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Il maestro e il pandemonio. Tre studi su Vico e il pensiero francese PDF

120 Pages·2021·15.153 MB·Italian
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Andn-a Boccht.'tti J 111u.: • ~l·ll1 ..1 11d1.:n1uni11 1 t>Uudau,\ ,tc-llpt=o.k,vl: 1t.1 Indice Introduzione 9 VICO E MICHELET 35 Il. VICO E SOREL 69 III. VICO E ROLAND BARTHES 107 A Francesca Laino Introduzione 1. Disegnare una cartografia esaustiva e completa della presenza di Vico nel pensiero francese è un'operazione che richiederebbe un lavoro di ampiezza colossale. Le stratificazioni, le influenze esplicite e implicite, gli andamenti compositi di recupero e di impiego, con le loro intensità altalenanti, a cui l'opera del filosofo napoletano è stata sottoposta, of frono un quadro la cui ricostruzione appare estremamente complicata1 • La fortuna dell'opera di Vico è stata, infatti, modulata da una rice zione porosa: U suo pensiero è cioè penetrato con lentezza nel tessuto filosofico europeo e spesso mescolandosi, direttamente o indirettamente, con l'elemento che si trovava ad attraversare. Ecco perché, quando ci si trova di fronte a pensatori che accolgono concetti, pensieri, stralci, frammenti, dell'opera di Vico, si assiste spesso a fenomeni di rifrazione; 1 Girnrd, gius1amente, fa notare come tale molteplicita di letture indebolisca per ceni aspetti la posizione di Vico, poiché quella sorta di "originalita" che si determina dalla prolificità della sua opera, espone il suo pensiero ad un'indeterminate-aa che rischia di atcenuame l'incisività nella storia delle idee. Cfr. P. Girnrd, Vìco m France (1995-2005): queltfues inurprl111tionscriti1p1es, in Gillmbanis111 Vico et ses inurprl11ttions m Franu, «Revue des études italiennes», LI, I (2005), p. 15. 10 IL MAESTRO F. IL PANDEMONIO ovvero a deviazioni, come se queste fossero dettate dal passaggio tra due elementi a densità diversa. I ricettori assorbono Vico per lo più resistendcvi un po', e a partire da un angolo di incidenza: il suo appa rato concettuale riceve una curvatura, il suo pensiero una flessione. E se è difficile individuare epigoni, è di contro molto facile scorgere le innumerevoli rifrazioni che nella cultura europea si sono determinate a partire dalla sua opera. Quel che in Vico si affaccia con un portato tanto innovativo quanto critico, è innanzitutto una determinata caratterizzazione di ciò che è da ridefinire come Scienza, di cui la Swria è da intendere come l'inedito campo d'elez.ione. Se si vuole intendere propriamente quel che in Vico si connota col campo di Scienza, occorre in primo luogo sgombrare da tale accez.ione quell'apparato concettuale e metodologico che fa capo a ciò che si è imposto come antonomasia e che si inscrive nel rigore del naturalismo meccanicistico; e tuttavia, risulterebbe risibile una qualsiasi bruta ap plicazione dei medesimi principi e metodi, formulati da Vico, a quei campi che richiedono tutt'altra postura epistemica. Occorre, perciò stes so, evitare ugualmente, per il medesimo scopo, qualsiasi riduzione del campo scientifico in senso vichiano alla mera singolarità evenemenziale. In Vico resta fermo il principio per il quale la scienza non possa che riferirsi ali' Univenak2, laddove quest'ultimo è emergenza della legge che lo struttura. Eppure, diversamente dall'impronta causalistica, ciò che fa legge non riguarda l'insieme delle connessioni singole degli ele menti, meccanicamente ordinate, ma la loro configurazione organica, l'insistenza del corpo degli elementi nel presentarsi ogni volta in una specifica struttura dispositiva, una struttura geneticamente temporaliz. zat:i. In breve, nella Storia, la legge si esprime nell'insistere di ciò che 2 Sulla ceniralità del concetto di scienza in Vico, e in panicolare nella Scienza nuova, nel suo rappono con il tema della nascita, cfr. S. Otto, "Srimce positive" ou "Thiorie de la srimce"? Rljkxions sur la vakuret sur la condilion de validili de, principe, de la Scienza nuova, in &cherches sur la pmsie de Vico, a cura di R. Girasd-0. Remaud, Ellipses, Paris 2003, pp. 35-51. 3 «Vico did noi understandwhat we mean by sc.ience. He looksas astranger would, 31 what Desc:mcs had becn doing. [ ...) Science is knowledge ofc a=. True causarion JNTROOUY.JONE Il ritorna, nella ripetizione di un cono che ricorre attraverso un complesso evenemenziale che, indipendentemente dalla singolarità che incarna, mantiene costantemente una medesima forma. In tal senso, il principio del verum factum non è unicamente una ridefinizione dei limiti del conoscibile, quanto più propriamente una dislocazione nel fattuale di ciò che Vico intende come legge universale del ritorno, ovvero lo specifico che si incarna e che si determina come conoscibile~. La conoscenza diviene possibile unicamente in quan to espressione dell'Autore, la grammatica del disporsi del suo corpo, dell'insieme cioè degli elementi che lo costituiscono e che si morfizzano di volta in volta secondo le leggi della struttura che lo determinano. Non si tratta quindi di un astratto complesso relazionale di elementi, designati da una connessione logicamente coerente, e definiti da una risultante formale (un'equazione o un sistema di equivalenze). La scienza si costituisce, diversamente, a partire da una relazione, di tipo fattuale, tra conoscente e conosciuto: ciò che è fatt() è riverbero di colui che fa; e poiché il facitore è corpo strutturato, il corpo dei fatti non può che ripetere e ci-flettere la medesima struttura. Ciò che torna non è perciò l'evento ma il corpo di eventi che I' ef fettuale realizza. Ecco perché si potrebbe definire la scienza storica vi chiana come una morfologia, per usare un'espressione spengleriana, una can be known only in time, genetically, and known only as thinking can know, that is confuscdly at first, arising from tension and interaction with the outside, from which relacions are built up; noc che abstract relacions that can be derivcd disrursively from a consideringof magnitudes, bue the real natura, "theway things grow"• (G. deSantillana, Viro and Descartes, •Osirìs», IX ( 1950], pp. 566,572). 4 Non si intende ovviamente con ciò esaurire il v:isto =po di implicazioni del principio vichiano del vm,m f=m, né ramomeno piegare la celebre formula1.ione vichiana del De anliquwima (cii vero è il fatto stesso»), alle analisi cagli argomenti della sua opera matura. Quel che qui si vuole eviden,Jare riguarda la possibilità che tale principio abbia infine trovato il suo rulminc proprio ne La Scim:r,i nwva. È in fatti in tale dire-,Jone che la S10ria, quale luogo privilegiato del fare umano, ha potuto acquisire a pieno titolo uno statuto epistemico, assumendo al contempo, nel panora ma conoscitivo, la dimensione di scienza par c«e/knu, in quanto orizzonte inscritto pienamente nella fattualità. 12 IL MAESTRO E IL PANDEMONIO morfologia dell'umano, in cui si intreccia corpo, spirito e parola5• La struttura, la legge, è la cifra della ripetizione, è il «divino provvedere» che curva il mondo umano attorno al suo destino, pur lasciandolo libero di declinare nella proliferaz.ione dd possibile. E laddove, nella sua singolarità, l'evento appare come caso, puro accadimento, se esso viene di contro raccolto e ridisposto nell'ordine della struttura, questo si rivela come ponione di un corpo, di una forma, che non smette di ri-presentarsi. La forma della storia, la sua morfogenesi, è la legge dell'incarna:zione dd mondo civile, la sua teologia, quella che Vico chiama «teologia civile ragionata della provvidenz.a divina»: Perciò questa Scienz.a, per un de' suoi principali aspetti, dev'essere una teologia civile ragionata della provvidenz.a divina. La quale sembra aver mancato finora, perché i filosofi o l'hanno sconosciuta affatto, come gli stoici e gli epicurei, de' quali questi dicono che un concorso cieco datomi agita, quelli che una sorda catena di cagioni ed effetti strascina le faccende degli uomini; o l'hanno considerata solamente sull'ordine delle naturali cose, onde"teologia naturale» essi chiamano la metafisica, nella quale contemplano questo attributo di Dio, e 'l confermano con l'odi ne fisico che si osserva ne' moti de' corpi, come delle sfere, degli elementi, e nella cagion finale sopra I' altre naturali cose minori osservata6• Vico, dunque, rileva nella filosofia un atteggiamento estensivo della problematica naruralistica che ha inteso applicare nei fatti umani la s •l'uomo, dice Vico, è corpo, spiri10 e parola. li corpo è sensazione o perce-,Jo nc del semplice particolare. Lo spiri10 è l'apprensione dell'universale imclligibile. La parola è la medi:vlone ira il corpo e lo spirito, in quan10 è legata all'immagin:r,Jone e suppone nel comempo una cena universalh:\ della rappr<!S<!mazione (per cui Vico parla di •universali fantastici• o •caraneri poetici•). Senso, parola e spiri10 non sono ire sostanze separa1e, ma la s1cssa essenza o sostan,.a in ire fonne diverse. (A. Pons, Da Vico a Labriola. •Bollenino del Cenno di Studi Vichiani•, XVII [ 19871, p. 191). 'G.B. Vico, La Scienza nuova (1744), introduzione eno1e di P. Rossi, BUR, Mi lano 2002, p. 229. Da ques10 momemo in poi, per comodità, si userà riferirci a 1ale edizione con la dicitura SN#. INTRODUZIONE 13 «sorda catena di cagioni», ovvero considerandoli attraverso «l'ordine fisico che si osserva ne' moti de' corpi». Il riferimento al cartesiane simo, nonché all'ordine more geometrico spinoziano, è qui evidente: il civik non può essere ridono ad un mero concatenamento di effetti dinamici, relati secondo una logica puramente meccanicistica. Vi è nei fatti umani qualcosa di irriducibile al causalismo stringente insito nelle inedite prospettive moderne avviate da Descartes. Ed è esattamente su questo punto che la filosofia ha taciuto: Eppure sull'iconomia della cose civili essi ne dovevano ragionare con tutta la proprietà della voce, con la quale la provvedenza fu appellata «divinità» da «d ivinan~, «indovinare», ovvero intendere o 'I nascosto agli uomini, ch'è l'avvenire, o 'I nascosto degli uomini, ch'è la coscienza7• La «provvedenza» è il punto del salto verso l'ulteriorità che caratte rizza le cose civili: è la cifra della divinità che consente l'accesso a quel "nascosto" che struttura i fatti umani, l'avvenire eia coscienza. L'ordine delle cose non può essere sovrapposto ali'o rdine del civile, il quale è teso verso un andamento che non segue la pura meccanizzazione degli effetti. Vi è cioè una logica altra, la quale richiede la formulazione di un metodo altro, e un intendimento che non può affidarsi ad una combinazione di logica deduttiva, analitica e sintetica, e alla pura evidenza fenomenica. Occorre individuare il carattere di quell'universale che si esprime nella divinità della provvidenza: Laonde cotale Scienza dee essere una dimostrazione, per cosl dire, di fatto istorico della provvedenza, perché dee essere una storia degli or dini che quella, senza verun umano scorgi mento o consiglio, e sovente contro essi proponimenti degli uomini, ha dato a questa gran città del genere umano, ché, quantunque questo mondo sia stato criato in tempo e particolare, però gli ordini ch'ella v'ha posto sono universali ed eterni•. 'Ibidem. • lvi, pp. 229-230. IL MAF..STRO F. Il. PANDEMONIO La provvidenza non è da intendere allora come intervento divino nella storia, ma come l'ordine universale ed eterno "nascosto" nei fatti umani. In tal senso la sua divinità è naturak e immanente: la provvi denza agisce, cioè, a guisa di struttura, interviene come ratio dell'ordine concatenante umano, la cui diacronia non prescinde mai dall'ordine sincronico (eterno) che la costituisce. I fatti umani vanno perciò intesi come ridondanze della legge universale, secondo una curvatura frattale che ripete nel particolare l'universale, e nell'universale il particolare: ed è solo in ragione del fatto che nella storia sono in azione leggi universali che di essa può esser fatta una Scienza. Beninteso, scienza non degli intenti e dei fatti singoli ma delle leggi che in essa muovono l'azione umana, e che non sono guidati dalla volontà, anzi spesso ne sono in opposizione. La Sdenza di Vico integra, cioè, una poetica dell'inciampo: essa è nell'ascolto di ciò che eccede l'ambito intenzionale del soggettivo, riportando ciò che manca, ciò che cade, in seno alla tenuta dcli'u niver sale, in direzione della sua conservazione: Ma egli è questo mondo, senza dubbio, uscito da una mente spesso diversa e alle volte tutta contraria e sempre superiore a essi fini parti colari ch'essi uomini si avevan proposti; quali fini ristretti, fatti mezzi per servire a fini più ampi, gli ha sempre adoperati per conservare l'umana generazione in questa terra. [ ...) Questo, che fece tutto ciò, fu pur mente, perché 'I fecero gli uomini con intelligenza; non fu fato, perché 'I fecero con elezione; non caso perché con perpetuità, sempre cosl facendo, escono nelle medesime cOSf!. Il corso dei fatti umani si incarna storicamente, tuttavia, non solo mediante un orizzonte progressivo, ma può decadere regressivamente agli inizi: qui si dispiega la trama del circolo che ricorre omomorfica mente in ontogenesi e in filogenesi. È qui che particolare e universale rivelano una medesima norma di sviluppo; è qui che l'intersoggettivo si ripiega nel soggettivo, al di là della volontà particolare, la quale pur ' lvi, pp. 693-694. ll'ITRODU7JONE 15 insistendo in sé stessa non può sottrarsi alla struttura normativa che la costituisce: Come si può descrivere in generale il cambiamento storico evidenziato dagli esempi addotti [storia degli ebrei, mitologia greca)? L'assioma forse più famoso della Scienza nuova dice: •Gli uomini prima sentono senz'a vvertire, dappoi avvertiscono con animo perturbato e commosso, finalmente riflettono con mente pura,10• [ ••• ] li percorso porta dalla natura allo spirito, dalla sensibilità, dalla passione e dalla fantasia alla ragione, dalla violenza al diritto, dalla superstizione alla teologia ra zionale, dal mito e dalla magia alla scienza, dal clan allo Stato in cui si afferma l'uguaglianza giuridica, dall'arte primitiva, piena di forza, alla riflessione estetica, da un linguaggio figurato e metaforico a uno concettuale-astratto, dai geroglifici alla scrittura alfabetica' 1• Il particolare e l'universale sono allora l'espressione di un medesi mo andamento, per cui la storia diviene morfologia dell'umano, del suo sviluppo, dei suoi inciampi, delle sue stratifìcaz.ioni, dei depositi arcaici che permangono nella maturazione, delle regressioni e degli avanzamenti: ogni forma acquisita, in un popolo o in un individuo, è la risultante dialettica di un processo che si incarna di volta in volta in un corpo storico, il quale, si potrebbe dire hegelianamente, preserva ciò che supera. Cosi come un fanciullo è determinato all'inevitabilità del suo sviluppo, cosi i popoli acquisicono dei gradi di maturazione; e cosi come la consapevolezza dell'adulto tiene viva, in ceni aspetti, la potenza del sentire arcaico, allo stesso modo, i popoli, nelle diverse età, sono attraversati dalle componenti che la ragione ha addomesticato. Se un'elevazione è stata raggiunta, ciò non è allora in ragione di una costituzione definitiva, poiché le forze residuali aracaiche permangono in una costante lotta interna con quelle che le hanno neutralizzate, 00 lvi, p. 187. 11 V. Hosle, LA scienza del rrwndo i11tersoggmiuo. lmroJuzjqne a Vico, Guerini e Associali, Milano 1997, p.109.

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