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Il Giorno Dell’Onore 1 Antico sangue PDF

106 Pages·2016·0.52 MB·Italian
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fanucci Editore In libreria Economica Tascabile 76 DIANE CAREY IL GIORNO DELL'ONORE PRIMO LIBRO DI QUATTRO ANTICO SANGUE Romanzo FANUCCI Editore Ciclo de 11 Giorno dell'Onore: ^ ANTICO SANGUE di Diane Carey I CIELI DI ARMAGEDDON di L. A. Graf ANIMA KLINGON di M. J. Friedman GIURAMENTO DI GUERRA di D. W. Smith & K. K. Rusch Traduzione di: Cristiano Sassetti Si ringraziano per la collaborazione: Alberto Lisiero e Anna Parovel dello Star Trek italian Club Il Giorno dell'Onore è stato creato da: John Ordover e Pania M. Block Prima Edizione: 1998 Titolo originale: Star Trek Day of Honor: Ancient Blood © 1997 by Paramount Pictures Tutti i diritti sono riservati POCKET BOOKS, a division of Simon & Shuster Inc. 1230 Avenue of the Americas, New York, NY 10020 © 1998 by Fanucci Editore, Via delle Fornaci 66, 00165 Roma Grafica di copertina: Franca Vitali Proprietà letteraria e artistica riservata Stampato in Italia Printed in Italy Questo libro è dedicato alla nostra prozia, Katie Simon, che lavorando fino all'età di 89 anni ha insegnato a noi e ai nostri figli l'importanza del lavoro e delle sue stupende ricompense. CAPITOLO PRIMO «Capitano Picard, la mia missione è di vitale importanza. Se fallissi, sei sistemi solari e dieci colonie federali cadrebbero sotto l'influenza del pianeta più criminale dell'intero settore. Non sono in grado di darle nessun altro dettaglio. Posso soltanto aggiungere che quei due sono testimoni chiave e da loro dipende la riuscita del nostro piano. » Parole interessanti. Strane. Elusive, eppure rivelatrici. «Commissario... lei mi sta chiedendo di usare l'Enterprise per intercettare una nave da trasporto legalmente autorizzata a viaggiare in quel tratto di spazio. » «Esatto, Capitano. » «In modo che lei possa arrestare due passeggeri?» «Arrestare è un termine eccessivamente severo. Direi, piuttosto, che li terrò sotto la mia custodia. Una sorta di protezione. » «Molto bene. Se è così importante, procediamo pure. » Jean-Luc Picard non si prese neppure la briga di sedersi nella comoda poltrona della sala tattica, comunicante con la plancia della nave. Il Commissario lo seguì mentre usciva, e Picard avvertì il suo sguardo. Il primo ufficiale e il capo della sicurezza lo stavano attendendo in plancia, e furono gli unici membri dell'equipaggio a osservarlo. Gli altri, gli addetti alla consolle operazioni, al timone, alla postazione tattica, scientifica e dei motori, erano assorti nei propri compiti. Il Tenente Comandante Data, con il suo fare tipicamente androide, si stava concentrando sulla sua consolle e sul visore principale che dominava la plancia, visore che in quel preciso momento mostrava il lento arrivo di una nave. «Cargo sullo schermo, Capitano, » lo informò William Riker. «Si tratta di una nave da trasporto di circa diecimila ton nellate, con trentadue forme di vita a bordo.» «Si avvicini, Numero Uno.» Picard si voltò verso il capo della sicurezza. «Signor Worf, si prepari a salire a bordo e a prendere due passeggeri... sotto custodia. Li consegneremo al Commissario Toledano.» L'ufficiale Klingon annuì. «Sì, signore.» Al fianco di Picard, il commissario si sporse leggermente in avanti e mormorò, «Deve essere stato duro per lei abituarsi ad avere un ufficiale Klingon a bordo di una nave della Federazione.» Will Riker, poco più alto del Klingon, sebbene non altrettanto muscoloso, scese dalla rampa sinistra, e fissando la nave da trasporto in avvicinamento, ordinò, «Li contatti, signor Worf.» «Sissignore,» replicò prontamente ir'Klingon, azionando all'istante alcuni comandi posti sulla consolle delle comunicazioni. «Qui è la U.S.S. Enterprise. Spegnete i motori e preparatevi a riceverci a bordo.» «I suoi... passeggeri... sanno del nostro arrivo?» chiese Picard. «No,» replicò Toledano. «Sarebbe stato troppo rischioso informare chiunque. Quelle due persone devono essere isolate e protette. Non c'è luogo più sicuro di una nave stellare. Una volta fatti salire a bordo, ci incontreremo con un'altra nave, di cui ignoro il nome, che li condurrà su una base stellare non ancora specificata. Neppure io conosco l'ubicazione di quest'ultima. Non ancora.» «Ci troviamo nelle vicinanze del sistema VaughnCreighton, vero?» «Ah, sì.» «E per caso, questa faccenda non ha niente a che vedere con il pianeta Sindikash?» «Non posso ancora rivelarle niente.» «Sì, l'ha già detto.» «Signore, non stanno riducendo la velocità.» Il volto del Comandante Data rimase come al solito privo di espressione. «Non rispondono alle nostre chiamate, signore,» aggiunse Worf dalla parte rialzata della plancia, con voce profonda e tagliente come un tuono. Picard decise di rimanere in silenzio. Essere capitano di una nave significava prima di tutto lasciare che i suoi uomini svolgessero i compiti di loro competenza. «Raggi traenti,» decise Riker. Data osservò la sua consolle e si mise al lavoro. «Raggi traenti attivati, signore. Signore... la potenza dei loro motori non diminuisce. Non rilevo alcuna alterazione. Non hanno ancora alzato gli scudi.» «Preparatevi a teletrasportarvi a bordo immediatamente,» disse Picard. «Dovremo disattivare i loro motori prima che vadano in sovraccarico.» «Perché non ci rispondono?» chiese Toledano, mentre con Picard e Worf si dirigeva verso il turboascensore. «Non sono tenuti a rispondervi?» «Potrebbero essere sorte alcune complicazioni,» replicò Picard, salendo nel turboascensore per primo. Nonostante fosse reticente a divulgare qualsiasi informazione, Toledano gli aveva già rivelato molto. Due testimoni, coinvolti in un elaborato piano di spionaggio, erano disposti a parlare con le autorità della Federazione in cambio di asilo politico e protezione. Le loro informazioni avevano probabilmente un qualche collegamento con Sindikash, l'unico pianeta abitabile del sistema VaughnCreighton, una colonia della Federazione insediata da gente della Terra, più specificatamente dagli... Asiatici? O Bulgari? Insomma, qualcosa del genere. Picard avvertì lo sguardo inquisitorio di Riker seguirlo nel turboascensore. Il primo ufficiale doveva rendersi conto di ciò che stava accadendo, e il capitano decise che quella sua occhiata doveva essere una sorta di rimprovero. Un pizzico di risentimento si fece largo in Picard mentre le porte del turboascensore si chiudevano. Non verso Riker, ma verso Toledano. Se la Federazione lo avesse messo al corrente dei fatti, se solo gli avessero detto cosa stava succedendo, se lo avessero autorizzato a eseguire il protocollo per le missioni segrete, adesso avrebbe saputo se di mezzo c'erano i Romulani, le lucertole, gli insetti o la gente di Orione. Avrebbe analizzato la situazione e avrebbe informato i suoi ufficiali. Quelle stesse informazioni non sarebbero mai uscite dallo scafo della nave, e i due passeggeri avrebbero trovato un rifugio ugualmente inespugnabile nell'Enterprise. Era troppo chiedere alla Federazione di fidarsi dei suoi capitani almeno quanto questi ultimi si fidavano dei propri ufficiali? Sentì istantaneamente nella sua testa le ragioni di entrambe le parti, e strinse le labbra per non esprimere i suoi pensieri ad alta voce. Il Commissario Toledano avrebbe indubbiamente difeso la posizione della Federazione e Picard sarebbe stato obbligato a controbattere sostenendo il punto di vista dei capitani; dal momento che aveva già udito tutto questo nella mente, perché risentirlo nell'ascensore? «Signor Worf, ha avvertito la squadra della sicurezza?» chiese con vigore, cercando di pensare ad altro. «Quattro guardie ci stanno aspettando nella sala del teletrasporto, signore,» tuonò il massiccio Klingon. «Ci sarà anche un tecnico, che disattiverà i motori del cargo se questi non saranno già spenti al nostro arrivo.» «Molto bene. Commissario, gradirei sapere perché ritiene necessarie quattro guardie in sala teletrasporto.» Toledano sospirò profondamente. Il Commissario era un signore di mezza età, e da giovane doveva essere stato un uomo attraente. Nonostante i capelli bianchi, il suo fascino era rimasto inalterato. «Capitano, non posso dirle ancora niente.» «Ciononostante, dovrò pur sempre istruire i miei uomini. Come faccio a istruirli se neppure io so di cosa si tratta? Che cosa devono cercare? Non potranno essere in grado di proteggere nessuno se ignorano la fonte del pericolo.» Il commissario aggrottò la fronte, ponderò la richiesta del capitano e sospirò una seconda volta. «Queste due persone sono state testimoni di un evento che potrebbe far collegare una rete di spionaggio interstellare a una terza persona, che fino a questo momento non siamo stati in grado di implicare nella vicenda. Nessuno su quella nave da trasporto sa chi sono quelle due persone. Appena saremo a bordo, saranno i testimoni a presentarsi, e noi li prenderemo sotto la nostra custodia. E questo è quanto c'è da sapere, davvero.» «Mm,» mugugnò Picard, non riuscendo a pensare ad altro. Fissò le porte del turboascensore. «Nessuno a bordo del vascello conosce la vera identità dei testimoni?» «Eccetto i testimoni stessi,» sottolineò il commissario. «Certo.» «Sono stati loro stessi a organizzare tutto. Sono loro che ci hanno contattati, che hanno provveduto al loro trasporto sulla nave cargo, e non hanno acquistato i biglietti o riservato i posti fino all'ultimo istante possibile. Non sappiamo neppure come sono fatti.» Il comunicatore di Worf suonò, e il Klingon lo attivò. «Tenente Worf.» «Qui è la squadra di sicurezza, signore. La sala Teletrasporto Uno è in riparazione. Gli stabilizzatori molecolari sono disattivati.» «Molto bene. Convogliare alla Sala Teletrasporto Tre. Worf, chiudo.» Il Klingon toccò i controlli. «Sala Teletrasporto Tre, signore.» «Molto bene,» esclamò Picard. Altri quarantacinque secondi nel turboascensore. «Con un po' di fortuna, quando saremo giunti alla sala del teletrasporto, il signor Riker avrà già agganciato il cargo. Dovremmo essere in grado di trasportarci a bordo del vascello e isolare immediatamente i due testimoni.» «E solo allora sarò tranquillo, Capitano,» disse il commissario. In sala teletrasporto incontrarono i quattro uomini della sicurezza e il Guardiamarina Jensen, un nuovo ufficiale da poco trasferito a bordo, fresco di Accademia, ma su cui Worf faceva già grande affidamento. Dato che l’ Enterprise si trovava così lontana dalla zona centrale della Federazione, per raggiungere la nave di Picard il giovanotto era stato costretto a imbarcarsi su due navi stellari, due navi da carico, e quattro navi Federali da rifornimento. Adesso stava davvero morendo dall'eccitazione, impaziente di mettersi all'opera sotto lo sguardo del capitano. Picard percepì immediatamente la frenesia del giovane, gli era bastato uno sguardo. E gli occhi di Jensen non lo abbandonavano mai, come se lo sguardo costante del commissario non costituisse già un'intrusione sufficiente. «Pronti, signore,» confermò l'addetto al teletrasporto non appena il capitano si fu avvicinato. «Il teletrasporto è stabilizzato. Il signor Data si è collegato al loro computer ed è riuscito a ridurre la potenza dei loro motori del quarantotto percento circa. Sta ancora tentando di aumentare la percentuale, ma probabilmente dovrete pensarci voi una volta a bordo.» «Sono pronto, signore!» sobbalzò Jensen. Picard annuì. «Molto bene, signori. Ancora nessuna risposta dall'equipaggio?» «Nessuna, signore,» rispose l'ufficiale del teletrasporto. «Ma rilevo alcune emissioni disturbate provenienti dal vascello, e il signor Data ritiene che si possa trattare di un meccanismo in avaria. Forse stanno cercando di rispondere, e per quel che sappiamo, è probabile che stiano anche tentando di spegnere i motori.» «Ho capito.» Si voltò verso Toledano, e afferrò il phaser standard offertogli da Worf. «Cerchiamo di non spaventarli. Signor Warren, energia non appena saremo in posizione.» Fece cenno al gruppo di prendere posizione sulla piattaforma rialzata del teletrasporto e attese la risposta dell'ufficiale. «Sissignore.» «Energia, signore,» lo informò Warren, alle cui parole seguì il leggero ronzio del teletrasporto. In un istante, Picard si ritrovò tra le bianche pareti dell'hangar del cargo. Accantonato il momentaneo disorientamento provocato dal teletrasporto, ebbe l'impressione che quel luogo fosse impregnato di uno strano odore. L'odore di carne maciullata. La nave era avvolta in un silenzio opprimente, non si poteva neppure sentire il costante rumore dei motori. Forse Data era riuscito a disattivarli del tutto. Ma quell'odore... «State in guardia... allarme di sicurezza.» Perfino il suono della propria voce lo fece sobbalzare. Jensen si avvicinò al capitano. «Signore, richiedo il permesso di contattare L’Enterprise per confermare lo spegnimento dei motori.» «Negativo, rimanga in attesa.» «Ah... sì, signore.» Picard attraversò la ristretta area dell'hangar, avvicinandosi all'entrata dei passeggeri, tramite uno scalino tappezzato alto solo pochi centimetri. Alcuni passi al di là del gradino si trovava la porta che conduceva ai sedili dei passeggeri. Worf seguì il suo capitano, senza richiederne l'autorizzazione. Evidentemente, non avrebbe permesso che il capitano aprisse la porta senza fornire un'adeguata protezione. Picard, dal canto suo, non trasformò l'iniziativa del Klingon in un ordine, rimanendo in silenzio. Scesero assieme l'unico gradino che li separava dalla porta, camminando sulla superficie tappezzata del ponte. Picard abbassò lo sguardo, in preda a una strana sensazione; gli sembrava di aver poggiato un piede su una spugna completamente inzuppata, ed esservi affondato fino alla caviglia. Dietro di lui qualcuno ansimò. Ormai con i piedi sul soffice pavimento, che era realmente bagnato, Picard e Worf si voltarono contemporaneamente. Sollevando uno stivale, Picard schizzò del liquido denso sul piede di Worf. Solo adesso realizzò che quello strano colore scuro non aveva niente a che vedere con il tappeto. Non sapeva di che colore fosse stato una volta quel tappeto. Adesso era del colore del sangue. «Oh... Dio...» esclamò la voce singhiozzante di Toledano. Il Commissario respirò profondamente, ma non riuscì a spiccicare un'altra parola. Scuro in volto e come al solito corrugato, Worf oltrepassò Picard raggiungendo la porta. Afferrò i controlli con una mano, si voltò e fece cenno ai suoi uomini di avvicinarsi a lui, sopra il ponte pregno di sangue. Osservò Picard. «Capitano, potrebbe scostarsi, per favore?» Benché avesse provato a parlare con calma, Picard si rese conto che la sua voce sarebbe risultata tremolante e spezzata come quella di Toledano, perciò rimase in silenzio, limitandosi ad annuire e facendosi da parte. Muovendosi, avvertì un improvviso senso di nausea, causato dal movimento dei suoi stessi stivali sul pavimento viscoso e sanguinolento. Quante forme di vita c'erano a bordo? Trenta? Stava cercando di commutare quella cifra in litri quando la porta si aprì sotto i suoi occhi. Phaser in mano, Worf entrò nella sala, seguito da un uomo della Sicurezza, anche lui armato. I due puntarono le loro armi nelle due direzioni opposte, e attesero che le altre tre guardie li raggiungessero, per aumentare la loro potenza di fuoco. Worf fece strada lungo la sala passeggeri, l'andatura rigida e severa che ondeggiava in un modo che poteva essere giustificato soltanto da uno stato di shock. Le altre guardie reagirono appena, ma reagirono. Una con un tremito, un'altra facendo cadere il phaser. Una terza, inciampando, finì con un ginocchio sul tappeto insanguinato. Picard, più che mai allerta, li seguì all'interno della stanza. L'ambiente sapeva di carne putrefatta, di sangue, di massacro. Alla sua sinistra si distendeva la parte anteriore della cabina, a destra quella posteriore. Le file di sedie erano tutte occupate... da cadaveri. Tutti umani o umanoidi, notò immediatamente Picard: una testa, due gambe, due braccia... a parte il fatto che le prime dieci file di sedie erano occupate da cadaveri sventrati, ricoperti di sangue e fluidi viscosi. I loro volti all’insù, o piegati su un Iato, le loro bocche spalancate e i loro occhi dilatati costituivano l'immagine di quello che sembrava essere stato un momentaneo e fatale attimo di terrore collettivo. Sotto lo sguardo allibito del capitano, dei quattro uomini della sicurezza, dell'impietrito Toledano e del povero Ingegnere Jensen, che ancora non si era addentrato nella stanza, Worf mosse un passo in avanti, in direzione delle prime file di sedie, per poi indietreggiare nuovamente verso Picard. «Signore...» esclamò con affanno, «questi cadaveri sono senza braccia.» «Quanti sono quelli... come loro?» «Ventuno, signore. Le braccia sono state staccate violentemente dalle spalle. A due di loro hanno anche cavato gli occhi. Gli altri passeggeri sono stati sgozzati.» Pietrificato sulla soglia della porta, il Commissario Toledano esclamò, «Cosa vuol dire con "staccate"?» Worf osservò il terrestre, e poi Picard, solo per ritornare con lo sguardo sullo sbalordito commissario. «Voglio dire che le loro braccia sono state strappate via, signore.» Non tagliate. Non incenerite con il phaser. Strappate. Pura forza. «Le chiazze di sangue sulle paratie,» riprese Worf, «suggeriscono che la tortura ha avuto luogo in questa zona. Poi le vittime sono state gettate di nuovo nelle loro poltroncine.» Il tenente della squadra di sicurezza, bianco in volto per il disgusto, fece ritorno dalla sua ispezione nel resto della nave. Deglutì un paio di volte. «Signore, il capitano e il copilota sono... anche a loro sono state strappate le braccia. E lo steward di bordo è da quella parte, dietro quel carrello di servizio. Credo che abbia tentato invano di nascondersi. Anche la sala macchine è malridotta, e i due ingegneri sono stati sgozzati.» «Qualcuno con la gola tagliata...» mormorò Picard tra sé, «...ad altri sono state staccate le braccia.» Rabbrividì alla vista dei cadaveri, una funesta processione di sangue e brandelli di carne, che si protraeva da prua a poppa. Camminò, attraversò le file di sedie, ormai insensibile al rumore dei suoi passi sul manto sanguinolento che ricopriva il ponte. L'espressione delle prime due persone era rilassata, quasi volessero dire, «Salve.» Solo l'indelebile sguardo nei loro occhi e i loro volti sbiancati rivelavano la loro vera condizione, al di là della maschera di sangue che ciascuno di essi indossava. La seconda, la terza e la quarta fila erano caratterizzate da volti cadaverici contratti, accigliati, bocche spalancate e occhi aperti. Ed era così fino alle ultime file. «Questa gente,» disse Worf, «deve aver assistito all'uccisione di quelli delle prime file. I loro volti sono sconvolti, come se fossero stati in preda a estenuanti momenti di orrore prima di morire a causa delle emorragie. Gli assassini devono aver iniziato il loro lavoro dalle prime file, obbligando gli altri ad assistere alle torture. Poi... qui,» aggiunse, oltrepassando alcuni corpi che ancora possedevano le breccia, e soffermandosi invece dinanzi a due che non le avevano più. Picard sapeva dove voleva andare a parare il suo ufficiale, ancor prima che egli avesse finito la sua analisi. Avevano strappato le braccia ai passeggeri delle prime file, avevano saltato gli altri ma lo avevano rifatto con gli ultimi due. «Questi due devono aver parlato,» suggerì Worf con distacco, come se stesse raccontando gli eventi di un'antica battaglia. «Gli assalitori hanno trovato ciò che stavano cercando e sono tornati qui. E questi due hanno pagato le loro colpe venendo prima privati degli occhi e poi mutilati delle braccia.» I due patetici cadaveri, quello di un uomo e quello di una donna, erano il ritratto dei loro ultimi e spasmodici momenti di orrore. La testa della donna poggiava in ciò che era rimasto della spalla dell'uomo, i suoi lunghi capelli intinti nel sangue e nel tessuto muscolare di lui. «Commissario,» disse Picard, voltandosi, «mi permetta di presentarle i suoi due testimoni.» Il povero Toledano si avvicinò alle vittime, camminando sulle deboli impronte lasciate dagli altri uomini, cercando di evitare l'inevitabile sangue che impregnava il tappeto. «Crede davvero che si tratti di loro?» «I nostri dipartimenti medici confermeranno l'identità di tutta questa gente in base alla lista deipasseggeri redatta prima della partenza del vascello. Sempre che qualcuno sappia chi fossero i due testimoni, Ma scommetto che si tratta di loro.» «Perché i loro occhi sono stati...» «Sì, in parte. Sono stati puniti più crudelmente degli altri, con il chiaro intento di lasciare un messaggio a qualcuno. Forse a più d'uno.» «In che modo?» «Non lo so. Le notizie corrono veloci in questi casi. Siamo in tanti ad aver visto ciò che è accaduto, ed è probabile che a qualcuno scappi una mezza parola. Il resto avverrà per inerzia, propagandosi dalla moglie un po' chiacchierona di uno degli uomini della sicurezza fino ad arrivare ai legittimi destinatari. «Chiunque abbia compiuto questo massacro, lo ha fatto con il chiaro intento di non passare inosservato, altrimenti non avrebbe agito in maniera così estrema. Gli assassini non sapevano chi fossero i testimoni, così hanno torturato tutti fino a quando i due non si sono arresi. Si trattava certamente di gente coraggiosa, disposta a sacrificare la propria vita per salvare gli altri. Sfortunatamente, non è andata così, e una volta individuati e torturati i testimoni, gli assassini hanno pensato bene di eliminare anche gli altri, sebbene lo abbiano fatto con maggiore distacco.» Osservò tristemente gli altri passeggeri, le cui gole erano state tagliate. «Questi sono stati i più fortunati,» aggiunse cinicamente. Poveri innocenti, passeggeri comuni su un tranquillo e sicuro vascello di linea. Worf si diresse pesantemente verso di loro, schizzandosi altro sangue sulle gambe già abbondantemente macchiate. «Il dipartimento di Medicina Legale farà una ricerca dettagliata, ma finora i tricorder non ci hanno fornito alcun indizio fisico. Forse è possibile rinvenire qualche residuo di pelle, ma occorrerà del tempo prima che si possa procedere all'identificazione del DNA.» Il Klingon si avvicinò ulteriormente, e parlò molto più chiaramente di quanto Picard lo avesse mai sentito fare. «Signore, chiunque abbia fatto ciò... abbiamo di fronte persone senza onore.» Il Klingon sottolineò quel suo ultimo commento con il tono della voce, che sembrò in qualche modo più profonda di quanto Picard avesse mai udito. Worf era profondamente turbato, e in lui era rimasto abbastanza della sua educazione fra gli umani da fargli mostrare quei sentimenti. Toledano, che adesso iniziava a riprendersi, si accostò a Picard. «Mi dispiace doverlo dire, ma credo di conoscere gli artefici di questo massacro.» Picard lanciò uno sguardo a Worf, e aggrottò le ciglia verso Toledano. «Bene, allora parli, Commissario, è arrivato il momento.» Il rappresentate della Federazione, ancora nauseato, si eresse. «Siamo quasi sicuri che si tratti di un... gruppo di Klingon.» Worf si irrigidì. «Impossibile!» «Mi dispiace,» ribadì Toledano, sembrando però convinto di quello che aveva detto. Improvvisamente furioso, Worf fronteggiò sia Picard che il commissario con tale possanza che anche Picard avvertì la minaccia insita nella sua postura. «I Klingon non torturano arbitrariamente i propri nemici. I Klingon possono anche uccidere, ma non in questo modo!» Toledano si schiarì la gola. «Lei conosce i Klingon meglio di me, ovviamente, ma... sono spiacente, penso che siano loro i responsabili di questa azione.» «Ne riparleremo a bordo dell'Enterprise,» interloquì Picard, rendendosi conto che la discussione non sarebbe sfociata in niente di buono. «I Klingon non si comportano in questo modo,» continuò Worf. Picard gli rivolse un'occhiata di avvertimento. «Ho detto che ne riparleremo più tardi, signor Worf.» Chiudendo la bocca, Worf sbuffò furiosamente. «Per il momento,» continuò Picard, «dobbiamo rispondere ad alcuni quesiti. Per esempio, dove sono le braccia dei cadaveri?» I suoi uomini e il commissario si guardarono attorno, come se si aspettassero di scorgere una pila di braccia ammucchiate in un angolo della stanza. Un'immagine del genere sarebbe stata raccapricciante. Ma per qualche ragione, l'assenza degli arti 10 era ancora di più. Con la puzza di carne morta e di sangue sempre più intensa, l'Ingegnere Jensen, impietrito sulla soglia dell'ingresso, si strinse nelle spalle e fremette alla vista di ciò che avrebbe macchiato per sempre il ricordo della sua prima missione. Il Commissario Toledano lo afferrò e lo condusse nei pressi di Picard. Più pallido di una qualunque delle trentadue vittime, sul punto di vomitare la sua cena, abbassò per un attimo lo sguardo, fissò il pavimento rosso sangue, e poi, alzando di nuovo gli occhi in direzione di Picard, disse, «Capitano... credo che dovremmo parlare.» Il vero pericolo è quando la libertà viene intaccata poco a poco, per convenienza, e dalle parti. Edmund Burke CAPITOLO SECONDO «Ora capisce con che gente abbiamo a che fare! Dobbiamo accettare il fatto che Sindikash possa trasformarsi in un mondo di criminali, un paradiso per la feccia della galassia. Distruggeranno l'intero settore. Siamo già sull'orlo del precipizio.» Il Commissario Federale Perry Toledano continuava freneticamente a congiungere le mani, come se cercasse di lavare via il sangue nauseabondo con cui si era macchiato solo poco tempo prima. Il loro ritorno sull'Enterprise aveva avuto un sapore quasi surreale. Non appena giunti a bordo, gli uomini che avevano composto la squadra di sbarco erano sfrecciati ognuno nel proprio alloggio per cambiarsi, in modo che gli altri ufficiali non fossero costretti a sentire l'odore delle uniformi imbrattate di sangue fino alle ginocchia. Che strano per un capitano con- templare una situazione del genere. «E per quale motivo l'Impero Klingon dovrebbe essere coinvolto in questa vicenda?» domandò Picard. «Non ho detto che l'Impero è coinvolto,» spiegò Toledano. «Ho solo affermato che sono stati dei Klingon a compiere quelle atroci barbarie.» Worf era così infuriato che la sedia su cui era seduto sembrava prossima a liquefarsi. «E io le ho detto che i Klingon non agiscono così.» «Questi Klingon sì.» Toledano si concesse una scrollata di spalle, solidale ma determinata. «Non lavorano per l'Impero. Sono al soldo del capo di questa organizzazione criminale. Vi garantisco che ciò che vi sto dicendo corrisponde alla pura verità.» «Commissario,» lo interruppe Picard, cercando di portare un po' di calma tra i due uomini, «ciò che il signor Worf sta cercando di dire è che i Klingon sono inclini a reagire emotivamente, e dunque con violenza. E proprio per questo motivo, la loro società non sarebbe sopravvissuta se non fossero riusciti a imporsi dei vincoli comportamentali.» «Vincoli comportamentali? Per esempio?» «Per esempio, la vergogna,» si intromise Worf. «I Klingon non massacrano gente innocente e disarmata.» «È una questione d'onore,» aggiunse Picard. «L'onore è celebrato dai Klingon come una delle più importanti virtù. La settimana prossima ricorre il Giorno dell'Onore, vero signor Worf?» Worf fissò Toledano. «Giovedì. Non possono essere stati dei Klingon.» «Come volete voi,» rispose Toledano, nient'affatto convinto, «ma sono stati loro.» «Aspetti un attimo,» intervenne Riker. «Qui c'è qualcosa che non quadra. L'organizzazione criminale su questo pianeta non è un segreto. Sta dicendo che non conosciamo ancora l'identità del capo?» «No,» replicò secco Toledano. «Sappiamo chi è, ma non riusciamo a trovare nessun testimone. Avete visto con i vostri occhi quello che accade a coloro che osano parlare. Secondo le leggi di Sindikash, occorrono due testimoni per inoltrare un'accusa riguardo un crimine capitale. Due, non uno.» «La situazione, così come si presenta, sta andando avanti da quasi cinquant'anni,» continuò Riker, «su un pianeta che è stato colonizzato più di cento anni fa. Che fretta c'è?» Toledano si massaggiò la fronte in un gesto frenetico, facendo rilevare che quel quesito non implicava affatto una risposta scontata. «La fretta è dovuta all'imminente referendum. Ci restano solo dieci giorni. In seguito alle votazioni si verificheranno due cose: la prima, si eleggerà un nuovo governatore quello attuale è ricoverato in un letto di ospedale, in coma, con una ferita alla testa per un tentativo di omicidio.» «Un attentato? Che tipo di ferita?» «Un'arma da fuoco. Un proiettile.» «Vuol dire una pallottola?» «Qualcosa del genere. Quando la colonia venne allestita, le armi a energia vennero bandite per legge, eccezion fatta per i rappresentanti delle forze d'ordine. Ma questo generò un indesiderato effetto collaterale. La gente prese ad andarsene in giro con pistole vecchio stile, perlopiù con l'intenzione di difendere i raccolti dai predatori. Con il tempo, i nativi fecero di quelle armi veri e propri oggetti di culto, proprio come accadeva nel passato, quando le persone collezionavano antiche armi di altre epoche. E da una di queste armi è scaturito il colpo che lo ha mandato in coma. I dottori del posto hanno estratto il proiettile, ma il governatore è ancora in coma. Ai medici della Federazione è stato impedito di intervenire, senza una spiegazione del perché o di chi sia stato a proibire il loro intervento. Abbiamo tuttavia un sospetto più che fondato.» «È comprensibile,» commentò Riker. «Un pianeta tende a fidarsi della propria gente,.è sempre stato così.» «Noi siamo "la loro gente", Comandante,» specificò Toledano. «Si tratta di Terrestri, di umani come noi, coloni provenienti dalla Terra. Non è come se avessimo proposto ai Cardassiani di far operare i loro malati dai nostri chirurghi.» Worf agitò le gambe, impaziente. «Qual è la seconda conseguenza del referendum, a parte il fatto che verrà eletto un nuovo governatore?» Il commissario incontrò il suo sguardo. «Con il secondo referendum si voterà per la secessione dalla Federazione. Entrambi i candidati affermano di volersi allontanare dalla Federazione, se è questo quello che emergerà dai voti del popolo. Così, Sindikash potrebbe non ricadere più sotto la nostra giurisdizione, rimanendo ugualmente all'interno dello spazio controllato dalla Flotta Stellare... questo potrebbe metterci in una posizione imbarazzante. Quali saranno i nostri poteri a quel punto? Cosa potremo fare e cosa ci sarà proibito?» Riker annuì. «Una simile situazione si è verificata solo cinque volte in tutta la storia della Federazione, e in quattro casi è stato il disastro più totale. I Sindikashiani ne sono certamente consapevoli. O i Sindiani. O i Kashitiani... com'è che si chiamano?» «Seniard, Comandante,» lo corresse Toledano. «Il nome che si danno è Seniard.» «Perché?» chiese Worf. Il commissario scrollò debolmente le spalle. «Non lo so. Perché gli abitanti della Francia si chiamano Francesi, invece di Franciani?» Riker distese deliberatamente le sue lunghe gambe. «Già, perché?» mormorò, guardando Picard come per richiamare uno scherzo segreto fra i due. Toledano sembrava invecchiato di dieci anni nello spazio di dieci ore. La sua uniforme federale era stata sostituita da una camicia e da un paio di pantaloni molto più sportivi, i cui colori stridevano. Il commissario sembrava provato dagli orrori cui aveva assistito a bordo della nave da trasporto. «È per questo motivo che abbiamo scelto L’Enterprise per questa missione. Abbiamo bisogno di un Klingon.» Il Commissario guardò Worf nervosamente. «Su Sindikash esiste un gruppo di esiliati Klingon che riteniamo responsabili di azioni simili... Be', forse non così cruente, ma pur sempre dei reati. Non sono loro che decidono, comunque, e noi dobbiamo individuare i mandanti. Signor Worf, questa è una missione volontaria. Non è obbligato ad assumersene l'impegno, ma se decide di accettare, dovrà andare fino in fondo. Non possiamo concederci il lusso di tentare una seconda volta. E se nutre ancora dei dubbi, se si sente diviso a metà tra Federazione e Impero, questa sua esitazione dovrà cessare immediatamente di esistere.» Worf si sentì drizzare i capelli e spalancò gli occhi. Fissò l'audace ma affabile rappresentante della Federazione, quindi guardò Picard, poi nuovamente il commissario. «Signore,» disse con orgoglio, «accetto l'incarico perché è un mio dovere. Accetto l'incarico perché sono un Klingon. Se gli assassini sono veramente dei Klingon, allora spetta a me intervenire.» Toledano parve completamente scioccato dal tono di voce di Worf. Spalancando ingenuamente la bocca, si rivolse a Picard in cerca di una spiegazione. «Lei lo sta insultando, signor Toledano,» lo informò Picard. «È una fortuna che il suo discorso sia stato indirizzato al signor Worf. Se lo avesse rivolto a qualche altro Klingon, forse a quest'ora lei si sarebbe ritrovato senza un braccio.» «Io sono... cioè, non volevo...» «Il suo discorso,» riprese Worf, «implicava un ricatto affinché io accettassi una missione che in realtà mi compete in qualità di ufficiale, signore.» Sentendosi in colpa solo a metà, il commissario annuì. «Non credo di aver detto ciò. Volevo solo che sapesse che questa missione rappresenterebbe un ulteriore arricchimento del suo curriculum. Nella Flotta Stellare non ci sono molti Klingon. Accetti le mie scuse e mi offenda pure dopo che me ne sarò andato. Non mi interessa. Il problema grava sulle mie spalle, e devo trovare un modo per risolverlo al meglio delle mie possibilità. E al momento, lei rappresenta la soluzione più valida a cui io possa pensare.» Il commissario tacque, aspettando che le sue parole ottenessero l'effetto desiderato. Era davvero un uomo indecifrabile. A volte agitato, amichevole, contemporaneamente sicuro e insicuro di sé: ma sembrava credere in ciò che stava facendo. Worf doveva riconoscergli quel merito. «Capisco.» «Grazie,» replicò il commissario. «Se riusciamo a trovare due testimoni tra le persone che abbiamo individuato, potremmo effetture degli arresti. L'attuale vicegovernatore ha ricoperto il ruolo di leader temporaneo, ma si trova sotto attacco costante da parte dell'opposizione, il cui esponente crediamo essere a capo della rete criminale del sistema. Anzi, ne siamo convinti. Ma non possiamo provarlo. Ha visto di cosa sono capaci quando si sentono minacciati...» «Ed è questo il motivo per cui ci interessano le elezioni, vero?» chiese Picard. Cominciava a sentirsi nauseato. «Se riuscissimo ad arrestarlo, non ci sarà alcuna votazione.» «Esatto. Lo stabilisce la legge della colonia. Per indire un referendum occorrono due candidati, altrimenti non se ne fa nulla.» «Perciò il suo obiettivo principale non è fermare l'attività •"«ganizzazione criminale, ma sovvertire le elezioni.» Toledano aggrottò la fronte. «Messa così suona piuttosto male. Una volta raccolte delle prove, vogliamo che l'arresto i eseguito da personale della Flotta Stellare. In questo . il processo potrà essere svolto su un altro pianeta da un •Annate imparziale. E questo per me non significa sovvertire le elezioni. Poiché sembra che nella legge dei Seniard la clausola absentia causa non sia prevista, ci vorrà almeno un anno prima che venga indetta una nuova elezione. Dobbiamo arrestare questo candidato prima delle elezioni, e trovare due testimoni che dichiarino che l'organizzazione criminale fa capo a te.» «E chi è il candidato, Commissario?» «Il suo nome è Odette Khanty. La moglie del governatore in coma.» «.Tra me e il vicegovernatore ci sono dei disaccordi, di cui parlerò, evitando di specularci per non essere accusata di voler ottenere simpatie o vantaggi politici. Non esiste alcuna prova che possa sostenere le frivole accuse rivolte a mio carico.» Il discorso della signora Khanty è stato riportato due giormifa nella Piazza di Ozero a Burkal City, dove ha parlato con Dushan Smith dell 'Early News riguardo alle accuse rivolte a lei e al suo staff. «Le persone cattive esisteranno sempre. Non posso sapere cosa si cela nei cuori altrui. Io voglio solo quello che mio marito ha sempre cercato. Desidero soltanto il meglio per la gente del nostro mondo. Sì, so bene che esistono dei rischi. L'aggressione di un assassino è costata a mio marito la possibilità di condurre una vita normale. E so che prima o poi arriverà anche il mio turno. Ma spero solo di vivere abbastanza a lungo per aiutare la colonia a raggiungere l'indipendenza dalla Federazione Unita dei Pianeti. E se questo dovesse costarmi la vita... così sia. Mio marito ha sacrificato gran parte della sua esistenza, lo posso fare altrettanto.» 25 Sullo sfondo, la folla convenuta per il discorso iniziò ad applaudire e incitare la donna. Ci furono perfino cori che inneggiavano al suo nome. «Sconvolgente.» Il triste commento del capitano si sovrappose ai suoni e alle immagini di quel pedante comizio politico. Al suo fianco, William Riker si sporse in avanti e spense manualmente lo schermo. «È come se avesse parlato a un gruppo di bambini di sei anni.» Seduto in disparte, assorto nei suoi pensieri, il Tenente Worf osservava in silenzio il suo capitano. La prospettiva che fossero stati dei Klingon a compiere la strage a bordo del vascello di linea continuava a tormentarlo. Non aveva ancora mangiato e non si era neppure riposato da quando il Commissario Toledano aveva mosso le sue accuse. Se solo avesse potuto saltare dalla nave e atterrare sul pianeta, l'avrebbe fatto senza esitazione. Worf conosceva i propri pensieri, ma avrebbe voluto condividere anche quelli di Picard. Il capitano sarebbe stato il suo barometro comportamentale, dato che lui non riusciva più a fidarsi di se stesso. Picard si appoggiò lentamente allo schienale della sua poltroncina, dietro la scrivania della sala tattica. La sua silenziosa presenza spiccava sempre ovunque. Adesso, osservandolo più attentamente, Worf notò, come del resto aveva già fatto in altre occasioni, la vera natura del capitano; Picard era più uno studioso che un guerriero. Eppure, il Klingon lo conosceva bene e sapeva che in determinate circostanze Picard poteva essere anche un uomo forte, un fiero combattente. Era ovvio che la pseudofilosofia di Odette Khanty aveva preoccupato il capitano. Picard sembrava disturbato dal fatto che la donna fosse riuscita a rendersi popolare tramite l'inganno e le false promesse, e che un pianeta della Federazione stesse scivolando in quella sporca e viscosa politica di imbrogli. «Come avrete notato, i media non si sono neppure sognati di contrastare la signora Khanty,» sottolineò il Commissario Toledano, seduto di fronte a Riker. «Li controlla quasi tutti, anche se qualcuno cerca di contrastarla. Ma quelli che si oppongono vengono eliminati alla svelta. Com'è possibile che i Seniar possano operare una scelta ponderata se sono bersagliati dalla campagna di uno solo dei due partiti in gioco?» Riker, seduto accanto a Worf davanti alla scrivania del capitano, aggiunse con calma, «Dopo il tentato omicidio del marito, Odette Khanty è divenuta più popolare del vicegovernatore. ma adesso questo effetto si sta dissipando. Il loro gradimento si equivale». Toledano annuì. «Non è diventata famosa per merito suo, ma grazie alla solidarietà dei cittadini verso suo marito. E ogni critica contro di lei viene annullata dalla sua immagine di moglie fedele, perennemente attaccata dai nemici del marito. La gente sa bene che Sindikash sta diventando la roccaforte del crimine in questa zona, ma la signora Khanty imputa questo stato di cose al mancato intervento della Federazione. È astuta! È lei la vera criminale!» Nonostante le difficoltà della missione, Worf sembrava distratto. Non riusciva davvero a preoccuparsi per un mondo che si faceva intrappolare dagli insulsi discorsi politici di una donna maligna e approfittatrice. Il Klingon continuava a stringere i pugni con violenza, infilzandosi le unghie nei palmi delle mani. Era più che mai impaziente di iniziare la missione, desideroso di cancellare i dubbi sulle presunte torture perpetrate dai suoi simili. Ci doveva pur essere un'altra spiegazione, qualche fattore determinante che era passato inosservato. Avrebbe voluto recarsi su Sindikash, passare al setaccio l'intero pianeta, smascherare i veri responsabili di quei fatti indegni, e poi ficcarli nelle narici del Commissario Toledano fino a farglieli uscire dalle orecchie. «Questa è una situazione insolita,» ammise Riker, «ma devo confessare che il pensiero di interferire nelle libere elezioni di una colonia Federale mi disturba un po'.» Toledano scrollò le spalle con maleducazione. «E allora cosa proporrebbe? Abbandonare quei cittadini della Federazione, e lasciarli in mano agli abusi terroristici di quei criminali solo perché lei non se la sente di interferire? Dobbiamo restarcene seduti e tranquilli permettendo a questo gruppo di criminali di arrivare anche su altri pianeti? Lei è davvero un uomo di ghiaccio, se riesce a non pensare al mare di sangue da cui siamo riemersi poche ore fa.» Il capitano lanciò uno sguardo ammirato in direzione del commissario, e notò le espressioni seccate di Worf e Riker. Toledano aveva più coraggio di quanto avesse dimostrato inizialmente. «Sindikash è una colonia Federale,» disse Picard. «Il pianeta è stato arricchito, il tenore di vita è migliorato, il tasso di mortalità ha subito una brusca frenata, e i suoi prodotti vengono esportati in tutto il quadrante. È difficile tenersi stretti una colonia quando questa domanda l'indipendenza. Non capita spesso. Decine di pianeti stanno aspettando con ansia di poter entrare a far parte della Federazione Unita dei Pianeti, ed è normale che ci insospettiamo quando qualcuno tenta di uscirne, specialmente in una situazione come questa, in cui il pianeta, per motivi geografici, ricadrebbe ugualmente sotto la nostra protezione.» «E loro questo lo sanno benissimo,» aggiunse Toledano. «Non sarà facile,» sottolineò Riker. «Le autorità locali potrebbero rivelarsi un masso troppo pesante da rimuovere. Se la signora Khanty riesce a manipolare il sistema giudiziario, potrà proteggersi da qualunque accusa. Odio questo genere di cose. È difficile agire in un contesto così vago.» «È vero,» concordò Picard. Riker si voltò verso di lui. «Signore, non crede che la gente di Sindikash dovrebbe scegliere i propri rappresentanti?» Picard annuì prontamente. «Sì. Ma dobbiamo assicurarci che la scelta avvenga in modo legittimo tra candidati onesti. Se io fossi un cittadino di Sindikash, mi rivolgerei alla Federazione perché assicurasse la regolarità delle elezioni.» «La signora Khanty non è una persona onesta, signore,» disse Worf senza nascondere il proprio disprezzo. «Processi somari, esecuzioni capitali, affronti nel nome della giustizia, rapinati notturni, e misteriose uccisioni di persone chiave.» «Min,» fece Picard, chiaramente infastidito. «È riuscita ad arrivare al potere solo grazie alle condizioni di salute del marito.» «Esatto. Se fosse morto,» confermò Toledano, «le elezioni si sarebbero già svolte. Se invece fosse stato cosciente, non ci sarebbe stato alcun referendum. Ma adesso che è in coma, Odette Khanty sta cercando di accattivarsi il consenso della folla. Non si sarebbe mai candidata se a suo marito non fosse accaduto niente. D'accordo, l'attività illegale del pianeta era sotto il suo controllo, ma non deteneva alcun potere pulito. Adesso, con le elezioni alle porte, diventerà la padrona di quel mondo. Se riusciamo ad arrestarla, allora le elezioni sanano posticipate. Avremo tempo per convincere la colonia a non chiedere la secessione.» Riker inarcò un sopracciglio. «Vuol dire che avremo tempo per forzarli a non chiedere la secessione.» Il commissario guardò il comandante con rispetto. «Lei è molto diretto, signor Riker.» «È il suo lavoro,» lo difese Picard. «E poi ha ragione. La Federazione sta soltanto cercando di prendere tempo, per poter minacciare i Seniard di ritirare la sua protezione, di abbandonarli a loro stessi.» «Ascoltatemi bene. Non siamo noi i cattivi!» ribattè Toledano, spazientito e offeso. «Non sbarcheremo sul pianeta armati fino ai denti in perfetto stile cardassiano!» «No,» concordò Riker, «ma attueremo ugualmente un embargo, tasseremo i loro prodotti, ritireremo le nostre navi di sicurezza, li spaventeremo, e sa molto bene che la Flotta Stellare non smetterà mai di intromettersi nelle faccende interne del pianeta.» Toledano sembrò voler accantonare le obiezioni di Riker con il movimento di un braccio. «Se si trattasse dei Klingon, pensate che rinuncerebbero così facilmente a una propria colonia? E che cosa farebbero i Romulani, o i Cardassiani? Se i Seniard voteranno per la secessione, noi non interverremo con la forza.» Picard annuì. «Ma abbiamo comunque il diritto di convincerli a votare altrimenti, dato il grosso investimento che è stato fatto su questa colonia. Diciamo la verità, Odette Khanty sa bene che la Federazione non rinuncerà a Sindikash tanto facilmente.» «E questo è il suo compito, Capitano,» aggiunse il commissario. «Suo e della Flotta Stellare. Il vostro compito è trovare una valida ragione per arrestare la signora Khanty. Non voglio accuse infondate, ma prove legittime, una nota sul suo diario personale, una confessione di qualche testimone, una confessione registrata. Ma visto che non è il tipo di donna che ammette facilmente i propri reati, vi sarà più facile tentare le prime due opzioni. Le sono occorsi anni per creare la complessa struttura criminale di cui ora è a capo, e ci vorrà del tempo per poterla abbattere; ma con le votazioni ormai alle porte, il tempo è un lusso che non possiamo permetterci. Non possiamo perdere un altro giorno, dobbiamo fare di Odette Khanty una criminale riconosciuta prima che diventi il governatore di Sindikash.» Riker si appoggiò allo schienale della sua poltroncina, niente affatto sollevato. «I Seniard hanno tutto il diritto di prendere una cattiva decisione, Commissario.» «Abbiamo capito il suo punto di vista,» gli disse Picard. «Ma non dimentichi che almeno il cinquanta percento della popolazione desidera ancora rimanere sotto la giurisdizione della Federazione. Anche loro hanno il diritto di essere protetti. E se ritardare le elezioni è l'unico sistema per preservare i loro diritti, allora non abbiamo altra scelta.» Toledano indicò Picard con un dito, ma continuò a osservare Riker. «Non vogliamo influenzare le elezioni. Desideriamo soltanto posticiparle.» Adesso che ognuno aveva esposto il proprio punto di vista, nella stanza cadde il silenzio. Picard rimase seduto nella sua poltroncina per qualche altro secondo, valutando quanto era stato detto. Sapeva che la decisione spettava a lui, benché le parole del commissario suonassero come ordini precisi. Sapeva che avrebbe potuto avanzare obiezioni e lamentele riguardo a quella linea di condotta che prevedeva l'ingerenza negli affari interni di un pianeta. Dopo qualche istante, sospirò. «È come perquisire la valigia di un funzionario diplomatico. Possiamo farlo, ma speriamo A trovare qualcosa di illegale.» «Allora lo farete?» insistè Toledano. Consapevole degli sguardi di Riker e Worf, Picard si alzò. «Lo faremo.» CAPITOLO TERZO «Non è ancora arrivato?» chiese Alexander con impazienza. «Non ancora. Ti avevo detto di aspettare nel tuo alloggio, Alexander.» «Non potevo aspettare. Non avrei mai pensato che zio Ross venisse sulla nave! Gli farò vedere tutto! Posso mostrargli la sala macchine?» «Forse.» Abbassando lo sguardo su suo figlio, che attendeva impaziente nella sala del teletrasporto, Worf si rese conto che raramente in passato Alexander era stato così felice. La visita di un parente non era un evento molto comune a bordo di una nave stellare come l'Enterprise. Ross Grant era stato molto vicino ad Alexander quando viveva con K'Ehleyr, la madre ormai defunta. Worf non aveva mai voluto indagare sul tipo di rapporto che aveva unito sua moglie a Ross Grant, specialmente perché quell'uomo gli aveva spesso procurato informazioni preziose per le sue indagini. Di lui, Worf sapeva solo che era bravissimo nell'ottenere informazioni, che era un ottimo amico, per essere un umano, e che era dotato di un sorprendente senso dell'onore. Erano passati alcuni anni dall'ultima volla che Alexander aveva visto Grant. Chissà quali altre gioie Worf aveva negato a suo figlio, quali esperienze. La vita a bordo di una nave stellare era parsa un'ottima scelta. Inizialmente Alexander non era stato l'unico bambino a bordo, ma quando la tensione tra Cardassiani e Romulani si era intensificata, gli ufficiali avevano iniziato a lasciare a terra i propri figli. Dovrei forse trovare un'altra soluzione? Alexander potrebbe essere più felice con i suoi parenti, sulla Terra, sotto la protezione dei nonni, anziché a bordo di un 'astronave con suo padre? Ma quanta importanza ho per lui, come padre? Dovrei chiederglielo? Si voltò verso Alexander, cercò di parlare, ma venne bloccato dalla contagiosa felicità del bambino. Alexander osservava la pedana del teletrasporto come se fosse in grado di attivarlo soo tramite lo sguardo. Poi lanciò un'occhiata in direzione Della consolle, mentre il giovane ufficiale iniziava a regolare i controlli. Ma quanta importanza ho per lui, come padre ? Come faccio a chiederglielo? Worf si maledisse, e fissò di nuovo la pedana. Essere un genitore... non avrebbe mai pensato di diventare padre, e adesso che lo era non sapeva come risolvere certe situazioni. Non aveva accudito suo figlio nei primi anni della sua vita, essendo stato all'oscuro perfino della sua esistenza, e si era sentito di colpo con la piena responsabilità di far crescere il bambino nel momento più importante della sua giovinezza, specialmente per un Klingon. Adesso cosa sarebbe successo? Worf venne distolto dalle sue fantasticherie dal segnale delli consci le del teletrasporto, emesso per segnalare che dall'altra parte tutto era pronto. L'altra parte era una nave di rifornimento della Flotta Stellare, uno dei tanti vascelli con il compito di raggiungere le navi stellari più lontane per portare i rifornimenti e trasportare gli ufficiali ai nuovi impieghi. O semplicemente per trasportare dei normali visitatori. Ma Ross Grant non stava viaggiando in veste di visitatore: come un inviato speciale del Servizio Segreto della Federazione, assegnato alla missione di Worf. «Eccolo che arriva!» Alexander sobbalzò, fece per avvicinarsi alla pedana del teletrasporto, ma venne fermato dalla robusta presa di suo padre. «Aspetta che si sia materializzato,» lo ammonì Worf. Il teletrasporto emise il consueto ronzio, che ad Alexander suonò come una felice melodia. Al centro della piattaforma si creò un bagliore accecante, e quando il lieve effetto nebbia tipico della procedura svanì dai suoi

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