Sarah Addison Allen IL PROFUMO DEL PANE ALLA LAVANDA Traduzione di Maria Paola Romeo e Claudia Lionetti Da sempre, le donne della famiglia Waverley sono reputate strane dai loro concittadini. Specialmente Claire che, a 34 anni, vive sola nella grande casa ereditata dalla nonna e si dedica esclusivamente al suo giardino che nasconde un segreto: qualsiasi cosa vi cresca (in particolare i frutti del rigogliosissimo melo) ha un potere magico, una proprietà che può cambiare il destino delle persone. La nonna le ha lasciato anche un altro dono: le ha insegnato a cucinare pietanze a base di piante e fiori, dai nasturzi che inducono a custodire i segreti, alle bocche di leone per spegnere la passione, al pane alla lavanda che evoca i bei ricordi. Ed è grazie a queste ricette deliziose che la ditta di catering che Claire ha messo in piedi riscuote un grandissimo successo nella piccola città di Bascom. La quotidianità immutabile e il muro che Claire ha costruito attorno al proprio cuore vacillano il giorno in cui, inaspettatamente, alla sua porta ricompare la sorella Sydney, scappata di casa dieci anni prima perché non riusciva a sopportare il peso di essere una Waverley e adesso in fuga da un'oscura minaccia. Ha con sé la figlia Bay, nei cui occhi la zia Claire riconosce la luce della magia delle Waverley. Di nuovo insieme, le due sorelle potranno finalmente affrontare la loro difficile eredità e aprire il loro cuore all'amicizia e all'amore. Amore e vita, gioie e dolori si intersecano in questo romanzo meraviglioso dal sapore unico e intenso, come quello del pane alla lavanda. A mia madre. Ti voglio bene. Ringraziamenti Grazie a mio padre per i geni testardi della scrittura e per le storie di suo nonno che hanno dato vita a Lester. Gratitudine infinita al meraviglioso, magico Andrea Cirillo e a Kelly Harms. Un dolce, enorme grazie a Shauna Summers, Nita Taublib, Carolyn Mays e Peggy Gordijn. Un abbraccio alle pazze Duetter e a Daphne Atkeson, per avermi incoraggiata a scrivere questa storia e a farlo sempre meglio. Grazie (due volte!) a Michelle Pittman e a Heidi Hensley, che si meriterebbero una tiara per la loro paziente amicizia. Un grazie immenso all'ineffabile Miss Snark. E mi inchino a Dawn Hughes, straordinario parrucchiere, per avermi aiutata a barcamenarmi tra le questioni del salone. Sommario Parte Prima - Col senno di poi ................................................................. 6 1 ........................................................................................................... 7 2 ......................................................................................................... 23 3 ......................................................................................................... 42 4 ......................................................................................................... 58 5 ......................................................................................................... 72 6 ......................................................................................................... 86 Parte Seconda - Intuizione ................................................................... 111 7 ....................................................................................................... 112 8 ....................................................................................................... 120 9 ....................................................................................................... 136 10 ..................................................................................................... 149 11 ..................................................................................................... 162 11 ..................................................................................................... 191 13 ..................................................................................................... 203 Parte Terza - Preveggenza ................................................................... 222 14 ..................................................................................................... 223 Dal ricettario delle Waverley.. ............................................................. 228 Parte Prima - Col senno di poi 6 1 A ogni falce di luna, senza eccezioni, Claire sognava la propria infanzia. Cercava sempre di rimanere sveglia quelle sere in cui le stelle scintillavano, e la luna era solo una scheggia che sorrideva provocatoria al mondo laggiù, come le belle donne sui vecchi cartelloni che pubblicizzavano sigarette e succo di limetta. In quelle notti, se era estate, alla luce delle lampade ad alimentazione solare che illuminavano il sentiero, Claire si dedicava al giardinaggio, strappava le erbacce e accudiva le piantine: l'ipomoea alba e il trombone d'angelo, il gelsomino notturno e la nicotina alata. Non facevano parte del lascito delle Waverley ma, a causa della frequente insonnia, Claire aveva aggiunto al giardino fiori che la impegnassero in quelle notti in cui era così stravolta che la frustrazione le bruciava l'orlo della camicia da notte e le rendeva operose le mani. Sognava sempre la stessa cosa. Lunghe strade come serpenti senza coda. Lei che dormiva in macchina mentre la madre incontrava uomini nei bar e nei locali di musica country. Lei faceva il palo mentre la madre rubava shampoo, deodorante e rossetto e qualche volta una barretta dolce per Claire nelle stazioni di servizio del Midwest. Poi, poco prima di svegliarsi, sua sorella Sydney appariva in un alone di luce. Lorelei, con Sydney per mano, correva verso casa Waverley a Bascom, e l'unica ragione per cui Claire le seguiva era perché stava attaccata alla gamba della madre e non l'avrebbe lasciata andare. Quella mattina, quando si svegliò nel giardino sul retro, in bocca aveva il sapore del rimpianto. Lo sputò. Era dispiaciuta per come aveva trattato la sorella da bambina. Ma i sei anni di vita di Claire prima dell'arrivo di Sydney erano stati segnati dalla paura costante di essere arrestate, ferite o di non avere sufficiente cibo, benzina o abiti caldi per l'inverno. Alla fine Lorelei se la cavava sempre, all'ultimo minuto. Alla fine nessuno le prendeva o faceva del male a Claire e, quando la prima morsa di freddo annunciava che le foglie stavano per cambiare colore, magicamente sua madre faceva comparire un paio di manopole azzurre decorate con fiocchi di neve, biancheria termica rosa da indossare sotto i jeans e un berretto con un pompon malconcio. Quella vita sempre in fuga poteva andare bene per Claire, ma ovviamente Lorelei aveva pensato che Sydney meritasse di 7 meglio, che meritasse di nascere con delle radici. E la bambina spaventata che era in Claire non poté mai perdonarglielo. Si alzò a fatica raccogliendo da terra le cesoie e la paletta e, nella nebbiolina dell'alba, si incamminò verso la rimessa. All'improvviso si fermò. Si guardò intorno. Tutto era silenzioso e umido, il melo sul retro ondeggiava piano, come se sognasse. Generazioni di Waverley avevano coltivato il giardino. In quella terra c'era la loro storia, ma anche il loro futuro. Qualcosa stava per accadere, qualcosa che il giardino non era ancora pronto a rivelarle. Avrebbe dovuto stare all'erta. Andò alla rimessa; con attenzione ripulì i vecchi attrezzi dalla rugiada e li appese al muro, al loro posto. Chiuse a chiave la pesante porta, poi attraversò il viottolo sul retro della pretenziosa dimora in stile Regina Anna che aveva ereditato dalla nonna. Claire si fermò nel solarium convertito a essiccatoio per erbe aromatiche e fiori. C'era un forte sentore di lavanda e menta piperita e le sembrò di entrare in un ricordo natalizio che non le apparteneva. Si sfilò dalla testa la camicia da notte sporca, la appallottolò e, nuda, entrò in casa. La aspettava una giornata impegnativa. Quella sera avrebbe dovuto preparare una cena, ed era anche l'ultimo martedì del mese, quindi aveva la solita consegna di marmellate di lillà, menta e petali di rosa e di aceti di nasturzi e fiori di erba cipollina per il mercato e il negozio di gastronomia in piazza, dove i ragazzi dell'Orion College si recavano dopo le lezioni. Si stava sistemando i capelli con i pettinini quando qualcuno bussò. Scese al piano di sotto con addosso un prendisole bianco e ancora scalza. Aprì la porta. Sorrise alla vecchia signora in piedi sotto il portico. Evanelle Franklin aveva settantanove anni e ne dimostrava centoventi, eppure riusciva ancora a percorrere il chilometro di pista che circondava l'Orion cinque volte la settimana. Evanelle era una lontana parente, una cugina di secondo, terzo o quattordicesimo grado, ed era l'unica Waverley che ancora viveva a Bascom. Claire era attratta da lei come da una calamita. Dopo che al compimento dei diciotto anni Sydney se ne era andata e la nonna, quello stesso anno, era morta, Claire sentiva il bisogno di mantenere un legame con la famiglia. Quando Claire era piccola, Evanelle passava di lì per lasciarle un cerotto ore prima che si sbucciasse un ginocchio, qualche moneta per lei e Sydney 8 molto prima che arrivasse il carretto dei gelati, e una pila da mettere sotto il cuscino due buone settimane prima che un fulmine abbattesse un albero in fondo alla strada e l'intero vicinato rimanesse tutta la notte senza elettricità. Se Evanelle ti portava qualcosa, presto o tardi ne avresti avuto bisogno, anche se la cuccia per gatto che aveva regalato a Claire cinque anni prima doveva ancora essere utilizzata. La maggior parte della gente in città si rivolgeva a Evanelle con gentilezza mista a un certo divertimento, comunque era lei la prima a non prendersi troppo sul serio. Claire però sapeva che dietro gli strani doni della cugina si celava sempre qualcosa. "Sembri proprio un'italiana con quei capelli scuri e il vestito alla Sophia Loren. La tua immagine dovrebbe apparire sull'etichetta di un olio di oliva", disse Evanelle. Indossava la solita tuta da ginnastica verde sintetica e portava a spalla una grande sporta piena di monete, francobolli, timer per le uova e saponette, tutte cose che, prima o poi, poteva sentire il bisogno di dare a qualcuno. "Stavo giusto per preparare il caffè", la invitò Claire. "Entra." "Non avertene a male." Evanelle la seguì in cucina, dove si sedette al tavolo. "Sai cosa odio?" Claire la guardò da sopra la spalla mentre l'aroma di caffè avvolgeva la cucina. "Cosa?" "L'estate." Claire rise. Le piaceva avere Evanelle intorno. Per anni aveva tentato di convincere la vecchia signora a trasferirsi a casa Waverley per potersi occupare di lei, e anche per non avere l'impressione, mentre andava avanti e indietro, che le mura si allontanassero, rendendo i corridoi più lunghi, le stanze più grandi. "E perché odi l'estate? È meravigliosa. Aria fresca, finestre aperte, raccogliere i pomodori e mangiarli ancora caldi di sole." "Odio l'estate perché la maggior parte dei ragazzi del college lascia la città, così nessuno fa più jogging e io non ho più fondoschiena maschili da ammirare quando passeggio sulla pista." "Sei una vecchia sporcacciona, Evanelle." "Ti avevo avvisata." "Ecco qui", disse Claire appoggiando una tazza di caffè sul tavolo 9 davanti a lei. Evanelle scrutò nella tazza. "Non ci hai messo niente, vero?" "Certo." "Perché il tuo ramo delle Waverley vuole sempre mettere qualcosa ovunque. Foglie di alloro nel pane, cannella nel caffè. A me piacciono le cose pure e semplici. Ah, ecco! Ho qualcosa per te." Rimestò nella borsa e ne estrasse un accendino giallo Bic. "Grazie, Evanelle", disse Claire mettendoselo in tasca. "Sono sicura che mi tornerà utile." "O magari no. Sapevo solo che dovevo dartelo." Evanelle, golosissima, prese il caffè e lanciò un'occhiata al piatto da portata coperto appoggiato sul piano da lavoro. "Cosa hai preparato di buono?" "Torta glassata. Ho mischiato all'impasto dei petali di viola, e ne ho anche cristallizzato qualcuno per le decorazioni. È per una cena che devo servire stasera." Claire prese un contenitore Tupperware. "Questa l'ho fatta per te. Dentro non c'è niente di strano, te lo giuro." E appoggiò il contenitore sul tavolo. "Sei la ragazza più dolce che io conosca. Quando ti sposi? Dopo che me ne sarò andata, chi si prenderà cura di te?" "Tu non andrai da nessuna parte. E poi questa casa è perfetta per ospitare un fantasma. Diventerò vecchia tra queste mura, i figli dei vicini mi daranno fastidio cercando di arrivare al melo in giardino e io li caccerò con una scopa. E avrò un mucchio di gatti. Ecco perché probabilmente mi hai regalato quella cuccia." Evanelle scosse la testa. "Il tuo problema è la routine. La ami troppo. Come tua nonna. Sei legatissima a questo posto, proprio come lei." Claire sorrise. Le piaceva essere paragonata alla nonna. Non aveva avuto idea di quanta sicurezza potesse dare un nome fino a che sua madre non l'aveva portata lì, in quella casa. Erano a Bascom forse da tre settimane, Sydney era appena nata e Claire sedeva fuori, sotto il liodendro nel cortile, mentre la gente veniva dalla città a trovare Lorelei e la nuova nata. Claire non era nuova, e pensava che a nessuno importasse qualcosa di lei. Una coppia, dopo la visita, era comparsa sulla soglia e si era messa a 10