DONATO PIROVANO IL DOLCE STIL NOVO SALERNO EDITRICE Il concetto storiografico di Dolce stil novo risale alla Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis, che per primo lo formulò nel 1870. E tuttavia, benché accolto da molti tanto da figurare ancora nelle storie letterarie e nei manuali scolastici, esso non ha goduto e tuttora non gode di unanime consenso tra gli studiosi della poesia delle Origini. È davvero esistito il Dolce stil novo, oppure è un fantasma storiografico generato dalla poetica dantesca? Questo volume cerca di dare una risposta, attraverso un’analisi puntuale e ag- giornata dei testi e lo studio della loro tradizione manoscritta. Ne emerge che la poesia degli ultimi anni del secolo XIII ri- chiama a un repertorio metrico chiuso, a uno stile limpido, piano e trasparente (‘dolce’), a un’esclusività tematica tutta in- centrata sull’amore, a un pubblico rigorosamente preselezio- nato non solo sul piano culturale ma anche e soprattutto sul piano etico. Il volume comprende una prima parte dedicata al problema storiografico e agli aspetti generali della nuova poesia e poi capitoli distinti per i singoli poeti: dai maggiori ai minori, con proposte per un nuovo canone degli stilnovisti. Manca, voluta- mente, un capitolo dedicato a Dante, perché il protagonista indiscusso del Dolce stil novo aleggia su tutto il volume. SESTANTE COLLANA DIRETTA DA ANDREA MAZZUCCHI CONDIRETTORI ANTONIO GARGANO E MATTEO PALUMBO 30 DONATO PIROvANO IL DOLCE STIL NOvO SALERNO EDITRICE ROMA Composizione presso Grafica Elettronica, Napoli Copertina: Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Chigi L VIII 305, c. 7r: pagina iniziale della Vita Nuova di Dante, snodo importante nella storia del Dolce stil novo Realizzazione tecnica a cura di Grafica Elettronica, Napoli 1a edizione digitale: gennaio 2015 ISBN 978-88-8402-987-4 1a edizione cartacea: gennaio 2015 ISBN 978-88-8402-949-2 Tutti i diritti riservati - All rights reserved Copyright © 2014 by Salerno Editrice S.r.l., Roma a Enrico PREMESSA Una monografia che accampa nel titolo la formula « Dolce stil novo » richiede una giustificazione. Il concetto storiografico di Dolce stil novo non è recente, visto che risale alla Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis (1870), ma – sebbene sia stato accolto da molti, tanto che figura ancora saldamente nelle storie letterarie e nei manuali scolastici – non ha mai goduto e non gode tuttora di unanime consenso. Si potrebbe dire che quel verso famoso e filologicamente irrisolto – « di qua dal dolce stil novo ch’i’ odo » (Purg., xxiv 57), la cui lettura è frutto, come noto, di ricostruzio- ne congetturale – continui a diffondere non solo sull’esegesi dantesca, ma anche, e soprattutto, sulla storiografia letteraria che se ne è impossessata, le ombre del dubbio. Il primo capitolo affronta dunque, sinteticamente, la storia del contro- verso concetto storiografico di Dolce stil novo, mettendone a fuoco le piú discusse problematiche: è corretto isolare nella storia della poesia italiana di fine ’200 e inizio ’300 un gruppo di poeti che si riconosce in una poetica condivisa? è lecito utilizzare i versi danteschi dell’episodio di Purg., xxiv, in funzione di una ricostruzione storico-letteraria? quelle parole sono ap- propriate solo a una fase circoscritta della poetica dantesca o possono es- sere estese ad altri rimatori che condivisero veramente un comune idea- le e un medesimo modo di poetare? ammessa l’intenzione di coinvolgere in una poetica condivisa alcuni poeti ed escluderne altri, Dante può dav- vero essere considerato un testimone credibile e imparziale, oppure è piut- tosto uno storico interessato, se non addirittura fazioso? E ancora. Una volta accolta – per convinzione critica o per convenzione – la nozione sto- riografica di Dolce stil novo, chi sono gli “stilnovisti”? I capitoli successivi (ii-iv) tentano un’aggiornata risposta a queste do- mande, esaminando prima le dichiarazioni di poetica di Dante – con un percorso volutamente a ritroso dalla Commedia alla Vita nuova –, poi le polemiche che contrapposero poeti della vecchia e della nuova manie - ra negli ultimi anni del ’200, successivamente gli aspetti e i caratteri del- la nuova poesia e da ultimo i contrasti all’interno dello stesso gruppo. Ne emerge un quadro quanto mai problematico, con un panorama tutt’altro che irenicamente compatto. Se questi nuovi poeti, pochi ma agguerriti e 9 premessa determinati, richiamano a un repertorio metrico chiuso (canzone, sonet- to, ballata), a uno stile limpido, piano e trasparente (‘dolce’), a un’esclusi- vità tematica tutta incentrata sull’amore, a un pubblico rigorosamente se- lezionato non solo sul piano culturale ma soprattutto sul piano etico, se polemizzano anche vivacemente con un vecchio modo di fare poesia (in particolare contro Guittone e i suoi seguaci), tra loro ci sono evidenti e mar- cati contrasti, e piú che l’idea di amicizia sembra prevalere il topos del “su- peramento”, inevitabile conseguenza dell’egocentrismo di personalità ri- levanti, dove spiccano in particolare Dante e Cavalcanti. È sembrato poi opportuno (cap. v) indagare la tradizione manoscritta, perché proprio nei codici di fine ’200 e inizio ’300, e poi nelle prime stampe si trovano seria- zioni che potrebbero far pensare a una idea acquisita di Dolce stil novo già prima di De Sanctis. I capitoli successivi (vi-ix) – che formano la seconda parte – sono dedi- cati ai singoli poeti: il riconosciuto padre Guinizzelli, Cavalcanti, Cino da Pistoia, i satelliti Lapo Gianni, Gianni Alfani e Dino Frescobaldi. È il ca- none che si è imposto nella tradizione editoriale del ’900 e che alcuni stu- diosi ritengono ormai superato, tanto che negli ultimi anni è stato sotto- posto a una serie di trazioni, senza però che si sia ancora giunti a una ret- tifica condivisa. Ammessa la legittimità della revisione – tanto piú che ultimamente si sono compiuti passi importanti se non decisivi in àmbito codicologico, fi- lologico e linguistico sulla poesia delle Origini –, un nuovo canone potrà nascere in séguito a una riscrittura integrale della storia della lirica del ’200 e del primo ’300, in cui comunque il concetto storiografico di Dolce stil novo potrà ancora avere un senso, nonostante le diuturne contestazioni cui è stato sottoposto. L’ultimo sintetico capitolo (il x) apre a questa pos- sibi lità. Non può non colpire l’assenza nella seconda parte di un capitolo intero dedicato a Dante. L’assenza è voluta. Il protagonista indiscusso del Dolce stil novo non ha un suo luogo specifico, che doveva essere necessariamen- te limitato, perché egli aleggia su tutto il volume. Milano, 24 giugno 2014 D.P. 10