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Il canto delle lacrime. Saggio sul pentimento PDF

200 Pages·1983·5.239 MB·Italian
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OLIVIER CLÉMENT IL CANTO DELLE LACRIME Saggio sul pentimento Con la traduzione del Poema del pentimento di sant'A ndrea di Creta EDITRICE ANCORA MILANO Tito/O originale dell'opera: LE CHANT DES LARMES ESSAI SUR LE REPENTIR Coli. Théophanie © Desclée de Brouwer, 1982 Traduzione di Luisito Bianchi Illustrazione di copertina: Trasfigurazione -Scuola di A. Rublev -sec. XV © EDITRICE ANCORA MILANO Via G.B. Niccolini, 8 -20154 Milano -Tel. (02) 31.89.941 N.A. 2868 -Ottobre 1983 Grafiche Pavoniane -Istituto Pavoniano Artigianelli -Milano ISBN 88-7610-017-2 Introduzione La Chiesa ortodossa prepara i suoi fedeli all'incontro con la Pasqua, la «festa delle feste», con un lungo periodo di raccoglimento, di «trasformazione del cuore», di digiu no nel senso più preciso ma anche più largo del termine (il «digiuno delle passioni»). Una preparazione di tre settima ne, 1 con la sua insistenza sull'umiltà del pubblicano, sinto nizza gli animi sul tono eminentemente cristiano dell'asce si. Seguono le sei settimane della Quaresima propriamente detta, che portano alla Grande settimana e, dopo un lungo periodo dedicato al ·pentimento, all'esplosione di gioia del la notte pasquale. Questo grande affresco liturgico è chiamato tempo del Triodon, mentre i testi dei suoi uffici sono stati raccolti nel Libro del Triodon, in quanto i poemi che vanno sotto il nome di canoni, per l'ufficio di mattutino, sono compo~ti solo di tre odi, e non di nove come avviene negli altri casi. La penitenza, o, per meglio dire, la metanoia, dà il tono ai testi del Triodon. Il termine metanoia, come vedremo meglio in seguito, esprime una trasformazione profonda del nostro modo di vedere la realtà. È necessario passare attraverso la porta stretta dell'angoscia e della riconoscen za perché vada a pezzi il mondo tenuto assieme dall'io e dalla morte, e gli inferi, da luogo di separazione, diventino il terreno sul quale il Dio incarnato continuamente discen de per caricarsi sulle spalle la «pecorella perduta». Per questo la Quaresima corrisponde a quanto l'ascesi ortodos sa denomina prassi, ossia l'azione ascetica che ci porta nel- l Si veda e~ A.NnRONIKOF, La pré-quarantaine ou les semaines prépara toires du careme, in Liturgie et rémission des péchés, Roma 1975, 9-37. 5 l'abisso del pentimento e dell'umiltà. Potrà allora venire Pasqua, l'esplosione della vita nel più profondo delle tene bre del male diventato cosciente, del peccatore ormai penti to. La Pasqua, poi, condurrà alla Pentecoste, invito a parte cipare nello Spirito alla vita stessa della Trinità. La prassi è tutta rivolta alla gnosi, conoscenza-non conoscenza del l'amore che è, allo stesso tempo, incontro col crocifisso-ri sorto e partecipazione alla di lui pienezza. Troviamo la sensibilità spirituale della Quaresima rias sunta nel Grande Canone di sant'Andrea di Creta. Diviso in quattro parti, esso è letto il lunedì, martedì, mercoledì e giovedì della prima settimana all'ufficio di compieta, e vie ne .ripreso nella sua interezza a mattutino del giovedì della quinta settimana. Che cosa è un canone Durante il VI secolo e nella prima metà del VII ha inizio la grande creazione liturgica bizantina che, vista sot~ to l'aspetto letterario, rappresenta il capolavoro del cristia nesimo di lingua greca (ma non dobbiamo dimenticare che, a quei tempi, il greco era parlato in. tutto il bacino orientale del Mediterraneo). Romano il Melode e i suoi emuli composero diversi kontakia per le feste principali. Il kontakion è un racconto poetico di vasto respiro, a volte un vero dramma, con dialoghi. In senso stretto, il konta kion indica la breve strofa che serve da preludio. Seguono altre strofe dette oikoi o ikoi. Alla fine del VII secolo e, soprattutto, nel completo arco dell'VIII, assistiamo a un rinnovato slancio creativo, proveniente dalle regioni della Bibbia, in modo particolare dalla Palestina, per opera di semiti ellenizzati più nella lingua che nella struttura mentale. In realtà costoro s'inse riscono piuttosto nel solco della tradizione siriaca e nel giudeo-cristianesimo. I kontakia cedono il posto a nuove «composizioni», meno colorite e d'un li..i:ismo teologico 6 molto più contenuto, ai canoni appunto. Come testimo ~anze erratiche delle ampie composizioni precedenti, so pravvivono solamente, tra la sesta e la settima ode d'ogni canone, il kontakion iniziale e un ikos. Il canone si presenta come un lungo inno liturgico costi tuito da nove odi le cui strofe s'intercalano tra i versetti dellt<: nove odi bibliche utilizzate tradizionalmente nella liturgia orientale. Eccone l'elencazione: 1. Il cantico di Mosè (Es 15, 1-19); 2. Il nuovo cantico di Mosè (Dt 32, 1-43 ); 3. La preghiera d'Anna, madre di Samuele (1Re2, 2-10); 4. La preghiera del profeta Abacuc (Ab 3, 2-19); 5. La preghiera d1saia (Is 26, 9-20); 6. La preghiera di Giona (Gio 2, 3-10); 7. La preghiera dei tre giovani nella .f ornace (Dn 3, 26-56); 8. Il cantico dei tre giovani nella fornace (Dn 3, 56-87); 9. Il cantico della Madre di Dio (Le 1, 46-55) e la preghie ra di Zaccaria, padre di san Giovanni Battista (Le 1, 68-79). Ogni ode comincia con un irmo, una specie di modulo metrico corrispondente a un «tono» liturgico (il «tono» costituisce, per così dire, una «cellula» modale), e si com pone di ·strofe o tropari, terminando con un doxastikon, una lode alla Trinità, e con un theotokion, inno di lode alla Madre di Dio. Sant'A ndrea di Creta Certamente il primo compositore di canoni fu sant'An drea di Creta. Egli rimane vicino ai modelli biblici in quan to cita nei suoi irmi le odi scritturistiche e conserva più o meno, nelle odi, i loro temi e le loro immagini. Questi tratti arcaici svaniranno successivamente quando i poeti comporranno liberamente i canoni sen'za riferimenti ai .can- 7 tici della Scrittura. Spesso anche la seconda ode sarà trala sciata ... Sant'Andrea è un semita cristiano, che.compone in gre- co. Nacque a Damasco, verso il 660, sotto la dominazione dell'Islam che, una trentina d'anni prima, aveva conquista to il Medio Oriente. Il suo biografo racconta che Andrea, nella sua prima infanzia, non riusciva ad articolare sillaba e che solo all'età di sette anni, una domenica dopo essersi comunicato, ricevette quale grazia l'uso della parola. Un tema questo che sa certamente di l~ggenda (c'è una certa analogia con la vita di Romano) ma the sottolinea profon damente come l'ispirazione del poeta liturgico rappresenti un carisma ecclesiale. Di famiglia cristiana, Andrea fece studi severi, entrando successivamente nella comunità mo nastica del santo Sepolcro, a Gerusalemme (per questo è conosciuto anche come Andrea il Gerosolimitano). Lo tro viamo ben presto nella cerchia del patriarca, in qualità di segretario. Questo monaco si rivelerà un uomo d'azione. Nel 685 si recò a Costantinopoli a capo d'una delegazione incaricata di ratificare, a nome del patriarca di Gerusalem me, le decisioni del sesto concilio ecumenico. Tale conci lio, che costituisce un grande momento d'unità tra l'occi dente e l'oriente cristiani, aveva condannato, nel 681, il monotelismo, una dottrina che affermava essere in Cristo una sola volontà, quella divina. Erano in gioco la stessa realtà della libertà umana, e il carattere «sinergico»,2 divi no-umano, della penitenza e delle «virtù». Sant'Andrea rimase a Costantinopoli e si stabilì nel monastero delle Blacheme. Ordinato diacono (non conosciamo la data esat ta della sua ordinazione sacerdotale), gli fu affidata la dire zione d'importanti opere sociali, come un orfanotrofio e una casa di riposo per anziani, che caratterizzavano netta mente la funzione popolare della Chiesa nella civiltà bi zantina. 2 Sinergia significa collaborazione (tra uomo e Dio). 8 Verso l'anno 700 fu eletto arcivescovo di Gortina nel l'isola di Creta, donde la sua denominazione più conosciu ta di sant'Andrea di Creta. Fu un grande vescovo. Costruì chiese, restaurò la vit.a monastica e incentivò le opère socia li (sempre la duplice tradizione della contemplazione e dell'amore attivo), prese a cuore l'educazione dei fanciulli e degli adolescenti, confortò una popolazione in balìa d'in cursioni musulrriane. Come vescovo, sentì il dovere del l'evangelizzazione. Gli vengono attribuite una cinquantina d'omelie, dedicate per un terzo alla Madre di Dio, che tratteggiano il pensiero bizantino sulla Madre di Dio. Allo stesso tempo, come abbiamò già accennato, inaugurò la poesia liturgica dei canoni, per far cantare e pregare il suo popolo. Ne avrebbe composti settanta, conservati in mini ma parte dai libri liturgici. In questo settore, il suo capola voro è costituito dal Grande Canone. I sentimenti di dolente pietà e deplorazione di cui tale canone è pervaso, avrebbero uno stretto rapporto col penti mento personale di sant'Andrea dopo una grave colpa. Nel 712, infatti, sotto il regno di Filippica Bardane (un arme no che voleva. mettere ·in discussione le decisioni del sesto concilio), Andrea sottoscrisse la definizione monotelitica d'un sinodo convocato dall'imperatore. Ma presto càpì il suo errore e, in seguito, seppe resistere coraggiosamente al potere imperiale quando scoppiò la crisi iconoclastica; Alla stessa stregua del monotelismo, ma per ragioni opposte (non più fusione tra l'uomo e Dio ma incolmabile separa zione), l'iconoclastia metteva in discussione il mistero del la santificazione. In fondo, essa negava il senso stesso della vocazione monastica. Sant'Andrea morì a Mitilene, nel 740, di ritorno da un viaggio a Costantinopoli. Il Gran~e Canone Il Grande Canone penitenziale di sant'Andrea è uno dei primissimi canoni che rim~a tipicamente palestinese. Ini- 9 zialmente comprendeva lo stesso numero di tropari e di versetti, 250, delle odi scritturistiche. Tropari brevi, in modo che si potessero cantare tanto il testo biblico che la composizione successiva che lo riecheggiava. Dopo la sesta ode troviamo un kontakion e un ikos, probabilmente più antichi e nello stile di Romano. Entra in scena il demonio che si rivolge ai suoi accoliti, mentre sant'Andrea si mostra molto più sobrio nelle sue numerose allusioni al «nemico». Molto presto, alle odi 3, 4, 8 e 9 furono aggiunti due canoni triodi· dedicati agli apostoli. Sono testi piuttosto retorici, con qualche notevole immagine, dovuti a «Teodo ro» e a «Giuseppe», ossia a san Teodoro Studita (t 826) e a Giuseppe di Sicilia (t 886). Nei secoli XI e XII fu aggiunto un canone di due tropa ri per ode in onore di santa Maria Egiziaca, per il fatto che la domenica della quinta settimana: di Quaresima era dedi cata alla santa. Fu anche aggiunto, alla :fine d'ogni ode, un trop'ario invocante l'intercessione dello stesso sant'Andrea. Secondo l'usanza palestinese, oltre alle nove odl, vengo no cantati o recitati sedici tropari intercalati fra le Beatitu dini, che sono collocati dopo il «sinassario» della sesta ode, ossia dopo la breve indicazione del senso dell'ufficio. In questo modo abbiamo più di 300 tropari. La Regola (Typikon) monastica prescrive di cantare tre volte, prima d'ogni tropario, l'invocazione salmica: «Pietà di me o Dio, pietà di me», facendo un profondo inchino del corpo e un segno di croce (il tutto è detto «metania», da metanoia,. pentimento). Nelle parrocchie, però, l'invoca zione è recitata una sola volta. Il Grande Canone è cantato sul sesto tono, musica triste e dolce, canto delle lacrime. Ogni ode comporta un irmo (cantato due volte nei mo nasteri, e Ùna sola nelle parrocchie) che riprende, in parte, il tema o l'argomento dell'ode biblica corrispondente. Di- 10

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