Il fatto è tutto nelle prime tre pagine.
Lei, la protagonista, Nicola, è uscita per comprare le sigarette e, quando torna, lui, Jonathan, l’uomo che ama e con cui ha vissuto cinque anni, le dice: «Vieni qui. Devo parlarti».
Lei non capisce il perché di un tono tanto serio e minaccioso. O, forse, non vuole capire.
Lui parla: la loro storia, la loro convivenza è finita. «Voglio che tu te ne vada, mi dispiace ma è meglio essere chiari. Questa cosa fra noi non funziona, lo sai bene anche tu.»
Lei rimane muta, «lo stomaco si era fatto di ghiaccio, le caviglie erano diventate acqua». Poi «si diresse vacillando verso il divano dove si lasciò cadere, stringendosi addosso il cappotto. Le mani erano ancora nelle tasche, avvinghiate alle sigarette, agli spiccioli, alle chiavi. Non osava guardarlo. Eppure sapeva di doverlo fare».
C’è qualcosa di irreale in questa conversazione. Certamente per Nicola che si siede, attonita, sul divano del salotto, di fronte al camino. Ma c’è qualcosa di stonato anche per noi che, grazie a Madeleine St John, possiamo vedere quel che avviene un pomeriggio di una settimana qualsiasi in un appartamento discreto e tranquillo di Notting Hill.
A Nicola sembra che le parole di Jonathan siano uno scherzo, «quel tipo di scherzo che a volte si presenta nei sogni, dove il concetto di giusto e sbagliato non esiste». Anche il lettore ha la stessa impressione. Deve capire meglio. La sua attenzione, perciò, come quella di Nicola, si sposta su Jonathan; si accorge che ha «una espressione composta, come una maschera di tranquilla sicurezza». Si rende conto che fa sul serio.