ebook img

Il cinema neorealista italiano. Da ’Roma città aperta’ PDF

326 Pages·2009·1.774 MB·Italian
Save to my drive
Quick download
Download
Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.

Preview Il cinema neorealista italiano. Da ’Roma città aperta’

Brunetta3.qxp 28-01-2009 9:46 Pagina I i Robinson / Letture Brunetta3.qxp 28-01-2009 9:46 Pagina II Di Gian Piero Brunetta nelle nostre edizioni: Cent’anni di cinema italiano 1. Dalle origini alla Seconda Guerra Mondiale Cent’anni di cinema italiano 2. Dal 1945 ai giorni nostri Il cinema italiano contemporaneo. Da “La dolce vita” a “Centochiodi” Il cinema muto italiano. Da “La presa di Roma” a “Sole”. 1905-1929 Brunetta3.qxp 28-01-2009 9:46 Pagina III Gian Piero Brunetta Il cinema neorealista italiano Da “Roma città aperta” a “I soliti ignoti” Editori Laterza Brunetta3.qxp 28-01-2009 9:46 Pagina IV © 2009, Gius. Laterza & Figli Prima edizione 2009 Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nel febbraio 2009 SEDIT - Bari (Italy) per conto della Gius. Laterza & Figli Spa ISBN 978-88-420-8912-4 Brunetta3.qxp 28-01-2009 9:46 Pagina V Introduzione Rievocando a qualche anno di distanza l’incontro casuale con Roma città aperta in una saletta di Cannes nel 1946, il grande storico del ci- nema Georges Sadoul non poteva fare a meno di ricordare la Ma- gnani «dai capelli sparsi, gli occhi neri, la bocca mobile e sensuale [...] il neorealismo e la Magnani facevano così irruzione nel nostro dopoguerra». C’è stato un periodo in cui il tempo del cinema mondiale si è fer- mato e sintonizzato con quello del meridiano che passava per Roma città aperta, Paisà e Sciuscià e altri film che, al di là dei loro meriti espressivi, hanno contribuito a ridare visibilità e dignità all’Italia agli occhi del mondo. Giustamente è stato osservato che per lo spettato- re del dopoguerra i film di Rossellini hanno avuto l’effetto di una ri- velazione, sono stati come una stella cometa che ha portato l’annun- cio di una nuova era cinematografica. Grazie a un numero di film racchiuso nelle dita di una mano o poco più (a quelli già citati si aggiungono come opere-guida Ladri di biciclette, Riso amaro, La terra trema, Germania anno zero), il cine- ma italiano è diventato di colpo, da una parte, una potenza espressi- va e una forza trainante capace di modificare tutti i modelli e i siste- mi di riferimento, i paradigmi culturali, la prosodia, la sintassi e le poetiche del cinema internazionale, dall’altra il più autorevole rap- presentante politico e diplomatico della nuova Italia repubblicana. Negli anni che vanno da Roma città aperta agli esperimenti dei film collettivi a episodi, come Siamo donnee L’amore in città, il pub- blico è al tempo stesso destinatario e protagonista e lo schermo di- venta proiezione dell’anima collettiva, punto di perfetta fusione tra i corpi e il sangue degli spettatori e quelli dei personaggi. La gente va al cinema per ritrovare le speranze che la guerra ha disperso, per sentir parlare dei propri problemi, per vedere dei personaggi con i V Brunetta3.qxp 28-01-2009 9:46 Pagina VI quali si identifica del tutto. Il cinema del dopoguerra attraversa, in modo più o meno consapevole, la storia del paese, soprattutto me- diante la scoperta della sua geografia. Alla realtà ricostruita in studio degli ultimi anni del fascismo subentra un paesaggio antropomorfi- co ferito, sconvolto, che racconta una sua storia al pari dei perso- naggi che lo abitano. Per merito di Rossellini e De Sica, ma anche di De Santis, Vi- sconti, Germi, Lattuada, Soldati, Castellani, Zampa e di titoli che in vario modo rientrano nel campo di tensioni del neorealismo (come Vivere in pace, Il bandito, Gioventù perduta, Caccia tragica, Sotto il sole di Roma...), si assiste a una bruciante scoperta dell’Italia, con tutti i suoi problemi e la sua voglia di ripartire da zero. Le evidenti differenze stilistiche dei vari registi riconducibili al movimento neo- realista convincono oggi a considerarlo non come una poetica uni- taria, ma come il punto di convergenza di molteplici tensioni – ideo- logiche, morali ed estetiche – che avevano il compito di rendere il ci- nema più moderno: specchio più che spettacolo o messa in scena della realtà circostante. Anche se la manifestazione del massimo della potenza del neo- realismo sembra esaurirsi alla fine degli anni Quaranta (e già a par- tire da Miracolo a Milanoe da Strombolio Francesco giullare di Dio si comincia a parlare di «tradimento del neorealismo» da parte di una critica pesantemente condizionata dalle scelte di campo ideolo- giche), gli effetti continuano a manifestarsi come un’onda lunga, sia all’interno della produzione nazionale sia nei confronti del cinema americano che di quello del terzo mondo, di cui il movimento costi- tuisce la stella polare, il modello produttivo e la guida morale. Per quasi cinquant’anni, periodicamente, ieri come oggi, tutti i grandi registi delle generazioni successive, da Godard e Truffaut a Rocha e Wenders, a Kiarostami, o Wong Kar-Wai, dai fratelli Taviani a Ber- tolucci, da Wajda a Coppola, a Scorsese, hanno riconosciuto il loro debito nei confronti di Rossellini, Zavattini e De Sica. Questi film non hanno avuto solo il ruolo di modificatori delle coordinate stilistiche e narrative del cinema internazionale: col tem- po sono diventati un luogo privilegiato di studio della memoria dell’identità nazionale e della storia collettiva. Secondo Cocteau, i film del dopoguerra fanno rivivere lo spirito dei racconti delle Mille e una notte: la macchina da presa di De Sica e Zavattini si è camuf- VI Brunetta3.qxp 28-01-2009 9:46 Pagina VII fata da Califfo per scendere nelle strade, mentre lo sguardo di Ros- sellini si è fatto sguardo di un intero popolo. La cometa neorealista esplode presto per l’estremo attrito e sur- riscaldamento ideologico a contatto con gli strati atmosferici della guerra fredda, ma il corpo e il verbo di alcuni autori e opere si fran- tumano e vengono assimilati e metabolizzati a lungo dall’intero si- stema cinematografico italiano e internazionale. La guerra, oltre a costringere anche gli uomini del cinema italia- no a effettuare un vero esame di coscienza e a compiere delle scelte, li spinge a liberarsi del peso di modelli culturali che di fronte all’enormità della tragedia e alle «lacrime delle cose» si rivelano inu- tili. Con Rossellini e poi De Sica-Zavattini si riparte da zero: ciò si- gnifica recuperare la verginità dello sguardo e una capacità di risco- prire il mondo come se lo si guardasse per la prima volta, come se fosse la realtà a guidare lo sguardo della macchina da presa e a im- porre la sua verità. Ci si libera del peso della tradizione e si ha l’im- pressione di scoprire e creare il mondo, rimisurandolo a partire dall’uomo che muove i suoi primi passi in un’Europa completamen- te ridotta in macerie. Ma non si butta via certo il patrimonio profes- sionale accumulato dagli operatori nei decenni precedenti. L’occhio degli operatori si adatta come una nuova pelle alla nuova forma del- la realtà e aiuta in qualche modo a ricomporla. Gilles Deleuze, in una delle tante illuminate intuizioni del suo viaggio nomadico nell’immagine cinematografica, ha osservato che alla fine della guerra mondiale l’Italia per prima, rispetto alla Fran- cia e alla Germania, giunge ad avere una coscienza intuitiva della nuova immagine che sta per nascere e del tipo di racconto, che ri- mette in questione il modello dell’immagine-azione del cinema ame- ricano e riporta il cinema all’anno zero della sua storia. Far rinasce- re il cinema come linguaggio, come etica ed epica collettiva, vuol di- re restituire allo sguardo e alla sua intelligenza la pienezza dei suoi poteri, fargli riscoprire le possibilità di esplorare il visibile nella sua totalità. Il neorealismo ridefinisce le coordinate del cinema dalle fon- damenta, ne riformula i princìpi formali, strutturali e di poetica, of- frendo a tutti nuovi paradigmi narrativi e rappresentativi, restituen- do allo spettatore la capacità di «vedere». Grazie a un gruppetto di film italiani il cinema raggiunge quella condizione privilegiata per VII Brunetta3.qxp 28-01-2009 9:46 Pagina VIII cui la visione delle cose consente il riconoscimento delle vicende in- dividuali nelle storie corali e quello della totalità nella storia singola. Il neorealismo ha appena mosso i suoi primi passi e già ha con- tribuito a formare una nuova identità del cinema europeo e inventa- to una tradizione, un’etica del vedere e del narrare e una capacità di investire il più anonimo gesto quotidiano del senso e del valore di un’epopea collettiva. La «petite histoire évenémentielle» di anonimi personaggi, colti a caso dalla macchina da presa nel loro agire quo- tidiano, si trasforma nella Grande Storia, nella storia di tutti. L’oc- chio della macchina da presa incontra la Storia e se ne fa cronista e cantore. Di fatto il cinema «sembra» ripartire da zero ed essere in grado di ridisegnare i propri orizzonti, ridefinendo, o definendo per la prima volta, i rapporti tra tutti gli elementi e fattori concorrenti alla realiz- zazione del film. L’abbandono delle certezze a favore di un proce- dere facendosi guidare dal caso è un carattere costitutivo anche dell’opera di Zavattini. Nulla è precostituito o previsto. Si potrebbe parlare di perfetto esempio di serendipity, di sensazione di liberazio- ne completa da lacci di qualsiasi tipo e di percezione del presente e del futuro come territori di possibilità infinite. Le vicende della vita non sono regolate da meccanismi prevedibili. Da qui il suo polemiz- zare fin dai primissimi passi con le regole narrative, il birignao atto- riale, le convenzioni drammaturgiche, le imposizioni produttive... Dopo gli anni degli stracci e del dolore vengono quelli di È pri- mavera, Due soldi di speranza, I sogni nel cassetto, Un americano a Roma, Poveri ma belli, Pane, amore e fantasia, dei Vitellonifellinia- ni e dei primi film di Antonioni: sono gli anni in cui sullo schermo vengono registrati i primi visibili mutamenti nei modi di vivere dell’Italia. Il cinema comincia a raccontare storie diverse, non più legate alla fame, alla miseria, al ricordo della guerra, cercando di guardare con più ottimismo al futuro, mostrando i primi incorag- gianti segnali d’incremento dei consumi, di modernizzazione del paese, l’introduzione di modelli di vita differenti, sia nei comporta- menti giovanili che nei mutamenti del paesaggio, dalle periferie all’interno delle case. Cambia il panorama urbano, cambiano i mo- di di viaggiare, vestirsi, comportarsi sul posto di lavoro. Nelle rela- zioni interpersonali cresce, nella misura in cui cresce un benessere apparente, anche una difficoltà di comunicare che viene raccontata da Rossellini, da Antonioni e Fellini, ma anche da Blasetti, Pietran- VIII Brunetta3.qxp 28-01-2009 9:46 Pagina IX geli, Emmer, Zampa, Comencini, Monicelli, Risi, Bolognini, e dai registi già ricordati prima. Il cinema italiano, nel decennio che precede il miracolo econo- mico, diventa l’industria più rappresentativa del made in Italy nel mondo: si cominciano ad esportare le meraviglie turistiche e cultu- rali dell’Italia, ma anche quelle del nuovo divismo, nato con i con- corsi di bellezza, in cui si esalta la bellezza femminile come dono del sole e della natura soprattutto grazie a Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Silvana Mangano (che in Riso amaro appare come una va- riante moderna della Veneredi Botticelli che, indossando calze ne- re, nasce dalle acque di una risaia del Vercellese), Lucia Bosè (che Antonioni vede come una reincarnazione di Louise Brooks), Silvana Pampanini, Yvonne Sanson, Eleonora Rossi Drago, quasi tutte sco- perte grazie ai concorsi di bellezza, o dive di foto e cineromanzi. Tutte insieme costituiscono il primo vero fronte divistico an- tihollywoodiano. Agli inizi degli anni Cinquanta è la Lollobrigida ad assumere la leadership del gruppo (per lei Blasetti conia il termine di «maggiorata»), poi verrà la Loren, che alle qualità fisiche unisce un grande naturale talento interpretativo (poi affinato dal passaggio a Hollywood), divenendo l’erede naturale della Magnani. Insieme daranno un contributo fondamentale per la riconquista dei mercati internazionali. Accanto al fenomeno divistico e ai grandi capolavori neorealisti il cinema italiano deve buona parte della sua ripresa alla presenza di una forte base di pubblico popolare che attende come una manna i film di genere, dal melodramma al film-opera, dalla commedia al film in costume. In effetti, accanto alla Magnani, i primi divi di suc- cesso del dopoguerra sono stati i baritoni Tito Gobbi e Gino Bechi e, dopo una prima fase in cui il melodramma verdiano e pucciniano viene saccheggiato, si cominciano a trasferire con maggior successo, soprattutto perché ambientati nel presente, i temi dei libretti d’ope- ra nei film di Matarazzo come Catene, Tormento, I figli di nessuno... In uno spazio del tutto a sé si colloca Totò, mattatore e sovrano della scena popolare per una decina d’anni. I suoi film, oltre a resti- tuire una maschera e un dominio del corpo e della voce che hanno pochi eguali, si possono vedere come il diario della resistibile tra- sformazione dell’italiano anarchico, individualista, qualunquista, antistatalista, artista dell’arte di arrangiarsi, dagli anni dell’ordine fa- scista a quelli del disordine democratico e repubblicano. L’immagi- IX

See more

The list of books you might like

Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.