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Il Palazzo Regio di Cagliari / Королевский дворец Кальяри PDF

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IL PALAZZO REGIO DI CAGLIA RI testi: Bruno Anatra, Anna Maria Colavitti, Giancarlo Deplano, Francesco Manconi, Alessandra Pasolini, Carlo Pillai, Maria Grazia Scano; antologia letteraria a cura di: Giuseppina Cossu Pinna fotografie: Dessì & Monari Indice 7 Il palazzo nella storia, la storia del palazzo Bruno Anatra 23 Il palazzo regio di Cagliari: le preesistenze Anna Maria Colavitti 27 Il contesto urbano e l’architettura del palazzo Giancarlo Deplano 55 La quadreria e il patrimonio artistico del palazzo Maria Grazia Scano 145 Argenti e altri arredi Alessandra Pasolini 171 Feste cagliaritane e cerimonie di palazzo Francesco Manconi e Carlo Pillai 185 Antologia letteraria a cura di Giuseppina Cossu Pinna Progetto grafico e realizzazione editoriale ILISSO EDIZIONI Referenze fotografiche Archivio Ilisso (foto Dessì & Monari, Cagliari) Stampa Industria Grafica Stampacolor, Sassari © Copyright 2000, Provincia di Cagliari ISBN 88-87825-05-X Il palazzo nella storia, la storia del palazzo Bruno Anatra Nel 1812 Francesco d’Austria-Este, approdato a Ca- Come ha ampiamente mostrato Rafael Conde, nel gliari, dove allora risiedeva la corte sabauda, consi- 1326-27 è innanzitutto ai suoi occhi che si impo- derava il palazzo regio, senza possibilità di appello, ne, per ragioni politiche e militari e, dopo qualche come un edificio squallido, «malissimo mobigliato, e tentennamento, con assoluta urgenza, l’espulsione nel suo interno brutto sporco, irregolare», posto nel dei pisani da Castello, per trasferirvi i nuovi arri- punto più infelice e scomodo di Castello, con un vati e abbandonare l’appena costituito centro di giardino striminzito, «alla genovese», un cortile stret- Bonaria, privo di polle d’acqua, con deboli strut- to, dove non possono manovrare le carrozze, «Can- ture difensive e lontano dal porto di Bagnaria. tine non vi sono … non v’è pozzo, né cisterna». «Del Questo si trovava invece giusto alle falde di Ca- resto in Cagliari non v’è alcun giardino», come non stello, del quale proprio in quegli anni si avviava c’era illuminazione notturna, tolte quelle «pochissi- a divenire un sobborgo stabilmente abitato e mu- me lanterne nelle contrade innanzi al palazzo di nito e ad assumere il nome di La Pola, secondo la corte e poco più», e quanto ad abitazioni civili nem- magistrale ricostruzione di Evandro Putzulu. Al- meno le case dei nobili, anche quelle «grandi», «si fonso riteneva fosse «notorio» e chiaro per tutti possono chiamar palazzi». Salvava solo la facciata che «il Castello di Cagliari» era da collocare tra i principale con la «bella scala» e il «bel portone gran- più «eccellenti e nobili castelli del mondo», quanto de, ove stanno le sentinelle», mentre la facciata «dal- meno del Mediterraneo, comunque non della sola la parte di fuori» gli appariva semplicemente «orrida». Sardegna, rispetto alla quale andava considerato Sempre secondo Francesco d’Austria-Este la topo- come la «chiave di tutta l’isola». grafia del potere in città era tutta da rifare. Ben più Sempre agli occhi dell’infante il nocciolo strategi- adatto ad ospitare la corte gli appariva non tanto il co di Castello stava nella torre di San Pancrazio, primitivo collegio gesuitico presso la chiesa di Santa nel complesso castrense che ruotava su di essa. Croce, dove allora si riunivano «i Tribunali di Giusti- Questo a sua volta si trovava a ridosso del centro zia», quanto e soprattutto quello subito fuori della della vita politica, amministrativa e religiosa della porta dell’Elefante, sede dell’Università, con i suoi Cagliari pisana, costituito dalla piazza comunale, «due cortili» e «portoni d’ingresso per ca[r]rozze». Ad- anch’esso dunque svettante nel punto più alto di dirittura, senza averne consapevolezza, egli postula- Castello. Come non fu casuale che i nuovi arrivati va una sorta di ritorno alle origini, affermando che sacrificassero la loro Bonaria al Castello dei pisani, la soluzione ottimale sarebbe stata quella di «fabbri- così non lo fu che in Castello lasciassero la sede car il palazzo ove ora è il convento di Buon’Aria», del potere là dove l’avevano trovata, insediando la quindi nel sito dove gli uomini della Corona d’Ara- loro massima autorità nell’edificio, che gli ufficiali gona, poco meno di cinque secoli prima, avevano pisani avevano sottratto alla curia arcivescovile, stabilito il loro primo insediamento, in opposizione accanto alla cattedrale. Lì c’era una loggia; un’altra alla turrita rocca pisana di Castello di Castro. si trovava quasi di fronte, sul lato corto del tratto Durante questi cinque secoli molti cambiamenti di strada larga, che doveva prendere il nome di erano intervenuti nella geografia politica dell’Euro- piazza Palazzo: era la loggia “regia”, sulla quale pa e del Mediterraneo come nei gusti e negli atteg- verso il 1330-32 il consiglio civico venne autoriz- giamenti dei regnanti, che sul loro finire sopravvi- zato a edificare la propria casa, impegnandosi a vevano numerosi: o avevano superato indenni la lasciarla agibile, come luogo di pubblici incontri. bufera rivoluzionaria o venivano rimessi sul trono o Per la stessa ragione, dieci anni più tardi, lo stesso stavano per esserlo. Tali mutamenti giustificavano consiglio protestava, perché, nella restituzione di l’atteggiamento del rampollo asburgico nei riguardi una parte dei locali alla curia, a questa si permet- dell’edificio simbolo del potere monarchico in Sar- tesse di inglobare e utilizzare la prima loggia, che degna. Decisamente del tutto diverso era l’orienta- per l’appunto concorreva con edifici e spazi appo- mento al riguardo, che maturò nella classe dirigente siti a fare di quella “contrada” il centro vitale della catalano-aragonese, quando intraprese la conquista città e del regno. del regno di Sardegna, in particolare quello dell’in- Com’è noto, l’arcivescovo in carica, il senese Gioan- fante Alfonso, che capeggiò la vittoria sui pisani. nello, si era adattato ai locali che gli erano stati 7 messi a disposizione a Bonaria, benché lontani dal- al piano terra del palazzo alcuni uffici, attivati fra il periodicamente cangianti e frequentemente assen- colo avrebbe portato nell’ambito della Corona an- la cattedrale, che era pur sempre in Castello. Il suo 1330 e il 1335. L’ufficio principale, quello della te da Cagliari. Non dovrebbe essere casuale il fatto che il regno di Napoli. successore invece, il tenace e combattivo Gondisal- “governazione”, con la sua scrivania o scrittorio ed che in tale epoca gli interventi più importanti sul- Da allora fino a tutto il Settecento esso ospiterà vo, che non aveva problemi di diplomazia, per ca- annesso archivio prendeva il posto occupato dalla l’edificio, per modifiche d’uso, per rifare o aggiun- solo viceré, con un’unica eccezione di rilievo, Car- rattere e in quanto anch’egli originario della Corona cucina; al suo fianco si collocava quello del razio- gere locali, sono legati al suo compito di albergare lo de Viana. Durante l’inquieto girovagare per il d’Aragona, aprì una lunga controversia, nel corso nale, anch’esso con scrivania ed archivio, mentre la i principali uffici pubblici o di accogliere ospiti re- Mediterraneo alla ricerca di un punto di appoggio della quale riottenne alcuni locali, di cui si era im- cucina veniva riattivata dall’altro lato dell’ufficio del gali. A quest’ultimo riguardo, per motivate ragioni nel dissidio col padre Giovanni II, che tendeva a possessato il consiglio civico, e, approfittando di una razionale. Verso il 1358-59 si aggiungeva la scriva- o semplicemente perché si trovava sulla loro rotta, preferirgli il fratellastro Ferdinando (poi Ferdinan- temporanea assenza del governatore, tentò di riap- nia della “procurazione reale”, in un locale, fin lì Cagliari e il palazzo diedero ricetto a più di un do il Cattolico), dopo un soggiorno in Sicilia (che propriarsi dei restanti ambienti, immettendovi il pro- adibito a stalla, confinante con il palazzo arcivesco- componente della famiglia reale, anche in conse- l’avrebbe voluto al suo governo quale figlio di prio vicario e i suoi familiari. Nonostante una certa vile. Sia questa stanza che quella del mastro razio- guenza della volontà di conservare questo e l’altro Bianca di Navarra, già sua regina), col pretesto di condiscendenza di Alfonso, frattanto salito al trono, nale vennero costruite con la copertura voltata in regno insulare, la Sicilia, nell’ambito o nell’orbita difenderla dai genovesi, si diresse con alcune ga- l’amministrazione regia tenne fermo sulle posizioni pietra, non solo per ragioni di solidità ma anche, della Corona d’Aragona. lere verso la Sardegna. Arrivato nel porto di Ca- acquisite e nel 1338 venne siglato un accordo, che probabilmente, per estirpare una volta per tutte le Pietro IV tra il febbraio e l’aprile del 1355 vi celebrò gliari, «si stabilì – scrive Zurita – nel Castello, del sanava definitivamente la situazione. infiltrazioni d’acqua, che avevano costretto l’ammi- il primo parlamento sardo, presenziando le sedute quale e della città era alcalde un cavaliere di no- L’amministrazione restava in possesso degli am- nistrazione regia a cercare la nuova sistemazione principali assiso in trono nel salone. Trent’anni do- me Pietro Bellit, del quale il principe ebbe molta bienti, che ormai ospitavano uffici, archivi e il go- per la scrivania della “procurazione” e che pochi po il palazzo ospitava Maria di Sicilia. Quando, nel confidenza e lo fece suo maggiordomo. Si tratten- vernatore nel “palazzo maggiore”, il corpo edilizio anni dopo imponevano di intervenire sull’ufficio 1384, ringraziandoli della gradita, cordiale e festosa ne nel Castello di Cagliari, sperando che quel re- più importante del complesso – alcuni di essi, tra della “governazione”. accoglienza riservatale, estendeva a Castello e sob- gno gli rendesse qualche servizio e mandò per cui la cucina, costruiti di recente, aggiuntisi quindi Le difficoltà interne e internazionali per la conserva- borghi i privilegi di cui godeva Barcellona nel suo questa ragione in tutta l’isola Giacomo de Aragall, durante il contenzioso –, impegnandosi a corri- zione della Sardegna tra i regni della Corona d’Ara- regno, Maria vi si trovava ospitata dal 1382, in atte- governatore del capo di Cagliari e Gallura». Non spondere alla curia arcivescovile una pensione an- gona, dal conflitto con Genova, che comportava il sa che la Santa Sede desse l’assenso al suo matri- ottenendo nessuna presa di posizione da parte del nua di 50 lire alfonsine. Questa già allora non do- coinvolgimento di altre potenze (Francia, Milano), monio con un infante d’Aragona. Lasciò Cagliari nel regno, lasciò palazzo, Castello e isola per la Spa- veva rappresentare una gran cifra, visto che alla verso cui gravitava la repubblica ligure, al sempre 1388, l’anno dopo sposava Martino il giovane e so- gna. Qui i suoi rapporti col padre si sarebbero ulte- curia vennero date altre 850 lire, destinate alla ri- più aperto e irriducibile scontro con la casa d’Arbo- lo nel 1392 la coppia, assieme a Martino il vecchio, riormente deteriorati, fino al suo disconoscimento e strutturazione di quanto era tornato nella disponi- rea e con le famiglie magnatizie tosco-liguri, ai con- partiva alla volta della Sicilia con una flotta, che fe- detenzione, alla susseguente liberazione e improv- bilità del presule, con facoltà di fare integrazioni. trasti interni alla stessa nobiltà, proveniente dai ter- ce tappa a Cagliari. visa morte nel 1461. Che quel canone perpetuo fosse essenzialmente ritori della Corona, trovano un riflesso nei mutevoli Era passato più di un quindicennio, quando Marti- Ben più numerosa fu la flotta con cui nel giugno simbolico risalta ancor più, a posteriori, dal fatto assetti istituzionali, indirettamente influenzando le no, infante d’Aragona e, in virtù di quel matrimo- 1535, alla volta di Tunisi, Carlo V ancorò per un che a qualche secolo di distanza permaneva pres- fortune del palazzo. Nel primo trentennio (1323-54) nio, re di Sicilia, nel frattempo rimasto vedovo e paio di notti nel golfo di Cagliari, degnando della soché invariato. Agli inizi del Seicento il censo ov- l’amministrazione del regno faceva capo ad un go- risposatosi con Bianca di Navarra, vi trascorse l’ul- sua ammirazione le fortificazioni della città e di una vero la pensione dell’arcivescovo oscillava tra le 61 vernatore generale; nel trentennio successivo (1355- timo anno della sua esistenza. Rievoca Zurita che visita il duomo. I bastioni di Castello non erano sta- e le 62 lire sarde, un terzo in meno del salario di 87), «ravvisando» Pietro IV «insufficiente la persona a luglio del 1409 fu assalito da febbri e, dopo ti ancora investiti dalle innovazioni difensive della uno dei dodici alabardieri della guardia del viceré del governatore generale per sedare le frequenti in- un’apparenza di ripresa, «si aggravò in modo tale seconda metà del Cinquecento, che, in base alle (sulle 93 lire annue). Come dire che nell’accordo surrezioni», la carica venne bipartita tra un governa- che morì» dopo pochi giorni «nella festa di San disposizioni di Palearo Fratino del 1575, dovrebbe- contava che il presule cagliaritano fosse messo su- tore del capo di sopra ed uno del capo di sotto. Nel Giacomo». «Il suo corpo venne seppellito» lì accan- ro aver interessato anche il palazzo e la cattedrale. bito in condizioni di adattare quella dimora al pro- quadro delle trattative di pace con Eleonora d’Arbo- to «nella cattedrale di quella città, tra una gran Per aprire un camminamento, che permettesse di prio prestigio e alle necessità del proprio seguito. rea, Giovanni I ristabilì un governo unificato (1387- moltitudine di stendardi e sepolture dei nobili e spostare l’artiglieria da un bastione all’altro, Palea- La crescita disordinata e pausata del palazzo du- 1401). Ad inizio del Quattrocento, per le stesse ra- cavalieri, morti nelle precedenti guerre per la con- ro consigliò che dalla parte dello strapiombo nel- rante il primo secolo di vita riflette le difficoltà di gioni di mezzo secolo prima, le principali città di quista e difesa di quel regno», dove, ricorda Soto- l’uno e nell’altra si aprissero delle «grandi porte», tenuta sul territorio del nuovo impianto istituzio- mare della Corona, a Monzón, in un parlamento Real nella Epitome de Cerdeña, più tardi Cagliari solide e comode, «perché chiesa e palazzo stiano nale. Questo però non perde di vista una certa generale di Catalogna, Valenza e Maiorca, otteneva- gli avrebbe fatto «un celeberrimo sepolcro, lavora- sicuri e chiusi fino al tempo della necessità» bellica. spinta alla centralizzazione, compatibilmente col no il ritorno a due governatori reciprocamente au- to con finissimi diaspri e marmo di Genova». Nel L’imperatore trascurò del tutto il palazzo, dove pur particolarismo feudale e con una relativa autono- tonomi. Ma nel volgere di un decennio sull’onda frattempo il palazzo fu oggetto di frequenti atten- risiedeva il suo alter ego nell’isola, il solo ormai, per mia dei grandi uffici e delle loro sedi periferiche. della spedizione di Martino il giovane, pur perma- zioni, in particolare a fine Trecento, per il rischio tutto il tempo della sua appartenenza alla confede- Tale spinta nell’edificio si esprime nell’assolvere nendo le figure dei due governatori, risorgeva defi- di cedimenti strutturali, poi ai primi del Quattro- razione catalano-aragonese, che gli prestasse atten- innanzitutto alla funzione di residenza del princi- nitivamente il comando unificato nelle mani di un cento e durante la sua permanenza, per adegua- zione, assieme ai funzionari regi. Il viceré lo faceva pale rappresentante regio, dello stesso sovrano, di luogotenente e capitano generale, in attesa dell’arri- mento dei locali. in funzione delle esigenze proprie e della propria suoi consanguinei o di personaggi dello stesso vo e dopo la scomparsa del giovane e sfortunato re La suddetta Epitome ignora che tra i sovrani iberici corte, questi ultimi in funzione dell’attività che vi rango, quando si trovino a Cagliari, e contestual- di Sicilia ed erede alla Corona d’Aragona. Di lì a che passarono per Cagliari, “corte” del regno, ci fu svolgevano. Come si rileva dalla già ricordata Epito- mente di luogo di riunione dei principali organi di poco il regio rappresentante, qui come in Sicilia, Alfonso il Magnanimo, l’ultimo di essi a trovare di- me di Soto-Real (lo scolopio Siotto, espulso dall’iso- governo politico, amministrativo e giudiziario, te- senza deporre gli altri attributi, si sarebbe stabil- mora in palazzo e a celebrarvi un parlamento, al la dal San Germano e che ancora nel 1678, nella nendo conto del fatto che in ciascuno di essi tali mente denominato viceré, in quanto espressione principio del 1421, a chiusura della lunga e tor- prefazione alla seconda edizione di quel librino, competenze erano parzialmente compresenti, e di immediata della monarchia. mentata fase di guerre e rivolte, che avevano mes- chiedeva giustizia a Madrid), il palazzo era pur raccolta dei rispettivi archivi. In questo tormentato periodo il palazzo sopravvi- so in serio pericolo l’acquisizione catalano-arago- sempre l’epicentro della vita politico-amministrativa Come si è intravisto, quando si risolse il conflitto ve nella dislocazione e nella denominazione non nese della Sardegna, per aprire di lì a breve un del regno di Sardegna, ma era la città di Cagliari, il d’interessi coll’arcivescovo, erano già in funzione tanto per l’uso da parte di una autorità dai contorni nuovo capitolo, che nel volgere di meno di un se- suo Castello, a costituire «la corte di tutto il regno». 8 9 Persino i parlamenti, che dalla fine del Quattrocento e tesoreria). Durante la prima metà del Seicento la aveva trovato al suo arrivo il palazzo «in cattivo ecceduto in materia (per le «opere dei palazzi di si riattivano e acquistano una cadenza decennale, reale udienza accresce il proprio personale, finen- stato» e l’ultimo piano, il sotto tetto, «inabitabile», Cagliari, Sassari e Oristano, comprese le fortifica- non hanno il palazzo per scena esclusiva. La loro do col dar vita ad una sala criminale distinta da per evitare un intervento, ritenuto «molto costoso zioni di tutto il regno», si era speso poco più di apertura e chiusura solenne ha luogo in cattedrale. quella civile. e pericoloso … su pareti tanto vecchie», Madrid 7600 lire in media annua, pari al 17% della spesa Il loro svolgimento avviene tra quattro poli: il palaz- Tutto ciò comporta la creazione di nuovi spazi o l’autorizzasse, preventivando una spesa «più o me- complessiva del regno), poneva una volta di più il zo arcivescovile, dove si riunisce lo stamento eccle- la riorganizzazione di quelli esistenti per tali istan- no» di 2000 ducati per l’acquisto e di altrettanti du- dito sulla piaga. Rammentando che, «quando giun- siastico; la contigua chiesetta della Speranza, dove ze e i loro archivi. Perciò nel 1480 si ricostituisce cati per la ristrutturazione, affinché «la sua servitù gono i viceré, i loro maggiordomi chiedono che si si raduna lo stamento militare; di fronte, il salone l’archivio del razionale; cinque anni dopo si ri- … si sistemi comodamente». Una cifra enorme, facciano tramezzi nuovi, si aprano nuove finestre del palazzetto comunale, dove si ritrova lo stamen- struttura l’archivio patrimoniale; un secolo più tar- pari a 10-12.000 lire sarde, da circa 3 a circa 3,5 e porte … vetrate, persiane … e molta altra minu- to reale; un’aula, non necessariamente la sala di di si amplia quello della luogotenenza generale. volte il salario dello stesso viceré (poco più di teria», Mir piuttosto categoricamente ingiungeva rappresentanza, del palazzo regio, dove siedono il Sempre negli anni Ottanta del Cinquecento entra 3500 lire annue, comprese le indennità, gli ayu- che «i viceré facciano a loro spese dette opere e viceré e gli alti funzionari. Di questa costellazione, in funzione, nell’edificio, l’amministrazione delle das de costa), della quale peraltro non c’è traccia altre spese minute, che non sono per la perpetua che gravita attorno a piazza Palazzo, la sede del vi- torri, organo stamentario ma con funzioni connes- nei bilanci degli anni 1605-10, gli anni del vicere- conservazione della casa», tanto più che «i mag- ceré costituisce pur sempre il punto di riferimento, se alla finanza pubblica. gno del conte. giordomi non chiedono solo per le stanze dei vi- l’asse su cui ruotano i lavori del parlamento: qui Pertanto, tra una disposizione e la sua attuazione In questi bilanci sono comunque cospicui i paga- ceré, bensì anche per le loro e degli altri servitori». egli, attorniato e consigliato dagli alti funzionari, ca- potevano trascorrere non pochi anni. Nel Somma- menti effettuati a favore di «mastri, manovali e car- Il che non impediva che dieci anni dopo Filippo IV peggiati dal reggente la real cancelleria, riceve le rio del real patrimonio, fatto stilare dal reggente rettieri e altri che hanno servito e lavorato nel pa- dovesse tornare a lamentare «le spese eccessive e prime voci degli stamenti e le loro delegazioni, cia- Mir nel 1644 a seguito della visita di controllo sul- lazzo reale» o che «hanno donato legname e altro volontarie» fatte «dai suoi luogotenenti e capitani ge- scuna delle quali ogni volta si reca anche ad infor- l’operato dei funzionari regi e sullo stato dei loro per i lavori nel palazzo», durante tutto l’anno (il nerali», precisando che esse, purché necessarie per mare gli altri stamenti; qui, presso il viceré, si pren- uffici, veniva notato che, poiché sin dal 1618 si era denaro veniva erogato ogni 2-4 settimane): am- la «conservazione» del palazzo, andavano decise col dono le decisioni. avviata la costituzione di un «archivio generale», de- montano a poco più di 7800 lire nel 1605; scendo- parere della «giunta patrimoniale e non in altro mo- Il palazzo, da solo o in simbiosi con la cattedrale, stinandovi una stanza del palazzo, e dando a «fab- no a 5200 lire circa nel 1606; raggiungono la bella do», mentre per qualsiasi intervento non imprescin- ospita le cerimonie di maggior rilievo, che scandi- bricare armadi», era ora che i ministri patrimoniali somma di circa 10.500 lire nel 1607. Nel 1608 dalle dibile né urgente egli andava previamente informa- scono la vita politica della capitale, oppure, con si decidessero a consegnare i loro registri, antece- casse del regno escono più di 16.500 lire, ma sono to sia del costo sia su chi avrebbe gravato, fermo quella e il palazzetto comunale, fa da fondale sce- denti gli ultimi cinque anni, all’archivista, Gaspare sia per il palazzo che per le altre “opere reali” (al- restando che non dovesse essere sulla “reale azien- nico, come in occasione dell’arrivo del nuovo vi- Cugia. Tuttavia pochi anni prima, nel 1638, costui tri edifici pubblici, fortificazioni, ecc.), per le quali da”, «perché della mia azienda reale non si deve ceré o di ricorrenze e avvenimenti di grande riso- lamentava che, individuato il sito dell’archivio, non nel 1605 si è speso più del doppio e nel 1606 più toccare cosa alcuna senza mio speciale ordine». nanza, riguardanti la monarchia o la famiglia reale. se ne era ancora intrapreso l’allestimento. Sempre del triplo rispetto agli interventi sul palazzo, men- Era però inevitabile che qualsiasi intervento un vi- Nel 1666 il poeta Giuseppe Delitala Castelvì scris- nel sommario, Mir ricordava che ogni ufficio, in tre nel 1607 è il palazzo che è costato più del dop- ceré chiedesse, pur passando per una delibera della se per il compleanno di Carlo II una loa in forma palazzo, doveva conformare il proprio orario di la- pio. Nei restanti due anni invece non risulta speso giunta patrimoniale, risultasse comunque urgente e di commedia, nella quale compaiono Apollo, l’in- voro su quello della reale udienza. nulla specificamente per il palazzo; appaiono solo necessario. D’altro canto la procedura era talmente tero Parnaso e l’oracolo di Delfo, che formula gli Oltre ciò, sia al piano terra che soprattutto ai pia- i soldi usciti dalla cassa per le altre “opere reali”. prolissa che anche quando c’era effettiva urgenza, auguri al sovrano: alla data opportuna, in novem- ni alti, i viceré tendono a circondarsi di una corte Fino agli inizi del Settecento questi come altri in- trascorreva diverso tempo prima che esso si potesse bre, il viceré Camarassa si premurò di farla rap- e di un personale di servizio sempre più numero- terventi sul palazzo sono pesantemente condizio- effettuare. Generalmente, a seconda degli interventi presentare a palazzo. si ed esigenti e a portare con sé i propri parenti. nati dalle modalità di avvicendamento dei viceré. ipotizzati, si chiedeva perizia giurata a capomastri La crescita fisiologica dell’edificio, dentro i binari Nel 1556 il viceregno Madrigal, uno dei più lun- Queste imponevano che il nuovo viceré entrasse muratori, falegnami o vetrai. La perizia andava in obbligati dell’affaccio sulla piazza e dello strapiom- ghi durante la Corona d’Aragona, si inaugura con in carica guidato dalle sole istruzioni regie, senza giunta patrimoniale, che di norma la accoglieva, in bo alle spalle, in direzione quindi della chiesa di la concessione allo stesso di un aiutante di cam- avere alcun contatto con quello uscente. Per ogni tutto o in parte, e decideva se affidare i lavori agli Santa Lucia, verso San Pancrazio, e riempiendo i po, che abbia «pratica e esperienza delle cose di viceré quindi il proprio incarico (quale che fosse stessi capomastri secondo la loro stima o aprire pochi spazi liberi ancora esistenti verso l’episco- guerra»; due anni dopo viene fornito di una guar- la durata: solo a partire da Filippo IV essa diventa una gara d’appalto, più spesso preferendo la prima pio, dipende da ragioni tecniche, prima che di im- dia del corpo, i dodici alabardieri, che dovevano quasi uniformemente quella canonica di tre anni) via, più breve e clientelare. magine. restare come una delle istituzioni tipiche del vice- era una esperienza a sé, che aveva inizio e fine Talvolta, però, proprio in caso di conclamata ur- Nel piano terra l’edificio ospita uffici, che durante regato sardo. con lui. Non dovrebbe meravigliare che ogni vice- genza, non si assumevano decisioni tempestive. il Quattrocento incrementano le proprie competen- Rientrano in tale logica le operazioni volte ad an- ré si comportasse nei confronti del palazzo in ba- Così in pieno viceregno Almonazir, trovandosi la ze e quindi anche il personale, quali la “procura- nettere spazi ed immobili, di cui si ha notizia, dal- se ai gusti e alle necessità proprie e della propria torre del palazzo in «pericolo di cadersene», provo- zione reale” (dal 1413) e il mastro razionale (dal l’acquisto ai primi del Cinquecento di una casetta, corte. Poiché tra la partenza di un viceré e l’arrivo cando movimenti in alcuni punti, che si erano do- 1480). A fine secolo vengono istituite distinte rice- nell’occasione liberandola di un censo, per desti- del successore spesso passava del tempo, in que- vuti puntellare, nel 1635 erano state effettuate due vitorie per la fiscalità demaniale ed entra in funzio- narla ad ampliamento delle scuderie (nel bilancio sto intervallo subentrava un viceré interino (privi- perizie e si era concluso salomonicamente che la ne una figura cardine per una autonoma legittima- del 1500 quella stessa cifra, 110 lire, risulta spesa legio, questo, che a lungo spettò ai governatori torre si buttasse giù o si riparasse. A seguito di zione dell’operato della burocrazia nel regno di per comprare non una ma alcune «cases … sites del capo di sotto): se era costui a disporre inter- piogge e di tempeste di vento, che dovevano aver Sardegna, il reggente la reale cancelleria. A cavallo en les spalles del palau real»), a quello più consi- venti, non era raro lo facesse per accattivarsi il aggravato la situazione, il viceré ingiunse ai mastri di metà Cinquecento la finanza regia si organizza stente, un secolo dopo, di altre tre casette, conti- prossimo ospite del palazzo. muratori che prendessero una decisione univoca. attorno al reggente la tesoreria generale e il reg- gue al palazzo, verso Santa Lucia, affinché il vice- Perlomeno dai tempi di Carlo V la monarchia cer- Avendo costoro (una commissione di ben 20 per- gente la real cancelleria viene affiancato dalla reale ré «con la sua famiglia e servitori possano stare e cò di scoraggiare tali comportamenti, ordinando sone) posto di nuovo il consiglio di fronte ad un udienza, che funge da tribunale supremo del regno abitare comodamente nel detto palazzo regio». che si procedesse solo a spese strettamente neces- dilemma: abbattere la «facciata» della torre o rinfor- e da consiglio regio per tutte le materie, eccetto A tal proposito appare abbastanza curioso che sarie e solo dopo essere stata consultata. In occa- zarla elevando una struttura di sostegno «dalla base quelle patrimoniali, demandate alla giunta del real qualche mese prima di avviare questa operazione, sione della visita già segnalata, il reggente Mir, della roccia», il viceré risolse di disfare la torre «fin patrimonio (composta da “procurazione”, razionale nel maggio 1605, poiché il viceré conte del Real benché nel decennio precedente non pare si fosse dove fosse necessario». 10 11 Tre anni dopo il principe di Melfi si trovò probabil- l’urgenza e il fatto che fino ad allora nessuno si per una cifra in fondo modesta, inferiore alle 40 li- viceregina, la stanza degli alabardieri, «dove era la mente di fronte al medesimo problema, dovendo era fatto avanti, Cervellon fece dare l’incarico al re. Però l’anno dopo si dovette intervenire più a tavola dei turchi», le scale interne, compresa quel- far «esaminare la parete, che sta dalla parte di Villa- Cannas al prezzo da lui stabilito, fors’anche per ta- fondo, sforando i preventivi, ben oltre i 400 scudi la che scendeva al quartiere dei cuochi e alla cuci- nova», «molto pericolosa e che minacciava molta ro- citarlo. Con l’occasione si ordinò un secondo sal- convenuti inizialmente, «perché, mentre si riparava na grande, la scuderia grande e quella piccola; vina». Benché, a seguito di tre perizie, gli esperti vadanaio d’argento per la sala civile della reale una parete, se ne scopriva un’altra molto fragile e quelli del secondo tipo sono rivolti al corridoio proponessero che «si abbatta interamente e si torni udienza. Tutto ciò accadeva tra febbraio e settem- a rischio di crollare». che nell’appartamento della viceregina immette a fare di nuovo», la giunta soprassedeva chiedendo bre del 1657. A febbraio dell’anno dopo, ad un Negli anni seguenti si assiste ad un fare e disfare nella cappella privata, a quello del salone grande, un’ulteriore perizia. mese dalla entrata in carica, Castelrodrigo, avendo continuo, come se il palazzo fosse divenuto una a quello della sala del consiglio criminale, che Cinque anni più tardi, in attesa dell’arrivo del vice- trovato il palazzo «molto maltrattato», si trasferiva sorta di tela di Penelope. Si deve rifare, «in modo guarda verso Villanova, alla dispensa, al ripostiglio ré Montalto, il mastro razionale, avendo egli stesso nel capo di sopra in attesa che si ponesse mano a che sia duraturo», il ponte che mette in contatto il per le guarnizioni delle carrozze, ancora alle scu- esaminato il palazzo e trovatolo in cattivo stato, riattarlo. Nonostante che, con molta probabilità, i palazzo col suo parco verso Villanova e rialzare derie, grande e piccola, e alle loro 19 mangiatoie, con gli infissi dissestati e le pareti scrostate, prima problemi del palazzo siano gli stessi di un anno alcuni muretti a secco nello stesso parco o corral; vecchie e sgangherate. di fare una proposta, chiese che ambo i consigli di prima, si dispone una nuova rivista e la mobilita- si deve aggiustare il tetto in una delle anticamere Continua comunque ad essere tessuta la tela di Pe- giustizia e patrimonio si rendessero conto de visu zione di muratori e carpentieri, perché «con ogni dell’appartamento viceregio e sbarazzarla di un’al- nelope dei lavori circostanziati: riguardano una della situazione o nominassero una loro commis- cura e in tutta fretta» si accomodi il palazzo, affin- cova; si deve intervenire con urgenza sulla stanza volta di più alcune scale interne, che minacciano sione. Non senza un velo di ironia essi invece gli ché viceré «e famiglia con tutta comodità possano più praticata dai viceré, «perché vi tengono le riu- di sfasciarsi, alcuni tramezzi, anch’essi cadenti, la rilanciano la palla, sia perché di sua competenza abitarvi». Si fosse o no venuti a capo di questi la- nioni e vi danno udienza». D’altronde lasciar crol- cappella, il saloncino degli alabardieri e altri punti sia per fiducia in lui. Intanto, gli stessi consigli, co- vori, ad agosto nel palazzo scoppiava un incen- lare il tetto avrebbe comportato un grave pericolo del palazzo, che non vengono dettagliati, con costi me segno di deferenza verso l’atteso viceré, deci- dio. Ancora una volta si metteva in moto il mecca- e una spesa, per rifarlo, di «molte migliaia di duca- che oscillano tra le 50, le 60 e le 100 lire. Richiese dono di guarnire il suo scrittoio di una copertura nismo con la richiesta di un preventivo di spesa, ti». Si debbono rialzare in pietra i muri maestri del- un maggior investimento, 45 scudi, rifare le pareti di damasco vermiglio con tanto di calamaio e pog- confidando che si procedesse «con tutta la diligen- le scuderie, con ulteriori interventi durante i lavori, del camminamento per la carrozza, che dal parco gia calamaio. In più, propongono lo stesso abbelli- za e cura possibile», di modo che «prima che giun- «come è successo altre volte», con una spesa che o corral di Villanova conduceva a palazzo; ancora mento, sempre in argento, per il tavolo grande del gano le piogge» il viceré «con la famiglia vi possa lievita a 150 scudi; si deve intervenire sulla «coper- di più, circa 180 lire, fare «di bel nuovo» il canale, consiglio, e che si allestisca una cappella, per sen- abitare con la decenza che occorre». tura della scala principale del patio del palazzo» e che portava l’acqua dal pozzo di San Pancrazio alle tir messa ogni giorno. A questo punto il mastro ra- Nel 1662, partito Castelrodrigo, sotto la reggenza di nuovo sulle strutture e sui gradini, «che sono di scuderie di palazzo, lungo la parete principale, che zionale fa presente che, anche nel suo ufficio, sia dell’arcivescovo Vico, quei lavori erano ancora da lavagna nera», delle scale interne. dà sulla «strada palazzo»; mentre, per mettere mano lo scrittoio che il tavolo grande necessitano di una fare e si riteneva che «sarebbe bene che, prima che Sempre alla fine degli anni Ottanta, pochi mesi al soffitto dell’anticamera, dove il viceré «dà udien- decente copertura; d’accordo sulla cappella ed an- il successore venisse a governare il regno, venisse- dopo aver assunto la carica, il duca di Monteleo- za», rifare due tramezzi e un’alcova nella stanza dei zi disposto a fornirla di alcuni paramenti, il tesorie- ro fatti». Questa volta pare con successo, dato che ne, probabilmente in vista dell’apertura del parla- figli del viceré e in quella delle dame di compa- re, a sua volta, chiede una copertura anche per il a luglio dello stesso anno si provvedeva alla forni- mento, che doveva aver luogo di lì a breve, deci- gnia, tra muratori e carpentieri si spesero sulle 165 suo tavolo di lavoro ed una campanella d’argento. tura del necessario «per la celebrazione della mes- deva di rinnovare il guardaroba degli alabardieri lire nel primo intervento e 200 negli altri. Non me- Quando i consigli hanno già deliberato su tutti sa nella cappella del regio consiglio» e l’archivista, per la bella cifra di 630 lire, per soddisfare la qua- no costoso (sulle 170 lire) risultò dover mettere questi preziosi e fondamentali interventi, il procu- Giovannangelo de Montes, che nel 1658, febbrici- le, ove scarseggiasse denaro in cassa, si impegna- mano ad un canale di scarico delle acque piovane, ratore reale prende la parola per chiedere si rinno- tante, aveva dovuto trasferire in fretta le carte a ca- va a concedere quanto prima «altrettante sacche di che scendeva tra l’appartamento delle dame e vi l’arredo del suo ufficio, con un tavolo di noce a sa propria, rientrava nel suo locale, ancorché sguar- grano», purché senza interessi di mora. Il nuovo quello dell’arcivescovo, all’angolo tra i due palazzi, due cassetti, un armadio per le carte riservate e nito di ogni arredo. vestiario delle «guardie che accompagnano il vice- le cui perdite procuravano «umidità e cattivo odo- quattro sedie, oltre qualche ritocco di muratura, ot- In seguito si parla di interventi più circostanziati. ré» prevedeva: un capotillo di panno felpato, di re» soprattutto dalla parte del presule. tenendo anche lui immediata soddisfazione. Alla metà degli anni Settanta si allestiscono corridoi qualità «né inferiore né superiore», foderato di lana Per trovare interventi di grande portata nel palazzo Stessi problemi di manutenzione del palazzo si per le due sale della reale udienza e per la giunta grezza gialla di Napoli e guarnito con un gallone regio, prima dei Savoia, bisogna imbattersi nel vi- pongono, dieci anni dopo, al governatore Cervel- patrimoniale, si ricava una stanza nuova con annes- di seta gialla, intrecciata di azzurro, celeste, bian- ceregno del conte di Atalaya, nel cuore del breve lon, insediatovisi nell’intermezzo tra Lemos e Ca- so gabinetto per la viceregina e si ripara il canale co e rosso (colorado), largo tre dita; una casacca dominio austriaco. Con evidente intento di dare lu- stelrodrigo, durato più di un anno. Da un anno un che porta l’acqua dal pozzo di San Pancrazio al pa- dello stesso panno, foderata di tela, con le mani- stro alla recente conquista dell’isola, dovuta per di capomastro, Nicola Cannas, si trovava a disposi- lazzo. All’inizio degli anni Ottanta si ristruttura la che foderate di giallo e guarnite con lo stesso gal- più agli alleati anglo-olandesi, il conte, poco «dopo zione in pianta stabile per interventi nel palazzo e sala del real patrimonio, per renderla un po’ più lone e con bottoni; due paia di pantaloni dello di essere entrato a governare», «con molta celerità», in altre opere regie. In tale veste si era incaricato ampia e confortevole; si costruisce un’alcova e un stesso panno, foderati di tela e con la stessa guar- quasi «con precipitazione», nell’estate del 1714, mi- di «accomodare il palazzo per il trasferimento» in camino nell’appartamento della viceregina e si de- nizione; un corpetto di Cadice, giallo raso (liso) se mano ad un restauro globale, a tutto campo, del esso del viceré interino, senza aver ricevuto fino stina a cappella privata una stanza, fornendola di con bottoni di seta gialla, anch’esso foderato di te- palazzo reale, con lavori di muratura per 285 lire ad allora soddisfazione per i lavori sostenuti, per i porta e finestra; si rinforza, con «travi veneziane», il la; due camicie di tela piemontese, due cravatte e circa, di ferramenta per poco meno (sulle 270 lire) quali aveva dovuto anche anticipare i materiali. pavimento della stanza da letto del viceré e del sa- un paio di scarpe di capretto; un paio di calze di e di carpenteria per ben 470 lire, senza parlare del- Con questi arretrati tuttavia pendenti, Cannas ven- lone grande; si porta la scuderia ad una capienza seta gialla e un copricapo (sombrero) con una fa- la ripulitura di tutte le vetrate, la sostituzione dei ne incaricato di stimare il costo di ulteriori lavori di sei cavalli. Anche in quegli anni un capomastro scia sempre di seta gialla. vetri rotti o che si ruppero durante i lavori di puli- nel palazzo, anche in considerazione dell’arrivo a muratore, Francesco Melis, fungeva da incaricato Nel 1690 si pianifica un ventaglio di rappezzature zia (solo questi furono un’ottantina) e il rifacimen- breve del nuovo viceré, oltre che nelle carceri e stabile «per la manutenzione del real palazzo». In che interessa quasi tutti gli interni del palazzo, to dei fanali grandi, posti agli angoli del palazzo. nella polveriera. quanto tale, nel settembre 1683, rendicontava una con lavori di muratura per 230 lire e di falegname- Quest’ultimo intervento, difficile da quantificare, fu A parte i suoi crediti arretrati, Cannas valutò per il serie di lavoretti extra, che gli erano stati commis- ria di poco superiori (circa 250 lire). Gli interventi oggetto di una velenosa polemica tra il vetraio, palazzo un costo globale di 1000 lire. Venne aper- sionati dal conte di Egmont, quali «chiudere la can- del primo tipo riguardano in particolare lo scalone Francesco Curreli, al quale era stato commissiona- ta una gara d’appalto, ma dopo 15 giorni (ne sa- na di un caminetto» o riparare un canale di scolo, e il patio dell’ingresso principale, le stanze delle to il lavoro e che, a suo dire, era stato costretto rebbero dovuti trascorrere altri 15), adducendo le cui acque scendevano nel salone grande: il tutto dame di compagnia con la loro cucina, quelle della con la forza (violentado) a farlo, perché il viceré 12 13 aveva fretta e lui si trovava con un credito «consi- circa lo stesso numero si ritrova un secolo dopo in tradizione si ispiravano da prima che i Borbone sa- l’antecessore. Ed alla sera, all’ora fissata, parte il derevole» non ancora soddisfatto e senza «mezzi un inventario, dato alle stampe da Giovanni Tod- lissero sul trono di Spagna. Rientra nell’intento viceré antecessore, recandosi al molo collo stesso per procurare i materiali necessari», e quello che de, nel quale il piano terra pare entri nella ricogni- complessivo di dare ai nuovi sudditi, soprattutto al- accompagnamento». aveva revisionato i lampioni «al tempo del conte di zione limitatamente alle stanze d’uso del personale la loro classe dirigente, una impressione di conti- Si stabiliva perciò una sorta di continuità tra un vi- Erill», Antonio Mara, chiamato a stimare la bontà di servizio. nuità, di passaggio non traumatico, anche la re- ceregno e l’altro. Il che comportava implicitamen- dell’operato di Curreli. Il viceré Atalaya, al contrario di quanto era succes- staurazione del corpo degli alabardieri – i quali, te che la residenza di un viceré non fosse più sen- Un anno dopo, con altre 163 lire di spesa tra car- so spesso con i viceré spagnoli, in questi minuzio- aumentati a trenta ad inizio di secolo, erano stati tita come una parentesi quasi del tutto personale, penteria e muratura, vennero rifatti i tetti e i canali si lavori di restauro del palazzo regio non perse- subito dopo aboliti dagli austriaci –, cambiando lo- che lo spingeva ad un uso del palazzo strettamen- di gronda del palazzo, i primi con le tegole in gran guiva fini personali, mirava piuttosto a raccogliere ro casacca (da gialla a rossa), lasciando intatta la te funzionale alle esigenze, al modo di vita, alle parte rotte, i secondi intasati dalle erbacce. Nel consenso nei confronti del proprio sovrano, cer- loro funzione attrattiva verso la nobiltà isolana, do- abitudini proprie e del proprio seguito. predisporre questo insieme di interventi venne fat- cando di riportare l’edificio al centro della vita po- po che il San Remy, per ordine del re, si era infor- Anche se fino al Settecento inoltrato gli interventi to un censimento degli ambienti, che costituivano litica locale. Questo intento venne ulteriormente mato su come si reclutavano. sul palazzo continuarono in sostanza ad essere il palazzo, i quali risultano essere, seguendo l’ordi- marcato nell’estate dell’anno seguente, in occasio- Come già accennato, il mutamento dello spirito condizionati dal logorio e deterioramento dell’im- ne e la dizione del documento: ne della nascita dell’arciduca d’Austria e principe istituzionale, in particolare per quanto concerne mobile, che alcuni viceré lamentarono essere noci- l’appartamento del viceré, di quattro stanze; delle Asturie. L’avvenimento diede esca a due me- l’utilizzo del palazzo, andò di pari passo con il vo alla loro salute, non erano né essi né il loro la stanza dell’oratorio; si di festeggiamenti, che coinvolsero tutti i quartie- cambiamento del sistema di avvicendamento dei personale di servizio a determinarli, tantomeno in il salone col suo balcone; ri di Cagliari, ma ebbero il loro epicentro nel pa- viceré, i suoi principali inquilini. Prima il viceré base a motivazioni loro proprie. Sin dal primo im- le due stanze della segreteria con il loro balcone; lazzo e nella sua piazza. entrante ignorava quello uscente e, anche se que- patto dei nuovi regnanti con l’isola, a farsi carico il gabinetto; Dopo tre giorni di luminarie, la sera del quarto, fi- sto si trovava ancora a Cagliari, non aveva alcun della manutenzione del palazzo come di tutte le la stanza del juego de turcos (degli scacchi, forse nite le cerimonie religiose nel duomo, in piazza contatto con lui. Una volta cessato dalla carica, il strutture pubbliche, civili, religiose e militari, è un più propriamente de trucos, d’azzardo) alla spa- Palazzo furono poste due fontane, «da una delle viceré si spogliava di ogni autorità. Il che almeno tecnico con una sua squadra. Negli anni Venti del gnola; quali scaturiva vino nero e dall’altra vino bianco». in una occasione provocò una situazione sconcer- Settecento risponde al nome del De Vincenti, un la stanza del juego de turcos alla francese; Nei giorni seguenti, con intervalli di riposo per fe- tante. Nel febbraio 1690, decaduto dall’«esercizio ingegnere militare, che aveva lasciato la Sicilia al la stanza da dove si entra nella dispensa; stività religiose, si susseguirono spettacoli masche- di viceré», il duca di Monteleone non ebbe modo di seguito dei Savoia per assumere in Sardegna il la stanza della guardia degli alabardieri, accanto al rati, ognuno a cura di uno dei gremi cittadini, con lasciare subito l’isola. Per evitargli gli “inconve- compito innanzitutto di revisionare e rafforzare le pianerottolo della scala; balli o giochi di abilità, a cavallo o a piedi. Partico- nienti”, non solo protocollari, che gli potevano fortificazioni, quelle di Cagliari in particolare. A se- le stanze dove mangiano i gentiluomini; lare successo riscosse quello organizzato dai mari- derivare da tale situazione, il sovrano, nel volgere guito di questi primi interventi, con la costruzione le quattro stanze dove vive il tenente Mariscal, con nai, che fecero sfilare due galere, «magnificamente di pochi giorni, dovette reinvestirlo del «carattere di di un bastione, che sostiene e ingloba un bastione i loro balconi; imitate», una «di soldati cristiani e l’altra di turchi» viceré» fino a che non prendesse il largo. Secondo più piccolo, fatto erigere nel 1636 dal governatore la stanza della guardia del suddetto; dal porto a piazza Palazzo. Qui, al culmine dello la burocrazia piemontese «l’antica formalità, la qua- Aragall, a ridosso del palazzo, quest’ultimo si dota la stanza del comprador; spettacolo, le due galere si scontrarono fino alla le prescriveva che i due viceré, antecessore e suc- di un giardino di più immediato e facile accesso le stanze di don Agostino Sala, accanto alla cucina «resa e incendio della galera turca». cessore, non si parlassero», mirava a far sì che, che non il lontano parco di Villanova. Nella de- vecchia; Come faceva notare Pillito, tutto questo dispendio «qualora dall’antecessore si fossero commessi abu- scrizione del Della Marmora (nella versione dello il corridoio del consiglio; di energie e di denaro avveniva con le pubbliche si, vi potesse il successore porvi rimedio e non Spano), al giardino «si discende per una serie di le due stanze della dispensa e i loro balconi; finanze, accentrate nella cassa militare, pressoché continuare coll’intelligenza del precedente». molti scalini e comunica pure alla strada che con- la stanza del confettiere; esauste, con «una piccola somma, sufficiente ap- In epoca sabauda invece il viceré uscente passava duce al giardino pubblico, di modo che si può la scala che sale alle stanze di sopra con due fine- pena per le paghe di tre giorni» delle truppe e con le consegne a quello subentrante, aspettandolo e in- uscire fuori dal palazzo e dal castello senza passa- stre; gli ufficiali senza soldo da mesi. trattenendosi con lui in palazzo, ragguagliandolo re nella gran porta, che dà nella piazza». Il «piccolo due stanze dove vive la lavandaia del viceré; A modo suo l’uso del palazzo da parte del conte di sugli aspetti della vita politica e sociale isolana che e grande bastione del palazzo» furono ulteriormen- una stanza sotto il tetto; Atalaya prelude a quello che sarà proprio dei viceré riteneva importanti, ovvero, secondo le istruzioni te rinforzati nel 1736: «non essendosi ritrovato il due stanze di fronte alla lavandaia; sabaudi, in tutt’altro contesto istituzionale e con un del sovrano, «con aggiungervi quei lumi e notizie bastione del palazzo» «in quello stato che richiede- quattro stanze dove vivono i paggi, con i loro cor- diverso spirito politico. Con i Savoia cambiano le locali, che possono essergli giovevoli nel disimpe- va la sua situazione, – recita la relazione tecnica – ridoi; modalità d’impiego del palazzo da parte dei viceré, gno delle sue incombenze». Come recita il cerimo- si è questo reso a tutta perfezione, rivestendo[ne] una stanza dove stanno i vestiti dei lacchè; innanzitutto e fondamentalmente perché cambiano niale al riguardo, l’uno accompagna l’altro in carroz- di muraglia il fianco … con la formazione del ram- la stanza del parrucchiere; le modalità del loro avvicendamento. Muta ovvia- za a palazzo, sulla cui soglia lo attende il reggente paro, parapetto e banchetta, di modo che presen- la stanza del segretario; mente lo spirito delle istituzioni, non la pratica cor- la real cancelleria con i magistrati della reale udien- temente vien in stato da farsi rispettare». Negli an- la stanza del cappellano maggiore; rente, poiché il palazzo continua ad essere utilizza- za; lo introduce nella «camera del corteggio, dove vi ni 1740 è l’ingegnere Della Vallea che cura questi la stanza del cavallerizzo maggiore; to con gli stessi criteri di prima, riservando il piano è l’unione dei nobili, che accudirono per corteggiar- interventi. Essi per il palazzo hanno prevalente- la stanza dell’aiutante di camera; terra agli uffici, ai loro archivi e all’archivio genera- lo e, fatti dall’antecessore e nuovo viceré alcuni mente il carattere di più o meno «piccole ripara- la stanza di un altro cavallerizzo; le. Mutamenti nella macchina burocratica erano av- complimenti alla nobiltà, licenzia tutti». zioni», che interessano i tetti, il «canale, che riceve la stanza del guardaroba e gabinetto; venuti ad inizio di secolo col cambio di dinastia in «La notte il nuovo viceré e sua famiglia viene trat- le acque pluviali, che dal coperto del reggio palaz- le stanze della cucina; Spagna. Mantenutisi nel breve interregno austriaco, tato a spese dell’antecessore e l’indomani mattina zo colano nella corte», la sostituzione di vetri alle la stanza delle guarnizioni; nel loro aspetto più rilevante si unificano le cariche lo stesso precedente viceré tratta il nuovo a tavola finestre, i «battifianchi» per la separazione dei ca- la stanza della dispensa; di procuratore reale e di mastro razionale in quella di stato». «E questo trattamento a spese dell’ante- valli nella scuderia: quello più cospicuo (per una le stanze del maggiordomo con i soffitti a volta. di intendente generale, che presiede quindi il tri- cessore segue per tutto il secondo giorno». «Il ter- spesa di 60 lire, contro una media degli altri inter- Sono più di quaranta stanze, che, se tengono con- bunale del real patrimonio. Questa trasformazione, zo giorno poi principia il nuovo viceré a trattare a venti di 25 lire circa) interessò «la cucina ed altre to del piano terra, non considerano certamente gli esemplata sul modello amministrativo francese, sue spese il viceré antecessore, dando in quel stanze … a causa dell’incendio seguito il giorno 24 ambienti che ospitavano gli uffici pubblici. All’in- non tornava sgradita ai piemontesi, che a quella giorno tavola di stato, come nel primo giorno fece dello scorso aprile». 14 15 Lo stesso Della Vallea intorno al 1735 era, com’è Siotto Pintor – era il cirimoniale». E in relazione ad Sulis in un colorito italiese –, si sarebbe trovata di fronte al palazzo, in casa Sedilo, comprata nel noto, intervenuto in modo organico nella ristruttu- esso «un reggente la regia segreteria di stato non quindi a passare la prima notte nel palazzo, senza 1798 ad uso della intendenza generale, che in effetti razione del piano nobile del palazzo, anche al fine pareggia in dignità un giudice della reale udien- nemmeno uno di questi “ricchi” apparati per copri- vi avrebbe preso dimora in seguito. di stabilire una continuità armonica con il monu- za»; tantomeno può raffrontarsi con il reggente la re le proprie membra, se Sulis non le avesse pro- Un altro, robusto fronte di spesa fu aperto, facen- mentale scalone d’onore, all’ingresso principale, a real cancelleria, che «nei pranzi solenni dei viceré, curato «i letti e altro». Ove non bastasse, quella not- do imbandire quotidianamente «la tavola di stato» a cui aveva messo mano negli anni 1729-30 il De o, come dicevano, nei pranzi di stato», «siede alla te fu sul punto di finire male per il palazzo e i suoi palazzo: «in questa interveniva il reggente la reale Guibert con la collaborazione iniziale del De Vin- destra del viceré». E il cerimoniale continuava in ospiti, «a causa di un gran fuoco acceso nel cami- segreteria cogli scudieri ed altri impiegati in corte»; centi. Comunque gli interventi sul palazzo acqui- buona misura a seguire le orme del passato. Nel no con un fumo così denso che quasi» non ci si «il confessore del re aveva anch’egli la sua fami- stano un più ampio respiro nel corso della secon- 1730, ad esempio, nelle «manifestazioni» per la pro- vedeva e che rischiò di provocare «un pericoloso glia e il suo appartamento nell’istesso palazzo»; al da metà del Settecento, col crescere dell’attenzione clamazione di Carlo Emanuele III, a seguito della incendio». «Una luminaria generale» per le vie della medico del re, «il quale non poté avere alloggio in di Torino nei confronti dell’isola e con un certo rinuncia di Vittorio Amedeo II, venne rispolverata città e «una cantata in musica» in piazza Palazzo, palazzo, attesa la strettezza di esso e la di lui nu- spirito di riforma che, con moderazione e cautela, l’etichetta adottata il 5 febbraio 1700 «per l’accla- con i sovrani che si misero «per un poco nella fe- merosa famiglia, si mandava ogni giorno dalla cu- permea anche la sua amministrazione. mazione di Filippo V», non essendosi sul momento nestra» a degnarla del loro ascolto, smussarono gli cina del re un lauto ed abbondante pranzo». «Era In questo ambito, permanendo la reale udienza scovato altro negli archivi. spigoli di quel primo contatto. Sempre per rispetta- tanto il dilapidamento dei comestibili», «nella cuci- nella funzione di consiglio regio oltre a quella di Il complesso di interventi, che interessano il palaz- re l’etichetta, tanto più d’obbligo in circostanze co- na del re, che dalla medesima molti si provvede- suprema corte d’appello e conservando il reggente zo, alla fine degli anni Sessanta del Settecento si me questa, la città fu «illuminata per la maggior vano a prezzo discreto», cioè ricomprando viveri la real cancelleria intatta la preminenza protocolla- focalizzano sulla ricomposizione e allineamento ar- parte a giorno» per «tre consecutive sere». Né più, sottocosto. re nelle pubbliche cerimonie, conferitagli in epoca monico sia della facciata sulla piazza che di quella né meno di quanto era stato fatto settant’anni pri- Questo ed altro ancora lamentava Giovanni Lava- spagnola, assume un ruolo chiave nelle pratiche di sul vuoto, che si attribuiscono al Belgrano, quasi ma per la nascita del duca d’Aosta. gna avvenisse durante quel primo breve soggior- governo, sull’esempio di Torino, il reggente la se- un preludio, inconscio, alla grande svolta di fine Senza tener conto del fatto che la nobiltà si premu- no dei reali, «stante l’accennata strettezza delle re- greteria di stato e guerra. Questi a palazzo affian- secolo nel suo impiego, che, per dirla con l’alghe- rò di fornire le suppellettili per la corte di palazzo e gie finanze e lo stato di povertà, in cui trovavasi il ca, senza soppiantarlo, il reggente la real cancelle- rese Giovanni Lavagna, ne legittima la denomina- che il regno elargì un contributo per il manteni- regno», causa la scarsità dei raccolti e «la langui- ria, «consultore nato» del viceré, in tale incombenza. zione di “regio”. mento sia della casa reale sia di quelle dei principi: dezza del commercio», dipendente dallo stato di In una descrizione della Sardegna del 1759 si affer- Dal 1799 per un breve periodo, quindi, dopo un «assegnamenti questi, se non lauti, certo non me- belligeranza. A settembre essi ripartivano speran- ma che la segreteria di stato, «da cui escono tutti lungo intervallo, per un decennio circa, il palazzo schini, avuto riguardo alla calamità dei tempi ed alle do in un prossimo rientro a Torino. Il soggiorno gli ordini e determinazioni, riguardanti il governo», diventa una reggia a pieno titolo, ospitando la fami- condizioni della Sardegna»; i disagi in specie per le cagliaritano, se fu alquanto gravoso per il regno, ha residenza «nel palazzo medesimo», precisando glia reale, in fuga da Torino dinanzi alla travolgente istituzioni e per la capitale andarono rapidamente e la città, il Castello e il real palazzo, dovette esserlo che «ogni mattina il segretaro rende conto al viceré avanzata degli eserciti rivoluzionari, anch’essi condi- manifestamente aggravandosi. Il palazzo, pur limi- a suo modo anche per la famiglia reale: «il genero- di tutti questi memoriali (suppliche di comunità e di zionati dagli alterni successi di Napoleone. Dei due tandosi ad ospitare solo i reali e i loro collaboratori so modo con cui i sardi si erano comportati verso privati) e questi ordina su di essi quello che giudi- soggiorni, il secondo fu il più lungo che augusti e famigli, si rivelò essere alquanto ristretto: le stan- i reali» non era stato «bastante a rendere ad essi ca, perché si decretino». lombi vi abbiano mai effettuato, eccezion fatta per ze, tra pianterreno, piano nobile e sotto tetto, non tutti gradevole il soggiorno» in specie nel palazzo, Questo dettaglio non era del tutto esatto. Qualche quello, quattro secoli prima, di Maria di Sicilia, e per erano poche, ma in larghissima parte anguste. alla cui esteriore dignità e compostezza facevano anno prima, il funzionamento di questo organismo giunta pochi anni dopo che un palpitante, ma non Perciò doveva accadere, non senza pubblico ram- da contraltare le angustie dei labirintici spazi inter- era stato meglio regolamentato e irrobustito nell’ap- durevole, empito insurrezionale aveva «scommiata- marico, che il «magistrato della reale udienza, il ni. Invece di Torino, nonostante l’invito pressante parato, affiancando al segretario o direttore tre sot- to» i piemontesi dalla Sardegna, restando nel palaz- quale soleva radunarsi, fin dalla prima sua istituzio- di una delegazione sarda a rientrare in Sardegna, tosegretari, «due piemontesi e uno regnicolo». Co- zo a rappresentare la monarchia, mai «scommiatata», ne, nelle sue sale esistenti nel palazzo, fosse» «slog- li aspettava un penoso vagabondare per la peniso- me si ricordava in un promemoria al viceré del i togati sardi della reale udienza, cui ben presto To- giato da quelle, senza prima assegnargli e preparar- la, che si interrompeva nel 1802 a Roma con l’ab- 1774, questo regolamento, del 1755, ribadiva l’«ob- rino affiancava un nuovo viceré. gli un altro comodo e decente palazzo, onde fu dicazione di Carlo Emanuele IV a favore del fratel- bligo del segretaro di portarsi giornalmente», «verso A parte l’onore e il prestigio, il primo soggiorno ridotto a tenere le sue sessioni in case private e nel- lo Vittorio Emanuele I. le ore 11 di Francia», dal viceré «per fargli relazione» dei Savoia a Cagliari rappresentò un impatto per la la fabbrica delle antiche scuole degli ex gesuiti del Durante questo tempo, fino al 1806 quando, do- nel modo illustrato dalla suddetta descrizione, non città tutt’altro che di lieve portata, benché il loro collegio Santa Croce furono tosto trasportati li pro- vendo scegliere tra Malta e la Sardegna, «per non da solo però, bensì trovandosi «ivi», «presente il reg- arrivo, sotto scorta inglese, non fosse inaspettato; cessi, registri e dippiù carte», «e tutte collocate» «in alienarsi lo spirito dei sardi, che sarebbero senza gente la real cancelleria, come consultore del vice- una delegazione era andata a Livorno a pregarli di un salone umido, alla rinfusa e senza la menoma dubbio scioccati (choqués)», il nuovo monarca si ré, per dar il suo sentimento». Sempre nel 1774, on- gradire l’ospitalità isolana. Quel primo impatto fu considerazione dei danni» all’interesse dei sudditi. decise a rimettere piede nell’isola, qui il governo, de far «risparmiare» «al signor reggente il tempo che particolarmente pesante per Castello, che di colpo «Si diede premurosamente tutta l’opera a riattare il in funzione viceregia, era passato a Carlo Felice. gli è prezioso», si suggeriva che si affrontassero so- si trovò a dover dare adeguato alloggio, oltre a viceregio palazzo, senza risparmio di spese. Era ben L’installazione di costui a palazzo, assieme al ca- lo gli affari di maggior peso «e che meritano atten- quella reale, a cinque corti principesche. Due prin- giusto», «ma non fu tanto la spesa che si fece per gli gionevole fratello minore, fu fuor di dubbio meno zione per l’ora (di regola dalle 11 alle 12) che il si- cipi scelsero, bontà loro, di convivere in arcivesco- appartamenti» dei reali e della principessina, «quanto ingombrante, benché una presenza principesca gnor reggente assiste alla relazione» del segretario; vado; per gli altri furono messe a disposizione le per aggiustare ed abbellire quelle» del segretario di potesse pur sempre ingenerare qualche problema, altrimenti non sarebbero bastate tre ore. La contra- dimore, con i loro arredi, del marchese di Pasqua, stato, del confessore, «degli scudieri e dame d’onore magari piccolo, per la città, come fu nel febbraio rietà del reggente per quel gentile pensiero fa pen- del barone di Sorso e del marchese di Laconi. Il vi- e della bassa famiglia, cioè del tappezziere, confet- 1802. A quella data, notava Lavagna, «stante la tota- sare che si opponesse ad un modo elegante di li- ceré si era ritirato in casa dei Villamarina dinanzi al tiere, capo cuoco ed altri di inferiore classe», i quali le mancanza di legna e carbone», i carichi di legna- mitarne la funzione consultiva, pienamente ribadita palazzo reale, «dopo aver lasciato esso palazzo, abusavano «del nome e del volere» del re, facendo me, che giungevano via mare, venivano requisiti in tre anni più tardi, facendo piuttosto divieto «al ge- svaligiato, con pochissimi mobili pel re e regina, lievitare enormemente la spesa, senza passare per gran parte per «darne al palazzo», «onde poco ne nerale delle armi di esser presente alla relazione senza legna e carbone». l’intendenza generale «e contro ogni buona regola rimase pel popolo». Andava un po’ meglio per la giornaliera al viceré da parte del segretario di stato La famiglia reale, accolta festosamente, «da una di finanze». Venne comprata e riattata la casa Ma- nobiltà, sgravata da tante auguste presenze ed an- e del reggente la real cancelleria». parte e dall’altra della strada bandite le gallerie con sons per traslocarvi l’ospite del barone di Sorso; zi intrattenuta nell’occorrenza del carnevale con «il Ma «gran pensiero del tempo – ha scritto Giovanni damaschi e coperte più ricche» – ricorda Vincenzo quello del marchese Pasqua aspettava di trasferirsi solito ballo in corte», che poteva durare fino alle 16 17

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