Noboru Kuroda ha tredici anni, vive a Yokohama solo con sua madre Fusako da quando il padre è morto, cinque anni prima. È un ragazzo duro e fiero della propria insensibilità, mosso come i suoi amici dal desiderio di negare ogni senso alla vita degli adulti, e tuttavia curioso delle loro esistenze e segretamente attratto dalle loro passioni. Una sera viene come ospite a casa un ufficiale di marina, Tsukazaki Ryūji, e da questo momento si innesca un tormentato rapporto tra l’adolescente, con il suo atteggiamento ambivalente, e quello che diventa l’amante della madre. Ryūji capisce intanto che Fusako è la donna che può fargli abbandonare il mare per restare a terra. Noboru, da parte sua, scopre l’inconciliabilità tra reale e ideale, e dovrà infine rassegnarsi alla spietata volontà della sua piccola banda, animata da un’intransigente volontà nichilista e per scelta crudele fino al sadismo. Mishima scandaglia con maestria il fondo oscuro dell’animo di questi ragazzi e il loro anelito a rifiutare tutto del mondo dei padri. Per costoro che si affacciano alla vita conta infatti solo la capacità di non provare compassione o emozione, e la maturazione pare non consistere in altro che nell’impassibilità davanti all’esperienza del sangue e della morte.