Manuali Laterza 132 © 2000. Gius. Iaterza & Figli Prima edizione 2000 Terza edizione 2004 Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri n pensiero politico medievale con la collaborazione di Mario Conetti e Stefano Simonetta ® Editori Lrte► za Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nel febbraio 2004 Copy Card Center - via Marcora, 30 20097 San Donato Milanese (Mi) per conto della Gius. Lacere & Figli Spa CL 20-6011-6 ISBN 88-420-6011-9 E vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la forocopia è lecita solo per uso personale p rrrhf non elanneggi l'aurore. Quindi ogni fotocopia che eviti l'acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Premessa 1. Una società di corpi Una grande società di corpi umani da governare e da tener a freno mentre stretti dal bisogno quotidiano si fanno guerra e si elimina- no l'un l'altro nel sangue, intrisi di «libidine del potere», passione radicata nella dura necessità di sopraffarsi per sopravvivere: que- sta sembra sovente la città terrena descritta da Agostino, sorve- gliata con attenzione e timore e consigliata con debole speranza, dai Padri, dai papi, dai filosofi e dai giuristi nei secoli medievali. Quei corpi, deboli dopo il peccato di Adamo e la Caduta e pieto- samente esposti al bisogno e alle leggi violente della competizione, sono guidati da intelletti depotenziati e incerti e da una volontà de- viata rispetto alla mitica integrità di Adamo. L'impressione prevalente sembra dunque questa, quando leg- giamo molti dei testi che parlano di comunità, società, respubli- ca, regno, bene comune, dominio, diritto, legge, principe, pote- re e autorità. È la presenza di queste idee e dei termini che le si- gnificano a delimitare il nostro problematico campo di indagine, quello che chiamiamo il pensiero politico medievale, ossia la ri- flessione fatta dagli autori dei secoli V-XIV sulle condizioni e le regole possibili da imporre alla convivenza umana. Nulla in quei tempi doveva sembrare più verosimile della miseria della Cadu- ta di cui parlano autori come Ambrogio e Agostino: la ferinità e la lotta per il dominio erano realtà vissute da molte generazioni durante i secoli della rovina dell'impero e delle invasioni barba- riche, generazioni che proprio per questa ragione conservavano l'idea o persino il ricordo di una età più prospera, ordinata e fe- VI Premessa lice esistita alle loro spalle. Il mito di Roma nella mente di alcu- ni doveva essere molto vicino a quello dell'Eden cristiano. Oggetto politico delle teorie del potere sono dunque innanzi- tutto i corpi tormentati dopo la Caduta da impulsi e desideri che i primi cristiani avvertivano come contrari e pericolosi alla vita in- dirizzata alla salvezza dell'anima alla quale si erano convertiti. Tut- tavia soltanto attraverso quei corpi gli uomini cristiani potevano dar vita alla schiera dei futuri fedeli su questa terra: questo pen- siero non doveva suonare estraneo ai convertiti dei primi secoli quando l'idea del matrimonio romano era ancora influente nella nuova cultura. Il matrimonio dunque anche per i cristiani poteva dare origine all'ordine più vasto della comunità e ciò avveniva no- nostante alcuni fra loro esprimessero una dura opposizione alla vi- ta sessuale e alla procreazione. Su questo aspetto il pagano Gale- no fra gli altri testimoniava che molte donne e uomini cristiani del suo tempo rinunciavano ai rapporti sessuali e il cristiano Giustino elogiava la scelta della castità perpetua. Anche san Paolo nella Epistola ai Romani (5-7 passim) dichia- rava che «il bene non abita nella came», che in ogni uomo lot- tano due leggi, quella del corpo e quella della mente e che nulla lo poteva liberare da «questo corpo di morte». Ancora per Am- brogio e Girolamo il sesso e il matrimonio (con le loro conse- guenze sociali), assenti nella natura umana originaria, erano nati in seguito al peccato e avevano offuscato la «maestà angelica di Adamo» gettandolo nel mondo della materia. L'interpretazione che Agostino — oramai vescovo africano carico di molte respon- sabilità sociali — propone nel 401 è una visione nuova dell'Eden: nel De bono coniugali — egli sottolinea che Dio ha messo Adamo ed Eva nel paradiso per fondare un popolo, fatto che nel genere umano esige l'accoppiamento e la procreazione. Non solo, ma ciò implica una gerarchia già «politica», ossia il tradizionale predo- minio dell'uomo sulla donna e del padre sui figli, istituti familiari a un cittadino romano. «In confronto a quella dei suoi contem- poranei più esaltati la sua era una visione singolarmente sangui- gna e impregnata di socialità» (P. Brown 1988). A ciò Agostino aggiungeva però un'altra idea politicamente rilevante che giusti- ficava il suo pessimismo `politico', quella della perversione della volontà umana che dopo la Caduta aveva abbandonato gli origi- nari legami sociali prescritti da Dio, l'amicizia e il matrimonio ad Premessa VII esempio, al cupo dominio della superbia e della libido dominan- di. L'uomo era diventato antisociale per corruzione interiore. La genesi della socialità politica era stata spostata dalla materialità del corpo alla debolezza e aggressività in cui l'uomo era caduto. Con queste idee — materia o volontà deviata all'origine della politica — lo spazio per una idealità che riguardi la vita terrena e materiale dell'uomo non è certamente ampio e le condizioni non sembrano propizie: pochi sono gli autori fra quelli dei quali si parlerà in questo libro che si preoccupano per il benessere an- che materiale della società umana in cammino su questa terra. La maggior parte di quei pochi (come Tommaso, Dante Alighieri, Marsilio da Padova) è influenzata dalla «benefica» prospettiva naturale di Aristotele (v. p. 87), ma almeno uno presenta una in- teressante singolarità. È l'inglese Ruggero Bacone (XIII secolo) che aveva studiato a Oxford l'Aristotele metafisico e fisico, allo- ra proibito a Parigi, dove arriva negli anni quaranta. La sua idea di società è dominata e intrecciata all'ideale religioso e risolta nel concetto di sapienza come forza unificante. La respublica fidelium si presenta come un tutto organico, una società in espansione continua «finché i greci torneranno all'obbedienza, i tartari si convertiranno, i saraceni saranno distrutti>,. La stessa unicità del- la cristianità determina la sua unitarietà: i fini e gli ideali degli uomini possono essere raggiunti solo con un'opera articolata nei due campi, lo spirituale e il temporale, diretta con un solo me- todo e impressa da un'unica fonte, la sapienza divina. La storia è dunque un progressivo realizzarsi nel tempo del regno di Dio: la ricompensa eterna è naturalmente il fine supremo ma nel pro- gramma della sapienza rientra anche la cura delle cose temporali. La stessa espansione della cristianità temporale, fisica e geogra- fica esige la perfetta efficienza dell'unità cristiana che deve gua- dagnare terreno inglobando i popoli nella conversione. Attra- verso il programma della sapienza si otterrà una migliore salute fisica degli uomini, una più efficiente organizzazione della città, una maggiore protezione dai fenomeni naturali avversi, insomma una libertà dal bisogno e dalla fame. Un famoso passo illustra chiaramente questo atteggiamento così originale per l'epoca: È possibile costruire macchine per la navigazione senza rematori per cui un uomo solo potrà far muovere sui mari navi grandissime [...] vtn Premessa È possibile anche costruire carri tali che senza la forza dei muscoli si sposteranno con grande velocità E...] A possibile costruire macchine volanti e [..•] macchine di piccole dimensioni in grado di sollevare enormi pesi (Eputula de secretis operibus). 2. I luoghi del potere Alta sopra la sfera materiale della società dei corpi sta la Città di Dio, permixta ossia mescolata in modo inestricabile alla società terrena quanto agli individui che la compongono nel tempo del- la storia, ma individuabile nella sua fisionomia generale ben ca- ratterizzata dal suo «amore per Dio» opposto all'«amore di sé» che pervade l'altra città. Indivisibile e unica nella sua realtà so- vrannaturale e eterna, antefatto esemplare della società storica e suo lontanissimo fine, la Città divina suggerisce a quella terrena ideali e progetti, indica le vie tribolate e impervie per raggiun- gerla, cosa tuttavia paradossalmente possibile soltanto quando si giungerà alla fine del movimento della storia e delle dure vicen- de della materia. Per la provvisoria città terrena, che finirà insie- me al tempo, raggiungere la Città divina e contemporaneamente spegnersi sarà inevitabile. Ma quando guardiamo alle due città da una prospettiva sto- rica, con i nostri occhi di moderni e leggiamo le parole che pre- dicavano e scrivevano coloro che di questi temi allora si occupa- vano, ci accorgiamo che in effetti nei secoli che vanno dal V al XIV le città, inquinate dalla dimensione temporale e dalla fragi- lità umana derivata dal peccato originale, sono più di una: esse si distinguono per il luogo materiale e storico in cui sorgono e per il progetto politico che ognuna disegna. Le società o città dei corpi sono molte e divergono anche per le auctoritates alle quali si riferiscono, per la biblioteca che utilizzano e sovente anche per il senso che danno alle stesse parole. I luoghi del potere erano dunque storicamente distinti: l'ab- bazia del monastero benedettino e poi il convento dei frati, la cu- ria papale, le corti del re e dell'imperatore, la città e le università esprimevano idee sul potere necessariamente diverse anche se ac- comunate dalla unica indicazione generalissima che il potere pro- viene da Dio (v p. 29). Inoltre in alcuni di questi luoghi — ce lo testimoniano gli scritti — era naturale che si svolgesse anche una