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IL TEMA DELLA MORTE IN LEOPARDI PDF

94 Pages·2020·0.486 MB·Italian
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Manuel Omar Triscari IL TEMA DELLA MORTE IN LEOPARDI Passato IL TEMA DELLA MORTE IN LEOPARDI Manuel Omar Triscari Copyright © 2020 AltroMondo Editore I edizione autunno 2020 ISBN 978-88-3330-___-_ www.altromondoeditore.com Facebook: AltroMondoEditore Instagram: altromondo_editore Questo libro è un’opera di fantasia, riferimenti a persone, luoghi o fatti realmente accaduti sono da considerarsi puramente casuali e non voluti. Idee e concetti espressi nel presente volume costituiscono opinione per- sonale dell’autore e non sono necessariamente quelli della casa editrice e degli operatori che vi collaborano. A mia madre, Olimpia Eri l’alba, eri l’aurora, i tuoi occhi erano due soli: quando ti destavi e mi guardavi, e un nuovo tuo giorno penetrava in me, l’anima tremava come luna nel mare e la pelle brillava con sapore d’amaranto. Ora non ci sei. Sono solo. È notte. RINGRAZIAMENTI A Filippo Triscari, mio padre, per il miglior caffè che abbia mai bevuto, senza il quale non avrei potuto continuare a scrivere quando le dita pestavano ormai deboli sui tasti e la stanchezza bruciava gli occhi. Ai miei cugini Gabriel, Giulia, Marika e Serena, per tutte le risate e i ricordi, con l’augurio di vivere una vita ribelle, ma ribelle nel profondo. Cioè: seguite solo il vostro cuore. E a Muna, fonte perpetua e inesauribile di quiete accesa, come una finestra illuminata nel cuore della notte, per avermi mostrato che, in fondo, la vita può essere un sogno e come un sogno possiamo viverla. Molto ci siamo amati, ma è stato un amore velato e senza parole il nostro amore, che ora grida, poiché l’amore sempre ignora la sua profondità fino al giorno della separazione. Sei stata un meriggio nel mio crepuscolo, un sole nelle notti buie dell’anima. Nella mia solitudine irraggiungibile hai tenuto compagnia ai miei giorni, nell’insonnia mi hai udito piangere e ridere nel sonno. La tua giovinezza mi ha donato desideri da sognare e sogni da desiderare. Grazie soprattutto a te, dunque. Per tutto questo. E per qualcos’altro che trascende le parole. 7 INTRODUZIONE IL TEMA DELLA MORTE NELL’OPERA LEOPARDIANA Il tema della morte in Leopardi è da intendere non come contenuto peculiare, ma come elemento strutturale e fondamentale di un intertesto che comprende tutta l’opera leopardiana, dalle scritture giovanili allo Zibaldone alle operette morali ai canti. Il tema è trattato esplicitamente in molti passi dello Zibaldone, nelle composizioni poi espunte dall’edizione dei canti - la canzone per una donna inferma di malattia lunga e mortale, nella morte di una donna fatta trucidare col suo portato dal corruttore per mano e arte di un chirurgo - e nella cantica appressamento della morte; è motivo dominante, tra le operette morali, dei dialoghi della moda e della morte di Federico Ruysch e delle sue mummie, di Plotino e Porfirio; è ancora il motivo dominante tra i canti di Amore e Morte di sopra un bassorilievo antico sepolcrale e di sopra il ritratto di una bella donna. Il tema percorre implicitamente come un filo rosso tutta l’opera del recanatese e si colgono nella scrittura echi, allusioni, richiami, rimandi che si rispondono in un circuito che sembra il segno di una vera e propria ossessione. La radice del privilegiamento di tale tema è da individuare sia sul piano esistenziale sia su quello delle suggestioni letterarie coeve e precedenti, ma soprattutto è da intendere come uno strumento di conoscenza della condizione umana e di disvelamento delle illusioni e particolarmente della più perniciosa di tutte, quella spiritualistica. 9 L’insistente discorso di morte tradisce tuttavia un’intensa e facciano sentire l’inevitabile infelicità della vita, quando volontà di vita: nell’epistolario col Giordani il ricorrente anche esprimano le più terribili disperazioni, tuttavia a desiderio quasi disperato della morte manifesta all’inverso un un’anima grande che si trovi anche in uno stato di estremo vitalismo quasi esasperato, reso ancora più acuto dalla presa abbattimento, disinganno, nullità, noia e scoraggiamento di coscienza della deformità fisica. della vita, o nelle più acerbe e mortifere disgrazie (sia che L’autore si rende conto che nell’impossibilità di vivere una appartengano alle alte e forti passioni, sia a qualunque vita normale potrà condurre un’esistenza precaria ed esposta altra cosa) servono sempre di consolazione, raccendono alla malattia. l’entusiasmo, e non trattando e non rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita “Ho potuto accorgermi e persuadermi, non lusingandomi, o che aveva perduta (5 ottobre 1820)”3 caro, né ingannandomi, ché il lusingarmi e l’ingannarmi pur troppo m’è impossibile, che in me veramente non vi è cagione In tale nota è presente una precisa indicazione di poetica: la necessaria di morir presto, e purché m’abbia infinita cura, poesia, anche se tratta del nulla e della morte, ha un effetto potrò vivere, bensì trascinando la vita coi denti, e servendomi positivo sul lettore perché vi è uno spiraglio luminoso anche di me stesso appena per la metà di quello che facciano gli altri nel mare dell’infelicità. uomini, e sempre in pericolo che ogni piccolo accidente e ogni È già in nuce nell’esperienze dell’infanzia l’idea ossessiva della minimo sproposito mi pregiudichi o mi uccida.”1 morte che al Leopardi si presentava in modi terribilmente reali con la scomparsa precoce dei fratelli: Luigi muore nel 1803, a La condizione della deformità e della malattia non fu nel soli nove anni, Francesco Saverio muore alla età di due anni Leopardi quando Giacomo ha undici anni e altri tre fratelli muoiono subito dopo la nascita quando il poeta è adolescente. Il padre “un motivo di lamento individuale, un fatto privato e nel proprio diario scrive, a proposito della morte di Luigi: meramente biografico… ma divenne un formidabile strumento conoscitivo”2 “prima che uscisse di casa ho voluto che i suoi fratelli lo vedessero e lo baciassero, e Giacomo Taldegardo ne ha pianto E ancora in un notevole passo dello Zibaldone l’autore dirottamente la perdita, quantunque in età di soli quattro anni sottolinea che e mezzo”4. “le opere di genio… quando anche rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente 3. Binni W., G. Leopardi. Zibaldone in Tutte le opere, vol. II, con la col- 1. Lettera al Giordani del 2 marzo 1818. laborazione di E. Ghidetti, Sansoni editore, Firenze 1969, 260. 2. Timpanaro S., Classicismo e Illuminismo nell’Ottocento italiano, Ni- 4. Gallo N., Garboli C., Cronologia della vita e delle opere di Giacomo stri-Lischi, Pisa, 1977 (1965), p. 35. Leopardi, in G. Leopardi. I Canti, Einaudi, Torino 1993 (1962), p. 5.. 10 11 Il poeta che mitizzò l’infanzia come il tempo della ingenua “Ombre, larve, spettri, fantasmi, visioni, ecco gli oggetti terribili felicità, della simbiosi tra l’essere umano e una natura ancora che facevano tremare i poveri antichi e che, convien pur dirlo, benevola e materna, estendendo all’infanzia dell’umanità tale ispirano a noi dello spavento.” 6 condizione di felicità e di vivace immaginazione (si pensi alla canzone alla primavera o delle favole antiche risalente al Il motivo della camera oscura suscitatrice di terrori è Gennaio 1822), in realtà visse l’infanzia tra lutti fraterni che sottolineato dal Bonifazi: gli arrecarono un oscuro quanto assurdo sentimento di colpa per non essere morto al posto dei fratelli. A livello inconscio, al “C’è la paura degli spettri, una paura spirituale, e si sa come complesso di colpa si accompagnava la paura della punizione sia facile identificare in questa paura quella dei genitori e del da parte del padre. Nel canto delle memorie, le ricordanze, loro castigo (e, nel caso del piccolo Giacomo, un castigo che gli estremamente indicativa e illuminante è l’espressione si configura come punizione per la morte dei frattellini; c’è la paura del lupo cattivo, come corrispondente paterno; c’è infine “assidui terrorimi rimembra, alle mie notti, la paura archetipica dei temporali e dei tuoni, che prospettano quando fanciullo, nella buia stanza, l’ipotesi di una punizione.” 7 per assidui terrori io vigilava, sospirando il mattin.” Al costituirsi del tema della morte come asse centrale del pensiero poetante del Leopardi, concorsero anche Questo antico stato d’animo di angoscia e di paura, trasposto le suggestioni di modelli letterari precedenti e coevi: dal liricamente, era stato fermato nella scrittura dello Zibaldone: Giordani, autore di testi funebri, orazioni in funere, alla letteratura preromantica e romantica, nella quale il tema della “Sento dal mio letto suonare (battere) l’orologio della torre. morte aleggiava quale vero e proprio mito poetico. Rimembranze di quelle notti estive nelle quali essendo fanciullo Quanto alle suggestioni straniere, Leopardi esprime un e lasciato in letto in camera oscura, chiuse le sole persiane, tra giudizio positivo sulla letteratura straniera inglese, anche se la paura e il coraggio sentivo battere un tale orologio. O pure temperato da qualche riserva su quella più recente: situazione trasportata alla profondità della notte o al mattino ancora silenzioso e all’età consistente.” 5 “la letteratura forse più libera d’Europa… Parlo della sua letteratura propria, cioè della moderna e dell’antica di E nel capitolo ottavo del saggio sopra gli errori popolari Shakespeare ecc. e non di quella intermedia presa da lei in degli antichi, del 1815, intitolato dei terrori notturni, il poeta attribuisce agli antichi terrori della sua infanzia 6. Binni W., G. Leopardi. Zibaldone, p. 798. 5. Binni W., G. Leopardi. Zibaldone, p. 25.. 7. Bonifazi N., Leopardi. L’immagine antica, Einaudi, Torino 1991, p. 73. 12 13 prestito dalla Francia. E parlo ancora delle letterature formate “speranza della morte… mi pare la sola uscita di questa e stabilite e adulte; e non delle informi e nascenti.” 8 miseria”11 Benché le riserve sulle forme letterarie informi o nascenti E di questo assunto sembra trovare conferma nelle parole del comunque è sorprendente l’affinità del tema leopardiano giovane Werther: della morte con quello della morte calma di Keats: pensiamo a ode to Nightingale: “Lo sa Iddio! Spesso mi corico col desiderio, anzi qualche volta con la speranza di non ridestarmi più: e la mattina riapro gli “E se tante volte occhi e sono sconsolato. È stata questa notte che ha determinato, sono stato quasi innamorato della morte consolidato la mia decisione: voglio morire!”12 calma.” Sul Werther, nello Zibaldone, il poeta scrive: E a settant’anni prima della nota dello Zibaldone risale tutto il repertorio tematico funebre della poesia inglese: dai famosi “io so che letto Werther mi sono trovato caldissimo nella mia pensieri notturni di E. Young alla meravigliosa elegia scritta disperazione.”13 su un cimitero campestre che Movendo dalle matrici ideologiche che sono alla base della “ebbe un’immensa risonanza, ispirò al Foscolo i Sepolcri, creò sua formazione, il materialismo e il sensismo di origine cadenze che si ritrovano nelle odi del Keats”9 settecentesca e illuministica, il Leopardi si serve dell’idea della morte come potente strumento di demistificazione delle Quanto alla letteratura tedesca, Leopardi osserva che illusioni e di conoscenza della verità della condizione umana, pervenendo a conclusioni di assoluta originalità. “laddove l’altre nazioni oramai tutte filosofano anche Nel 1819 nell’autore si andava intensificando l’interesse per la poetando, i tedeschi poetano filosofando”10 meditazione filosofica e se l’anno precedente aveva scritto che Tuttavia il desiderio di morte del poeta, che aveva scritto a “la ragione è nemica di ogni grandezza: la ragione è nemica Giordani Pietro che la della natura: la natura è grande, la ragione è piccola”14 11. Lettera a Giordani Pietro del 26 aprile 1819. 8. Binni W., G. Leopardi. Zibaldone, p. 1046. 12. W. Goethe: i dolori del giovane Werther. 9. M. Praz. 13. Binni W., G. Leopardi. Zibaldone, p. 111. 10. Binni W., G. Leopardi. Zibaldone, p. 667. 14. Ivi, 10. 14 15 Ancora nel 1821 sottolinea sulla onda della teoria del piacere è impossibile (teoria del piacere) ma anche perché sebbene la che ogni vivente tende a una illuminata felicità che non può natura nella modificazione di ciascun animale e delle altre essere soddisfatta. cose per rapporto a loro… Dunque la natura, la esistenza non ha in niun modo per fine il paicere né la felicità degli animali, “La somma della teoria del piacere, e si può dir anche, della piuttosto al contrario; ma ciò non toglie che ogni animale natura dell’animo nostro e di qualunque vivente, è questa. Il abbia di sua natura per necessario, perpetuo e solo suo fine il vivente si ama senza limite nessuno, e non cessa mai di amarsi. piacere… contraddizione evidente e innegabile nell’ordine delle Dunque non cessa mai di desiderarsi il bene, e si desidera il cose e nel modo della esistenza, contraddizione spaventevole; bene senza limiti. Questo bene in sostanza non è altro che il non perciò men vera.”16 piacere. Qualunque piacere ancorché grande, ancorché reale, ha limiti. Dunque nessun piacere possibile è proporzionato e In questo itinerario di corriva ricerca della verità Leopardi uguale alla misura dell’amore che il vivente porta a se stesso. stigmatizza la natura colpevole prendendo coscienza che il suo Quindi nessun piacere può soddisfare il vivente.”15 processo meditativo si configura come una vera e propria filosofia. “La mia filosofia fa rea di ogni cosa la natura, e discolpa gli Nella ferrea coerenza del processo meditativo, Leopardi scopre uomini totalmente, rivolge l’odio, o se non altro il lamento, a un’insanabile contraddizione tra vita ed esistenza, per cui negli principio più alto, all’origine vera dei mali dei viventi etc.”17 anni tra il ’23 e il ’24 cadono definitivamente tutti gli aspetti legati a una positiva immagine della natura, cosicché in una Da questo momento il Leopardi applica all’analisi della società nota dello Zibaldone del mese di Aprile del 1825 può scrivere: contemporanea la sua filosofia, avvivandola con una polemica diretta contro gli hegeliani di Napoli, illusi sostenitori di un “Bisogna distinguere tra il fine della natura in generale e progresso quale veicolo di miglioramento della società. Con quello della umana, il fine dell’esistenza universale e quello ragione C. Luporini scrisse che dell’esistenza umana, o per meglio dire, il fine naturale dell’uomo e quello della sua esistenza. Il fine naturale dell’uomo “il problema politico, il problema della società è al centro e di ogni vivente, in ogni momento della sua esistenza sentito, dell’interesse umano del Leopardi e costituisce il corpo e la non è né può essere altro che la felicità, e quindi il pacere suo carne intorno all’ossatura della iniziale e fondamentale antitesi proprio; e questo è anche il fine unico del vivente, in quanto a di ragione e natura”18 tutta la somma della sua vita, azione, pensiero. Ma il fine della sua esistenza, o vogliamo dire il fine della natura nel dargliela e nel modificargliela… non é certamente in niun modo la felicità né il piacere dei viventi, non solo perché questa felicità 16. Binni W., G. Leopardi. Zibaldone, pp. 1077-1078. 17. Ivi, p. 1199. 18. Luporini C., Leopardi progressivo, Editori riuniti, Roma 1980 15. Binni W., G. Leopardi. Zibaldone, pp. 204 - 205. (1947), p. 34. 16 17 In tale temperie spirituale e in tale dimensione mentale, L’epigramma christi mors è anch’esso una visione ove si l’autore scrive, probabilmente nel 1835, le due Sepolcrali, colgono echi e suggestioni di Dante, del Varano e del Monti: sopra un bassorilievo e sopra il ritratto di una bella donna, la scena si apre con l’immagine del Cristo sulla croce nel ove fa esplodere la contraddizione tra vita ed esistenza, momento in cui esala l’ultimo respiro cui fa da contraltare incentrando la sua analisi, nella prima canzone, sull’assurdità il risveglio di Adamo dal suo lungo sonno e l’osservazione della morte che disgiunge persone legate da vincoli di sangue del primo uomo, carica di recriminazione e di rimorso per il e di affetto, e nella seconda sulla dicotomia tra il destino del peccato originale: nostro corpo che si corrompe dopo la morte e che in vita è sede di pensieri e sentimenti nobili ed elevati. “Heu crimine nostro Dobbiamo a questo punto seguire in linea diacronica lo numine… genitus ligno cruento perit” svolgersi del tema della morte in Leopardi soffermandoci (Ohimé per il nostro peccato il figlio di Dio muore sul legno sulle diverse opere leopardiane in cui esso è dominante e insanguinato). sottolineando le diverse fasi nelle quali l’idea leopardiana si articola definendosi in modi diversi e sempre più ricchi di Nel sonetto la morte di Cesare il poeta sottolinea come colui imperiosa persuasione. che fece tremare l’universo (l’espressione Quegli… che con Già nel 1809 Leopardi aveva composto il sonetto la morte di l’aspetto spaventoso e fiero fe’ tremar l’universo riecheggia Ettore; in seguito, dalle puerilia fino alla fine dell’itinerario il verso dantesco Colui ch’a tutto ‘l mondo fe’ paura [D. lirico svolto dai canti, l’idea della morte da mito letterario e Alighieri: comedia: paradiso: xi: 69]) giaccia morto e a esso da ossessione inconscia tramuta via via in fulcro centrale della si contrappone la sdegnosa ombra di Bruto, personaggio che meditazione filosofica del poeta. Oltre a la morte di Ettore, le tornerà quale protagonista del canto Bruto minore. La morte Puerilia comprendono il sonetto la morte, l’epigramma christi di Saul riflette chiaramente suggestioni alfieriane anche nel mors in lingua latina, il sonetto la morte di Cesare, le stanze la linguaggio mosso, spezzato, dinamico, ove la fulmineità morte di Saul e la morte di Catone. Benché si tratta di esercizi dell’azione s’intreccia col turbinio dei pensieri del protagonista letterari comunque sono esempi di una eccezionale capacità che corrono alla morte. È presente un eco dantesco anche nel di scrittura. In particolare il sonetto la morte di Ettore, che componimento la morte di Catone ove si svolge il motivo della nasce sulla onda della suggestione della lettura di Omero e libertà che avrà una successiva ripresa nei canti patriottici e ha come modello i poeti settecenteschi caratterizzati da una particolarmente in all’Italia (significativo il riscontro tra il tematica di gusto epico-grandioso: il sonetto vuol riprodurre verso E vedasi spirar con me la libertà latina e il verso della il duello tra Ettore e Achille e si caratterizza per un certo canzone all’Italia: L’armi, qua l’armi: io solo / Combatterò, dinamismo mimetico dovuto allo irrompere incanzante di procomberò sol io). Catone si suicida per rivendicare la libertà Achille su Ettore. Il sonetto la morte è invece una visione ai romani e il poeta, novello eroe della libertà, proclama la sua quasi allucinata il cui tema si personifica nelle seimboliche disponibilità al sacrificio della vita affinché figure minacciose della Peste e Febbre, e la scarnata tisi. 18 19

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