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Il De tragoedia “barocciano”: una rivisitazione cinquant’anni dopo PDF

247 Pages·2020·2.783 MB·Italian
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O R I E N TA L I A L OVA N I E N S I A A N A L E C TA Il “barocciano” De tragoedia Una rivisitazione cinquant’anni dopo di MARIA LUISA AGATI PEETERS IL DE TRAGOEDIA “BAROCCIANO” Oxford, Bodleian Library, Barocci 131, fol. 415v. © Bodleian Library, University of Oxford. ORIENTALIA LOVANIENSIA ANALECTA ————— 294 ————— BIBLIOTHÈQUE DE BYZANTION 25 IL DE TRAGOEDIA “BAROCCIANO” Una rivisitazione cinquant’anni dopo di MARIA LUISA AGATI PEETERS LEUVEN – PARIS – BRISTOL, CT 2020 A catalogue record for this book is available from the Library of Congress. © 2020, Peeters Publishers, Bondgenotenlaan 153, B-3000 Leuven/Louvain (Belgium) All rights reserved, including the rights to translate or to reproduce this book or parts thereof in any form. ISBN 978-90-429-3913-4 eISBN 978-90-429-3914-1 D/2020/0602/122 SOMMARIO PREFAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VII ABBREVIAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XI INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1. Tradizione manoscritta, edizioni a stampa e studi . . . . . 1 2. Natura del testo e quesiti attribuzionistici . . . . . . . 3 3. Caratteristiche paleografiche e prime ipotesi di genesi del mano- scritto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 PARTE PRIMA TESTO E COMMENTARIO . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1. Criteri editoriali . . . . . . . . . . . . . . . . 29 2. Comportamenti del copista e categorie di emendamento . . . 30 3. Siglum codicis et abreviationes . . . . . . . . . . . 33 4. Testo e traduzione . . . . . . . . . . . . . . . 34 5. Commentario . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 PARTE SECONDA CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE . . . . . . . . . . . . . . 119 1. Teatro a Bisanzio e quesiti preliminari . . . . . . . . 119 2. Tentativi di attribuzione . . . . . . . . . . . . . 124 3. Dubbi sulla paternità pselliana . . . . . . . . . . . 130 4. Fonti del Περὶ τραγῳδίας e deduzioni . . . . . . . . 136 5. Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . 152 BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173 INDICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205 Indice terminologico . . . . . . . . . . . . . . . 207 Indice dei nomi, delle opere e delle scuole di pensiero anteriori al XIX secolo e dei toponimi . . . . . . . . . . . . . 211 Indice delle fonti manoscritte . . . . . . . . . . . . . 221 PREFAZIONE La poesia non può e non deve essere tradotta. Quando viene tradotta, infatti, l’armonia si rompe, il metro si perde, la bellezza svanisce e tace per sempre il meraviglioso che è in essa, divenendo così simile alla prosa (mu’tazilita al-Jâhiz, trad. Cassarino*) Mi ero occupata dell’anonimo testo bizantino in oggetto appena quindici anni dopo la pubblicazione che l’aveva reso noto, nel 1963, prima che vicende di vario genere, accademiche ma non solo, dessero nuovo corso ai miei filoni di ricerca e di didattica, sì da farmi accantonare questo lavoro, già giunto allo stadio conclusivo nella sua rielaborazione da una iniziale tesi di specializzazione in Dramma Antico presso l’Istituto INDA di Siracusa1. Il fatto, tuttavia, di essermi casualmente trovata tra le mani una sua seconda edizione in italiano, corredata di traduzione e commento, uscita trent’anni dopo la prima, in mezzo alle varie letture su argomenti che continuano a starmi a cuore dai tempi della mia prima formazione filologica classica e bizantina, mi ha invogliato a riprenderlo tra le mani: dalla iniziale certezza di non poter più aggiungere niente, ormai, all’acribia delle precedenti analisi, sono così passata infine alla sorpresa, e convinzione, che qualcosa ancora da dire, sia pur limitata dopo l’avanzamento degli studi in questi anni, mi sarebbe rimasta, da quella prima traduzione con commentario stilati, con zelo di novizia, nella stagione in cui mi appassionavo in studi sul teatro greco antico ma nel contempo, superando la griglia degli schemi ‘classicisti’, acquisivo anche un’ottica più allargata attra- verso gli studi di bizantinistica. Qualcosa da dire ancora oggi, malgrado dunque – e certamente – l’esistenza di qualche cenno in più sull’argomento rispetto agli ultimi decenni del secolo scorso, e alla luce, tra l’altro, della più moderna esperienza del teatro antico. Ciò significa considerare in primo luogo le acquisizioni e speculazioni più recenti nelle indagini relative specialmente agli aspetti paratestuali della poesia dram- matica – intendo quelli scenico-spettacolare, nonché musicale-coreutico, nel quale questo testo sembra particolarmente compiacersi e in cui, in modo parti- colare, si sono convogliati i miei interessi negli ultimi anni –; ma significa, d’altra parte, prestare anche un’attenzione nuova al contesto in mezzo al quale * M. CASSARINO, Traduzioni e traduttori arabi dall’VIII all’XI secolo, Roma, 1998, p. 85. 1 AGATI, Un trattato anonimo Sulla tragedia. VIII PREFAZIONE quest’operetta ci è giunta (tipologia di libro/manoscritto che la tramanda e silloge di testi ivi trasmessi, con le indagini di tipo storico, filologico e paleografico che vi si possono connettere) e quindi, per trarne nuove riflessioni conclusive, considerare come punto di partenza le più recenti investigazioni relative ai milieux dotti d’età medio o tardo-bizantina e alla loro attività di copia, letture e studio, con le particolari forme di trasmissione dei testi che vi si riallacciano: un sostrato, questo, dal quale non può essere avulso lo studio del presente testo, che è – va ribadito – un testo bizantino e non un testo classico. Dunque, qualcosa da dire o aggiungere, soprattutto, in merito al possibile quadro storico-culturale relativo alla sua origine. Si tratta, in sostanza, del pro- blema cruciale mai risolto della genesi del testo e, più in particolare, della sua paternità, aspetti che forse erano ancora prematuri e, quindi, sorvolati dal primo editore, quanto del tutto trascurati dalla seconda editrice, ma che comunque in generale pare non siano stati affrontati direttamente o nello specifico del testo in questione2. Per quanto riguarda propriamente il testo, ho inizialmente concepito le annota- zioni ermeneutiche e riflessioni che seguono – talora, forse, anche “divagazioni” – nell’ambito di un contributo, ristretto, di carattere esegetico, ma quando la mate- ria ha assunto una certa proporzione e ha richiesto la necessità di un confronto diretto e, quindi, di accesso immediato al testo per una migliore comprensione dei vari punti del commentario, è inevitabilmente nata l’idea di riproporre una nuova edizione, non senza una certa dose di perplessità a dire il vero, dal momento che questo testo è tradito da un exemplar unico ed è stato eccellen- temente trascritto dal primo editore. Mi è sembrato, ciò nonostante, utile ripartire dalla lettura diretta del codice, per verificare, evidenziare e/o prendere posizione su alcune lezioni controverse, che hanno indotto anche a correzioni condivisibili o meno, nonché sui segni e criteri di punteggiatura usati dallo scriba del codice. Dette annotazioni non sono perciò nate con la pretesa, o ragione, di essere sistematiche, ovvero relative ad ogni passo del componimento – ormai abbastanza sviscerato –. A parte inevi- tabili ripetizioni nella presentazione iniziale del testo, evitando piuttosto nel corso del commento di reduplicare riferimenti già apportati (o semmai limitan- doli), esse sono unicamente tese ad aggiungere precisazioni nei soli punti e sulle fonti di volta in volta sottese che si riterrà opportuno riprendere, o, anche, a sottolineare qualche eventuale discrepanza d’interpretazione con chi mi ha preceduto. 2 PONTIKOS, Anonymi Miscellanea Philosophica, è forse il solo, sinora, che è arrivato a for- mulare delle conclusioni originali, sulla base, tuttavia, non del singolo trattato in sé (del quale, anzi, non si occupa), ma ampliata a tutti gli altri del “blocco” filosofico in mezzo a cui questo è collo- cato. Vi si tornerà nella discussione dell’ultima parte di questo lavoro. PREFAZIONE IX Senza pertanto nulla togliere all’eccellenza filologica delle edizioni preesi- stenti, delle quali la seconda integra di certo la prima, intuitiva ma fondamentale e tuttora ineludibile punto di riferimento, ho voluto semplicemente aggiornarle, offrendo sia una messa a punto a distanza di più di cinquant’anni da quando il testo è stato reso pubblico e sia, insieme, un nuovo tentativo di ridiscutere sulla problematica complessiva presentata da quest’operetta interessante che, anello di una tradizione partita dalla teorizzazione della Poetica aristotelica, è, e rimane tuttora, un unicum. Il fatto che, dopo decenni, il dibattito intorno ad essa non si sia esaurito, non fa che confermare e, anzi, rafforzare la sua peraltro già sottolineata stra- ordinarietà. Ho suddiviso in tre parti questo lavoro. La prima parte, introduttiva, in tre paragrafi presenta in modo generale l’ar- gomento, ponendo sulla bilancia i diversi quesiti che pone: testi e fonti di rife- rimento, e ipotesi sinora formulate, sia sul testo che sul manoscritto miscellaneo che lo tramanda, con un tentativo di ricostruire in via ipotetica le fasi del lavoro dei diversi scribi ed un’analisi paleografica del copista che ha vergato il nostro trattato. La seconda parte è quella centrale di edizione del testo, traduzione e com- mentario. Nella terza ed ultima parte, in cinque paragrafi, si raccolgono le fila, cercando di dipanare la matassa ingarbugliata dei problemi già esposti con una serie di riflessioni critiche, a partire da una rapida visione d’insieme dell’oscuro sog- getto del teatro a Bisanzio, poi il dilemma della paternità del testo e la ripresa in modo dettagliato delle fonti, punto dopo punto: un’analisi serrata da cui spontaneamente, col supporto di nuove osservazioni di tipo storico-filologico, scaturiscono le considerazioni conclusive sull’autore e sul possibile ambito in cui fu concepita non solo la singola operetta ma, con ogni probabilità, tutto il blocco di testi in mezzo ai quali essa è tramandata. Nel momento di liquidare alle stampe il presente studio, mi è gradito volgere un particolare pensiero di gratitudine alla memoria di “Maestri” con i quali ne avevo condiviso il progetto ed una parziale realizzazione: in primo luogo Rosario Anastasi, noto specialista di studi sull’XI secolo e in particolare su Michele Psello, che fu il primo interlocutore per il mio approccio a questo trattato; quindi Filippo Maria Pontani, col quale avevo intavolato una discussione sulla proble- matica di questo testo, in vista di una pubblicazione finale; e infine Carlo Gallavotti che, appena approdata in Vaticana, quasi mi “adottò”, istillandomi tutto il suo giovanile entusiasmo per il mondo greco, classico e bizantino. Last, but not least, il mio pensiero va a Paul Canart da poco scomparso, che dopo avermi istradata nei sentieri impervi della cultura grafica di quella civiltà

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