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I grandi romanzi e i racconti: Al di qua del paradiso-Belli e dannati-Il grande Gatsby-Tenera è la notte-Racconti dell'età del jazz. Ediz. integrali PDF

1247 Pages·2012·4.84 MB·Italian
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390 Titoli originali: The Beautiful and Damned, Traduzioni di Pierfaranceso Paolini; The Great Gatsby — Tender is the Night — Tales of the Jazz Age, traduzioni di Bruno Armando Prima edizione ebook: agosto 2012 © 2009 Newton Compton editori s.r.l. Roma, Casella postale 6214 ISBN 9788854146808 www.newtoncompton.com Edizione elettronica realizzata da Gag srl Francis Scott Fitzgerald I grandi romanzi e i racconti Al di qua del Paradiso - Belli e dannati - Il grande Gatsby Tenera è la notte - Racconti dell’età del jazz Introduzione di Walter Mauro Premesse di Massimo Bacigalupo, Giancarlo Buzzi e Walter Mauro Edizioni integrali Newton Compton editori Introduzione Dopo quella morte, nel 1940, fra lo stupore di un pubblico che lo credeva scomparso già da alcuni anni, Francis Scott Key Fitzgerald iniziò a guadagnarsi, presso lettori e critici, una fama di grande autore dell’immaginario poetico che, tutto sommato, non gli venne molto riconosciuta in vita: malgrado il successo - sotto forma soprattutto di autocelebrazione più che legittimata dalle opere e dalla grande potenzialità di fantastica ispirazione - gli abbia consentito di proiettarsi entro un leggendario nirvana nel quale amava rifugiarsi, malgrado non poche vicende drammatiche che ne segnarono l’esistenza. Sicuramente gli fu di grande aiuto, fra disagi e malessere, la convinzione vincente di una sorta di sacralità che lo sospinse verso spazi talvolta fuori della sfera del reale, tipico processo interiore di un prete mancato. Era nato da genitori della piccola borghesia irlandese e cattolica, che ne segnarono il temperamento e le azioni, malgrado ogni tentativo compisse di assumere atteggiamenti liberatori. Di certo, qualche travaglio psichico dovette segnare la sua adolescenza, che tuttavia cercò di vivere come un comune ragazzo del Middlewest, in bilico fra spiritualità, sentimentalismi e crisi di coerenza interiore che verranno poi alla luce, dispersi qua e là, nel percorso di una travagliata esistenza. Non casualmente, i connotati del grande Gatsby, uno degli eroi dei suoi romanzi, coincidono con la percezione di avere «la roccia del mondo solidamente poggiata sulle ali d’una fata». Quindi, una pervicace convinzione di innocenza che lo difese in tante circostanze dall’aggressività violenta di dure esperienze, che gli permisero di attraversare - e vivere nella letteraria redenzione - matrimonio, malattia, dolore, morte. Certo, l’ispirazione all’eroismo, accanto ad un’autobiografica idea di santità, di gloria, di dura difesa da ogni inganno, furono tali meccanismi di difesa, da farlo crescere, e da permettergli di servirsi della pagina scritta, insomma del fatto letterario, fino a conseguenze estreme di scrittura sorretta dal supporto tenace e continuo di un forte arsenale fabulatorio. Non mancò un determinato potenziale di ironia in questa configurazione di romanziere di alto livello, poiché proprio da queste enormi capacità percettive, nacque poi quel grande fabulatore che oggi abbiamo la buona sorte di leggere e seguire: nell’immaginario come in quello spazio insondabile del reale che sorregge tutta l’impalcatura di romanzi irripetibili. L’universo aristocratico del Sud degli States lo attrasse inesorabile fin dagli anni dell’adolescenza, accanto alla purezza incontaminata degli ideali che il padre aveva saputo riversargli, onore e cortesia ariostescamente intesi e individuati come patrimoni inalienabili di una vita, pur fra disagi economici che il genitore gli procurò, suo malgrado. Furono tuttavia benefici e fortunati gli anni di Princeton, perché lì conobbe e strinse amicizia con numerosi intellettuali di un’America felice e come lontana da rabbie e da dolori, immersa in una sana custodia che la crisi di tredici anni dopo si occuperà di infrangere. Una delusione d’amore con una giovane ragazza della nobiltà di Chicago significò per lui il primo contatto con le asperità di un vero e di un reale che non lo risparmieranno negli anni a venire. Fu l’intervento degli Stati Uniti nella prima guerra mondiale ad accentuare il sobbalzo: era il 6 di aprile del 1917 quando iniziò l’avventura americana nei gorghi del conflitto, ma Scott aveva la testa altrove: al suo romanzo The Side of Paradise, che tanta felicità gli darà al momento della pubblicazione, il 26 marzo del 1920. Stava nascendo il leader di una nuova generazione carica di un infrenabile inno alla vita, che si definì “età del jazz”. Con lui una simile avventura fu vissuta da Zelda, che accettò di sposarlo e gli fu vicina nella gioia e nei numerosi traumi dell’io profondo. Nel 1921 nasce Frances, affettuosamente chiamata Scottie, una sorta di faro luminoso che accompagnerà l’esistenza di Francis soprattutto al tempo dolente della malattia di Zelda. Ma era New York, la Grande Mela, la meta da raggiungere, una sorta di inevitabile spleen concentrato a Long Island, a Great Neck, la culla ideale per comporre Il grande Gatsby: e in realtà, accanto a momenti di grande azione creativa, furono anni di sperpero e di energie perdute, sì che il successivo soggiorno francese apparve quasi un recupero, e il secondo romanzo, the Beautiful and Damned, Belli e Dannati, parve quasi liberatorio, come una premonitoria anticipazione di quei racconti dell’età del jazz che segnarono un’epoca, anche perché il ritorno a Long Island volle dire il recupero di un alveo cui i due non sapevano rinunciare. Parigi, Nizza, ancora Parigi, in un vagabondare inquieto e nevrotico: nel 1925 apparve in libreria Il grande Gatsby, e l’anno dopo Zelda iniziò a dare i primi segni di uno squilibrio mentale che non l’abbandonerà più, e cambierà la vita di Francis, inesorabilmente. Fu certo pura occasione, ma la crisi della coppia coincise con quel 1929 che gli americani ricordano come l’anno più nero e traumatico. Non basta un romanzo come tender is the Night, tenera è la notte, a consolarlo, anche perché il successo di quel libro nel 1934 non fu davvero entusiasmante. Avanzava dura la depressione, quel crack-up, il crollo, che lui stesso descrisse lucidamente in tre articoli apparsi su «Esquire», postumi. Gli ultimi anni di Francis Scott Fitzgerald furono segnati da una terribile percezione del proprio fallimento, di uomo e di scrittore, e l’ultimo romanzo, The Last Tycoon, Gli ultimi fuochi, fu tragica testimonianza di un totale disincanto, che tuttavia non incise sulla memoria di quelle pagine, dettate da un cuore e da una coscienza segnate da una delusione profonda. Si susseguono spettrali gli attacchi di cuore, da metà novembre a quel fatale 21 dicembre 1940 in cui Francis lasciò il proscenio del mondo: il giorno prima, testardamente, con tutta letteraria caparbietà, aveva concluso il primo episodio del sesto capitolo, ma la mano si fermò in una resa senza condizione. Il romanzo verrà pubblicato incompiuto dall’amico Edmund Wilson nel 1941, e fu il disvelamento, finalmente la scoperta di uno dei più grandi romanzieri di ogni tempo. Il funerale fu semplice, l’inumazione avvenne nel minuscolo cimitero di Rockville, nel Maryland, davanti a poca gente, ma c’era Dorothy Parker che ebbe la forza di esclamare, fra il pianto: «Povero vecchio bastardo!». Zelda sopravvisse otto anni e nel 1948 morì bruciata in un incendio scoppiato nella clinica Highland a Asheville, nel North Carolina, dove da lungo tempo era internata. Se ne andava una creatura che aveva dato vita e fiato ad un inestimabile lavoro letterario, come donna e come ispiratrice di uno scrittore esemplare, sempre in bilico fra una consapevolezza sottesa di realtà e un immaginario scatenante, senza tregua né fine. Per lui valgono quelle parole di Tenera è la notte: «A volte è più difficile privarsi di un dolore che di un piacere». Ben oltre la tragedia della morte, il patrimonio che Francis Scott Fitzgerald ha lasciato alla cultura e alla letteratura americana e universale rimane di uno spessore in cui va a confluire tutta una rilevante serie di motivazioni. Il verdetto globale su di lui non giunse che negli anni Quaranta, prima dei quali ogni sentenza critica si velava di una copertura sociale: giovani eleganti del mondo newyorkese, macchine fuori serie, ville in Costa Azzurra, cronache di quella stagione indimenticabile degli anni Venti che si definì, forse un po’ a sproposito, “età del jazz”. In realtà Francis finì invece per sottolineare specialmente la dimensione traumatica della ricchezza, oltre che i suoi vacui aspetti positivi e gratificanti: poté superare gli argini e i confini di una parzialità di giudizio, servendosi di quel fondo prezioso, e in lui sempre attivo e presente, di idealismo romantico che, ben lungi dal proiettarlo all’indietro verso stagioni remote e non più compatibili, gli consentì invece di calarsi al vivo di un mondo all’apparenza popolato di cartoni animati, in realtà di personaggi drammatici che scontano fino in fondo il mestiere del vivere. Un simile itinerario, parventemente duplice, gli consentì di intuire il tracciato medio fra ideale di bellezza, mito americano del successo, e al contempo una dura, inesorabile operazione di scavo al vivo della creatura umana, più che sottesa di fragilità dietro il velame di un’arroganza dovuta soltanto alla ricchezza. Era necessaria una religio- nell’accezione di legame profondo - con la vita e la letteratura, per conseguire risultanze di così grande rilievo: visse certamente «in una stanza piena di orologi e calendari», ma seppe usare la clessidra del tempo con la convinzione di essere uomo fra gli uomini. WALTER MAURO Nota biobibliografica CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE 1890. Edward Fitzgerald, modesto imprenditore nato da un’antica famiglia cattolica di Rockville, Maryland, sposa a St. Paul, Minnesota (la “Boston del Middle West”), Mary McQuillan, figlia di un emigrante irlandese che aveva accumulato una cospicua fortuna. Viaggio di nozze sulla Riviera francese. 1896. Francis Scott Key Fitzgerald nasce il 24 settembre a St. Paul, pochi mesi dopo la morte di due sorelline. Gli viene dato il nome di un antenato illustre, Francis Scott Key (1779-1843), autore dell’inno The Star-Spangled Banner. 1898. I Fitzgerald si trasferiscono a Buffalo, New York, dove il padre lavora come rappresentante per la Procter and Gamble. 1900. Zelda Sayre nasce il 24 luglio a Montgomery, Alabama. 1901. I Fitzgerald passano a Syracuse, New York. Nasce la sorella Annabel. 1903. Rientro della famiglia a Buffalo. Scott frequenta le elementari al Holy Angels Convent. 1908. Edward è licenziato. La famiglia toma a St. Paul, dove è mantenuta dalla nonna vedova McQuillan. Scott entra nella St. Paul Academy. 1911. Scott è accolto nella Newman Academy, buon collegio cattolico di Hackensack, New Jersey. Incontra padre Fay, dedicatario di This Side of Paradise. 1913. Frequenta la Princeton University, New Jersey. Fa amicizia con Edmund Wilson e John Peale Bishop. Si dedica poco agli studi, molto alle attività sociali e alla preparazione dello spettacolo annuale del Triangle Club, Fiel Fie! Fi-Fi! (dicembre 1914). 1914-15. Scrive per giornali universitari. Conosce Ginevra King. Prende un congedo di un anno per motivi di salute. 1916. Ritorna a Princeton, con scarso successo; continua a scrivere per le riviste. Afferma di voler fare il prete. 1917. A ottobre viene arruolato come sottotenente di fanteria. È stanziato nel Kansas. 1918. Passa in Georgia, poi a giugno a Montgomery, Alabama. A luglio a un ballo incontra Zelda Sayre. Sottopone a Scribner un romanzo, The Romantic Egotist, che viene apprezzato ma rifiutato. A novembre si trasferisce in una base di Long Island per l’imbarco, ma la fine della guerra lo riporta a Montgomery. 1919. Congedato a febbraio, lavora a New York per un’agenzia pubblicitaria. A giugno Zelda rompe il fidanzamento informale. Scott ritorna a St. Paul e dà forma definitiva a This Side of Paradise, che a settembre è accettato da Maxwell Perkins, redattore di Scribner. 1920. This Side of Paradise esce il 26 marzo ed è ben accolto. Il 3 aprile sposa Zelda nella canonica della Cattedrale di San Patrizio, New York. Per l’estate affittano una casa a Westport, Connecticut. Il 10 settembre esce la raccolta di racconti Flappers and Philosophers. A ottobre affittano un appartamento di New York, a 38 West 59th Street. 1921. Viaggio in Inghilterra, Francia e Italia, maggio-luglio. Al ritorno vivono a St. Paul. Il 26 ottobre nasce la figlia, Frances Scott (1921-1986). 1922. Pubblica il secondo romanzo, The Beautiful and Damned (4 marzo), uscito a puntate sul «Metropolitan Magazine», e Tales of the Jazz Age (racconti, 22 settembre). Affitta casa a Great Neck, Long Island. 1923. Pubblica una commedia, The Vegetable, che fa fiasco ad Atlantic City a novembre. 1924. Si trasferisce in Europa. Passa l’estate alla Ville Marie di St. Raphael, lavorando a The Great Gatsby. Nell’autunno è a Roma. 1925. The Great Gatsby esce il 10 aprile, con buon successo. Primavera a Parigi, dove conosce Ernest Hemingway. Agosto a Villefranche, ospiti di Gerald e Sara Murphy. 1926. Ricovero di Zelda. A febbraio esce All the Sad Young Men, racconti. Da marzo a Juan-les-Pins. A dicembre rientrano negli Stati Uniti sul Conte Biancamano. 1927. Gennaio, primo viaggio a Hollywood, dove lavora per la United Artists. Affitta casa a Wilmington, Delaware. Zelda studia danza. 1928. Aprile-settembre a Parigi, dove abitano a 58, rue Vaugirard. Rientrano negli Stati Uniti per l’inverno. 1929. A Genova a marzo col Conte Biancamano, poi a Parigi e a Cannes. 1930. Il 23 aprile Zelda è ricoverata per schizofrenia alla Malmaison di Parigi, poi a Montreux in Svizzera. Scott vive a Ginevra e Losanna. 1931. Morte del padre a gennaio. Scott va negli Stati Uniti (episodio ripreso in Tender Is the Night). In estate è ad Annecy, a settembre Zelda è dimessa, e i due si stabiliscono a Montgomery, Alabama. Scott a Hollywood da solo. 1932. In seguito alla morte di suo padre, Zelda ha una ricaduta ed è ricoverata da febbraio a giugno a Baltimora; termina un romanzo, Save Me the Waltz, che

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