ebook img

Il progresso nel mondo antico. L’evoluzione delle società umane dalla preistoria agli inizi dell’età classica PDF

246 Pages·1975·1.15 MB·Italian
Save to my drive
Quick download
Download
Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.

Preview Il progresso nel mondo antico. L’evoluzione delle società umane dalla preistoria agli inizi dell’età classica

A CURA DI Come ha progredito l’uomo durante le molte centinaia di migliaia di anni della sua esistenza sulla terra? Ecco la domanda cui Vere Gordon Childe, uno dei maggiori paletnologi e archeologi contemporanei, risponde in questo suo libro. Childe ricostruisce il progredire dell’umanità dalla comparsa dei primi ominidi fino alla caduta del mondo antico: il lento faticoso emergere dell’uomo dall’oscura barbarie dell’Età paleolitica, finché, intorno al 10 000 a.C., la scoperta della semina segna l’inizio dell’Età neolitica. Alla scoperta del rame fanno seguito l’invenzione dell’arco e dell’aratro, la fabbricazione di utensili sempre più efficaci, l’evolversi delle pratiche magiche e delle credenze religiose, per giungere, nell’Età del bronzo, ad un’economia sempre più complessa, a sempre più nette stratificazioni sociali. Intorno al 3500 a.C. va segnata una delle tappe fondamentali nella storia della civiltà: la comparsa presso i Sumeri dei primi segni scritti. Sorgono quindi le civiltà egizia, mesopotamica, micenea, mentre lentamente progrediscono anche le popolazioni europee che, nell’Età del ferro, in Grecia prima ed a Roma poi, assumono il comando nella marcia verso il progresso. E il libro si ferma appunto quando, sotto la spinta delle orde barbariche, crolla, con l’Impero romano, la civiltà antica, le cui conquiste non vanno tuttavia perdute. Infatti «il progresso, se pure discontinuo, è reale. La curva all’insù, — conclude Childe, — si risolve in una serie di avvallamenti e di creste. Ma nessun avvallamento si abbassa fino al livello precedente, ciascuna cresta supera l’ultima che la precede». Titolo originale What Happened in History Penguin Books, Harmondsworth, Middlesex Copyright 1942 eredi di V. Gordon Childe Per l’aggiornamento copyright © Grahame Clark, 1964 Copyright 1949 e © 1973 Giulio Einaudi editore, Torino Traduzione di Adolfo Ruata Prima edizione nella «Biblioteca di cultura storica», 1949 Prima edizione nella «PBE», 1963 Quarta edizione rivista e aggiornata a cura di Vera Dridso, 1973 Quinta edizione, 1975 V. GORDON CHILDE IL PROGRESSO NEL MONDO ANTICO Piccola Biblioteca Einaudi INDICE Capitolo primo Archeologia e storia Capitolo secondo I selvaggi paleolitici Capitolo terzo La barbarie neolitica Capitolo quarto La più progredita barbarie dell’Età del rame Capitolo quinto La rivoluzione urbana in Mesopotamia Capitolo sesto Gli inizi della civiltà del bronzo in Egitto e in India Capitolo settimo L’espansione della civiltà Capitolo ottavo Il culmine della civiltà del bronzo Capitolo nono Gli inizi dell’Età del ferro Capitolo decimo Governo, religione e scienza nell’Età del ferro Capitolo undicesimo Il culmine della civiltà antica Capitolo dodicesimo Decadenza e caduta del mondo antico IL PROGRESSO NEL MONDO ANTICO Capitolo primo Archeologia e storia La storia scritta contiene una documentazione molto frammentaria e incompleta di ciò che l’umanità ha compiuto in certe parti del mondo durante gli ultimi cinquemila anni. Il periodo esaminato è tutt’al più circa una centesima parte del tempo durante il quale gli uomini sono stati attivi sul nostro pianeta. Il quadro presentato è decisamente caotico: è difficile riconoscervi qualche disegno unificante, qualche tendenza direttrice. L’archeologia prende in esame un periodo un centinaio di volte più lungo. In questo campo di studio ampliato essa rivela tendenze generali, cambiamenti cumulativi in una direzione principale e verso risultati riconoscibili. Coll’aiuto dell’archeologia, la storia — col suo preludio, la preistoria — diventa una continuazione della storia naturale. Quest’ultima studia nella documentazione geologica dell’«evoluzione» di varie specie di creature viventi come risultato della «selezione naturale», la sopravvivenza e la moltiplicazione di quelle fisicamente adatte ai loro ambienti. L’uomo è l’ultima grande specie a comparire; nei documenti geologici i suoi resti fossili si dovranno presentare negli strati superiori cosicché in questo senso letterale l’uomo è il più alto prodotto del processo. La preistoria può osservare la sopravvivenza e la moltiplicazione di questa specie attraverso il miglioramento dell’attrezzatura artificiale e mobile che garantisce l’adattamento delle società umane ai loro ambienti e dei loro ambienti ad esse. E l’archeologia può delineare lo stesso processo sia nei tempi storici coll’aiuto supplettivo di testimonianze scritte, sia in regioni dove il sorgere della storia scritta è stato ritardato. Senza alcun cambiamento di metodo essa può seguire fino ad oggi il risultato di tendenze già visibili nella preistoria. La nostra specie, l’uomo nel senso più ampio, è riuscita a sopravvivere e a moltiplicarsi soprattutto migliorando la sua attrezzatura per vivere, come ho 1 spiegato dettagliatamente nell’Uomo crea se stesso . Come altri animali, è soprattutto per mezzo della sua attrezzatura che l’uomo agisce e reagisce sul mondo esterno, ne trae sostentamento e ne fugge i pericoli — in linguaggio tecnico, adatta se stesso al suo ambiente, o addirittura costringe l’ambiente ai suoi bisogni. Tuttavia l’attrezzatura dell’uomo è notevolmente diversa da quella degli altri animali. Questi portano addosso l’intera loro attrezzatura come parte dei loro corpi: il coniglio porta zampe per scavare; il leone artigli e denti per sbranare la preda; il castoro zanne da carpentiere; la maggior parte delle bestie mantelli di pelo o di pelliccia per mantenersi caldi; la testuggine porta persino la casa sul dorso. L’uomo ha un’attrezzatura di questo genere molto scarsa e qualcosa con cui incominciò durante i tempi preistorici l’ha scartato. Si serve invece di strumenti, organi extracorporei che egli crea, usa e scarta a volontà; egli fabbrica picconi e pale per scavare; armi per uccidere selvaggina e nemici; accette e asce per tagliar legna; abiti per tenersi caldo col tempo freddo; case di legno, di mattoni o di pietra per procurarsi un ricovero. Alcuni «uomini» molto primitivi avevano i canini molto sporgenti, collocati in mascelle massicce, che potevano rappresentare armi assai pericolose, ma questi denti sono scomparsi nell’uomo moderno la cui dentatura non può infliggere ferite mortali. Come gli altri animali, l’uomo naturalmente ha una base corporea e fisiologica per la sua attrezzatura. Essa può riassumersi in due parole: mani e cervello. Liberate dall’onere di reggere il corpo, le nostre estremità anteriori si sono sviluppate in strumenti delicati, capaci di una sorprendente varietà di movimenti accurati e precisi. Per controllarli e collegarli con le impressioni ricevute dall’esterno mediante l’occhio e altri organi di senso, noi siamo giunti a possedere un sistema nervoso particolarmente complicato e un cervello eccezionalmente voluminoso e complesso. Il carattere mobile ed extracorporeo del resto dell’attrezzatura umana presenta vantaggi ovvi. Essa è più comoda e più adattabile dell’attrezzatura degli altri animali. Quest’ultima rende chi la possiede adatto a vivere in un particolare ambiente in condizioni speciali. La lepre di montagna trascorre l’inverno comodamente e sicuramente, grazie al suo mantello mutevole, sulle alture coperte di neve; nelle valli più calde sarebbe pericolosamente visibile. Gli uomini possono eliminare i loro abiti caldi se vanno in un clima più tepido, e possono adattare l’abbigliamento al paese. Le zampe di un coniglio sono dei buoni strumenti per scavare, ma non possono competere come armi con quelle di un gatto, mentre le zampe del felino sono vanghe da poco. Gli uomini possono costruire sia strumenti che armi. In breve, l’attrezzatura ereditaria di un animale è adatta per compiere un numero limitato di atti in un particolare ambiente. L’attrezzatura extracorporea dell’uomo può essere adattata a un numero pressoché infinito di atti in quasi tutti gli ambienti; «può essere», si badi, non «è». Ma in cambio di questi vantaggi, l’uomo deve imparare non soltanto ad usare ma anche a costruire la propria attrezzatura. Un pollo presto si trova provvisto di piume, ali, becco, zampe. Certo deve impararne l’uso: come tener pulite le sue piume, per esempio. Ma è cosa molto semplice e non ci vorrà molto tempo. Un infante umano non si presenta con simile equipaggiamento e questo non crescerà spontaneamente. I ciottoli rotondi sul terreno di per sé non fanno pensare a coltelli. Si devono compiere parecchi procedimenti e tappe prima che la pelle del canguro possa avvolgere come mantello la schiena del bambino. Anche il più semplice strumento, fatto con un ramo spezzato o una pietra scheggiata, è il frutto di una lunga esperienza — di prove e d’errori, d’impressioni osservate, ricordate e confrontate. L’abilità per farlo è stata acquistata mediante osservazione, ricordo ed esperimento. Può sembrare un’esagerazione, ma è tuttavia vero che ogni strumento è un concretarsi di scienza. Perché è un’applicazione pratica di esperienze ricordate, confrontate e raccolte, dello stesso genere di quelle che sono sistemate e riassunte nelle formule, descrizioni e regole scientifiche. Fortunatamente il singolo infante non è costretto ad accumulare nella sua persona l’esperienza richiesta o a fare esso stesso tutte le prove e gli sbagli. In verità il bambino non eredita alla nascita un meccanismo fisico di percorsi nervosi impressi nel genoplasma della razza che lo predisponga a compiere sistematicamente ed istintivamente i movimenti corporei adatti. Ma nasce erede di una tradizione sociale. I suoi genitori e gli anziani gli insegneranno a costruire e usare la sua attrezzatura in conformità coll’esperienza accumulata da generazioni ancestrali. E l’attrezzatura ch’egli usa è di per sé solo un’espressione concreta di questa tradizione sociale. Uno strumento è un prodotto sociale e l’uomo un animale sociale. Siccome ha tanto da imparare, l’infante umano è particolarmente delicato ed impotente, e la sua impotenza dura più a lungo che nei piccoli degli altri animali. La contropartita fisica dell’apprendimento è la raccolta d’impressioni e la costruzione di connessioni fra i vari centri nervosi del cervello. Intanto il cervello deve continuare a crescere. Per permettere tale crescita, le ossa del cranio che proteggono il cervello dell’infante rimangono congiunte molto debolmente, soltanto lentamente le giunture (o suture) si saldano. Fin quando il cervello è così indifeso è molto vulnerabile; uccidere un bambino è terribilmente facile. Dato che l’infanzia impotente è prolungata da queste cause connesse fra loro, se la specie ha da sopravvivere, un gruppo sociale almeno deve tenersi unito finché i bambini sono allevati. Nella nostra specie la famiglia naturale dei

See more

The list of books you might like

Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.