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I tre artefici della rivoluzione d’Ottobre. Lenin, Trotzki, Stalin PDF

895 Pages·1953·34.781 MB·Italian
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DIUZIiom otteibr 1 "TROTZIGr-STAL LA NUOVA ITALIA DOCUMENTI DELLA CRISI CONTEMPORANEA 14 Per il centenario della Rivoluzione russa 1917-2017 BERTRAM D. WOLFE I TRE ARTEFICI DELLA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE LA NUOVA ITALIA FIRENZE Proprietà letteraria riservata z3 edizione: gennaio l'jSi Titolo dell’opera originale: THREE WHO MADE A REVOLUTION (The Dial Press, New York, 1948) Traduzione dall’inglese di Paolo Vii torelli Printed in Italy Stab. Tip. Soc. Ed. « Cremona Nuova Cremona I TRE x\RTEFiCI DELLA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE CREDO « Nel suo corso irresistibile e incessante, il tempo trascina sulla sua onda ogni bene del creato e lo annega negli abissi dell’oscurità... Ma il racconto della storia oppone una potentissima barriera al flusso del tempo e in una certa misura ne ostacola il corso irresistibile, per modo che, fra tutte le cose svol­ tesi nel tempo, tutte quante quelle che la storia ha raccolto sono da essa tenute e legate insieme senza consentire loro di scivolare nell’abisso dell’oblio ». Anna Comnena. « Lo storico ha un dovere da compiere verso se stesso e verso i suoi lettori. Ha in un certo senso cura d’anime. È responsabile della reputazione dei potenti trapassati che egli evoca e descrive. Se compie un errore, se ripete calunnie verso quelli che sono senza macchia o propone alla nostra ammira­ zione scellerati o intriganti, egli non solo commette una cattiva azione; avvelena e induce in errore l’opinione pubblica ». Albert Mathiez. « La storia non fa nulla, non possiede alcuna enorme ricchezza, non combatte battaglie. È invece l’uomo, l’uomo reale, vivo, che fa tutto, che possiede, che combatte. Non è la ’’Storia” quasi la si potesse personificare, che si serve degli uomini per portare a compimento i suoi disegni, ma essa stessa non è che l’attività degli uomini che mettono in atto i loro propositi ». Carlo Marx. « La società non può nulla essa stessa elaborare : deve rassegnarsi a vedere interpretare ogni cosa da attori, da attori votati ad un sacrificio, dagli attori più capaci su cui ho potuto mettere la mano ». Dio a Giobbe, in The Masque of Reason di Robert Frost. Capitolo I IL, RETAGGIO DEE PASSATO « O Russia, dove te ne stai involando? Rispondi! Non dà risposta. Il suono delle campane si fonde in musica; l’aria dilaniata turbina e irrompe come il vento, ogni cosa sulla terra s’invola e gli altri Stati e nazioni con sguardi obliqui le fanno strada e si mettono in disparte ». Nikolai Gogol. « La tradizione di tutte le generazioni morte grava come un incubo sul cervello dei vivi ». Carlo Marx. « La grandezza di oggi si edifica sugli sforzi dei secoli passati. Una nazione non è contenuta in un giorno nè in un’epoca, ma nella successione di tutti i giorni, di tutti i periodi, di tutti i suoi crepuscoli e di tutte le sue aurore ». Jean Jaurès. La grande pianura eurasiatica oppone pochi ostacoli al gelo, al vento e alla siccità, alle orde migranti e agli eserciti marcianti. In secoli passati la pianura era stata dominata da vasti imperi asiatici, persiani, turchi, mongoli. Non ap­ pena gli ultimi di costoro se ne furono andati, la Moscovia si espanse al loro posto, si espanse regolarmente durante parecchi secoli fino a diventare il più vasto impero terrestre ininterrotto del mondo. Come la marea su una piana scon­ finata, essa si diffuse con forza pari a quella degli elementi della natura su un’interminabile striscia di foresta e di steppa, sparsamente abitata da popoli arretrati e nomadi. Dovunque incontrava resistenza, faceva una sosta, come fa la marea per 4 guadagnare impeto, poi riprendeva la sua inesorabile marcia in avanti. Solo ai suoi lati più distanti l’altipiano ù chiuso da grandi barriere montane : le vette nevose del Caucaso; il Pamir, tetto del mondo, dove due vette, che si slanciano nel cielo per oltre sei chilometri, sono state battezzate col nome di due dei nostri tre personaggi : i monti Aitai, Salani e Stanovoi, che costituiscono la muraglia naturale della Cina. Come un popolo poteva non essere grande e non aspirare alla grandezza, avendo un orizzonte illimitato come questa piana eurasiatica? Al tempo in cui la nostra storia comincia, l’impero degli Zar si estende ampiamente attraverso due continenti, dal Golfo di Finlandia alla distante sponda del Pacifico. Com­ prende la maggior parte della zona terrestre dall’Artico glaciale fino a dodici gradi dal Polo e si estende verso Sud in calde sabbie desertiche e in scarpate semi-tropicali che confinano con la Turchia, la Persia e l’Afghanistan. La storia non conosce immensità quali questa. L’impero romano al suo apice vi si sarebbe sperduto. Le altre grandi zone terrestri ininterrotte, gli Stati Uniti, la Cina e l’India, sommate insieme, non raggiungono questa estensione. La sua parte europea è pari a tutte le terre occupate dell’Europa occidentale messe insieme, eppure due terzi del suo vasto nucleo si trovano fuori da quel continente, nelle tundre e nelle steppe asiatiche. Abbraccia oltre 22 milioni di chilo­ metri quadrati di territorio contiguo : approssimativamente un decimo del genere umano e un sesto della superficie terrestre totale del globo. Offre una prospettiva nuova alle guerre del nostro tempo il ripercorrere attraverso le pagine della storia il flusso e il riflusso di popoli su questa pianura sconfinata, ricordando che l’Elba (la Laba slava) era una frontiera slava ai tempi di Carlo Magno, che Amburgo era una fortezza eretta per tenere in scacco gli Slavi, che la Prussia (anticamente la Borussia) era una volta una terra lituana e che Breslavia (una volta Breslavl, ora Wroclaw), insieme con Dresda e Lipsia, erano una volta città slave. Q il ricordare che la 5 Mongolia, strappata ora alla Cina, dominava una volta al tempo stesso la Cina e ciò che è ora la Russia e l’intera piana eurasiatica. Contro ogni potente invasore, i principali difensori di questa grande pianura aperta sono sempre stati il Generale Distanza (con i suoi aiutanti, il Generale Fango e il Generale Inverno) e la sua antichissima strategia della « terra bru­ ciata ». Questa non è invenzione, come hanno proclamato recenti « scopritori » della Russia, del socialismo, della pro­ prietà statale o del genio militare di Stalin, ma è tanto veneranda da essere conosciuta nella storia russa come « tat­ tica scitia ». È stata infatti usata contro ogni possibile con­ quistatore, da Hitler e Hindenburg nel secolo ventesimo, a Napoleone nel decimonono, a Carlo XII nel decimottavo (il quale, va ricordato, giunse fino a Poltava nell’Ucraina), a Dario il Grande di Persia, che invase la piana attraverso le steppe del Ponto nel 512 a. C. A quei tempi, gli Sciti, come venivano chiamati allora gli abitanti di quella che è ora l’Ucraina, si ritirarono nel retroterra, portandosi via il bestiame, bruciando l’erba e avvelenando i pozzi. Attrassero le armate di Dario all’interno fino a che fosse troppo inoltrato nella terra bruciata e poi contrattaccarono, contribuendo a salvare un’Atene di cui non avevano mai udito parlare, cosi come le armate dello Zar salvarono Parigi nel 1914 e le armate sovietiche Pondra nella Seconda Guerra mondiale. Al principio del secolo decimonono, un Europeo su sette era Russo; al principio del ventesimo, uno ogni quattro. Al momento in cui scrivo, il rapporto sta ancora cambiando a favore della Russia. Se si comprendono tutte le terre re­ centemente annesse e tutte quelle che sono soggiogate da eserciti di occupazione e da governi fantocci, circa un Euro­ peo su due è oggi sottoposto alla dominazione russa. Le tre sacre capitali dell’impero russo — scriveva il panslavista Tyutchev — sono Mosca, San Pietroburgo e Costantinopoli. Dove si trovano i suoi confini a Nord e ad Est, a Sud e ad Ovest? Il destino mostrerà che il cammino del­ l’avvenire ci condurrà ai sette mari interni e ai sette grandi fiumi, dal Nilo alla Neva, dall’Elba allo Yang-Tse, dal Volga all’Eufrate, dal Gange al Danubio: questo è l’impero russo e si perpetuerà nei secoli...

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