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I maestri della ricerca teatrale. Il Living, Grotowski, Barba e Brook PDF

233 Pages·2007·1.113 MB·Italian
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Perrelli.qxp 22-03-2007 13:57 Pagina i Biblioteca Universale Laterza 600 Perrelli_Perrelli 22/02/13 16.02 Pagina ii ISTITUZIONIDELLOSPETTACOLO serie diretta da Luigi Allegri e Roberto Alonge VOLUMIPUBBLICATI La danza. Storia, teoria, estetica nel Novecento di Alessandro Pontremoli Teatro e avanguardie storiche. Traiettorie dell’eresia di Roberto Tessari Il cinema americano classico di Giaime Alonge e Giulia Carluccio Il cinema europeo di Mariapia Comand e Roy Menarini Metodologie di analisi del film a cura di Paolo Bertetto Il teatro dei registi. Scopritori di enigmi e poeti della scena di Roberto Alonge Luce e ombra. Storia, teorie e pratiche dell’illuminazione teatrale di Cristina Grazioli L’artificio e l’emozione. L’attore nel teatro del Novecento di Luigi Allegri Il cinema asiatico. L’Estremo Oriente di Dario Tomasi Perrelli.qxp 22-03-2007 13:57 Pagina iii Franco Perrelli I maestri della ricerca teatrale Il Living, Grotowski, Barba e Brook Editori Laterza Perrelli_Perrelli 22/02/13 16.02 Pagina iv © 2007, Gius. Laterza & Figli www.laterza.it Prima edizione maggio 2007 Edizione 4 5 6 7 8 9 Anno 2013 2014 2015 2016 2017 2018 Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Questo libro è stampato su carta amica delle foreste Stampato da Martano editrice srl - Lecce (Italy) per conto della Gius. Laterza & Figli Spa ISBN 978-88-420-7479-3 È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Perrelli.qxp 22-03-2007 13:57 Pagina 1 I maestri della ricerca teatrale Perrelli.qxp 22-03-2007 13:57 Pagina 2 Perrelli.qxp 22-03-2007 13:57 Pagina 3 I La fucina americana 1. «Prolog im Himmel»: Prima e Seconda Riforma del teatro In un’intervista del 1994, Jerzy Grotowski guardava al teatro del No- vecento, ritenendo che avesse conosciuto almeno due grandi Rifor- me: la prima legata ai nomi di Stanislavskij, Mejerchol’d, Vachtan- gov (ma anche di Craig, Piscator, Copeau e Artaud); la seconda, che si evidenzia dopo la depressione economica e la seconda guerra mondiale, negli anni Sessanta, influenzata tra l’altro da Brecht, «troppo giovane per la prima riforma e già scomparso prima della seconda»1. I promotori di questa Seconda Riforma sarebbero senz’altro Julian Beck e Judith Malina, fondatori nel 1947 del Living Theatre, che esplode a New York con The Connectiondi Jack Gel- ber nel 1959, lo stesso anno in cui Grotowski va a dirigere, con Ludwik Flaszen, il minuscolo Teatro delle Tredici File, l’embrione dei suoi futuri laboratori, nella remota cittadina polacca di Opole. In questo libro, così, parleremo degli spettacoli, della pratica sce- nica e parateatrale, delle idee del Living Theatre e di Jerzy Grotow- ski, nonché di Eugenio Barba e di Peter Brook, anch’essi (per limi- tarci alle figure di prima grandezza) protagonisti del profondo cam- biamento del teatro dagli anni Sessanta fin verso il 1985, quando – anche in coincidenza con la chiusura del laboratorio grotowskiano 1J. Grotowski, Uno sguardo dal Work Center, in Il Patalogo 17. Annuario 1994 dello spettacolo, Ubulibri, Milano 1994, pp. 109-110. 3 Perrelli.qxp 22-03-2007 13:57 Pagina 4 di Wroclaw e la scomparsa di Julian Beck – si manifestò una signifi- cativa cesura nel panorama teatrale. La Seconda Riforma, insomma, si focalizza nell’arco di un quar- to di secolo e fra due poli assai distanti, geograficamente e politica- mente – gli Stati Uniti di John Cage, dell’astrattismo pittorico, della performance, e la Polonia comunista –, ma trova la sua comune ra- gion d’essere in una radicale inquietudine sul senso del teatro di rap- presentazione, inoltrandosi così nella direzione del superamento di elementi che si ritengono diffusamente connaturati all’attività tea- trale (la recitazione come imitazione o finzione e l’illusione scenica) e spostando di contro l’obiettivo su una diversa qualità della pre- senza dell’attore e della sua relazione con lo spettatore. Al centro della Seconda Riforma ci sono quindi la ricerca di un’azione credi- bile dell’attore sulla linea di Stanislavskij (come di Vachtangov), ma anche la necessità di esprimere sentite esigenze personali che pote- vano risolversi nell’utopia di un recupero della vita, nella sua ampia autenticità esistenziale, sociale e politica, alla dimensione del teatro che, in questa acquisizione, sarebbe andata sempre più dilatandosi. Molto presto, parole d’ordine del Living Theatre diventeranno: «Non recitare. Agisci. / Non ricreare. Crea. / Non imitare la vita. Vi- vi. / Non scolpire immagini. Sii. / [...] Se non ti piace, cambialo»2. La vicenda teatrale che stiamo per delineare – per citare un tito- lo del Faust– ha bisogno di un Prologo in cielo, perché comincia, sì, negli anni Cinquanta, avendo però antecedenti storici più lontani, cui si riconnette molto strettamente. Senz’altro quelli che Eugenio Barba – con un effetto quasi di rispecchiamento fra seconda e prima metà del Novecento teatrale – indica come «i nostri antenati», ovve- ro «coloro che hanno fondato la tradizione del XX secolo», quegli artisti attanagliati dall’insoddisfazione per il mestiere, che «si sono opposti al loro tempo e hanno forgiato l’idea di un teatro che non si limita allo spettacolo, non si rivolge semplicemente ad un pubblico, non si preoccupa solamente di riempire le sale». Si tratta dei grandi registi russi, in primo luogo Stanislavskij e Mejerchol’d; degli espo- nenti del filone politico del teatro tedesco e, solitario e monumenta- le, di Antonin Artaud, che certo ha prodotto poco, ma ha lasciato per iscritto visioni di assoluta suggestione. Secondo Barba, costoro 2J. Beck, J. Malina, Il lavoro del Living Theatre. Materiali 1952-1969, a cura di F. Quadri, Ubulibri, Milano 1982, p. 360. 4 Perrelli.qxp 22-03-2007 13:57 Pagina 5 si sono confrontati con «i quattro problemi basilari per l’attore, non solo comeessere un attore efficace; ma anche perchéesserlo, dovees- serlo e per chi», rimettendo in gioco «l’urgenza di lottare contro una sensazione di perdita di esistenza» diffusa sulle scene e rilanciando «una capacità d’essere, di sentirsi in vita e di trasmettere questa qua- lità essenzialeagli spettatori. [...] ‘Bisogna ridare vita al teatro’, escla- ma Artaud [...]. Parla di ‘vita’ tout court. Stanislavskij, prima di lui, aveva parlato di organicità, Mejerchol’d di biomeccanica»3. Dopo la seconda guerra mondiale, la questione di un efficace bios scenico, i problemi e gli interrogativi posti da questi «antenati» sem- brano tutt’altro che risolti o conchiusi nell’orizzonte storico nel qua- le si erano manifestati. È anzi significativo che già la prima aggrega- zione di Grotowski e Flaszen a Opole si rifacesse programmatica- mente alle «ricerche degli esponenti della Grande Riforma [...] (pri- ma metà del Novecento)», le quali – con la forte asserzione che «l’u- nica arma del teatro è la teatralità» – restavano alternative al teatro «considerato ‘normale’»: tali ricerche «richied[evano] di essere con- tinuate» e, in tal senso, «c’[era] ancora parecchio da fare»4. Altrove Grotowski riconoscerà: «Quando considero la tradizione globale della Grande Riforma del teatro da Stanislavskij a Dullin e da Mejer- chol’d ad Artaud mi rendo conto di non aver iniziato dal nulla ma di operare in una definita e particolare atmosfera»5. I maestri della Seconda Riforma si considereranno in tale conti- nuità con quelli dei primi decenni del secolo da interiorizzare la le- gittima coscienza di essere a loro modo dei classicipiù che degli en- fants terriblesdell’avanguardia e da riproporsi il compimento di un ciclo. Tutti del resto, a diversi livelli, si confrontano con Konstantin Stanislavskij, che dal 1905 in poi – insieme a Vsevolod E. Mejer- chol’d e Leopold Sulerzickij – aveva fondato la nozione stessa e, di- remmo, pure l’inquietudine del «teatro laboratorio» – un luogo di aperta ricerca –, di uno «studio» cioè nel quale fosse possibile spe- rimentare sull’arte di un attore riscattato dalla passività e dalla rou- 3E. Barba, L’essenza del teatro, in «Teatro e Storia», XVI, 2001, 23, pp. 7, 12, 17-18. 4J. Grotowski, La possibilità del teatro, in J. Grotowski, L. Flaszen, Il Teatr La- boratorium di Jerzy Grotowski 1959-1969, a cura di L. Flaszen e C. Pollastrelli, Fon- dazione Pontedera Teatro, Pontedera 2001, pp. 50-51. 5J. Grotowski, Per un teatro povero, Bulzoni, Roma 1970, p. 31. 5

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