioè di apparizione dell’Essere sociale, e pertanto come modo storico di esperirlo e concettua- lizzarlo) è invece la forma ideologica fondamentale in cui si è manifestato teoricamente il comuniSmo storico novecentesco. Anziché rinserrare artificialmente questa metafisica (per noi sin­ ceramente orrenda!) in un «sistema coerente» (anche se essa è stata a tutti gli effetti un «sistema coerente») abbiamo preferito esporla attraverso una serie di dicotomie a nostro avviso illuso­ rie, che il lettore troverà esposte secondo un ordine logico. Anti­ cipiamo da subito che abbiamo esposto queste dicotomie unica­ mente per congedarcene. Senza un congedo, pio ma fermissimo, da queste dicotomie, non c’è a nostro avviso la possibilità di co­ minciare ad occuparci produttivamente di moderno, di post­ moderno e di fine della storia. La prima parte si conclude dunque con un’indicazione di massima: il paradigma teorico comunista deve essere sottoposto ad una radicale terapia filosofica in base al cosiddetto «rasoio di Occam»; non bisogna moltiplicare i concetti fondamentali oltre le vere necessità. Per affrontare i tre temi del moderno, del post­ moderno e della fine della storia il paradigma teorico comunista ha bisogno soltanto di due concetti fondamentali, quello di mo­ do di produzione capitalistico e quello di libera individualità in­ tegrale. Tutti gli altri concetti sono derivati, e devono essere dia­ letticamente costruiti a partire da questi due. In base a questa consapevolezza, è possibile passare dalla prima alla seconda parte di questo saggio. Essa si basa, sopra ogni altra cosa, sulla piena legittimità o sulla più completa pertinenza di tutte e tre queste nozioni. La modernità, o Moderno, o condizione moderna, o come voglia­ mo comunque chiamarla, è qualcosa che esiste, che può essere connotata, che caratterizza un’intera epoca storica, nella quale 11 siamo ancora fondamentalmente inseriti. Per comprendere la modernità è però necessario un approccio «integrale», che inte­ gri cioè gli aspetti economici, politici e culturali, privilegiando le modalità strutturali di produzione e riproduzione della vita as­ sodata. Questo approcdo integrale ha ovviamente come oggetto una specifica «totalità», che distingueremo dalla «complessità» (che non è spesso altro che un approcdo non dialettico alla tota­ lità stessa). Questa totalità è una totalità spazio-temporale, e so­ no infatti lo spazio ed il tempo le modalità essenziali di com­ prensione della modernità stessa. A proposito della post-mo­ dernità, invece, si tratta soprattutto di evitare i due estremi della sua considerazione feticizzata, che la presenta come qualcosa di radicalmente diverso ed opposto alla modernità stessa, e dell’af­ frettata negazione della sua legittimità, come se una post-moder­ nità non esistesse per nulla e fosse soltanto ima perfida invenzio­ ne di coloro che vogliono a tutti i costi negare la possibilità stori­ ca del comuniSmo. Noi riteniamo al contrario che la post-mo- demità esista, e che occorra in qualche modo individuarla e de­ finirla, appunto perché la si possa intendere come un momento della storia, e non come la fine della storia stessa. Se la tesi filosofica di fondo della prima parte del saggio con­ siste nell’esplicita ed insistita dichiarazione della totale irrifòr- mabilità della tradizione marxista, che deve essere radicalmente riformulata per poter proficuamente essere riutilizzata per il progetto comunista, la tesi filosofica di fondo della seconda par­ te consiste allora nel sottolineare che le tre distinte teorie del Moderno, del Post-Moderno e della Fine della Storia sono in realtà una, ed una sola, teoria. Noi abbiamo scelto di esporle se­ condo questo ordine (prima il Moderno, poi il Post-Moderno, infine la Fine della Storia), ma avvertiamo subito che si tratta di una concessione alla temporalità convenzionale, dal momento che in realtà le cose sono invertite. Vi è infatti prima una teoria della Fine della Storia (Cournot), poi una teoria della Post-Mo­ dernità (Lyotard), e infine una teoria della Modernità (Haber­ mas). Tutte e tre queste teorie hanno in realtà un solo ed unico oggetto: la connotazione determinata della caratteristica di fon­ do della modernità stessa, intesa come sede spazio-temporale 12

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