DISCI DIPARTIMENTO storia culture civiltà Medievistica Collana DiSCi Il Dipartimento di Storia Culture Civiltà, attivo dal mese di ottobre 2012, si è costi- tuito con l’aggregazione dei Dipartimenti di Archeologia, Storia Antica, Paleogra- fia e Medievistica, Discipline Storiche Antropologiche e Geografiche e di parte del Dipartimento di Studi Linguistici e Orientali. In considerazione delle sue dimensioni e della sua complessità culturale il Di- partimento si è articolato in Sezioni allo scopo di comunicare con maggiore com- pletezza ed efficacia le molte attività di ricerca e di didattica che si svolgono al suo interno. Le Sezioni sono: 1) Archeologia; 2) Geografia; 3) Medievistica; 4) Scienze del Moderno. Storia, Istituzioni, Pensiero politico; 5) Storia antica; 6) Studi antro- pologici, orientali, storico-religiosi. Il Dipartimento ha inoltre deciso di procedere ad una riorganizzazione unitaria di tutta la sua editoria scientifica attraverso l’istituzione, oltre che di una Rivista di Dipartimento, anche di una Collana di Dipartimento per opere monografiche e volumi miscellanei, intesa come Collana unitaria nella numerazione e nella linea grafica, ma con la possibilità di una distinzione interna che attraverso il colore con- senta di identificare con immediatezza le Sezioni. Nella nuova Collana del Dipartimento troveranno posto i lavori dei colleghi, ma anche e soprattutto i lavori dei più giovani che si spera possano vedere in questo strumento una concreta occasione di crescita e di maturazione scientifica. Francesca Pucci Donati Il mercato del pane Politiche alimentari e consumi cerealicoli a Bologna fra Due e Trecento Bononia University Press Bononia University Press Via Ugo Foscolo 7 40123 Bologna tel. (+39) 051 232882 fax (+39) 051 221019 © 2014 Bononia University Press ISSN 2385-0973 ISBN 978-88-7395-986-1 ISBN online 978-88-6923-507-8 www.buponline.com [email protected] I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. In copertina: ASBo, registro dell’Officium bladi datato 1414 in corso di riordino. Progetto grafico: Irene Sartini Impaginazione: DoppioClickArt – San Lazzaro (BO) Stampa: Global Print – Gorgonzola (MI) Prima edizione: dicembre 2014 Sommario Prefazione. Alla ricerca del sistema VII Massimo Montanari Introduzione 1 1. Lo studio delle politiche alimentari nella storiografia europea 1 2. Approccio metodologico e fonti 9 3. Temi e contenuti 15 I. Il mercato 17 1. Oltre il mito. Bologna “grassa” nel Duecento 17 2. Il mercato a Bologna dall’Antichità al Medioevo 27 II. L’approvvigionamento cerealicolo 43 1. Bononia Felix. Una politica annonaria in fieri 43 2. Il ciclo del grano nella normativa di metà Duecento 58 3. Gli ordinamenta facta per dominos bladi 73 4. Quadro politico-istituzionale. Le liste dei domini bladi 87 5. Le magistrature annonarie negli statuti del 1288 101 6. La crisi di fine Duecento 115 III. I fornai 129 1. I mestieri del pane fra Antichità e Medioevo 129 2. I fornai nella documentazione due-trecentesca bolognese 139 3. Circuito del grano e fornai 163 4. I mestieri del pane. Ruoli e competenze 165 5. Capitale e beni immobili negli estimi dei fornai 169 6. Prestiti, pegni, debiti. I fornai nel sistema creditizio 184 IV. Il pane 191 1. Qualità, colori, forme del pane 191 2. Torte, pani salati e dolci. Qualche specialità medievale 196 3. Grano «pianta di civiltà». Qualche riflessione a margine 200 Bibliografia 205 Indice dei nomi di persona 241 Prefazione Alla ricerca del sistema L’approvvigionamento alimentare in ambito cittadino è un tema classico della sto- riografia. Oggi però trascurato: non più di moda, si direbbe. Forse perché ci si è resi conto, in maniera sempre più chiara e consapevole, della complessità estrema del tema, per il sovrapporsi di prospettive economiche, politiche, sociali, culturali diffi- cili da decifrare nei loro intricatissimi rapporti di interconnessione. Ecco dunque la necessità di guardare oltre i confini del mercato urbano, nella campagna che produ- ce e nei meccanismi con cui è controllata. La necessità di considerare, oltre le cifre del mercato, le componenti etiche e morali (o immorali) dei meccanismi economici. La necessità di compulsare le fonti d’archivio ma anche, in parallelo, le narrative e le letterarie, che ci conducono alla dimensione mentale delle vicende quotidiane, a una valutazione qualitativa e non solo quantitativa. Alla ricerca non del singolo dato, ma del sistema (nella misura in cui esiste) che dà senso ai molti elementi che concorrono a costituirlo. Per una città come Bologna, tutto ciò assume una pregnanza anche maggiore. Perché Bologna non solo è alle prese, come ogni città medievale italiana, con il pro- blema economico e sociale, politico e morale di garantire cibo sufficiente alla sua popolazione. Essa ha anche da governare un’immagine – fondata su sostanziosi dati materiali – creatasi proprio nei secoli centrali del Medioevo: quella della città “gras- sa” che assicura cibo e benessere, oltre che ai suoi cittadini, alla numerosa folla di intellettuali che affollano il suo Studio, studenti e professori. Su questa immagine, e su questa realtà, si costruiscono le fortune e le sfortune di Bologna e della sua classe dirigente, nel Medioevo e oltre. Ecco perché una ricerca come quella di Francesca Pucci Donati, risultato di un tenace lavoro su fonti edite e inedite, svolto principalmente (anche se non esclusiva- mente) nel ricchissimo Archivio di Stato di Bologna, non è una ricerca qualsiasi, su VIII Prefazione un aspetto della vita cittadina. Essa punta al cuore di questa storia, ricostruendone alcuni tratti essenziali. Certo, il mercato del grano non è tutto, né i fornai sono l’u- nico “mestiere del cibo” in questa come in altre città. Ma ciò a cui mira questa ricerca è ricostruire, almeno in alcuni punti visibili, il sistema e le sue intime correlazioni, tra città e campagna, produzione e mercato, trasformazione e consumo dei prodotti alimentari. Il cibo è un nodo centrale della storia, forse il più sensibile, l’oggetto attorno a cui, alla fin fine, tutto in qualche modo ruota. In queste pagine se ne troverà un bell’esempio. Massimo Montanari INTRODUZIONE 1. Lo studio delle politiche alimentari nella storiografia europea «Quod in civitate Bononie pro civibus et comitatinis magna bladi copia habeat, eciam provideri ne comune Bononie subito possit propter bladi caristia in promp- tum precipitare periculum, et obviare illorum maliciis qui continue pro eorum posse conantur opere manu facto in civitate Bononie inducere caristia…»1. Così recita il provvedimento assunto dal consiglio del popolo il 14 luglio 1292, uno fra i tanti di quel tenore emanati negli ultimi decenni del Duecento a Bologna. Espressioni quali «magna bladi copia» e «bladi caristia», menzionate nel docu- mento bolognese sopracitato, si riscontrano spesso nelle disposizioni di legge delle città italiane centro-settentrionali e d’oltralpe medievali. Esse presupponevano la percezione della crisi da parte dei governanti e dei legislatori, nonché la consapevo- lezza delle cause che ne erano alla base. Nel Duecento a Bologna, come altrove in Italia e in Europa, i gruppi dirigenti cercavano di ovviare ai periodi di difficoltà e alle malversazioni che spesso si verificavano in quelle circostanze, adottando misure volte a controllare il mercato dei cereali, del pane e del sale, a gestirne i rifornimenti, il deposito, le scorte. L’approvvigionamento alimentare, infatti, si configurava quale fenomeno eminentemente politico nelle società europee preindustriali. Erano i go- vernanti a dover assicurare la disponibilità dei beni di consumo primari ai cittadini e ai sudditi che, dal canto loro, lo ritenevano un fatto dovuto, oltre che necessario. Pro- prio sulla capacità di “nutrire la città” si giocava la credibilità di coloro che erano al 1 ASBo, Comune Governo, Riformagioni e Provvigioni, Riformagioni del Consiglio del Popolo e della Massa, n. 135, 1292, c. 197v. 2 Francesca Pucci Donati potere, il cui obbligo primario era, per l’appunto, quello di provvedere ai rifornimen- ti necessari a soddisfare il fabbisogno quotidiano della popolazione2. Le sommosse e il malcontento per l’elevato prezzo del pane, o la scarsità di cereali sul mercato, erano problemi all’ordine del giorno nei centri urbani dell’Europa preindustriale. Non sempre il termine «caristia» e la crisi che ne conseguiva presupponevano mancanza o insufficienza di frumento. Anzi, quando nei provvedimenti legislativi si utilizzava il vocabolo «caristia» spesso non si trattava di raccolti andati a male a causa delle intemperie, anche se le cronache cittadine attestano, per i secoli medie- vali, innumerevoli disastri provocati dal clima avverso. Naturalmente, era frequente la possibilità che in determinati periodi (una congiuntura economica difficile, una guerra, mesi di siccità) non vi fosse produzione di grano o fosse molto esigua; in tal caso, si trattava di vera e propria fame (fames). Nondimeno, nella maggior parte delle situazioni in cui si verificavano congiunture difficili, i raccolti potevano aver dato i loro frutti e il frumento essere stato immagazzinato. Con il termine «caristia», infatti, i governanti e i legislatori non intendevano una totale mancanza o scarsità di viveri, quanto piuttosto il rincaro dei prezzi dei beni di prima necessità. A lungo si è dibattuto su questo tema. Recenti convegni, studi e contributi – in ambito europeo e italiano – incentrati principalmente sull’analisi delle carestie nella congiuntura del Trecento in Europa e nel Mediterraneo occidentale, hanno contribuito a mettere in luce una nuova interpretazione dell’idea di carestia, che chiarisce alcuni meccanismi economici soggiacenti alle politiche annonarie di città e stati europei di età preindu- striale3. Secondo questa interpretazione, illustrata, fra gli altri, da François Menant4 e Luciano Palermo5, il termine latino caristia deriverebbe non tanto dal verbo carere, che significa assenza di qualcosa, quanto piuttosto dall’aggettivo carus, ovvero rin- caro dei prezzi6. Il vocabolo fames, invece, designava la vera e propria mancanza di viveri, che poteva essere conseguente a un insieme di fattori estremamente negativi protrattisi nel tempo, fino a giungere a situazioni estreme di penuria di cibo e a elevati picchi di mortalità. Fra le cause della fame vi erano sovente consistenti raccolti an- dati a male, gravi fenomeni climatici che provocavano la distruzione degli arativi, dei prativi, dei boschivi (tempeste, inondazioni, siccità). In queste congiunture eccezio- nali l’alta percentuale di mortalità era ulteriormente accentuata dalla denutrizione e dalla scarsa igiene che ingenerava malattie e, non di rado, epidemie7. Diversamente dalla fames, la carestia riguardava il quotidiano, era breve e ricorrente; poteva non dipendere da una scarsa produzione di grano. Spesso, erano altri fattori a scatenarla; per esempio, la diffusione di false informazioni sui mercati urbani circa un cattivo 2 Kaplan 1984, pp. 23-24. 3 Bourin, Drendel, Menant 2011; Benito I Monclús 2013. 4 Menant 2007. Vedi inoltre Bourin, Drendel, Menant 2011. 5 Palermo 1984; Palermo 1997, pp. 234-244; Palermo 2012; Palermo 2013. 6 Pinto 1978. Vedi inoltre Faugeron 2009a, pp. 181-182; Faugeron 2014, pp. 185-188. 7 Palermo 1984, p. 355.