IL i SECOLO CORTO LA FILOSOFIA DEL BOMBARDAMENTO. LA STORIA DA RISCRIVERE FILIPPO GAJA Maquis E d it o r e ^ Q f S É f lf if l Tutta la storia politica del primo decennio del dopoguerra, nel corso del quale gli Stati Uniti detennero il monopolio dell’arma nucleare e godette ro dell’invulnerabilità, fu condizionata da un atroce segreto che era a conoscenza soltanto del presidente americano in carica e di poche decine di ministri, ammiragli e generali: i piani per la distruzione atomica dell’Unione Sovietica. In una sequenza allucinante ne furono elaborati, con aggiornamenti e varianti, diciotto. Non si è trattato di esercitazioni teoriche astratte, ma di piani operativi che sarebbero stati messi in atto se soltanto si fossero realizzate le condizioni strategiche opportune. Se fosse stato possibile, il gruppo dirigente americano avrebbe senza esitazioni anticipato di quarant’anni la «distruzione del bolscevismo» con un colpo solo. Il primo piano, elaborato nel dicembre del 1945, cinque mesi dopo il primo bombardamento atomico della storia sulla città giapponese di Hiroshima, prevedeva lo sganciamento di trenta bombe nucleari del tipo Mark III usato su Nagasaki il 9 agosto 1945; gli ultimi piani della serie, nella prima metà degli anni ’50, giungevano a ipotizzare il bombardamentcrdi 300 località grandi e piccole dell’URSS con 450 atomiche. Ma il bombardamento nucleare dell’URSS avrebbe effettivamente incenerito il “comuniSmo” com’era nei voti degli strate ghi americani? Che cosa avrebbe fatto l’Armata Rossa sovietica stan ziata nei paesi satelliti dell’Est europeo, fuori portata dal fuoco atomico? Avrebbe invaso l’Europa occidentale in una ultima, disperata offensiva terrestre? Il ministro della Difesa americano James Forrestal, preso nella spirale ossessiva del dilemma se scatenare o no la guerra totale fini per perdere la ragione: internato in un ospedale psichiatrico militare, si gettò dalla finestra e si uccise. La conoscenza di questi piani segreti, resi pubblici dai fisici americani Daniel Axelrod e Mikió Kaku, induce ora a una radicale rilettura della storia europea e italiana degli ultimi quaran totto anni. Tutto assume un significato diverso da quello che storici e commentatori politici ci hanno imposto finora. Molti assiomi vengono rovesciati. L’evoluzione degli avvenimenti, la funzione degli uomini e il ruolo delle forze possono ora essere spiegati con piena razionalità. In Italia, territorio di frontiera di importanza strategica chiave neN’immane scontro, ogni fenomeno, più o meno misterioso, dal radicamento della mafia italoamericana in Sicilia, alle elezioni politiche del ’48 alle egemo nie politiche, alle stragi, ai poteri occulti, a “Gladio”, alla P2 e alle loro ramificazioni, e alla corruzione della classe politica, rientra in un quadro perfettamente logico, con riflessi che giungono fino ai giorni nostri e di cui la situazione presente è una diretta conseguenza. «Il secolo corto» costituisce un primo tentativo di rilettura della nostra storia. In ventuno capitoli offre una risposta alle molte angosciose domande che la tardiva conoscenza dei piani segreti del Pentagono solleva. Prima fra tutte la questione chiave: perchè l’attacco nucleare sull’URSS non c’è stato? Maquis Editore, Milano L. 30.000 A Giordano Cavestro, fulgido eroe, dolce amico, fratello mio. Ti hanno fucilato a diciott’anni perchè volevi un mondo migliore. Non sei morto senza ragione. Eri nel giusto. Filippo Gaja Nato a Parma il 4 agosto 1926, aveva appena compiuto i 17 anni nel momento deH’armistizio, F8 settembre 1943. Nel novembre, passa av venturosamente le linee e raggiunge il meridione dove si arruola nel Corpo Italiano di Liberazione e partecipa alla guerra antitedesca nelle file del reggimento paracadutisti Nembo del Gruppo di Combattimento Folgore. Già divenuto fin dal 1944 militante attivo della sinistra sociali sta, alla fine della guerra inizia la carriera giornalistica, dapprima come redattore del quotidiano del Fronte Popolare la Gazzetta di Milano, e quindi delV Avanti! edito nella capitale lombarda. Dal 1953 lavora come inviato speciale di rotocalchi italiani, Tempo, Settimo Giorno, L’Espres so, Posta, Le Ore. Nel 1960 si integra nella lotta contro la dittatura fascista del generale Franco in Spagna, al fianco di Julio Alvarez del Vayo, principale esponente della sinistra socialista spagnola, che era stato ministro degli Esteri e Commissario Generale per l’Esercito duran te la guerra civile 1936-1939. Nell’ambito della strejtta collaborazione con Alvarez del Vayo, assume incarichi di consigliere politico per vari gover ni di paesi emergenti d’Asia, Africa e America Latina. In questa veste è presente a molti episodi del processo di decolonizzazione, osservatore critico di guerre e rivoluzioni. Realizza, nello stesso periodo, anche numerosi reportages drammatici. Negli intervalli di tale attività continua a pubblicare libri e inchieste e a dirigere giornali. Negli anni ’60 dirige Avance, organo della Unión Socialista Española in esilio. Nel 1967 fonda, con Alvarez del Vayo, la rivista di informazione politica e interna zionale Maquis e la casa editrice omonima, che tuttora dirige. Ha pubblicato: L’invasione di Cuba, 1961 L’esercito della lupara, 1962 (prima edizione, seconda edizione 1990) La vita di Che Guevara, 1967 Italia, la crisi più lunga, 1978 La crisi globale, 1980 Le facce nascoste della “nuova” recessione internazionale, 1988 La Rivoluzione in diretta dai muri di Francia, 1989 Le frontiere maledette del Medio Oriente, 1991 Di prossima pubblicazione: La questione serba Filippo Gaja IL SECOLO CORTO La filosofia del bombardamento La storia da riscrivere Maquis Editore IL SECOLO CORTO In redazione: Licia Mazzola Servizi redazionali: Daniele Bastianello Tutti i diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento sono riservati per tutti i paesi, compresi i paesi dell’est europeo e la Russia. © Aprile 1994, Maquis Editore Maquis Editore Casella Postale 16177 - Milano 20160 Tel: 02-6470659/33603593 (anche fax) * * * Nell'immagine di copertina: un test afoni ico nel \evada PREFAZIONE DELL’AUTORE ALLA PRIMA EDIZIONE “Il secolo corto” si presenta come un libro di storia. Suggerisco invece di leggerlo come un libro di attualità. È dopo l’estate del 1993 che ho iniziato a riunire i vecchi appunti via via accumulati nel tempo che prendono qui forma di volume. Chiunque abbia vissuto gli anni della seconda guerra mondiale 1936-1945, della Resistenza e della guerra fredda fino al crollo dei regimi socialisti nell’est europeo, ha ricevuto nel 1993 l’impulso a tirare le somme. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, avevo dieci anni quando è scoppiata la guerra civile in Spagna nel 1936, e ne ho compiuti sessantasette nel momento in cui Eltsin ha massacrato a cannonate i deputati nel Parlamento di Mosca. Chi ha la mia età può dire, in fondo, di essere stato testimone di un’epoca straordi naria: in poco più di mezzo secolo è stato coinvolto nella più grande guerra che la storia umana ricordi, ha visto nascere l’era atomica, ha vissuto il più universale degli scontri ideologici, fra socialismo e liberali smo, e ha assistito al processo di decolonizzazione che, fra un centinaio di guerre locali e rivoluzioni, ha trasformato dopo cinquecento anni la faccia politica della Terra. Ce n’è abbastanza per riempire densamente una vita. In questo periodo drammatico e tumultuoso l’agnosticismo è stato impossibile. Gli ingranaggi della storia ci hanno travolto tutti. Volenti o nolenti, tutti ci siamo trovati da una parte o dall’altra della barricata. Si arriva alla vecchiaia con un dannato dubbio in testa: da che parte è la ragione? Ho sempre avuto ragione oppure ho sempre avuto torto? Il principale stimolo a lavorare intorno a “Il secolo corto” mi è venuto da un bisogno di certezza. Per questo ho raccolto la riflessione di Ramsey Clark, contenuta nella prefazione allo studio di Michio Kaku e Daniel Axelrod sui piani segreti del Pentagono, a «ripensare e riscrivere la storia» sulla base di una documentazione prima sconosciuta. È un lavoro che ho fatto, lo ripeto, prima di tutto per me stesso. Gli anni su cui ho concentrato la mia attenzione sono quelli fra il 1945 e il 1957: gli anni, per usare un termine oggi corrente, della “svolta” che ha sconvolto il futuro per molti decenni a venire. A mano a mano che l’analisi è la riflessione mi hanno portato a penetrare i risvolti oscuri della politica del dopoguerra, altre considera zioni si sono sovrapposte al primo stimolo. Più si scava nel passato, più si 5 IL SECOLO CORTO ricade nel presente. Ho finito per dare al mio lavoro ánche un secondo scopo: quello di fornire ai giovani, vittime di una fase demenziale dell’in voluzione culturale, che senza loro colpa mancano di una reale memoria storica, la dimostrazione della rigorosa consequenzialità che esiste fra passato e presente, e una traccia per ricostruirla. La manipolazione dell’informazione, associata ai vuoti della formazio ne, costituisce un abisso in cui oggi si può precipitare senza averne neppure la percezione. Basta abbandonarsi senza resistenze davanti al video per cadere nel torpore dell’ebetudine politica. Quando, di tempo in tempo, uno squarcio di verità che per qualche motivo casuale si apre sul passato illumina il presente, la sensazione di avere vissuto e di vivere in balia di forze oscure e maligne riceve una conferma brutale. Il passivo consumatore dei mezzi di comunicazione è fatalmente preso fra il sospet to di non sapere tutto e il dubbio di non sapere niente di niente. Molti fatti che l’attualità porta oggi prepotentemente alla nostra atten zione come fenomeni inusitati la cui ragion d’essere si presenta a prima vista come indecifrabile, hanno le loro radici nei decenni trascorsi e non possono in alcun modo essere spiegati se non cercandone in quelli la genesi. Voglio fare pochi esempi. Come si può spiegare ciò che risulta dall’im provviso ciclone giudiziario detto “Mani Pulite” che si è abbattuto sulle classi politica e imprenditoriale italiane dopo la fine della guerra fredda? C’è un nesso, neppur tanto sottile, che lega evidentemente fra loro i due fenomeni. Non a caso quel famoso ministro socialista, sorpreso dalle iniziative spregiudicate della magistratura si è scoperto sbottando: «Ma come? Non possiamo essere processati come a Norimberga. In fondo siamo noi che abbiamo vinto», riferendosi alla vittoria dell’Ovest sul l’Est, della quale è stato implacabile paladino. Si direbbe che la fedeltà atlantica sia stata interpretata come licenza di saccheggio. Non si può comprendere nulla di “Mani Pulite” se non scavando, al di fuori dei miti e dei luoghi comuni, nella storia segreta della guerra fredda. Come, ugualmente, spiegare il declino subito dalla potenza americana proprio nel momento in cui, crollata l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti si presentano sulla scena mondiale, secondo gli esperti, come “l’unica superpotenza ? Non è problema di poco conto in un paese come il nostro praticamente incatenato agli USA. Il declino americano è cominciato in realta trentasette anni fa, con la perdita del monopolio atomico. Occorre non solo tornare indietro nel tempo, ma analizzare e meditare verità rimaste nascoste per scoprirne le ragioni profonde. Aprendo i giornali veniamo investiti dalla scandalo esploso per gli esperimenti atomici su cavie umane compiuti dall’esercito americano negli anni ’50 al fine di studiare la residua combattività di truppe costrette 6 ad attraversare una nube atomica e dopo averne subito le radiazioni. È uno degli interrogativi che trovano spiegazione unicamente nella storia vera di quegli anni, finalmente rivelata dai documenti venuti alla luce. C’è un’altra domanda senza risposta che rimbalza quotidianamente dai teleschermi e dalle prime pagine. Riflette un fenomeno angoscioso cui però l’opinione pubblica finisce passivamente per accostumarsi: è il continuo ricorso alla minaccia di bombardamento. Dopo la guerra del Golfo, nel 1991, in cui tale minaccia fu messa concretamente in atto sull’Irak, con il tragico bilancio finale di decine di migliaia di morti, l’idea del bombardamento come arma di coercizione della volontà dei popoli si è insediata stabilmente nella logica delle relazioni intemazionali. Oggi sono minacciati i Serbi, i Libici, gli Iraniani e i Nordcoreani. Ebbene, l’idea del bombardamento “educativo” o “correttivo” dei paesi ribelli, non è una semplice idea, è una filosofia codificata che ha ben cinquanta- tré anni di maturazione. Anche in questo caso chi vuole capire deve rivangare nel passato. Vi è ancora un ultimo interrogativo su cui vorrei soffermarmi. Nasce da una strabiliante notizia comparsa nel novembre del 1993, alla quale sia la televisione che la stampa hanno dedicato un rilievo marginale, mentre si tratta di una di quelle novità che possono cambiare il corso della storia. È l’annuncio dato dai militari russi di aver adottato una dottrina nucleare “di primo colpo”. Rovesciando quella che per oltre quarant’anni era stata la strategia difensiva sovietica, la nuova strategia militare russa prevede ora l’attacco nucleare preventivo come forma “attiva” di difesa. Da sola questa notizia ha causato una crisi nel governo americano che si è affrettato a cambiare il ministro della Difesa. In fondo i generali russi dell’armata “bianca” di oggi sono gli stessi dell’Armata Rossa di ieri. Che cosa può averli indotti a un rovesciamento cosi radicale di posizioni? Ancora una volta c’è un solo modo per sciogliere questo nodo: riper correre la logica delle opposte strategie, americana e sovietica, dal primo esperimento nucleare di Los Alamos nel luglio del 1945 in poi. Nel succedersi degli avvenimenti che si inseguono con implacabile conse guenza logica, di piani e di interventi, dello sviluppo di mezzi e di tecnologie, di mosse strategiche e di contromosse, si giunge a cogliere il vero perché del rovesciamento finale di dottrina. Anche questo non è affare di poco conto, giacché mette in forse tutta l’euforia determinata dalla “vittoria dell’Occidente sull’Oriente”. Questo libro non ha ambizioni di stile. Ha come unica ambizione quella di riunire e presentare ai lettori, nella forma più semplice, i fatti; solo fatti documentati che nessuno potrebbe smentire. Le verità politi che sono di solito intuizioni che i documenti giungono a confermare talvolta con secoli di ritardo. Con questo modesto lavoro ho voluto 7 IL SECOLO CORTO cogliere l’occasione che permette di dare a una verità politica, già intuita a suo tempo da milioni di persone, il supporto di incontrovertibili docu menti che vengono alla luce, in questo caso, con soltanto qualche decen nio di ritardo. Ciò che stupisce è la quantità di elementi di giudizio inediti o dimenti cati che vengono fuori scavando con rigore nei documenti sepolti nell’o blio o chiusi nelle casseforti, e l’enormità della parte di storia che ci è stata sottratta. Siamo ancora cosi poco certi dell’avvenire che il fatto di avere una visione lucida del passato non può che esserci di aiuto nella scelta delle strade da percorrere in futuro, tenendo conto che viviamo nell’epoca in cui la storia presenta ai popoli il conto finale. La partita è ancora aperta, tutto è ancora possibile. Fra quanti leggeranno questo libro vi sarà certamente chi ha militato con convinzione nel mio stesso campo, e altri invece che hanno militato nel campo opposto. L’emozione sarà ugualmente forte per gli uni e per gli altri. Ciascuno trarrà le conseguenze che meglio crede. Ci sono però almeno due considerazioni finali che sono in obbligo di fare. La prima è che la conoscenza dei fatti stravolge tutte le interpreta zioni che via via ci sono state date ufficialmente o ufficiosamente dagli intellettuali addetti alla triste bisogna di servire il potere. La storia va interamente rivista alla luce di questi documenti. Non è improbabile che il futuro rovesci giudizi oggi conclamati: che i dèmoni divengano santi, e i santi dèmoni. Tale revisione sarà compito di una nuova generazione di storici. Personalmente, mi assegno un compito più limitato, quello di estrarre alcuni elementi utili per una riflessione politica immediata. La seconda è l’allucinante scoperta di quale immenso potere di vita e di morte può essere delegato, nell’epoca presente, a un piccolo gruppo di uomini, che possono talvolta essere dominati da pregiudizi, da spirito di crociata, o da interessi particolari contrabbandati come interessi di classe o come interessi nazionali, o addirittura come interessi dell’umanità intera. Nulla ci garantisce che chi ha tale immensa responsabilità sia in possesso di un perfetto equilibrio. Facciamo ad esempio il caso di James Forrestal. Per quasi cinque anni le sorti del mondo sono virtualmente dipese dall’influenza che questo banchiere americano investito del ruolo di ministro della Difesa, messo alla testa della più grande forza offensiva esistente al mondo, poteva esercitare sul presidente degli Stati Uniti per scatenare o non scatenare l’attacco nucleare contro l’Unione Sovietica. È stato l’uomo sotto la cui guida sono stati elaborati, uno dopo l’altro, a un ritmo incalzante, i piani segreti più sconvolgenti per la “distruzione del bolscevismo” mediante il fuoco atomico, nell’epoca in cui gli Stati Uniti erano invulnerabili e nella quale perciò l’uso dell’atomica era effettivamente possibile. Ciò che oggi 8