Rivista di Studi Politici - S. Pio V 149 I NCONTRO DI CIVILTÀ G M IULIANA ARTIRANI Il Grande Gioco dell’Asia Centrale. Geopolitica dell’Hearthland e del Rimland Chi governa l’Europa orientale comanda la zona centrale; chi governa la zona centrale comanda la massa euroasiatica; chi governa la massa euroa- siatica comanda il mondo. Harold Mackinder Il Grande Gioco, The Great Game Il termine Great Game venne coniato dal colonnello Arthur Co- nolly (1807-1842), il quale paragonò le manovre diplomatiche e spionistiche in Asia a quelle di una partita a scacchi. La vulnerabili- tà delle regioni lungo i confini nord-occidentali dell’India, Punjab, Sind e Afghanistan, allarmava gli inglesi, preoccupati di una possi- bile minaccia zarista nei confronti dell’India e allo sviluppo della North West Frontier Policy. Da parte sua la Russia nutriva esigenze di sicurezza dei confini dell’impero, tormentato da incursioni uz- beke, dalle difficoltà nei commerci, dalle continue catture di russi addotti in schiavitù, e da una marcata fragilità politica. Tutto ciò contribuì alla spinta espansionistica dei territori centroasiatici. Nella seconda metà del XIX secolo, l’armata russa iniziò la con- quista sistematica dell’Asia Centrale. Nel 1884 la Russia arrivò a conquistare la città di Merv, la quale costituiva un importante cro- cevia per Herat, che a sua volta rappresentava un luogo di facile 150 Anno XXIII - Gennaio/Marzo 2011 passaggio per l’Afghanistan, da cui si poteva avere accesso all’India inglese. L’occupazione di Merv, vista la sua importante posizione strategica, nonché l’ulteriore avanzata verso il confine con l’Afgha- nistan, mise ulteriormente in allarme la Gran Bretagna e ne provocò le reazioni. Già nel 1938-42, e prima ancora nel 1878, gli inglesi avevano cercato in modo fallimentare di controllare l’Afghanistan. Dopo aver sconfitto i Sikh e conquistato la valle di Peshawar e il Punjab, gli inglesi guardavano alla catena del Pamir in concorrenza con la Russia. Fu così che intorno a Kashgar si scatenò un gioco politico-diplomatico tra Russia e Cina da una parte e tra Inghilterra e Turchia dall’altra. Ebbe così inizio il Grande Gioco, come venne chiamato dagli inglesi o come lo chiamarono i russi Il Torneo delle ombre. L’arrivo di coloni russi, che si installarono nelle steppe kazake e nei centri urbani, contribuì a cambiare la composizione etnica della regione e a russificare le élite locali. Nel 1911 i russi stanziati in Asia Centrale ammontavano a due milioni su una popolazione totale di dieci milioni di abitanti. Al cambiamento della composizione etnica si accompagnò anche la trasformazione dell’economia regionale. La costruzione di nuove reti ferroviarie come la Transcaspiana (1880- 1899) e la Transuraliana (1901-1906), aprirono l’Asia Centrale al- l’economia russa e ai suoi prodotti che trovarono nuovi sbocchi. L’Asia Centrale La definizione ufficiale di Asia Centrale data dall’Unione Sovie- tica limitava la regione ai soli Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan, senza includere il Kazakistan. La nuova definizione data dalla Federazione Russa include ora anche il Kazakistan, men- tre l’Unesco definisce, invece, i confini della regione in base a cri- teri climatici includendo così anche altri Stati: la Mongolia, la Cina occidentale (incluso il Tibet), il nord-est dell’Iran, l’Afghanistan, il Pakistan occidentale, parte della Russia e le parti settentrionali di India e Pakistan. Rivista di Studi Politici - S. Pio V 151 L’Asia Centrale o Turkestan Occidentale comprende i seguenti 5 Stati, ora indipendenti, già facenti parte dell’Unione Sovietica, tutti di cultura e lingua turca, a eccezione delle popolazioni iraniche presenti nel Tagikistan: Tabella 1: Gli Stati dell’Asia centrale Superficie Popolazione Capitale Stato (km2) (abitanti) (abitanti) Astana Kazakistan 2.724.900 15.143.704 (538.000 ab.) Biškek Kirghizistan 198.500 4.753.003 (700.000 ab.) Dušanbe Tagikistan 143.100 6.863.752 (679.400 ab.) Aşgabat Turkmenistan 488.100 4.603.244 (600.000 ab.) Tashkent Uzbekistan 447.400 27.727.435 (2.148.000 ab.) Turkestan Occi- Tashkent 4.002.000 59.091.138 dentale (2.148.000 ab.) Carta n. 1 - L’Asia Centrale ██ definizione dell’Unione Sovietica ██ definizione della Federazione Russa ██ definizione dell’Unesco 152 Anno XXIII - Gennaio/Marzo 2011 Geopolitica del III Millennio tra Hearthland e Rimland La teoria geopolitica del Rimland, o Anello marittimo, è quella che gli Usa hanno adottato durante tutto il secolo e ancor più oggi che l’altro blocco, quello sovietico, prima Hearthland, Cardine del mondo, è stato sconfitto. Il geografo tedesco Friedrich Ratzel, autore di Politishe Geo- graphie (1897), aveva elaborato quelli che sarebbero stati i con- cetti fondamentali cui si sarebbero ispirati i geopolitici dopo di lui. Le concezioni geopolitiche, sistematizzate dallo svedese Rudolf Kjellen, venivano riprese soprattutto dai geopolitici tedeschi e in particolare da Karl Haushofer (1896-1946). La geopolitica tedesca si sviluppava secondo tre linee: - il concetto di spazio (Raum), sviluppato da Ratzel, in cui si ribadiva la necessità per una grande potenza di avere spa- zio; - il concetto di Isola Mondiale enunciato da Mackinder, che impli- ca la potenza marittima; - l’asse Nord/Sud dei continenti sostenuto da Haushofer1. Fu il britannico H. Mackinder ad esprimere l’idea (1904) che il Cardine del mondo o Hearthland, in ragione della sua massa terre- stre, fosse costituito dalla parte continentale dell’Eurasia. Secondo il geografo britannico, che vi ritornava a varie riprese (1919, 1943), la potenza che controllava questa massa terrestre – prima la Germa- nia, in seguito l’ex Unione Sovietica – minacciava le potenze marit- time – ieri la Gran Bretagna, dopo gli Usa. E controlla così l’Isola Mondiale (World Island) ovvero il pianeta. I fattori che egli inseriva nella sua tesi sono: - le comunicazioni (allora compresa l’aviazione, ma ignorava na- turalmente la comunicazione digitale e le autostrade elettroniche di oggi); - la demografia (ma era lungi dalle cifre iperboliche della fine del secolo XX); 1 Quest’ultima teoria è adottata oggi nella politica euro-africana dell’Europa. G. Chaliand, J.P. Rageau, Atlante Strategico, Sei, Torino 1986, p. 19. Rivista di Studi Politici - S. Pio V 153 - l’industrializzazione (di cui ignorava il passaggio attuale dal- l’economia produttiva alla finanziarizzazione dell’economia). La tesi di Mackinder era che la Russia, l’Europa orientale e l’Asia centrale formassero un unico Heartland fossero, cioè, il perno attorno a cui ruotava il destino del predominio mondia- le. Attorno alla Heartland ci sono quattro regioni marginali del continente eurasiatico che corrispondono alle quattro grandi re- ligioni: 1) l’area marginale a est, una terra monsonica lungo le coste del- l’Oceano Pacifico, patria del buddismo (Cina, Giappone, Co- rea…); 2) l’area marginale a sud, una terra monsonica lungo le coste del- l’Oceano Indiano, patria dell’induismo (l’India); 3) il Medio Oriente, la più fragile delle quattro aree, povera d’acqua e patria dell’islam; 4) l’Europa, lungo le coste dell’Oceano Atlantico, patria del cristia- nesimo. Secondo Mackinder, la storia stessa dell’Europa era subordinata a quella dell’Asia, era il risultato della lotta contro l’invasione asia- tica. Carta n. 2 - L’Hearthland e Mackinder 154 Anno XXIII - Gennaio/Marzo 2011 Spykman e il Rimland L’americano Mahan, precursore delle geopolitica nel 1900 (The Pro- blem of Asia and its effects upon International Politics), preannunciando il concetto di World Island di Mackinder, proponeva l’idea che l’egemo- nia mondiale delle potenze marittime potesse essere mantenuta attra- verso il controllo di una serie di punti di appoggio attorno al continente euroasiatico. Arrivava, pertanto, a conclusioni opposte: le potenze marit- time dominano, imprigionandole, quelle terrestri. La Teoria del Conteni- mento, nata dalla Guerra Fredda, trova qui il suo nucleo di base2. La Teoria del Contenimento era basata su due ipotesi: 1) l’accettazione delle ambizioni espansionistiche dell’Unione So- vietica a livello mondiale sarebbe stata disastrosa per gli interessi vitali dell’America; 2) un confronto diretto contro l’Urss non era necessario e sarebbe stato controproducente. Mahan risulta ancora un importante autore, in quanto le sue teo- rie sono utilizzate per comprendere gli scenari attuali, tanto che tut- tora da alcune parti si afferma che: “Chiunque controlli l’Oceano Indiano domina l’Asia. Questo oceano è la chiave dei Sette Mari. Nel XXI secolo il destino del mondo sarà deciso nelle sue acque”3. Mahan, che aveva previsto l’odierna importanza dell’Oceano Indiano, definiva una triade di elementi necessari per una dottrina navale efficace: 1) la costruzione di una marina con capacità di proiezione oceanica; 2) la creazione di un sistema logistico di basi navali; 3) il controllo delle comunicazioni marittime4. 2 Nel Long Telegram del febbraio 1946 da Mosca, il diplomatico americano George Kennan, in seguito direttore del Policy Planning Staff del Diparti- mento di Stato con il presidente Truman, gettava le basi di quella che sarà poi conosciuta come la Teoria del Contenimento per prevenire l’espansione dell’Unione Sovietica emergente dopo la Seconda Guerra Mondiale. Questa teoria è stata il fulcro di tutta l’architettura di politica estera degli Stati Uniti verso l’Unione Sovietica nel periodo della Guerra Fredda. 3 Citazione apparsa su «Limes», n. 6, del 2009. 4 La Dottrina marittima indiana attualmente si rifà a queste regole, avendo modificato la propria strategia da semplice difesa delle frontiere marittime Rivista di Studi Politici - S. Pio V 155 Nicholas John Spykman, ispirandosi a Mackinder, ne aveva adattato le teorie agli anni Trenta. Secondo lui gli Stati Uniti dovevano tendere a mantenere divisa la fascia peninsulare che circondava il continente eurasiatico in modo che non cadesse sotto l’egemonia della Germania e del Giappone. A suo parere inoltre, gli Usa dovevano allearsi con la Russia poiché avevano gli stessi interessi e in seguito dovevano man- tenere una presenza permanente all’interno del continente, così da non permettere alle potenze dominanti di instaurare egemonie che avrebbe- ro obbligato in seguito gli Stati Uniti a un intervento massiccio. Carta n. 3 - L’Isola Mondo Carta n. 4 - Il Rimland nazionali alla creazione di una flotta d’alto mare con capacità di proiezione oceanica. 156 Anno XXIII - Gennaio/Marzo 2011 La tesi di Spykman veniva ripresa al termine della Guerra Fredda, evento che causò il riavvicinamento tra Mosca e Pechino grazie al crollo dell’Urss e all’incremento della potenza cinese. Gli interessi congiunti russo-cinesi si rivolgevano soprattutto alla zona dell’Asia Centrale (giacimenti petroliferi del Kazakistan e del Sinkiang)5. Dal 1989, con la caduta del blocco sovietico, gli Usa hanno intrapreso la definitiva chiusura dell’Anello marittimo e quindi del controllo dei mari, approfittando del momento loro favorevole per attestarsi su posizioni di maggiore forza, soprattutto laddove lo richiedevano gli interessi vitali, e cioè lungo i percorsi dei rifornimenti di materie prime e dove si potevano sostituire alle basi sovietiche (come la missione umanitaria in Somalia, Restore Hope). Dal Rimland sono nate le guerre fino al 2001 che hanno garantito agli Usa di essere i “guardiani del mare” e dell’Isola Mondo. Restore Hope: restaurare la speranza o le basi militari fino al Capo di Buona Speranza? L’esempio dell’intervento militare in Somalia e della missione umanitaria Restore Hope, all’indomani della caduta dell’impero sovie- tico e della guerra del Golfo, nel 1990, è significativo e può far capire le geopolitiche per un’altra zona petrolifera, quella del Mar Caspio. I flussi di petrolio in partenza dal Golfo Persico e dallo Stretto di Hor- muz, infatti, approvvigionano il Giappone attraverso la rotta dell’est, l’Oceano Indiano e l’Indonesia. Approvvigionano, invece, i Paesi oc- cidentali attraversando il mare Arabico, le coste dell’Africa orientale, in primo luogo quelle somale, per poi scendere verso lo stretto di Mo- zambico e il Capo di Buona Speranza (Cap of Good Hope). Lungo tale percorso vi erano, prima dell’intervento militare in Somalia le seguenti basi militari: 1. Francia: Gibuti, Riunione, Tromelin, Iles Glorieuses, Antsirana- na, Comore, Juan de Nova, Europa. 5 H. Mackinder, The Geographical Pivot of History, in «The Geographical Journal», vol. 23, n. 4 (apr. 1904), pp. 421-437. Rivista di Studi Politici - S. Pio V 157 2. Csi: Dahalak, Aden, Socotra, Maurizio, Beira, Maputo. 3. Usa: Mogadiscio, Mombasa, Berbera. Sia la Francia che la Comunità di Stati Indipendenti, quindi, con- trollavano in quasi monopolio lo stretto di Mozambico, altamente strategico per il passaggio delle superpetroliere che dal Golfo Per- sico, facendo il periplo dell’Africa orientale, si dirigono nell’Occi- dente industrializzato e famelico di petrolio. Poche le basi o scali di appoggio americani in quel tratto di mare, dal Golfo Persico al Capo di Buona Speranza: Mogadiscio, Mom- basa, Berbera. Si capisce, pertanto, come questa debolezza strategica america- na e di altri paesi Nato, nello spazio tra Golfo Persico e Capo di Buona Speranza, andasse, dopo la caduta dell’impero sovietico e il mutamento degli assetti geopolitici, e dopo la guerra del Golfo, compensata “restaurando le basi americane e quelle Nato” dalla Somalia fino al Capo di Buona Speranza. Restore Hope, appunto, come veniva giustamente chiamata la missione militare, solo che per “Hope” deve intendersi Capo di Buona Speranza, Cap of Good Hope, in inglese! E non un presunto “restaurare la speranza” per le popolazioni somale! Kosovo, Cecenia e il petrolio del Caspio: i corridoi energetici Le guerre si continuano a fare per motivi strategici legati alle risorse, anche se la propaganda le copre con considerazioni ora etni- che, ora religiose, ora per i diritti umani. Le guerre in Kosovo e Albania, terminale dell’oleodotto del pe- trolio del Caspio, e in Cecenia, origine dell’oleodotto, ne sono un ulteriore esempio, e la scelta del Corridoio n. 8 per il transito del- l’oleodotto, che condurrà, nell’Europa assetata di petrolio, le riserve ancora tutte da scoprire del petrolio del Caspio, prima, e di quello siberiano, poi, ne sono un esempio. Questi territori sono strategi- camente instabili, e in aggiunta giocano i forti interessi consolidati delle mafie russe che contano tre milioni di affiliati, oltre che gli 158 Anno XXIII - Gennaio/Marzo 2011 interessi delle mafie locali, le molte etnie, la lontananza dai grandi circuiti dell’informazione e l’estrema povertà delle popolazioni, in prevalenza musulmane. Nell’ex Unione Sovietica ci sono i giacimenti petroliferi della Siberia orientale, ancora in via di sviluppo, quelli della Siberia occi- dentale, con oleodotti in progettazione verso Mosca e Kiev, i giaci- menti del Volga e degli Urali con oleodotti verso l’Europa occiden- tale e quelli dell’Asia centrale con oleodotti in progettazione verso Mosca. Ma sono i giacimenti del Mar Caspio, del Caucaso e del Mar Nero quelli più interessanti per l’Europa occidentale e meridionale. La Comunità di Stati Indipendenti esporta, infatti, in Europa molto del suo petrolio: - il primo 25% delle esportazioni è diretto in Italia e Finlandia; - il secondo 25% in Norvegia e Germania; - il terzo 25% in Svezia, Francia e Svizzera (12), Belgio (2), e Au- stria (1); - il quarto 25% in Inghilterra (14), Irlanda (11), Spagna (10), Grecia (4) e Danimarca (5), ma anche in India (8), Sri Lanka (9), Ghana (7), Egitto (1), Marocco (6), Giappone (3) e Turchia (13) – i numeri tra parentesi indicano la loro posizione in quan- to importatori. Il passaggio di un oleodotto su un territorio è un’occasione eco- nomica molto importante. Significa costruzione di aeroporti, strade, intere città vedono aumentare la circolazione di danaro: è un affare di miliardi di dollari! Da ciò si comprende che non è indifferente la scelta di un corridoio energetico invece di un altro. Il petrolio del Caspio in piena espansione può approvvigionare l’Europa mediante oleodotti con diverso transito: - il Corridoio n. 8, caldeggiato da Italia, Francia e Usa, passando per Bulgaria, Macedonia, Kosovo e Albania (Durazzo) per poi arrivare a Brindisi. - il Corridoio n. 10, caldeggiato dalla Germania, congiungendosi con il Corridoio n. 4 che passa per la Romania e arriva in Serbia a Belgrado, a Sisak in Croazia e poi a Fiume.
Description: