Nel 1597, il dottor Simeon Pincher, illustre predicatore e teologo calvinista, arriva a Dublino dall'Inghilterra per assumere il nuovo incarico al Trinity College da poco fondato e dedicarsi "all'opera di Dio". È convinto che non ci si possa fidare degli irlandesi cattolici. Ma quando, appena messo piede sul suolo dell'isola, viene accolto da un'accidentale quanto violenta esplosione, è proprio un cattolico a soccorrerlo, Martin Walsh.
Nella seconda parte della sua avvincente saga storica, Edward Rutherfurd riprende la narrazione dal punto in cui l'aveva lasciata ne I Principi d'Irlanda, alle soglie del diciassettesimo secolo. Attraverso le appassionanti vicende dei Doyle, dei Walsh, dei Tidy e degli Smith siamo guidati nel turbolento periodo della Riforma e della devastante irruzione sulla scena di Oliver Cromwell. Con l'assedio di Drogheda s'inaugura infatti un lungo periodo di predominio protestante, durante il quale i cattolici sono ridotti a sottoclasse e il paese finisce inesorabilmente con l'impoverirsi.
Le profonde tensioni, gli odi nazionali e le ansie di libertà segneranno i successivi trecento anni della storia irlandese: dalla fallita rivolta dei contadini nel 1798, ispirata dai principi della Rivoluzione francese, alle sollevazioni guidate dal leader autonomista Charles Stewart Parnell nel secondo Ottocento, fino all'insurrezione di Pasqua dell'aprile 1916 organizzata dal movimento Sinn Féin e alla proclamazione dello Stato Libero d'Irlanda poco dopo la fine della Prima guerra mondiale.
Gli intrighi di potere, la ribellione, gli amori, la natura, la pietà: il destino di una terra affascinante e tormentata rivive in questa epopea, in cui il rigore storico si fonde con il senso dell'avventura e della realtà quotidiana. Lo stile diretto e intrigante di Edward Rutherfurd ne fa un'opera avvincente e di largo respiro, nella quale riecheggiano le suggestioni della tradizione culturale irlandese, da Swift a Yeats e Joyce.