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I misteri egizi. Versione latina di Marsilio Ficino in appendice PDF

770 Pages·2013·22.18 MB·Italian
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GIAMBLICO I MISTERI EGIZIANI A cura di Angelo Raffaele Sodano Testo greco a fronte Presentazione di Giuseppe Girgenti Versione latina di Marsilio Ficino in appendice BOMPIANI IL PENSIERO OCCIDENTALE BOMPIANI IL PENSIERO OCCIDENTALE Direttore GIOVANNI REALE GIAMBLICO I MISTERI EGIZIANI Testo greco a fronte e in appendice la versione latina di Marsilio Ficino Presentazione di Giuseppe Girgenti Introduzione, traduzione, note e indici di Angelo Raffaele Sodano Aggiornamento bibliografico di Pietro Chessa BOMPIANI IL PENSIERO OCCIDENTALE Direttore editoriale Bompiani Elisabetta Sgarbi Direttore letterario Mario Andreose Editor Bompiani Eugenio Lio ISBN 978-88-58-75945-5 © 2013 Bompiani/RCS Libri S.p.A. Via Angelo Rizzoli 8 - 20132 Milano Realizzazione editoriale: Giuseppe Girgenti Prima edizione digitale 2013 da prima edizione Il Pensiero Occidentale aprile 2013 P RESENTAZIONE di Giuseppe Girgenti La prima edizione di questo volume risale a quasi trent’anni or sono (Giamblico, I Misteri Egiziani – Abammone, Lettera a Porfirio, Rusconi, Milano 1984); esso viene ora ripubblicato nella collana «Il Pensiero Occidentale» della Bompiani con alcuni si- gnificativi aggiornamenti, a quattordici anni dalla scomparsa di Angelo Raffaele Sodano (1924-1999). L’idea di preparare questa seconda edizione è maturata durante un Convegno di Studi in me- moria di Sodano, organizzato dal Dipartimento degli Studi Uma- nistici dell’Università di Salerno in collaborazione con i Comuni di Mariglianella e Nola, e tenutosi nella Sala Consiliare del Comune di Nola nei giorni 11-12 maggio 2012. Il Presidente onorario era Giovanni Reale, e, accanto agli allievi e ai colleghi, erano presenti anche i familiari di Sodano; dopo i saluti istituzionali, le relazioni sono state tenute da Ugo Criscuolo, Enrico Di Lorenzo, Raffae- le Grisolia, Aniello Montano, Giuseppe Girgenti, Pietro Chessa, Maria Carmen De Vita e Donato Viscido (mancato improvvisa- mente proprio durante i lavori del Convegno). Esse hanno toc- cato i principali aspetti della figura di studioso di Sodano, filolo- go classico che ha dedicato la maggior parte della sua attività alle edizioni, traduzioni e interpretazioni di Porfirio e di Giamblico; in particolare, le relazioni di Criscuolo e Chessa hanno toccato la sua interpretazione del De mysteriis, sottolineandone l’attualità e l’opportunità di una riedizione, che ora si realizza. Alcuni dei maggiori contributi di Sodano su Porfirio sono già stati pubblicati in questa medesima collana: Porfirio, Vangelo di un pagano. Lettera a Marcella. Contro Boeto, sull’anima. Sul cono- sci te stesso. Eunapio, Vita di Porfirio, presentazione di G. Reale, testo greco a fronte, 1993, 20062; Porfirio, Astinenza dagli ani- VII GIUSEPPE GIRGENTI mali, testo greco a fronte, 2005; Porfirio, Lettera ad Anebo (testo critico), in Porfirio, Filosofia rivelata dagli oracoli, con tutti i fram- menti di magia, stregoneria, teosofia e teurgia, testi greci e latini a fronte, a cura di G. Girgenti e G. Muscolino, 2011. Proprio la Lettera ad Anebo di Porfirio fu l’occasione per la stesura del De mysteriis. Il De mysteriis, infatti, si presenta come una risposta a quanto Porfirio aveva scritto ad Anebo, un sacerdote egiziano; l’autore della risposta è il “maestro” Abammone, un altro nome egizia- no, dietro cui si celerebbe Giamblico, allievo di Porfirio, secondo una tradizione unanime e consolidata che da Proclo – passando per Michele Psello e Basilio Bessarione – giunge fino a Marsilio Ficino, che per primo tradusse l’opera in latino nel 1497. Sodano, tuttavia, non considera affatto sicura l’identificazione di Abam- mone con Giamblico, adducendo una serie di argomentazioni che si possono leggere nell’Introduzione; quello che è certo è che ci troviamo di fronte a una vera e propria “logomachia” sulla “teurgia”, cioè una disputa filosofica sull’arte ieratico-sacerdotale che all’interno della tradizione platonica fu considerata in modi piuttosto diversi; i numerosi temi del De mysteriis, rapsodicamen- te articolati in dieci capitoli, si possono classificare in tre grandi gruppi, che vengono affrontati sia a livello filosofico, sia a livello teologico, sia a livello teurgico: 1) l’esistenza e la classificazione degli dèi e dei dèmoni, con tutta la complessa gerarchia celeste che ne deriva, ricondotta comunque al Principio Primo dell’U- no; 2) la natura e le funzioni profetiche della “mantica”, l’arte divinatoria di dare responsi e oracoli che Platone nel Fedro con- siderava ispirata da Apollo; 3) la natura e le funzioni rituali della “telestica”, l’arte sacerdotale di costruire talismani, amuleti e idoli e di compiere sacrifici graditi agli dèi, e che Platone considerava ispirata da Dioniso. Per l’autore del De mysteriis, invece, il dio che presiede a tutta quanta l’arte teurgica è Hermes, il dio greco della parola, identificato con il dio egizio Theuth o Thoth, pure rievocato da Platone alla fine del Fedro come colui che dona i sim- boli sacri della scrittura al faraone Thamus: Hermes era in effetti PRESENTAZIONE IX il dio messaggero e rivelatore al quale venivano ricondotti tutti gli scritti del Corpus Hermeticum, che costituiscono l’antecedente alessandrino più importante del De mysteriis, accanto alle opere sulla religione egizia di Manetone e di Cheremone di Alessandria. Il nucleo della disputa con Porfirio è il seguente: Abammone/ Giamblico contesta a Porfirio di parlare, nella sua Lettera ad Ane- bo, sempre da filosofo e mai da teurgo, e pertanto di non com- prendere la vera essenza della teurgia, che, in quanto qeou' e[rgon (cfr. Etymologicum Gudianum, s. v. qeourgiva) non è affatto un’o- perazione umana sugli dèi, tesa a comprenderne e a catturarne la potenza, bensì un’operazione divina sugli uomini, in cui gli dèi si servono del sacerdote o del profeta come medium. Su questo pun- to, i successivi neoplatonici non furono concordi: Proclo non rile- vò alcuna sostanziale differenza tra Plotino, Porfirio e Giamblico, mentre Damascio sostenne che Plotino e Porfirio si dedicarono maggiormente alla filosofia, mentre Giamblico e Proclo alla teur- gia. In verità, per Plotino la teurgia non svolgeva alcun ruolo nel cammino verso l’interiorità e il divino; Porfirio conferì ad essa un valore iniziale, rituale, in quanto può purificare temporaneamente alcune passioni fantasmatiche, facendo appello ai dèmoni (se si tratta di dèmoni malvagi, la teurgia porfiriana diventa un vero e proprio esorcismo); per Giamblico, al contrario, la teurgia ebbe il valore finale di elevazione dell’anima al divino grazie all’opera stessa degli dèi. Questa è la concezione condivisa anche dall’im- peratore neoplatonico Giuliano, il quale scrisse in una lettera a Prisco: «Cercami tutti i libri di Giamblico intorno al mio omoni- mo [scil. Giuliano il Teurgo]. Solo tu lo puoi. Io ho una folle pas- sione per Giamblico in filosofia e per il mio omonimo in teosofia, e giudico gli altri niente [...], a confronto di questi» (Ep., 12, I, 2, p. 19, 2-4 Bidez). Giamblico scrisse anche una Teologia caldaica in cui capovolse il rapporto problematico tra filosofia e teurgia che Porfirio aveva proposto nella sua interpretazione degli Oraco- li caldaici. Soprattutto, Porfirio pensava che la teurgia, in quanto purificazione iniziale delle passioni, fosse efficace solamente per quanto riguarda la parte irrazionale dell’anima, quasi come una X GIUSEPPE GIRGENTI catarsi rituale degli istinti e degli impulsi; pensava però che l’ani- ma potesse essere veramente purificata solo con l’esercizio delle virtù etiche, e con la scala progressiva di tutte le altre virtù, vero riverbero dell’Uno-Bene nell’anima. Invece, Giamblico poneva la teurgia al vertice, in modo tale che essa prendesse il posto della mistica. Questa sarà la linea che, dopo Giuliano, seguiranno sia Proclo, sia Damascio, e che farà dire alla maggior parte dei neo- platonici che Porfirio fu più un filosofo erudito, mentre il “divi- no” Giamblico più un teurgo mistico. Ma veniamo alle novità di questa edizione, che, rispetto alla prima, sono tre. La prima novità è la presenza, a fronte della traduzione di Sodano, del testo greco nell’edizione critica utilizzata di Éduard Des Places (Jamblique, Les mystères d’Égypte, Paris, Les Belles Lettres, 1966, pp. 38-215). Il lettore deve tenere presente che Sodano si discosta talvolta dal testo di Des Places, segnalando nelle Appendici critiche le varianti proposte. La numerazione a margine del testo greco riproduce quella di Des Places, mentre quella a margine del testo italiano è di Sodano stesso, integra- ta con la numerazione delle pagine della precedente edizione di Parthey (Jamblichus De mysteriis liber. Ad fidem codicum manu scriptorum recognovit G. Parthey, Berlin 1857, rist. an. Amster- dam 1965). I numeri tra parentesi quadra in alto indicano, invece, la numerazione delle pagine dell’edizione italiana del 1984, a cui fanno riferimento le citazioni nelle note e gli indici finali. La seconda novità è il testo latino di Marsilio Ficino in appen- dice, cioè la prima traduzione in assoluto del De mysteriis (Iambli- chus De mysteriis Aegyptiorum, Chaldaeorum, Assyriorum, Aldo Manuzio, Venezia 1497, rist. an., con introduzione di S. Toussaint, Les Édition du Miraval, Enghien-les-Bains 2006). Leggendo que- sta versione, il lettore si accorgerà che si tratta di una traduzione molto libera, talora una vera e propria parafrasi, il che rese ne- cessaria, sessant’anni dopo Ficino, una seconda traduzione latina, più fedele al testo greco, opera di Nicola Scutellio e comparsa a Roma nel 1556. Le abbreviazioni delle desinenze latine sono state PRESENTAZIONE XI messe per esteso e a margine è riportata la numerazione originale dell’edizione aldina. La terza novità è l’aggiornamento bibliografico completo su Giamblico a cura di Pietro Chessa, che su questo testo sta svol- gendo il dottorato di ricerca in filosofia antica presso l’Università di Cagliari e che ringrazio vivamente per la collaborazione. Eric Dodds considerò questo testo come il manifesto dell’ir- razionalismo greco della tarda antichità, e come un concentrato di superstizioni. La critica attuale tende invece a ricollocare la teurgia neoplatonica all’interno della mistica filosofica, e soprat- tutto a ricostruirne l’influenza esercitata sulla dottrina cristiana della grazia santificante e dei sacramenti (misteri della fede!), a partire dallo Pseudo-Dionigi Areopagita fino a Marsilio Ficino, per il quale la teurgia è deificazione (...theurgia, id est deiphica). Del resto, il termine qeourgiva non è mai utilizzato da Plotino, mentre in Porfirio abbiamo solo cinque occorrenze, in Giamblico ben quarantasei occorrenze, in Giuliano sette occorrenze, in Pro- clo ben cinquantuno occorrenze, e, infine, in Damascio quindici occorrenze; se passiamo agli autori cristiani, troviamo anzitutto nello Pseudo-Dionigi Areopagita ben quarantotto occorrenze, in gran parte nella Gerarchia Ecclesiastica; e, poi, per ricordare solo i più importanti, troviamo ventisei occorrenze in Fozio, che parla espressamente delle “teurgie” di Gesù (cfr. Ep. et Amph., 55, 13), venti occorrenze in Michele Psello, per il quale la teurgia è la virtù deificante (cfr. Ep. enc. in Patr. M. Cerullarius: qeoeidh;" ajrethv) e ben quarantatre occorrenze in Gregorio Palamas, per il quale la teurgia è la divinizzazione dell’anima e la sua trasformazione in Dio (cfr. Pro Hesych., 3, 1, 15: qeikh; ajnamovrfwsi"). Questo è un capitolo della Wirkungsgeschichte del neoplatonismo nel cristia- nesimo ancora tutto da scrivere. INTRODUZIONE di Angelo Raffaele Sodano

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