Qualche anno fa, uscì per la la Colibrì di Milano, Il "rinnegato" Korsch. Storia di un'eresia comunista, prima (e ci risulta ancora unica) biografia italiana del filosofo e esponente del comunismo dei consigli tedesco. Il libro andò subito esaurito e non è stato più ristampato. Negli anni ci sono pervenute molte richieste da parte di persone a vario titolo interessate al volume. In attesa di una possibile riedizione aggiornata del libro, ne riproniamo il contenuto a partire dalla premessa e dall'indice. Giorgio Amico Il "rinnegato" Korsch. Storia di un'eresia comunista Premessa Giurista, filosofo, rivoluzionario di professione, ministro, cospiratore, soldato valoroso, pacifista coerente, Karl Korsch è stato tutto questo e molto di più. Amico personale di Amadeo Bordiga e di Bertold Brecht, ispiratore della Scuola di Francoforte, compagno di studi di Kurt Lewin, avversario di Stalin, Korsch ha segnato in molti modi la storia del Novecento. Dimenticato, quando, come scrive Hermann Weber, la storia divenne un presente proiettato all’indietro e la teoria una giustificazione della politica,1 dopo aver goduto di una fugace fortuna nei primi anni Settanta, Karl Korsch, come d’altronde gran parte dei marxisti non-ortodossi del Novecento, è progressivamente ritornato ad essere uno sconosciuto e non solo per le giovani generazioni che iniziano oggi ad interessarsi della storia del movimento operaio. Le sue opere, che pure sono state in gran parte tradotte in italiano, sono da anni introvabili. Eppure il suo marxismo critico, assolutamente non dogmatico, sarebbe prezioso in un momento come l’attuale di grande confusione ad evitare che il vuoto lasciato dal crollo dello stalinismo venga riempito da nuove mitizzazioni del passato in nome di un marxismo annacquato ridotto a ideologia buona per tutti gli usi. Il presente lavoro vuole iniziare a colmare questa lacuna con l’intenzione di fornire qualche strumento in più alla comprensione del presente. Infatti, se l’analisi scientifica di Marx può ancora oggi rappresentare una buona bussola per orientarsi nel tempestoso oceano del capitalismo globalizzato, ben più arduo è il tentativo di far discendere da questa analisi una prassi politica coerente e soprattutto praticabile. Da qui la tentazione di cercare facili scorciatoie nel rifiuto tout- court della teoria o all’opposto nell’esaltazione fantasmatica di una presunta “scienza marxista” capace di per se di risolvere ogni problema. Come sempre le cose sono più complesse. La teoria, ogni teoria, marxismo compreso, non è mero rispecchiamento della realtà esterna nel pensiero: “La totalità – scrive Marx nei Grundrisse – come essa si presenta nella mente quale totalità del pensiero, è un prodotto della mente che pensa, la quale si appropria del mondo nella sola maniera che gli è possibile, maniera che è diversa dalla maniera artistica, religiosa e pratico-spirituale di appropriarsi il mondo. Il soggetto reale rimane, sia prima che dopo, saldo nella sua autonomia fuori della mente; fino a che, almeno, la mente si comporta solo speculativamente, solo teoricamente. Anche nel metodo teorico, perciò, la società deve essere sempre presente alla rappresentazione come presupposto”.2 Centrale diventa allora il problema del rapporto fra teoria e pratica sociale, fra realtà oggettiva e coscienza di classe. Proprio su questo terreno si colloca l’opera di Korsch, testimone disincantato della crisi del marxismo della Seconda Internazionale, ma anche del sostanziale fallimento del tentativo leniniano di restaurare a partire dalla Russia arretrata una teoria della rivoluzione proletaria utilizzabile in una società capitalistica in continua trasformazione come quella occidentale. 1 H. WEBER, La trasformazione del comunismo tedesco, Feltrinelli, Milano 1979, p. 97. 2 K. MARX, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, vol. I, La Nuova Italia, Firenze 1978, p.28. Detto questo, credo sia chiaro cosa questo saggio non vuole in alcun modo essere. Non uno studio esaustivo dell’opera di Korsch né una biografia intellettuale. Si tratta, piuttosto, del tentativo di collocare Korsch nel contesto che gli appartiene all’interno della storia del marxismo rivoluzionario del Novecento. Con la speranza che tutto ciò sia utile a chi sta cercando faticosamente la sua strada e un avvertimento doveroso: nessuna lettura è neutrale, ogni interpretazione rimanda a ben precisi presupposti, teorici e politici. Scrivere è schierarsi e questo lavoro non fa eccezione. Savona, luglio-agosto 2003 INDICE Premessa PRIMA PARTE GLI ANNI DELLA FORMAZIONE (1912-1920) L’apprendistato politico (1912-1919) Il periodo consiliare (1919-1920) SECONDA PARTE GLI ANNI DELLA MILITANZA (1920-1928) La scoperta del leninismo (1920-1923) Il periodo dell’ortodossia (1924-1925) Marxismo e filosofia All’opposizione nel partito e nell’internazionale (1925-1926) Al bando dal partito (1926) L’esperienza di Kommunistische Politik (1926-1928) TERZA PARTE GLI ANNI DELLA RIFLESSIONE CRITICA (1929-1961) La critica del kautskismo (1929) La critica del leninismo (1930) La critica del fascismo (1931-1933) I primi anni dell’esilio (1934-1938) Verso la guerra (1938-1945) Gli ultimi anni (1946-1961) PRIMA PARTE GLI ANNI DELLA FORMAZIONE (1912-1920) L’apprendistato politico (1912-1919) Nato nel 1886 a Todstedt,vicino ad Amburgo, Karl Korsch muore nel 1961 a Cambridge, negli Stati Uniti, dove si era rifugiato a metà degli anni Trenta dopo l’avvento al potere in Germania dei nazisti. Il giovane cresce in una agiata famiglia della classe media: il padre è un importante funzionario di banca con uno spiccato interesse per la studio della filosofia che dedica tutto il tempo libero dal lavoro a scrivere un’opera enorme, mai pubblicata, sullo sviluppo delle teorie di Leibniz. Il rapporto fra i due è forte. Karl prende dal padre la passione per la ricerca, il senso critico, l’amore per la filosofia. La madre è diversissima: del tutto indifferente ai problemi intellettuali, di carattere volubile e capriccioso. Con lei Karl non riesce neppure in età adulta ad avere un buon rapporto. In qualche modo questo difficile rapporto con la madre segna la sua vita. Hedda Korsch, compagna di vita e di militanza di Korsch, lo ricorda nelle sue memorie: “Se c’è una ragione per cui Karl era tanto ordinato, fu per reazione rispetto a sua madre. Ad esempio, durante i suoi ultimi anni di studio, lui aveva un capanno in fondo al giardino, nel quale lavorava. Era simile alla cella di un monaco, senza neppure una stuoia per terra, con soltanto un tavolino e qualche sedia scomoda, e lui mi disse che era quello lo stile di vita che amava. Le sue matite giacevano perfettamente ben allineate sullo scrittoio. Questo suo gusto per l’ordine e per la chiarezza più completi era grandemente favorito dal fatto che sua madre ne era priva.”3 Quando Korsch ha undici anni la famiglia si trasferisce a Meiningen, una città più grande, perché a Todstedt non esistono scuole superiori e i bambini (quattro figlie e due figli) devono continuare gli studi. Lì il giovane Karl frequenta il liceo e inizia a interessarsi allo studio della filosofia. “Egli cominciò da solo a leggere delle opere filosofiche, oltre ai testi obbligatori come i saggi teorici di Schiller, che erano inclusi nel corso di letteratura tedesca. Il padre di Korsch stava lavorando alla sua teoria delle monadi, e così anche lui incoraggiò Korsch a leggere di filosofia. In seguito questi mi disse che proprio a scuola si era sbarazzato di tutte le idiozie degli studenti-tipo tedeschi dell’epoca: il bere senza fine, le cerimonie collettive, sempre più birra e sempre più escursioni domenicali all’osteria del villaggio. In seguito mi disse di aver espulso tutto ciò dal suo sistema negli ultimi due anni di scuola, e di non avere mai più avuto la minima intenzione di rimettersi a farlo.” 4 Terminato il liceo, egli si iscrive all’università di Jena dove su consiglio del padre si dedica allo studio del diritto. Studente modello, spinto di una vivacissima curiosità intellettuale, segue anche corsi a Monaco e a Ginevra, dove impara il francese e ha occasione di conoscere molti studenti russi fuggiti dal dispotismo zarista. Fin dal suo primo ingresso nel mondo universitario egli avverte l’ipocrisia di un ambiente accademico che cerca di celare dietro la presunta neutralità della ricerca scientifica e il rigore formale delle tradizioni le profonde ingiustizie e le contraddizioni sociali della Germania guglielmina. Un vero e proprio “mandarinato”, per usare la felice espressione di Max Weber, stato maggiore intellettuale della borghesia e scuola di formazione per la potente burocrazia dello Stato. 5 3 H. KORSCH, Ricordi su Karl Korsch, Quaderni Pietro Tresso, Firenze 1999, p. 5. 4 Ivi, p. 6. 5 “I professori universitari tedeschi in generale, [ afferma Michael Löwy nel suo studio sul giovane Lukács] in particolare quelli del settore delle Geisteswissenschaften – facoltà umanistiche, filosofiche, giuridiche, storiche, di scienze sociali – hanno goduto nel corso del sec.XIX di una situazione particolarmente privilegiata. Questi “mandarini” che costituivano una comunità relativamente omogenea ed integrata, occupavano una posizione dominante nel sistema di stratificazione sociale prevalente in Germania, a causa del loro prestigio, influenza e rango sociale (status). Questa preminenza dell’intellighentsia accademica corrisponde a una fase precisa di sviluppo della formazione sociale tedesca: quella che vede il modo di produzione feudale in procinto di perdere la propria supremazia, senza che il capitalismo industriale abbia ancora imposto la sua egemonia definitiva […] i professori universitari controllano tutto il sistema In reazione a questo clima, come per Walter Benjamin e per molti altri futuri protagonisti della cultura weimariana, il primo impegno politico del giovane Karl si colloca nell’ambito della Freie Studentenschaft (Associazione dei Liberi Studenti), un’organizzazione giovanile progressista e liberale nata in opposizione alle tradizionali e reazionarie leghe studentesche che cerca di stabilire un qualche collegamento fra mondo accademico e società reale. Nell’ambito di questa associazione egli svolge un ruolo dirigente che lo porta a viaggiare per tutta la Germania e a stringere conoscenze che si riveleranno poi di grande utilità negli anni successivi. È nel corso di uno di questi viaggi che incontra Hedda, la futura compagna di tutta la vita, con cui allaccia una intensa relazione intellettuale e sentimentale. Portato alla riflessione teorica, segue con interesse la polemica in corso tra le scuole rivali di Heidelberg e di Marburgo sul rapporto tra filosofia e sapere scientifico. Un dibattito che si comprende solo alla luce della particolare situazione della cultura tedesca del periodo precedente la prima guerra mondiale. Una fase di grande vivacità intellettuale, caratterizzata dalla ormai quasi completa dissoluzione della scuola neokantiana, dalla nascita della fenomenologia husserliana e dalla crescita di tendenze intuizionistiche (Dilthey, Simmel) in aperta reazione contro il positivismo delle scienze naturali. Tutti elementi che in diversa maniera riemergeranno nell’elaborazione successiva non solo di Korsch, ma anche di Lukács che, proprio in quegli anni, risulta fortemente influenzato dalle idee di Simmel e dalle teorie della scuola di Heidelberg.6 Partito da posizioni kantiane, il giovane finisce ben presto coll’avvicinarsi a Marx e alle posizioni della socialdemocrazia in quegli anni all’apice del proprio sviluppo. Secondo la preziosa testimonianza di Hedda: “Leggeva un sacco: non so quando lesse Marx per la prima volta, ma sono incline a pensare che l’abbia fatto a scuola, perché da studente era già un socialista dichiarato – per convinzione, anche se non militava in alcuna organizzazione. Non aderì mai alla SPD, sebbene avesse degli amici all’interno della SPD, soprattutto a Jena. Voleva che i Freie Studenten si incontrassero con degli operai e con dei socialisti, e organizzò delle serate di discussione grazie ad un suo amico, Heidemann, il cui babbo era un rappresentante della SPD nel parlamento locale del Mecklenburgo. Le serate venivano organizzate come delle cene in cui uomini e donne sedevano l’uno di fianco all’altra – e in quel caso gli operai si alternavano agli studenti.”7 Influenzato dalla lettura degli scritti di Sorel, sul piano dell’azione il giovane Korsch si sente fortemente attratto dal movimento operaio e dal vitalismo anti-sistema che esso comunque esprime. Affascinato dalla forza delle organizzazioni politiche e sindacali della classe operaia, è al contempo respinto dal burocratismo dell’apparato socialdemocratico e dalla rigida ortodossia kautskiana che di fatto concepisce il marxismo come pura scienza separata dalla prassi concreta delle masse proletarie. In particolare lo colpisce negativamente la contraddizione fra il gigantismo dell’organizzazione che gestisce coperative, amministra case editrici, pubblica centinaia di giornali e la disciplinata passività delle masse inquadrate dal partito e dai sindacati che questo controlla.8 della formazione professionale, dell’apprendistato, degli esami, dei criteri di selezione, della preparazione ideologica, ecc., necessario per il reclutamento del personale amministrativo; si trovano quindi in una posizione strategica in rapporto alla struttura politico-amministrativa dello Stato”. Cfr. M. LÖWY, Per una sociologia degli intellettuali rivoluzionari, La Salamandra, Milano 1978, pp. 28-29. 6 Su questo argomento, oltre al già citato testo di LÖWY, si può vedere: G. LICHTHEIM, Guida a Lukács, Rizzoli, Milano 1978. Fondamentale per comprendere l’intero periodo resta la ricerca di H. STUART HUGHES, Coscienza e società. Storia delle idee in Europa dal 1880 al 1930, Einaudi, Torino 1972. 7 H. KORSCH, cit., p. 7. 8 Sulla SPD cfr. - oltre al classico testo di F. MEHRING (Storia della socialdemocrazia tedesca, Editori Riuniti, Roma 1974) – W. ABENDROTH, La socialdemocrazia in Germania, Editori Riuniti, Roma, 1980 e G. ROTH, I socialdemocratici nella Germania imperiale, il Mulino, Bologna 1971. Per un’analisi della politica sindacale della socialdemocrazia cfr. N. BENVENUTI, Partito e sindacati in Germania (1890-1914), La Pietra, Milano 1981. Il periodo fabiano Dopo la laurea soggiorna a lungo, insieme ad Hedda che nel frattempo ha sposato, in Inghilterra dove fa pratica del diritto inglese e internazionale. Qui entra in contatto con il movimento socialista e sindacale britannico ed in particolare con la Fabian Society 9 che lo affascina per l’attenzione posta alla formazione individuale dei militanti e all’importanza assegnata nell’ambito della lotta politica all’attività cosciente dei lavoratori. Nonostante da parte di molti critici si sia privilegiata l’immagine di un Korsch teorico astratto, in realtà fin da questa sua prima esperienza politica egli manifesta un interesse particolare per le attivita pratiche del movimento operaio piuttosto che per le sue elaborazioni teoriche. “Partecipavamo – ricorda Hedda – alle riunioni della Fabian Nursery, destinata ai membri più giovani e fornivamo dei resoconti, soprattutto sulle questioni tedesche”.10 Proprio nella prassi concreta dei fabiani ed in particolare nei lavori del Committee on the Control of Industry diretto da Beatrice Webb egli trova spunti illuminanti per la riflessione teorica sui temi del socialismo e dello Stato, ma soprattutto un modo per superare quella contraddizione fra teoria e prassi che lo aveva in qualche modo reso cauto nei confronti della socialdemocrazia tedesca. Il periodo “fabiano” rappresenta dunque un momento importante della sua più complessiva formazione politica. Dai fabiani egli prende il riconoscimento della centralità nei processi sociali della coscienza di classe dei lavoratori, intesa non come un astratto “dover essere”, ma come prassi concreta, attività autonoma proletaria. É un socialismo, questo del periodo inglese del giovane Korsch, dai contorni sfumati e utopici, non privo di una certa ambiguità e di una sostanziale predisposizione al riformismo, ma importante perché rappresenta la base da cui egli partirà per le sue successive esperienze. Egli manifesta una fortissima aspirazione alla concretezza, bisogno che traspare evidentissimo dalle corrispondenze inviate dall’Inghilterra alla rivista tedesca Die Tat negli anni 1912-1914 ed in particolare dallo scritto La formula socialista per l’organizzazione dell’economia, forse il più importante di questi suoi primi lavori giovanili. Fin dalle battute iniziali l’articolo testimonia dell’insofferenza dell’autore verso l’astratto e ripetitivo argomentare degli esponenti di punta della SPD incapaci di andare oltre una definizione in negativo del socialismo come mero anticapitalismo: “Se si domanda ad un socialista che cosa si intende per ‘socialismo’ si riceve come risposta, nel caso migliore, una descrizione del ‘capitalismo’ e l’osservazione che il ‘socialismo’ eliminerà questo ‘capitalismo’ con la socializzazione dei mezzi di produzione. Tutto l’accento è posto sull’aspetto del negativo, cioè che il capitalismo deve essere eliminato; anche l’espressione ‘socializzazione dei mezzi di produzione’ significa anzitutto nient’altro che la negazione della proprietà privata dei mezzi di produzione. Socialismo significa anticapitalismo. Il concetto ‘socializzazione dei mezzi di produzione’ ha un chiaro significato negativo: nel suo aspetto positivo è vuoto e non dice nulla”.11 Proprio la crescita impetuosa sul piano elettorale del movimento operaio tedesco pone con urgenza la necessità di definire in positivo la politica socialista. Come già accade in Inghilterra anche in Germania nella battaglia politica e sindacale occorre, dunque, saper porre in positivo l’obiettivo ultimo del socialismo, dare significato alle parole d’ordine, riempire di contenuti concreti quella che 9 Movimento politica riformista, conta fra i suoi esponenti i coniugi Sidney e Beatrice Webb e gli scrittori George Bernard Shaw e Herbert George Wells. Fondato nel 1883, prende nome da Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore per simboleggiare l’adozione di una prospettiva nazionale e graduale al socialismo. Per una più approfondita conoscenza del socialismo fabiano possono essere utilmente consultati: G.D.H. COLE, Storia del pensiero socialista, vol. III.1, Laterza, Bari 1972, p. 252 e sgg. ; E. GRENDI, L’avvento del laburismo, Feltrinelli, Milano 1964. 10 H. KORSCH, cit., p. 8. 11 K. KORSCH, La formula socialista per l’organizzazione dell’economia. In Scritti politici, 1, Laterza, Bari 1975, pp. 6-7. altrimenti rischia di restare mera analisi del presente. Lo studio attento della realtà del capitale deve già qui e adesso saper intravedere le linee portanti della società futura. Il che non significa, ovviamente, prefigurare utopisticamente il futuro, ma saper leggere dialetticamente la realtà sociale presente. In questa visione prospettica sta per Korsch la grandezza del contributo offerto alle scienze sociali dal giovane Marx che va ripreso e valorizzato di contro al marxismo volgarizzato degli epigoni. “Il difetto del socialismo dottrinario e utopistico – scriverà molti anni dopo nel suo Karl Marx - consiste nel fatto che esso, nel tentativo di raffigurare una futura condizione socialista, inconsapevolmente assume un’immagine senza ombre dell’attuale società reale, che nella sua concretizzazione e realizzazione riproduce inevitabilmente questa vecchia forma sociale borghese”.12 Quello che invece importa è riconoscere con Marx la realtà del cambiamento storico, come concreta prassi umana. Saper cioè affrontare criticamente i rapporti della società borghese come trasformabili non tanto o non solo sul mero piano giuridico, quanto per mezzo dell’azione concreta degli uomini. Questo gli sembra stia facendo in Inghilterra la Fabian Society nei confronti della quale egli non nasconde di provare una profonda ammirazione. Sulla base degli scritti d’anteguerra è difficile collocare con precisione Korsch. Di certo si sbaglierebbe a pensare a lui come ad un convinto riformista o al contrario come ad un marxista critico già formato Il Korsch del periodo inglese non è né l’uno né l’altro. Il suo pensiero si caratterizza semmai per la contradditorietà e se, per molti versi si colloca già al di là del pragmatico socialismo fabiano, ciò è ascrivibile soprattutto al forte impatto che hanno in quel momento su di lui come su altri socialisti critici dell’epoca – pensiamo in Italia al giovane Gramsci e a Mussolini- le teorie, allora molto di moda, dei sindacalisti rivoluzionari e di Georges Sorel che egli vede come l’ultima manifestazione del pensiero marxista.13 Un marxismo barbaro, ma vitale, capace per la sua forza comunicativa di mettere in crisi i dogmi dominanti del marxismo evoluzionistico e scientista della seconda internazionale a partire proprio dalla Germania dove più forte ed opprimente è il peso dell’ortodossia. Proprio per questo egli ritiene sia prima di tutto necessario ridarre concretezza ai concetti, chiarendo con precisione cosa si intende con il termine ‘socializzazione’: “Perché anche per la Germania occorre che i socialisti abbiano le idee più chiare su questo problema. Non perché ci sia da aspettarsi che essi fra poco siano chiamati a fondare lo Stato socialista del futuro. Ma perché tra poco anche da noi le rivendicazioni del sindacalismo tanto più semplici e vicine all’operaio di fabbrica scuoteranno fortemente i dogmi dominanti del marxismo. Poi, di fronte, alla disgregazione che si creerà, si porrà il problema di trovare un nuovo mezzo che unisca internamente il movimento socialista della Germania e lo distingua da altri movimenti. Ma questo nuovo mezzo non può essere altro che una formula determinata, meditata e verificata, che porti ad espressione quella che, fra tutte le organizzazioni pensabili dell’economia, merita di essere chiamata ‘socialista’ e di essere rivendicata da ‘socialisti’ “. 14 Korsch si dimostra qui buon interprete del tramonto di un’epoca che sta morendo senza saperlo. La realtà si affretterà presto a porre i proletari di tutta Europa di fronte al tragico dilemma “socialismo o barbarie” e non sarà la critica teorica dei sindacalisti soreliani, ma quella ben più esplosiva dei “cannoni d’agosto” a mettere definitivamente in crisi il marxismo della seconda internazionale. La prima grande guerra interimperialistica con il suo seguito tumultuoso di rivoluzioni e guerre civili 12 K. KORSCH, Karl Marx, Laterza, Bari 1969, p. 35. 13 Come Gramsci e Korsch, anche György Lukács fu fortemente influenzato da Sorel. Nel caso di Lukács fondamentale momento di incontro con Sorel fu l’interpretazione offertane da Ervin Szabo, esponente di punta dell’ala rivoluzionaria della socialdemocrazia ungherese. Cfr. a questo proposito la prefazione di Lukács a Storia e coscienza di classe. 14 K. KORSCH, La formula socialista…, cit., p. 9.