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Il compimento della Torah. Gesù e la Scrittura in Mt 5,17-48 PDF

256 Pages·2013·17.538 MB·Italian
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Cosa significa che Gesù Cristo non è venuto ad abolire ma a portare a compimento la legge e i profeti? Qual è il rapporto tra l'insegnamento del Messia e la Torah alla luce di quanto viene detto in Mt 5,17-48? Come risolvere l'evidente tensione tra la fedeltà alla legge nei suoi minimi particolari richiesta in Mt 5,18 e il "ma io vi dico" ripetuto sei volte nella continuazione della pericope? La storia dell'interpretazione di Mt 5,17 è ricca: molti hanno tentato di darne un'inter pretazione soddisfacente, nessuno è riuscito a fornirne una definitiva. Alcuni hanno letto questo passo del discorso della montagna rappresentandosi un Gesù dal volto raggiante venuto a sostituire l'antica legge con il Vangelo. Altri hanno immaginato semplicemente di vedere un rabbino della Galilea venuto a dare la sua personale interpretazione della Torah. Questa opera, basandosi sullo studio delle fonti giudaiche e cristiane antiche, vuole essere un contributo alla comprensione di un passo così importante per l'identità cristiana e il suo rapporto con l'ebraismo. ISBN 978-88-6240-206-4 111111111111111111111111 25,50 euro 9 788862 402064 Matteo Munari Il compimento della Torah Gesù e la Scrittura in Mt 5,17-48 ers edizioni terra santa © 2013 Fondazione Terra Santa-Milano Edizioni Terra Santa-Milano Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l'autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti. Edizioni Terra Santa Via G. Gherardini 5 -20145 Milano (Italy) te!.: +39 02 34592679 fax: +39 02 31801980 http:// www.edizioniterrasanta.it e-mail: [email protected] Finito di stampare nel dicembre 2013 da Corpo 16 s.n.c. -Bari per conto di Fondazione Terra Santa ISBN 978-88-6240-206-4 PREFAZIONE ... U)lEl~ oi: àyanii'rE 'tOÙ~ )ltcrOUV'ta~ U)lU~ KaÌ OÙX E/;ETE ÈX9p6v ... voi al contrario amate coloro che vi odiano e non avrete alcun nemico (Did 1,3) Qualche anno fa, ispirato dalla città nella quale vivo, dove non di raro iden tità religiosa e odio del nemico sono intrinsecamente uniti, decisi di scrivere la mia tesi di licenza su Mt 5,43-48. Desideravo approfondire il tema dell'amore del nemico nella forma e nel contesto in cui esso è presentato nel primo van gelo. Pensavo infatti che la struttura antitetica della pericope fosse particolar mente adatta per descrivere il mondo in cui vivevo e nel quale tuttora vivo: la città santa di Gerusalemme. Capita spesso che l'uomo sia portato a identifi care l'amore per la propria fede con l'odio e il disprezzo verso le altre. Tale at teggiamento nasce teoricamente dall'esigenza di difendere la propria identità e prevenire eventuali contaminazioni con altre religioni ritenute pericolose a causa della loro capacità di sedurre e allontanare dalla verità. In pratica tutta via, il desiderio di separazione da chi è diverso, allontana l'uomo non soltanto dal suo prossimo ma anche dal suo Dio. Studiando l'ultima delle cosiddette antitesi che comanda l'amore per il ne mico, fu necessario approfondire la nozione di compimento, che costituisce la chiave di lettura di ognuno dei sei insegnamenti di Gesù illustrati in Mt 5,21-48. Nacque così l'idea di intraprendere una ricerca mirata alla compren sione del genere di compimento annunciato in Mt 5,17, definito in Mt 5,18-20 e applicato in Mt 5,21-48. Quest'opera è una rielaborazione della disserta zione dottorale, della quale ho già pubblicato un estratto. Giunto al termine del lavoro, ammetto che, per quanto interessante e coin volgente sia stata la ricerca, risulta oggi particolarmente difficile offrire un contributo che abbia carattere di intelligente novità su un tema che è stato ap profondito nel corso di venti secoli. Nelle tesi dottorali che si concentrano su 5 Il compimento della Torah passi noti del Nuovo Testamento, è facile infatti cadere nel rischio di ripetere cose intelligenti già dette o di dire cose nuove che non aggiungono niente alla reale comprensione del testo. Lascio al lettore di giudicare se e in che misura sono stato trascinato verso una o entrambe le derive. Desidero ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questo lavoro e in particolare p. Frédéric Manns e p. Luis Diez Merino che mi hanno seguito e incoraggiato nella ricerca. Uno speciale ringraziamento rivolgo alle sorelle Clarisse di Temi che hanno corretto l'italiano di questa opera eliminando gli "aramaismi" in esso presenti. Ringrazio tutti i confratelli della mia comunità i quali, prima come professori e poi come colleghi, mi hanno insegnato ad amare la Parola di Dio e a cercare in essa la vita. La mia gratitudine va anche ai Frati Minori della Provincia Serafica di S. Francesco di Assisi che mi hanno accolto, formato e mi hanno trasmesso il piacere di vivere il Vangelo. Grazie infine alla mia famiglia e alla mia comunità parrocchiale per il dono della vita, dell'amore e della fede in Cristo. A Lui il mio grazie più grande per ogni bene ricevuto e in particolare per la grazia che mi ha concesso di studiare la sua Pa rola nella sua Terra. Gerusalemme, 21 settembre 2013 6 INTRODUZIONE Mt 7,28 Kaì ÈyÉVE't:O chE È-rÉÀEm::v ò 'Il)ooùç mùç Myouç -roinouç, èç~:nÀiJooov-ro oi OXÀ.Ol È1tÌ Tfi ùtùaxfi a'Ìnoù· 29 ~v yàp ÙtÙUOKCOV m'noùç roç èçouoiav sxcov Kaì oùx roç oi ypall!la'rEÌ<; aù-réòv. Mt 7,28 E avvenne che quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento, 29 egli infatti insegnava loro come uno che aveva autorità e non come i loro scribi. Il discorso della montagna di M t 5-7, si conclude con lo stupore delle folle abituate ad ascoltare un tipo di insegnamento diverso. La meraviglia mostrata dagli ascoltatori tuttavia non è esclusiva del primo vangelo. In Mc l ,22 viene infatti descritta la stessa reazione delle folle nella sinagoga di Cafamao1• Mt probabilmente ha pensato che questo fosse il contesto migliore della narra zione di Mc nel quale inserire il discorso della montagna, discorso nel quale l'autorità dell'insegnamento di Gesù emerge con indubbia chiarezza, soprat tutto in Mt 5,17-48, oggetto di questa ricerca. Il contesto storico del Vangelo di Matteo La datazione e la localizzazione geografica di uno scritto sono elementi fondamentali per capirne il contenuto. Ancor più importante nell'interpreta zione di un'opera letteraria è la conoscenza dei. dati biografici dello scrittore. Di molti libri biblici tuttavia non si conosce né data, né luogo di composi zione, né si può risalire con certezza all'identità dell'autore. Questa difficoltà, obbliga l'esegeta ad una ancor più attenta lettura del testo. L'errore nel quale L'unica differenza con Mc è che Mt non parla di scribi in generale come Mc ma dei "loro scribi". L'aggiunta di uùt&v tuttavia manca in C* L 565. 700. 1424 m. Al posto di aùt&v in C* W 33. 1241 pc lat sy; EusP' si trova l'aggiunta di Kuì oi <l>aptcratot "e i farisei". 7 Il compimento della Torah comunemente si cade, quando le variabili in gioco sono molte, è quello di ca nonizzare un'ipotesi presentandola come realtà acquisita, per poi escludere altre legittime vie di ricerca, avendole giudicate contraddittorie a ciò che in realtà non si è mai dimostrato. Procedendo dunque con cautela, risulta partico larmente interessante tentare di ricostruire per approssimazione data, luogo di composizione e identità dell'autore del primo vangelo2. Sintetizzando come premessa la mia opinione, devo dire che ritengo convincenti le posizioni di quegli autori che negli ultimi anni hanno ripreso in considerazione la possibilità di un'origine palestinese di Mt e che non reputa no indispensabile localizzar lo ad Antiochia3• Riguardo alla datazione, non escludo che Mt sia stato scritto prima del 70 d.C. e che tra gli anni 80 e 90 ab bia subito alcuni ritocchi redazionali. Ritengo infatti convincente il pensiero di Nolland ed altri, secondo i quali la maggior parte degli argomenti in favore di una datazione tardiva possono essere facilmente smontati4• Fatta questa pre messa, credo che al momento non ci siano elementi sufficienti per una data zione precisa5• Riguardo alla paternità letteraria, penso che il primo vangelo prenda il nome dall'autore di una sua fonte o da una primitiva versione in lingua semiti ca del documento finale a noi giunto. Ritengo infatti possibile che l'apostolo Matteo, abbia scritto in ebraico o in aramaico una serie ordinata di detti e di eventi della vita di Gesù6, la quale può coincidere con ciò che gli esegeti chia mano comunemente Q, oppure con una versione in lingua semitica di un do cumento che già conteneva un'articolata narrativa7• Tale raccolta di logia, uni- Il vangelo secondo Mt, come spiega Rigaux, tra i sinottici è il più completo e diversificato, è il più nobile e il più distante, è il più ecclesiastico e allo stesso tempo il più giudaizzante. Cf. B. Rigaux, Témoignage de l'évangile de Matthieu, 13. 3 Cf. J.D. Kingsbury, "Conclusion: Ana1ysis of a Conversation", 264; A.J. Saldarini, "The Gospel of Matthew and Jewish-Christian Conflict in the Galilee", 26-27. In particolare per la possibilità che sia stato composto a Cesarea Marittima cf. B.T. Viviano, Matthew and his World, 9-23. Per quanto riguarda il discorso della montagna Davies lo ha interpretato come una rispo sta alle sfide poste dalla scuola di Jamnia. Cf. W. D. Davies, The Setting of the Sermon on the Mount, 315. Personalmente credo che il discorso della montagna sia un documento ben più an tico dell'assemblea di Jamnia. Cf. H.D. Betz, "The Sermon on the Mount", 78. L'ipotesi di Streeter secondo la quale il vangelo secondo Mt sarebbe stato scritto ad Antiochia, risale a quasi un secolo fa e trova ancora molti sostenitori. Cf. B.H. Streeter, The Four Gospels, 500-523. 4 Cf. J. Nolland, The Gospel of Matthew, 16; R.T. France, The Gospel of Matthew, 18-19; R.H. Gundry, Matthew, 599-609. 5 Riguardo alla difficoltà di trovare elementi per una precisa datazione cf. E.-M. Becker, "Dating Mark and Matthew as Ancient Literature", 123-143. 6 Cf. D.A. Hagner, Matthew 1-13, xlviii. A tal riguardo, ci si può chiedere perché Papia, appena prima di parlare del vangelo ebrai- 8 Introduzione ta alla narrativa di Mc e ad altre fonti orali o scritte, possono infine aver formato il vangelo che dall'apostolo prende il nome8• Mi sembra verosimile che Le, spinto forse dall'esigenza di avere un vangelo che fosse sì radicato nella tradizione ma al tempo stesso più universale, abbia composto "un reso conto ordinato" (cf. Le 1,3), disponendo di Q, Mc, Mt (o un Mt primitivo) ed altre fonti scritte e orali9• Credo che questa ipotesi possa spiegare sia la co mune dipendenza di Mt e Le da Mc e Q, sia gli accordi minori tra Mt e Le contro Mc, i quali di solito vengono impugnati contro la teoria delle due fonti (Mc e Q)10• Il fatto poi che l'ipotetica Q fosse un documento scritto in greco o co di Mt, parla di Mc come scritto accuratamente (fedele alle parole di Pietro) "ma non in or dine": Ò.Kpt~&ç eypaiJIEV, où ~1:01 Ta/;Et (Pap 3, 15). Diversi autori sostengono che Q sia so pravvissuta come fonte indipendente fino al secondo secolo. Cf. D.C. Allison, "The Pauline Epistles and the Synoptic Gospels", 11-12; E. Best, "The Synoptic Tradition in l Peter", 95-113; R. Glover, "Patristic Quotations and Gospel Sources", 234-251. 8 Quale fu il motivo che spinse l'autore del primo vangelo ad ampliare o meglio a riscrivere il vangelo di Mc? Harrington è convinto che le ragioni siano tre: ampliare il corpo degli inse gnamenti di Gesù, radicare più solidamente la sua figura nella tradizione giudaica, fornire alla sua comunità un vangelo attualizzato alla situazione storica contingente. Cf. D.J. Harrington, "Why Did Matthew Write a Gospel?", 5-10. Ci si può inoltre chiedere se l'autore del primo vangelo abbia voluto soltanto integrare o piuttosto sostituire Mc. Sim è propenso a scegliere la seconda soluzione ed elenca i motivi per cui Mc venne ritenuto inappropriato da Mt. Cf. D.C. Sim, "Matthew's Use of Mark", 176-192. Se da una parte si può pensare che Mt desiderasse correggere ed integrare Mc, dall'altra è possibile immaginare che una o più comunità abbiano sentito la necessità di riunire, in modo possibilmente armonioso, due importanti fonti di natura diversa. Considerato l'uso che viene fatto di Mc e il carattere delle parti proprie di Mt, le linee guida per la redazione finale del vangelo furono verosimilmente le seguenti: un'alta cristologia, l'ebraicità di Gesù ed un contesto giudeo-cristiano palestinese aperto all'evangelizzazione delle genti. 9 Anche se le parole con le quali Le comincia il suo vangelo possono essere ritenute una for ma retorica comunemente usata (cf. I. H. Marshall, The Gospel of Luke, 41 ), mi sembra co munque ragionevole ritenere che egli disponesse di diverse fonti. Cf. Le 1,1: 'ExetùJ1xep xoUoì Èm:xEipT]crav "poiché molti hanno messo mano ... ". Sul fatto che Mc e Mt fossero tra le fonti di Le cf. anche A. Mello, L'ebraicità di Gesù e dei Vangeli, 90-91. L'autore è inoltre convinto che non sia mai esistita una fonte perduta dei detti di Gesù (p. 91). Personalmente, pur accettando la possibilità dell'esistenza di Q, riguardo al suo uso nell'esegesi, credo che l'autore sia nel giusto quando sostiene che si tratta di "un argomento 'circolare' perché assume come dato quello che suppone di trovare". 10 Sulla possibilità che anche Mc abbia utilizzato Q cf. H. T. Fleddermann, Mark and Q. Per un'approfondimento sugli accordi minori cf. F. Neirynck, The Minor Agreements of Matthew and Luke against Mark; J. Kiilunen, "'Minor Agreements' und die Hypothese von Lukas' Kenntnis des Matthiiusevangeliums", 165-202. Certamente un elemento che va tenuto in consi derazione è anche la dipendenza di tutti tre i vangeli sinottici da una viva tradizione orale. Su tale argomento e sui metodi di trasmissione orale dei detti rabbinici, risulta di particolare inte- 9 Il compimento della Torah in una lingua semitica, continua a costituire oggetto di dibattito11• Per quanto riguarda i destinatari del primo vangelo nella sua stesura finale, molti elementi inducono a pensare che fosse indirizzato ad una comunità ur bana che si considerava ancora all'interno del giudaismo12, una comunità giu deo-cristiana anche se aperta ad una presenza di origine diversa13• In merito all'esistenza di un originale semitico del primo vangelo, credo che si debba ritornare ad accettare semplicemente le seppur frammentarie e forse imprecise testimonianze patristiche. La più antica, come risaputo, è quella di Papia (Pap 3,16). Essa è databile all'inizio del secondo secolo ed è preservata nella Historia Ecclesiastica di Eusebio (HE 3,39,16): ... m:pì oÈ -rou Ma-r9aiou -rau-r' dpT]wt· Ma-r9aioç; ,.uN oùv 'E~paiot otaÀÉK'!f!l -rà Ài>yta m>VE'!US<l'!O, TJP!LTJVEUOE o' ainà ffiç; ~v ouva-ròç; EKUO'!Oç; ... riguardo a Matteo questo è stato detto: "Matteo dunque in lingua ebraica compose i detti14, ma ciascuno li interpretò come poteva". resse il confronto tra le versioni A e B di ARN. Per un approfondimento cf. A.D. Baum, "Mat thew's Sources-Written or Ora!?", 1-23. 11 Cf. M. Casey, An Aramaic Approach to Q, 189-190. Fleddermann si schiera decisamente contro l'esistenza di una fonte Q aramaica. Cf. H.T. Fleddermann, Q a Reconstruction and Commentary, 155-157. L'abbiezione che solitamente viene opposta alla possibilità di una fonte Q semitica è quella del "verbal agreement" di diversi passi2resenti in Q. Sembra impossibile ad alcuni esegeti che due persone traducano in modo identico una stessa frase. Come già accen nato, se Le disponeva di Q e di Mt ogni "verbal agreement" non costituirebbe più un problema per l'esistenza di una fonte comune in lingua semitica. Un'altra ipotesi da considerare, e che non necessita l'esistenza di Q, è che Le possedesse una versione primitiva di Mt in lingua semi tica, la quale costituì anche la fonte per i vangeli giudeo-cristiani. Questi ultimi infine potrebbe ro essere una versione corrotta dello stesso documento. Cf. J.R. Edwards, The Hebrew Gospel and the Development oft he Synoptic Tradition, 116. 12 Cf. C.H. Talbert, Matthew, 5. In particolare riguardo al discorso della montagna è evidente l'enfasi sui tre pilastri della pietà giudaica: la preghiera, il digiuno e l'elemosina (Mt 6,1-18). Cf. D. Senior, "Matthew at the Crossroads ofEarly Christianity", 7. Per un riassunto delle posi zioni degli autori negli ultimi anni a proposito del rapporto tra il vangelo secondo Matteo e il Giudaismo, cf. D.C. Sim, "Matthew. The Current State ofResearch", 36-40. 13 Cf. D.J. Harrington, The Gospel of Matthew, l. In particolare sono da notare l'inizio e la fine del vangelo. In Mt 1,1 Gesù viene chiamato figlio di Davide e figlio di Abramo. Gesù è fi glio di Davide, ricade quindi su di lui tutta l'attesa messianica del popolo d'Israele. Gesù è fi glio di Abramo, in lui saranno perciò benedette tutte le nazioni (cf. Gen 18,18; Mt 28,19). Le promesse fatte rispettivamente ad Abramo e a Davide trovano il loro compimento nella storia di Gesù. Cf. B.J. Malina, "The Literary Structure and Form ofMatt. XXVIII. 16-20", 100. 14 Altra traduzione appropriata sarebbe "oracoli". L'interpretazione di 1:à Myux resta difficile in quanto in Pap 3,15 (HE 3,39,15), l'autore sembra riferisi al vangelo di Mc con la stessa dici tura. In riferimento all'intera opera di commento dei vangeli di Papia in cinque volumi, Eusebio precisa poi che essi portano il titolo di Aoyirov KuptaKffiv 'EI;l]yitoEroç (HE 3,39,1). Per questo lO

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