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Il potere e la sua legittimazione. Letteratura encomiastica in onore di Federico II di Svevia, Arce PDF

222 Pages·2005·2.43 MB·Italian
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Testis Temporum Collana di Fonti e Studi sul Medioevo dell’Italia Centrale e Meridionale diretta da Fulvio Delle Donne 2 Volume pubblicato col patrocinio di: Regione Lazio Provincia di Frosinone Comune di Arce Comune di Rocca d’Arce Comune di Colfelice Agenzia di Promozione Turistica di Frosinone XV Comunità Montana “Valle del Liri” - Arce In copertina: capitello del chiostro dell’abbazia di Casamari (FR) Progettazione ed elaborazione grafica di Marco D’Emilia FULVIO DELLE DONNE Il potere e la sua legittimazione Letteratura encomiastica in onore di Federico II di Svevia © 2005 Nuovi Segnali Via Corte Vecchia, 36 – 03032 Arce (FR) Tel: 0776 523260 - 333 6315590 www.nuovisegnali.net [email protected] ISBN 88-89790-00-8 Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo) senza l’autorizzazione esplicita dell’Editore o dell’Autore Sommario Introduzione p. 7 Capitolo I. La tradizione normanna e primo-sveva: Il Liber ad honorem Augusti di Pietro da Eboli p. 29 Capitolo II. La visione ufficiale del potere imperiale: il preconium dell’epistolario di Pier della Vigna p. 59 Capitolo III. La propaganda esterna alla corte: la predica di Nicola da Bari p. 99 Capitolo IV. L’encomio e la satira: il rhythmus di Terrisio di Atina p. 131 Conclusione p. 157 Elenco delle sigle usate p. 169 Elenco delle opere citate p. 171 Indice dei luoghi citati p. 197 Indice degli studiosi moderni p. 207 Indice dei nomi p. 213 Introduzione «In extollendis regie prefecture fastigiis, quibus congruenter officia, leges et arma commu- nicant, necessaria fore credimus scientie condimenta, ne per huius suaves et mulcebres se- mitas, nube ignorantiam commiscente, vires ultra licitos terminos effrenate lasciviant, et iu- sticia citra debiti regulas diminuta languescat. Hanc nos profecto qui divina largitione po- pulis presidemus, generali qua omnes homines natura scire desiderant, et speciali qua gau- dent aliqui utilitate proficere, ante suscepta nostri regiminis onera semper a iuventute nostra quesivimus, formam eius indesinenter amavimus et in odore unguentorum suorum semper aspiravimus indefesse. Post regni vero curas assumptas, quanquam operosa frequenter ne- gociorum turba nos distrahat, et civilis sibi ratio vendicet solicitudinis nostre partes, quid- quid tamen temporis de rerum familiarium occupatione decerpimus, transire non patimur ociosum, sed totum in lectionis exercitatione gratuita libenter expendimus ut anime clarius vigeat instrumentum in acquisitione scientie, sine qua mortalium vita non regitur... Quia ve- ro scientiarum generosa possessio in plures dispersa non deperit et distributa per partes mi- norationis detrimenta non sentit, sed eo diuturnius perpetuata senescit, quo publicata fe- cundius se diffundit, huiusmodi celare laboris emolumenta noluimus, nec estimavimus no- bis eadem retinere iucundum, nisi tanti boni nobiscum alios participes faceremus... Vos, igi- tur, viri docti, qui de cisternis veteribus aquas novas prudenter educitis, qui fluenta melliflua sitientibus labiis propinatis, libros ipsos tamquam exennium amici Cesaris gratanter accipi- te, et ipsos antiquis philosophorum operibus, qui vocis vestre ministeriis reviviscunt, quo- rumque nutritis famam, dum dogmata sternitis sapienter ut expedit, aggregantes, eos in au- ditorio vestro, in quo gratia virtutum fructificat, erroris rubigo consumitur et latentis scrip- ture varietas aperitur, tum mittentis favore commoniti, tum clari transmissi operis meritis persuasi, ad communem utilitatem studentium et evidentis fame nostre preconium publice- tis»1. Questa lettera, che annunciava ai maestri dello Studium di Bologna o di Parigi l’invio della traduzione latina di alcuni trattati retorici e matematici scritti da Ari- stotele e da altri non specificati autori antichi, ci è stata tramandata dal cosiddetto 1 Questa lettera si può leggere in PETR. DE VIN., Epist., III 67; in Veterum scriptorum et monumen- torum historicorum, dogmaticorum, moralium amplissima collectio, edd. E. Martène-U. Durand, II, Paris 1724, col. 1220; in Historia diplomatica Friderici secundi, ed. J.L.A. Huillard-Bréholles, IV, Paris 1854, pp. 383-85 (in seguito verrà siglato HB); in F. SCHIRRMACHER, Die letzten Hohenstaufen, Göttingen 1871, pp. 624-26, n. 22; in Cartularium universitatis Parisiensis, ed. H. Denifle, I, Paris 1889, pp. 435-36; il testo qui riprodotto è, tuttavia, il frutto di una nuova ricognizione dei codici. Sul- la lettera cfr. anche J.F. BÖHMER-J. FICKER-E. WINKELMANN, Die Regesten des Kaiserreichs unter Philipp, Otto IV., Friedrich II., Heinrich (VII.), Conrad IV., Heinrich Raspe, Wilhelm und Richard 1198-1272 [Reg. Imp. V,1-3], Inssbruck 1881-1901, (rist. an. Hildesheim 1971: in seguito sarà ab- breviato in BF), e le integrazioni di P. ZINSMAIER, Nachträge und Ergänzungen, [Reg. Imp. V, 4], Köln-Wien 1983, (abbreviato in Z), n. 4750. 8 Il potere e la sua legittimazione Epistolario di Pier della Vigna2 come emanata da Federico II di Svevia. Anche se a farla compilare era stato, probabilmente, Manfredi nel 12633, ben presto le solenni dichiarazioni sul valore della cultura e sulla necessità della sua libera circolazione e diffusione in essa contenute dovettero apparire assai più congrue con la figura di suo padre, l’imperatore Federico che tutti, sostenitori e detrattori, concordemente descrivevano come impareggiabile fautore e investigatore delle arti liberali e di quelle meccaniche. Chi se non Federico II poteva affermare di amare tanto la lettu- ra da concedersi ad essa ogni volta che i gravosi impegni di governo dell’impero gli lasciavano un po’ di tempo a disposizione? Chi se non Federico II poteva far presente ai suoi lontani interlocutori che senza coltivare le scienze non può esserci vita per gli uomini? Chi, infine, se non Federico II poteva congiungere tanto stret- tamente, in un legame indissolubilmente biunivoco, le artes con il preconium di chi rendeva possibile il loro studio? È certo che intorno alla figura di Federico II cominciarono ben presto a sedi- mentarsi tante e tali leggende da renderla quasi del tutto indistinguibile nei suoi tratti reali ed autentici. Forse mai come per Federico si rende immediatamente evi- dente l’assunto che la conoscenza storica, lungi dall’essere definita entro l’univoca ed assoluta categoria di «obiettività», non è null’altro che l’interpretazione necessa- riamente «parziale» di fonti che non possono e non vogliono dirci tutta la verità4. Ma è proprio vero che l’imperatore svevo teneva particolarmente ad apparire con i caratteri del mecenate protettore delle arti e delle lettere per ottenerne in cambio l’«evidentis fame nostre preconium»? Forse alla fine del percorso che ci accingia- mo a intraprendere, partendo dall’analisi e dall’interpretazione dei testi encomiasti- ci in onore di Federico II che ci sono stati tramandati, saremo in grado di dare una risposta a tale questione. 2 Sui problemi relativi alla redazione di questo epistolario cfr. soprattutto H.M. SCHALLER, Zur Ent- stehung der sogenannten Briefsammlung des Petrus de Vinea, «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters», 12 (1956), pp. 114-59 (ristampato in ID., Stauferzeit. Ausgewählte Aufsätze, MGH Schriften 38, Hannover 1993, pp. 225-70); ID., L’epistolario di Pier della Vigna, in Politica e cultura nell’Italia di Federico II, a c. di S. Gensini [Centro di studi sulla civiltà del tardo medioevo San Mi- niato, Collana di Studi e Ricerche 1], Pisa 1986, pp. 95-111 (ristampato in tedesco in ID., Stauferzeit, cit., pp. 463-78). 3 In alcuni manoscritti che tramandano i documenti svevi non raccolti sistematicamente entro l’epistolario di Pier della Vigna questa lettera risulta, infatti, emanata da Manfredi: cfr. BF 4750 Z. Sull’epistolario di Pier della Vigna, che attribuisce a Federico II anche dictamina composti successi- vamente alla sua morte cfr. infra, nel secondo cap., p 59. L’epistola potrebbe, tuttavia, essere stata fatta compilare inizialmente da Federico II ed essere stata poi rielaborata da suo figlio Manfredi: ma questa ipotesi viene negata da H.M. SCHALLER, Zur Entstehung, cit., passim; ID., L’epistolario, cit., pp. 103 ss. Sulla tradizione dell’epistolario di Pier della Vigna cfr. anche ID., Handschriftverzeichnis zur Briefsammlung des Petrus de Vinea, [MGH Hilfsmittel, 18], Hannover 2002. 4 Per un quadro complessivo di questa problematica, divenuta urgente in un’epoca dominata dal «relativismo ermeneutico», cfr. almeno il volume collettaneo Theorie der Geschichte, I, Objektivität und Parteilichkeit, a c. di R. Koselleck, W.J. Mommsen, J. Rüsen, München 1977. Introduzione 9 I testi esaminati non si rifanno ai canoni espressivi di un’unica «forma» lettera- ria: due sono in prosa e due in versi; uno fa parte di una più ampia opera dai carat- teri per lo più cronachistici e gli altri, pur avendo struttura autonoma, rientrano – a grandi linee – nelle categorie letterarie dell’epistola, della predica e della satira di tipo goliardico. Tuttavia un unico filo li unisce: l’esaltazione del sovrano. Basta quest’unico elemento tematico a collegarli e a farli confluire entro il recinto costi- tuito dai canoni più specificamente retorici di quel «genere» che è stato definito «panegirico»? Sicuramente no, se li si commisura, in una prospettiva immutabile ed atemporale, con gli elementi topici stabiliti all’affacciarsi dell’era volgare; ma il di- scorso cambia se li si prende in esame all’interno di un naturale processo diacroni- co che porta necessariamente a trasformare quegli elementi in relazione ai muta- menti di contesto storico-sociale. Certo, bisogna interpretare il concetto di «gene- re» non più secondo i parametri imposti dalla dottrina alessandrina che, censendo e raccogliendo il materiale offerto dai grandi autori della letteratura antica, aveva de- terminato un preciso repertorio di «forme» metrico-prosodiche e di «stili» che do- veva essere rigidamente seguito e che per molti secoli ha avuto la funzione di mo- dello applicativo. Parametri, questi, che, tra l’altro, già da tempo hanno dimostrato la loro mancanza di funzionalità se confrontati con quelle forme letterarie di più re- cente formazione, come quelle romanze, ad esempio, che non possono rientrare a pieno titolo in nessuno dei «generi» canonici5. Il prodotto letterario non può essere guardato dalla prospettiva assolutizzante e falsamente oggettivante dei suoi modelli atemporalmente invariabili, ma da quella dell’ambiente e del contesto in cui è stato creato6. Bisogna dunque scavare attraverso le sedimentazioni della storia per dise- gnare la stratigrafia dei «generi letterari», che sola ce ne permette la comprensione e, se possibile, la determinazione, che, tuttavia, neppure può essere racchiusa entro rigidi schemi strutturali. Infatti, nel genere encomiastico, quello che qui ci interes- sa, non può essere stabilito in maniera univoca il rapporto tra autore ed oggetto, ovvero il destinatario, che non sempre è caratterizzato dal dialogo diretto, e neppu- 5 Un esempio evidente dei problemi che scaturiscono da troppo rigide schematizzazioni è dato dall’epica: cfr. W. KIRSCH, Probleme der Gattungsentwicklung am Beispiel der Epos, «Philologus», 126 (1982), pp. 265-88; J.M. PAQUETTE, Definition du genre, in L’épopée, a c. di J. Victorio, J.C. Pa- yen, Turnhout 1988, pp. 13-35; D. SCHALLER, Das mittelalterliche Epos im Gattungssystem, in Kon- tinuität und Transformation der Antike im Mittelalter, a c. di W. Erzgräber, Sigmaringen 1989, pp. 355-71; ID., La poesia epica, in Lo spazio letterario del Medioevo. Il Medioevo latino, a c. di G. Ca- vallo, C. Leonardi, E. Menestò, I, 2, Roma 1993, pp. 9-42. 6 Cfr. soprattutto H.R. JAUSS, Teoria dei generi e letteratura del Medioevo, in ID., Alterità e moder- nità della letteratura medievale, Torino 1989 (ed. or., Alterität und Modernität der mittelalterlichen Literatur, München 1977; il saggio, però, era già apparso nel Grundriß der Röm. Lit. des Mittealters, I, 1972, pp. 103-38). Le teorizzazioni sui generi letterari, tuttavia, si sono moltiplicate nel corso degli ultimi decenni: cfr., ad es., K.W. HEMPFER, Gattungstheorie, München 1973; G. GENETTE, Genres, «types», modes, «Poétique», 8 (1977); A. FOWLER, Kinds of Literature: an Introduction to the Theory of Genres and Modes, Oxford 1982. Per un riesame complessivo della questione si possono leggere almeno C. SEGRE, Generi, in Enciclopedia Einaudi, VI, Torino 1979, pp. 564-85; P. DE MEIJER, La questione dei generi, in Letteratura italiana Einaudi, IV, L’interpretazione, Torino 1985, pp. 245-82.

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questione dei generi, in Letteratura italiana Einaudi, IV, L'interpretazione, .. ma anche come detentore di una «aequata dis immortalibus potestas»50 e . e, nella maggior parte dei casi, i topoi letterari non vengono riassunti per esaltare la Chiesa, che per Federico era stata il nemico da comba
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