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Il fato. Testo latino a fronte PDF

196 Pages·2014·1.285 MB·Italian
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classici / 35 I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore corso Vittorio Emanuele ii, 229 00186 Roma telefono 06 42 81 84 17 fax 06 42 74 79 31 Visitateci sul nostro sito Internet: http://www.carocci.it Cicerone Il fato Introduzione, edizione, traduzione e commento di Stefano Maso C Carocci editore 1a edizione, marzo 2014 © copyright 2014 by Carocci editore s.p.a., Roma Impaginazione: Imagine s.r.l., Trezzo sull’Adda (mi) Finito di stampare nel marzo 2014 da Eurolit, Roma isbn 978-88-430-7102-9 Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico. Indice La causalità, il destino e “ciò che è in nostro potere”, 9 Nota al testo, 37 Il fato, 43 Frammenti, 81 Commento, 87 Bibliografia, 185 La causalità, il destino e “ciò che è in nostro potere” Cicerone e la filosofia La fama di Marco Tullio Cicerone si deve in primo luogo alla sua appassionata attività di oratore e all’impegno politico con cui par- tecipò alle fasi più tempestose della Repubblica di Roma, fino al fallimentare epilogo. Vissuto all’epoca di Cesare e di Pompeo, di Antonio e di Ottaviano, si era fatto largo nell’agone politico di al- lora quale homo novus, cioè quale cittadino non proveniente dal patriziato o da famiglia influente. All’apice del successo giunse a ricoprire la carica di console, nel 63 a.C. Grande ammiratore dei maiores e di Catone, non fu mai un rivoluzionario e, in fin dei conti, nemmeno un riformatore. Dopo il consolato tentò di man- tenersi neutrale, ma poi si schierò con Pompeo e fu definitamente dalla parte del Senato. L’obiettività critica che a noi deriva da più di due millenni di di- stanza, e dalle indagini della ricerca storiografica calibrata su di lui e sull’epoca di transizione tra Repubblica e Principato 1, ci permet- te oggi di formulare un giudizio complessivo attendibile sulla sua controversa personalità e sul suo carattere. Arriviamo a definirne le particolari doti e i difetti e a riconoscere, nelle sue scelte di vita, sia l’impulso di ideali patriottici ravvivati da una potente ambizio- ne sia il prodotto di una costante e metodica applicazione, accanto alle conseguenze di una dubbia abilità nel mantenere la rotta tra contrastanti disegni politici, progetti militari e tensione morale e civile. Ma quel che è qui più interessante rilevare è la grande dedi- zione allo studio che Cicerone sempre mostrò e che seppe incana- lare in un percorso formativo di altissimo profilo. Dalla retorica, alla poesia, alla letteratura e, soprattutto, alla filosofia. Cicerone, fin da giovane, ebbe per maestri filosofi di fede epicurea (Fedro e Zenone di Sidone) e stoica (Diodoto e Posidonio), e poi gli academici Filone di Larissa e Antioco di Ascalona 2; sempre fu 9 consapevole dei limiti della tradizione filosofica di Roma e della lin- gua latina che gli appariva inadatta e povera a interpretare la raffina- tezza e la profondità dei contenuti proposti dalle scuole filosofiche ellenistiche; ben volentieri si offerse quale “tramite” presso il mon- do romano 3 del sapere filosofico dei Greci. Tuttavia, solo negli ulti- mi tre/quattro anni della sua vita, vale a dire dopo la vittoria di Ce- sare a Farsalo, in Tessaglia, e poi in Egitto, allorché capì come ormai fosse inevitabile il suo ritiro dall’agone politico, Cicerone decise di votarsi alla filosofia. Tra il 46 e il 44 a.C. ecco dunque Cicerone, in preda a un’instancabile frenesia, comporre il Brutus, i Paradoxa Stoicorum, l’Hortensius, gli Academica, il De finibus, le Tusculanae disputationes, il De natura deorum, eccolo tradurre il Timeo, scrive- re il Cato maior de senectute, il De divinatione, il De fato, il De gloria, il Laelius de amicitia, il De officiis. Opere tutte di notevole impe- gno compositivo nelle quali poté avvalersi, com’egli stesso fa capire, degli scritti dei suoi maestri o di quanto era patrimonio delle scuo- le filosofiche dell’epoca. Opere che erano anche il frutto di un sot- terraneo e lungo suo lavoro preparatorio che risaliva agli anni della formazione giovanile e dei viaggi in Grecia, nella terra dei pensato- ri da lui ammirati. Opere che dunque oggi non possono essere spac- ciate come l’esito di un mero lavoro di traduzione. Significativamente, nel settembre del 46, Cicerone confessa- va all’amico Servio Sulpicio: «Se fin da quando ero giovane ogni ambito e ogni aspetto della cultura e soprattutto la filosofia sono stati per me motivo di diletto, oggi questa passione per lo studio s’intensifica di giorno in giorno, sia perché credo che l’età matura inclini alla riflessione, sia perché nelle attuali penose circostanze nient’altro può alleviare l’animo dalle preoccupazioni» 4. Questo è il clima e questa è la temperie storica che occorre tenere presenti se, soprattutto, ci si propone di studiare la personalità di Cicerone come filosofo 5. Ne emergerà un atteggiamento non tanto passivo di fronte alla cultura greca, quanto piuttosto costruttivo e insie- me critico; un profilo che denoterà addirittura un’urgenza fonda- tiva. Non è un caso infatti che, di fronte alla varietà delle prospet- tive filosofiche, Cicerone intendesse uscire dal dubbio e adottare un progetto sicuro intorno al quale lavorare e fissare una serie di proposte etico-civili affidabili. Come oggi sappiamo, più che allo Stoicismo fu agli insegnamenti dell’Academia (prima di Filone e poi di Antioco) che cercò di appoggiarsi. 10

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