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I figli di Costantino PDF

298 Pages·2015·2.76 MB·Italian
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ASPETTANDO I BARBARI Collana diretta da Giusto Traina Les fils de Constantin Pierre Maraval © CNRS ÉDITIONS, Paris, 2013 I figli di Costantino Prima edizione italiana - Palermo © 2015 Maut Srl - 21 editore www.21editore.it ISBN 978-88-99470-03-6 Tutti i diritti riservati Aspettando i barbari Collana diretta da Giusto Traina Progetto grafico e impaginazione di Luca De Bernardis Immagine di copertina: © Getty Images Bust of the emperor Constans I (323-350) Pierre Maraval I figli di Costantino Costantino II (337-340) Costanzo II (337-361) Costante (337-350) Traduzione italiana a cura di Alice Borgna Prefazione di Giusto Traina L’impero romano nel IV secolo Prefazione Già titolare di una cattedra di Storia del cristianesimo antico e tardoantico alla Sorbonne, a quasi ottant’anni Pierre Maraval resta tuttora uno studioso in piena attività, alternando edizioni e traduzioni di testi cristiani della tarda antichità a sintesi equilibrate, aggiornate e accessibili anche ai non specialisti1. Proponiamo qui al pubblico italiano la sua sintesi più recente, che colma una lacuna per gli anni 337-361 d.C., un periodo essenziale per comprendere il processo storico di trasformazione dell’impero romano avviato con l’era costantiniana, ma lasciato più in ombra in quel processo di ‘espansionismo del tardoantico’ che ha caratterizzato il panorama storiografico dell’antichistica dell’ultimo quarantennio2. In controtendenza rispetto agli studi tardoantichi mainstream, che nel loro sviluppo quasi esponenziale si sono concentrati sugli aspetti sociali, culturali e religiosi, Maraval privilegia gli aspetti politici e militari, che occupano i primi nove capitoli del volume, a cui seguono due capitoli sugli affari ‘interni’ (ovvero economico-sociali) e tre sulle questioni religiose. Un’operazione forse conservatrice, ma di fatto indispensabile per comprendere un periodo poco noto anche al pubblico colto. Infatti, per l’epoca in cui regnarono i figli di Costantino sembrerebbe valere ancor oggi quanto scriveva, nella Storia dei profeti e dei re, Abū Ǧaʿfar Muḥammad b. Ǧarīr al-Ṭabarī (839-923): Qusṭanṭīn morì, e il suo regno fu diviso fra tre dei suoi figli. Morirono anch’essi, e quindi i Romani nominarono re un uomo della casata di Qusṭanṭīn , chiamato Lulyānūs, un adepto della religione che prevalse presso i Romani prima del cristianesimo3. Nella prospettiva di al-Ṭabarī, Costantino II (morto nel 340), Costante I (morto nel 350), e lo stesso Costanzo II appaiono come degli anonimi regnanti che occuparono la parentesi tra la morte di Costantino e quella di Giuliano. Questo giudizio sommario è comprensibile, dato che l’opera storica del grande storico arabo di origine iraniana si concentra sul Medio Oriente. Peraltro, come si è già accennato, anche nell’Occidente di oggi sembrerebbe riproporsi la medesima situazione: i tre figli di Costantino (come del resto Costanzo Gallo, ‘cesare’ d’Oriente dal 351, giustiziato nel 354) sembrano personaggi sbiaditi e sfuggenti. Come osserva Maraval nella conclusione, «essere figli di Costantino il Grande probabilmente ha condannato Costantino II, Costanzo e Costante a non essere giudicati che in termini di confronto con il loro padre, alla cui memoria del resto si appellavano con regolarità»4. Oltretutto, per il periodo fino alla fine dell’anno 353, mancano i libri corrispondenti della fonte-chiave, le Storie di Ammiano Marcellino, preservate solo a partire dal libro XIV. In definitiva, solo la fase finale del regno di Costanzo II – il più longevo dei figli di Costantino, morto di malattia a soli quarantatré anni – è documentata in modo esauriente. Ma Ammiano, il cui eroe era Giuliano, non prova particolare simpatia per Costanzo. Un testo emblematico è la celebre descrizione dell’adventus celebrato a Roma, il 1° gennaio 357, in occasione dei vicennalia, la solenne celebrazione dei vent’anni di regno dell’imperatore: Rivolto lo sguardo alla plebe, si stupiva come tutte le stirpi della terra fossero confluite in gran numero a Roma. Come se stesse per incutere terrore con la vista delle armi all’Eufrate e al Reno, preceduto ai due lati dalle insegne, egli sedeva, solo, su un cocchio aureo, splendente di varie pietre preziose, col cui scintillio provocava un barbaglio di luci diverse [...] salutato con il nome di Augusto da grida di gioia, non restò impressionato dall’eco, simile a un tuono, dei monti e delle rive del fiume, ma appariva immobile né più né meno che nelle province. Infatti si piegava quando passava sotto le altissime porte, pur essendo assai piccolo di statura e, come se avesse il collo chiuso in una morsa, teneva lo sguardo sempre fisso davanti a sé e non volgeva il volto né a destra né a sinistra. Né muoveva il capo al sobbalzare delle ruote, né fu visto sputare oppure pulirsi o sfregarsi il naso o la bocca e nemmeno muovere una mano. Pur trattandosi di affettazione, sia questi che altri atteggiamenti della sua vita intima erano indizi d’una non trascurabile resistenza concessa, come si poteva arguire, a lui solo. E poiché ne ho fatto menzione al momento opportuno, passerò sotto silenzio il fatto che durante tutto il suo impero non invitò mai nessuno sul suo cocchio, né ammise come proprio collega nel consolato alcun cittadino privato, il che pur fecero dei sovrani divinizzati; né farò menzione di tante altre sue abitudini di questo genere che egli, nel suo orgoglio, rispettò come leggi giustissime5. L’impassibilità statuaria ostentata dal signore del mondo durante questa cerimonia, tradizionale almeno in apparenza (Ammiano evita significativamente di rimarcare il carattere profondamente cristiano dell’evento)6, può aver ispirato l’idea di Gibbon di un imperatore timido e quindi crudele, incapace di compassione7. In realtà, al di là di queste considerazioni fondate sul buonsenso, va osservato che il passo di Ammiano testimonia l’evoluzione dell’immagine del princeps romano nella direzione di una vera e propria sacred kingship, che sembra avvicinare l’impero romano a quello sasanide, rappresentato da Šāpūr II, il ‘Sapore’ dei testi latini e greci che nella titolatura delle monete si presentava come ‘Signore mazdeo Šāpūr, re dei re dell’Iran e del non-Iran, di divina essenza’8. In un impero romano che Diocleziano e Costantino avevano fatto uscire dalla crisi, la dimensione geografica merita attenzione. Il mondo, o meglio l’empire- monde consolidato da Costantino, gravitava ormai da una parte sul polo orientale di Costantinopoli, dall’altra sul polo occidentale, con la metropoli di Roma e la residenza imperiale di Milano. All’epoca dei figli di Costantino, la situazione

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L'imperatore Costantino ebbe quattro figli: Crispo, Costantino II, Costante e Costanzo II. Tre di loro ebbero un destino tragico. Il primo, Crispo, scomparve in circostanze piuttosto misteriose quando il padre era ancora in vita. Altri due, Costantino II e Costante, rimasero al potere per un periodo
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