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Il Cristo dell’Amiata. La storia di David Lazzaretti PDF

164 Pages·2003·1.27 MB·Italian
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LE SCIE Arrigo Petacco IL CRISTO DELL'AMIATA La storia di David Lazzaretti 2003 ARNOLDO MONDADORI EDITORE - MILANO I EDIZIONE MARZO 2003 Indice IL CRISTO DELL'AMIATA Il Cristo dell'Amiata. La storia di David Lazzaretti CAPITOLO I: Il secondo figlio di Dio CAPITOLO II: Il sinedrio di Roma CAPITOLO III: La visione CAPITOLO IV: La chiamata CAPITOLO V: Il bollo divino CAPITOLO VI: L'uomo del mistero CAPITOLO VII: L'ultima cena CAPITOLO VIII: I codici; CAPITOLO IX: L'arresto CAPITOLO X: L'infiltrato CAPITOLO XI: In Francia; CAPITOLO XII: La perizia psichiatrica CAPITOLO XIII: L'aiuto della Provvidenza CAPITOLO XIV: Per l'Europa CAPITOLO XV: I dodici Apostoli CAPITOLO XVI: «La repubblica è il regno di Dio»; CAPITOLO XVII: La manifestazione CAPITOLO XVIII: In nome della Legge BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE VOLUMI PUBBLICATI NELLA COLLEZIONE «LE SCIE» Arrigo Petacco Il Cristo dell'Amiata. La storia di David Lazzaretti La storia di David Lazzaretti «Lassù sul monte Amiata è morto Gesù Cristo da vero socialista ucciso dai carabinieri»: così i versi di un'antica canzone popolare rievocano la leggendaria figura di David Lazzaretti, umile barrocciaio nativo di Arcidosso, paesino in provincia di Grosseto, che, scopertosi mistico visionario, divenne nell'Italia postrisorgimentale predicatore di un radicale rinnovamento religioso e fondatore di una comunità di fedeli basata su un ideale di socialismo evangelico. Dopo l'unificazione si verificò nel nostro Paese un peggioramento delle condizioni di vita nelle campagne, soprattutto nelle regioni centro-meridionali. I contadini si trovarono da un lato vessati dalla politica «coloniale» del nuovo Stato, che li gravava di tasse particolarmente odiose, e dall'altro sottoposti alla subdola influenza di una Chiesa arroccata su posizioni antiliberali e antimoderniste. Fu questo l'humus primario in cui maturarono non soltanto il brigantaggio e le insurrezioni anarchiche di quegli anni, ma anche la singolare esperienza spirituale di Lazzaretti. Autodidatta dalla fantasia fervida e impetuosa, con una naturale propensione al comando, il «santo David» ricevette l'«illuminazione» nel 1868, a trentaquattro anni. La sua predicazione, iniziata nel territorio del monte Amiata e poi diffusasi oltre i confini italiani, s'ispirava a un cristianesimo delle origini. Attraverso grandiose e spesso stravaganti visioni egli vaticinava l'avvento di un'era di fratellanza e uguaglianza che sarebbe culminata nella manifestazione, per suo tramite, del «grande liberatore del mondo, il secondo Cristo». Lo slancio profetico di Lazzaretti si concretizzò poi in un ampio progetto comunitario, la Società delle famiglie cristiane, che introdusse riforme rivoluzionarie invise sia allo Stato liberale sia alle gerarchie ecclesiastiche, come l'abolizione della proprietà privata, la comunanza dei beni, la suddivisione degli utili e la parità di diritti fra uomini e donne. Nel Cristo dell'Amiata, edito per la prima volta nel 1978 e ora riproposto all'attenzione dei lettori, Arrigo Petacco ricostruisce le vicissitudini di David Lazzaretti al di là della tradizione popolare ancor oggi viva nell'Amiata e della confusione con le rivolte e i movimenti così diffusi nell'Italia postunitaria. Ne emerge l'immagine di un popolano semianalfabeta, di un visionario ingenuo che, nell'ansia di realizzare il regno di Dio su questa terra, divenne suo malgrado un ribelle, e come tale morì, raggiunto da un colpo d'arma da fuoco durante uno scontro con le forze dell'ordine. Arrigo Petacco è nato a Castelnuovo Magra, La Spezia, e vive a Portovenere. Giornalista, inviato speciale, è stato direttore de «La Nazione» e di «Storia illustrata», ha sceneggiato alcuni film e realizzato programmi televisivi di successo. Nei suoi libri affronta i grandi misteri della storia, ribaltando spesso verità giudicate incontestabili. Fra gli altri ricordiamo: L'anarchico che venne dall'America, Joe Petrosino, Il Prefetto di ferro, Riservato per il Duce (nuova edizione L'archivio segreto di Mussolini), Dal Gran Consiglio al Gran Sasso (con Sergio Zavoli), Pavolini. L'ultima raffica di Salò (nuova edizione Il superfascista), I ragazzi del '44, Dear Benito, caro Winston, La regina del Sud, La principessa del Nord, La signora della Vandea, La nostra guerra. Il comunista in camicia nera, Regina. La vita e i segreti di Maria Hosé, L'armata scomparsa, Ammazzate quel fascista! Sono intimamente convinto che se Lazzaretti avesse avuto maggior cultura e fosse nato in altri tempi e in altri luoghi, avrebbe potuto riuscire un san Paolo, un sant'Agostino, o per lo meno un Lutero. ANDREA VERGA. Se David è matto son matti tutti i santi in Paradiso. Detto dell'Amiata. Gli allucinati compongono una strana famiglia dalla quale sono usciti eroi, martiri, santi e assassini. ANDREA VERGA. CAPITOLO I IL SECONDO FIGLIO DI DIO «Ego sum! Sì, io sono quello che attendevano le nazioni. Sono il Figlio dell'Uomo. Ego sum! Sì, è giunto il tempo che io riveli a voi la mia natura divina. Io sono il David d'Isaia, sono il Leone della tribù di Giuda, sono il Cristo, Duce e Giudice, la reincarnazione di Gesù...» Le parole di David Lazzaretti si levarono alte nella stanza ampia e disadorna, che torce e lumi a olio sfrigolanti per i soffi d'aria provenienti da mille fessure rischiaravano malamente. Fuori, intanto, continuava a diluviare, il vento ululava e le folgori squarciavano lembi di cielo illuminando con bagliori sinistri la vetta bianca e brulla del monte Labbro dove David aveva fatto erigere il suo eremo e la sua torre. «Ego sum!» gridò ancora David in piena crisi mistica. La sua figura, gigantesca e spettrale, si stagliava contro l'altare in un gioco suggestivo di ombre e di luci. Grosse lacrime gli solcavano il volto barbuto e scavato dai lunghi digiuni. «Sì,» ripeté «io sono quel Cristo.» Poi cadde in ginocchio e aggiunse, con quella sua caratteristica parlata toscana, che il lungo soggiorno all'estero non aveva affatto migliorato: «Voi non dovete temere della tempesta che infuria fuori, perché la tempesta è in me. Questa è la notte in cui si aprono gli abissi e milioni di anime volano al cielo. Voi non dovete temere perché io vi porto la redenzione. Io solo sono la vittima predestinata. Il sangue delle mie vene placherà lo sdegno di Dio». Circa cento persone ammassate una sull'altra sul freddo pavimento di terra battuta ascoltavano estatiche le parole del profeta, ma nessuno dei fedeli parve capire il vero significato della sconvolgente dichiarazione di David. Soltanto i due sacerdoti che officiavano all'altare l'avevano accolta con un brivido di paura e poi, folgorati dalla rivelazione, erano caduti in ginocchio accanto a lui borbottando freneticamente sommesse preghiere. Era la sera dell'8 marzo 1878, venerdì. La Nuova Sion (questo il nome imposto all'eremo da David, il quale aveva anche modificato quello del monte Labbro in monte Labaro perché gli pareva più suggestivo) era più affollata del solito. La notizia del ritorno di Lazzaretti, il «santo David», come tutti lo chiamavano nell'Amiata, era corsa di bocca in bocca, di villaggio in villaggio e tutti i membri della Società delle famiglie cristiane si erano inerpicati sotto la pioggia fin sulla vetta del monte per ascoltarlo. C'erano, in prima fila, i dodici apostoli col loro caratteristico cappello di lana grigia e poi gli eremiti penitenzieri, i militi crociferi, i discepoli, le matrone, le figlie dei cantici, le vergini e gli altri componenti degli ordini e dei sottordini religiosi che David aveva meticolosamente classificato e di cui quei montanari di animo semplice si erano lasciati investire accettandone le regole rigorose con sincero entusiasmo e autentica fede. Tutti i presenti portavano appuntato sul petto il «simbolo di David» che distingueva i seguaci di Lazzaretti dagli altri cristiani. Si trattava di una sorta di distintivo composto da due «C» contrapposte con una croce in mezzo e che appariva all'incirca così: <O + C». David era sempre stato restio a fornire spiegazioni sul significato del misterioso simbolo che portava impresso sulla fronte come una stimmata, ma aveva imposto ai suoi seguaci di appuntarlo sulle vesti e anche di scolpirlo sull'uscio di casa. Con questa disposizione aveva favorito senza volerlo il lavoro del delegato di pubblica sicurezza di Arcidosso. Questi, infatti, quando gli era stato ordinato di tenere d'occhio la presunta setta papista sviluppatasi nell'Amiata, non aveva dovuto faticare molto per redigere l'elenco completo dei suoi componenti. Ma neanche il delegato, fino a quel momento, era riuscito a scoprire il recondito significato di quelle due «C» con la croce in mezzo che i lazzarettisti usavano anche per marchiare i beni e gli animali appartenenti alla loro comunità. Scriveva infatti al prefetto di Grosseto, Cotta Ramusino, il quale più per curiosità che per altro gli aveva chiesto lumi in proposito: Dicesi che questo simbolo ricalchi fedelmente un misterioso tatuaggio che il suddito Lazzaretti David porterebbe impresso sulla fronte. Io personalmente non ho mai visto questo marchio né l'hanno visto persone di mia fiducia poiché il sedicente profeta, che usa portare i capelli alla nazzarena, è solito nasconderlo sotto il ciuffo. Secondo una credenza popolare qui molto diffusa e che il Lazzaretti alimenta furbescamente, il marchio gli sarebbe stato impresso in fronte addirittura da San Pietro durante un suo lungo eremitaggio in una grotta di Montorio Romano, allora negli Stati Pontifici, nel corso della quale egli avrebbe avuto delle conferenze con la Madonna e altri Santi... Il tanto discusso simbolo, la sera dell'8 marzo 1878, figurava ricamato in rosso anche sulla cotta dei due sacerdoti della

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