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I Crociati alla conquista della Città Santa PDF

123 Pages·2016·1.24 MB·Italian
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Considerate come la più romantica delle imprese cristiane oppure come l’ultima invasione barbarica, le Crociate rimangono una delle più emozionanti e avventurose storie di tutti i tempi. Chi per espiare le penitenze, chi per brama di potere; chi per il desiderio di vedere i luoghi sacri, chi per il bottino che l’Oriente prometteva, i Crociati marciarono verso la preda, spirituale o temporale al contempo, della Città santa. Giunti dopo un viaggio spettacolare sotto le antiche mura di Gerusalemme, fu solo dopo molto tempo e grazie a una brillante manovra di tattica militare che poterono riversarsi nella città. E ciò che ne seguì fu insieme meraviglioso e terribile. Steven Runciman è il più noto studioso a livello mondiale sul fenomeno delle Crociate. I suoi studi al riguardo sono per tutti il punto di riferimento imprescindibile. Forte di questa formidabile documentazione, Runciman nel presente volume si sofferma sulla prima Crociata, la più affascinante di tutte, con l’obiettivo di rendere accessibile anche al di fuori della ristretta cerchia degli studiosi una delle vicende più controverse ed emozionanti di tutta la storia dell’umanità. Il risultato è questo volume, pubblicato originariamente dalla prestigiosa Cambridge University Press, e divenuto in Inghilterra un vero e proprio modello di divulgazione storica. Di Steven Runciman sono apparsi in italiano: Storia delle crociate (2 volumi, Einaudi 1993) La teocrazia bizantina (Sansoni 1988) Vespri siciliani (Dedalo 1986). In sovraccoperta: Disegno di Pietro Compagni I CROCIATI ALLA CONQUISTA DELLA CITTÀ SANTA Della stessa serie: • Andreas Beck La fine dei Templari • Manfred Bockl Vita e visioni del profeta Nostradamus • Michael Foss Re Artù e il mito di Excalibur • Roberto Giardina La leggenda di Fra Diavolo • Graham Hancock Il mistero del sacro Graal • Christian Jacq Il segreto dei geroglifici • Raymond T. McNally - Radu Florescu Storia e mistero del Conte Dracula • Régine Pemoud Storia e visioni di Santa Ildegarda • Philipp Vandenberg Alla scoperta del Tesoro di Ariamo STEVEN RUNCIMAN I CROCIATI ALLA CONQUISTA DELLA CITTÀ SANTA Epopea e storia della prima Crociata (1096-1099) PIEMME Titolo originale: The First Crusade © 1980 Cambridge University Press Canto edition: 1992 Traduzione dall’inglese a cura di: Marina Tempini Copertina: Studio Aemme I Edizione 1996 © 1996 - EDIZIONI PIEMME Spa. 15033 Casale Monferrato (AL) - Via del Carmine, 5 Tel. 0142/3361 - Fax 0142/74223 Stampa: arti grafiche TSG s.r.l., via Mazzini, 4 - Tel. 0141/598516 - Fax 594702 - 14100 ASTI Capitolo Primo IL REGNO DELL’ANTICRISTO «Quando vedrete l’Abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo...» (Matteo 24,15). Un giorno di febbraio dell’anno 638 d.C., il califfo Omar entrò in Gerusalemme in sella a un cammello bianco. I suoi abiti erano logori e sudici e l’armata al suo seguito appariva malmessa e trascurata; la disciplina però era perfetta. Gli era accanto il patriarca Sofronio, in qualità di suprema autorità della città che si era arresa. Omar procedeva a cavallo, diretto al Tempio di Salomone, da dove il suo amico Maometto era asceso al cielo. Osservando la figura di Omar, il patriarca si ricordò delle parole di Cristo e mormorò fra le lacrime: «Ecco l’abominio della desolazione, annunziato dal profeta Daniele». In seguito, il califfo chiese di poter vedere i templi dei Cristiani. Il patriarca lo condusse alla Chiesa del Santo Sepolcro e gliela mostrò. Mentre erano al suo interno, giunse l’ora della preghiera musulmana. Il califfo domandò dove poteva stendere il suo tappeto per la preghiera. Sofronio lo pregò di rimanere dov’era; ma Omar uscì sotto il portico del Martyrium, per timore, disse, che i suoi zelanti seguaci potessero rivendicare all’Islam il luogo nel quale egli aveva pregato. E, in verità, accadde proprio così. Del portico presero possesso i Musulmani, mentre la chiesa seguitò ad essere ciò che era stata, il più sacro luogo di culto della cristianità. Tutto questo avvenne in base alle condizioni di resa della città. Il Profeta stesso aveva impartito l’ordine che, mentre ai pagani doveva essere offerta la possibilità di scegliere fra conversione e morte, il Popolo del Libro, costituito da Cristiani ed Ebrei, ai quali furono aggiunti a titolo di favore gli Zoroastriani, poteva conservare i propri luoghi di culto e usarli senza alcun impedimento; tuttavia non avrebbe potuto ampliarli, né portarvi armi, né montare in essi a cavallo, e avrebbe dovuto pagare un’imposta speciale sulla persona conosciuta come jizya. Sofronio non avrebbe potuto sperare di meglio quando, munito di salvacondotto, si diresse, in sella al suo somaro, ad incontrare il califfo sul Monte degli Ulivi, rifiutandosi di consegnare la sua città in mano ad un’autorità inferiore. Gerusalemme, con le sue imponenti mura da poco restaurate, da oltre un anno aveva opposto una strenua resistenza ai Musulmani. Tuttavia in città le scorte di viveri scarseggiavano, e non vi era alcuna speranza di ricevere rifornimenti. L’area circostante la città era nelle mani del califfo, mentre le città della Siria e della Palestina erano cadute, una dopo l’altra, sotto il suo esercito. Se si esclude una piccola guarnigione che resisteva sulla costa, a Cesarea, le truppe cristiane più vicine rimaste erano quelle di stanza in Egitto. Ciò che Sofronio poté ottenere dal conquistatore, oltre alle solite condizioni, fu la possibilità per gli ufficiali cristiani stanziati in città di trasferirsi con le loro famiglie e i loro beni sulla costa di Cesarea. Questo fu l’ultimo atto pubblico del patriarca, il tragico culmine di una lunga vita trascorsa nella preoccupazione per l’ortodossia e l’unità di Cristiani. Aveva predicato e operato invano. La conquista araba era la prova di questo suo fallimento. Alcune settimane dopo morì di crepacuore. In realtà, nessun intervento umano avrebbe potuto ostacolare i movimenti disgregatori presenti nelle provincie orientali dell’antico Impero romano. Durante tutta la storia dell’Impero c’era stata una lotta latente fra Oriente e Occidente. L’Occidente aveva politica- mente vinto, ad Azio, ma l’Oriente rimaneva l’area più ricca e popolata dell’Impero, e ciò valeva in particolare per l’Egitto e la Siria. Nelle province orientali erano situati i maggiori centri dell’attività economica. Le loro navi e le loro carovane controllavano il commercio con il Levante. La loro cultura, sia materiale che spirituale, era di gran lunga superiore a quella occidentale. L’influenza dell’Oriente divenne sempre più incisiva, a tal segno che, infine, l’imperatore Costantino il Grande abbracciò una religione orientale e trasferì la sua capitale in Oriente, a Bisanzio, sul Bosforo. Nei secoli successivi, invasori barbari occuparono le province occidentali dell’Impero. Alla fine del v secolo vi erano regni barbari situati in Gallia, in Spagna, in Britannia, nel nord Africa e da ultimo anche in Italia. In questi nuovi regni, con il disfacimento della precedente amministrazione civile romana, era la Chiesa di Roma l’unica in grado di procurare insegnanti e uomini di legge, contabili e scribi. I sovrani, alcuni eretici ed altri pagani, erano costretti a servirsi di ecclesiastici per poter sostenere i loro governi. La Chiesa rappresentava sia la tradizione che l’unità, e nei secoli bui che seguirono riuscì, talora in modo precario, a mantenere la sua unità sotto l’autorità di un unico capo, il vescovo di Roma. Gli eventi si svolsero assai diversamente nelle province orientali. La loro sopravvivenza alle invasioni era stata principalmente merito di un’eccellente organizzazione strategica e delle formidabili fortificazioni erette attorno alla nuova capitale. Ma in Siria e in Egitto l’autorità di Costantinopoli era ancor meno popolare di quanto non lo fosse stata quella di Roma. I grandi centri urbani di Antiochia e Alessandria provavano risentimento nei confronti della città emergente che per dimensione e ricchezza cominciava a superarli. A causa di movimenti oltre frontiera, il commercio dall’estremo Oriente aveva cominciato ad abbandonare le vie che, attraverso l’Oceano Indiano, giungevano fino al Mar Rosso o al Golfo Persico, per seguire un percorso più settentrionale in direzione di Costantinopoli, mentre le invasioni barbariche avevano interrotto i traffici commerciali verso occidente. La cosa peggiore fu il fatto che gli imperatori sembravano determinati a riconquistare le province occidentali e a far pagare a quelle orientali le loro guerre. Nel VI secolo Giustiniano riuscì a riprendersi il nord Africa e l’Italia, ma solo dopo una lunga lotta; ed i costi ricaddero, sotto forma di imposte, sui suoi sudditi orientali. Inoltre, proprio a ridosso delle montagne armene e del deserto della Siria, incombeva il regno minaccioso della Persia dei Sassanidi, contro le cui incursioni le forze imperiali non erano in grado di garantire un’adeguata protezione. In Oriente, politica e religione erano da sempre mescolate; pertanto, in un’epoca di fede come questa, lo scontento politico si manifestava attraverso la dissidenza religiosa. Mentre i Cristiani d’Occidente erano quasi tutti disposti ad accettare le dottrine proposte dalla Sede romana, le antiche Chiese orientali tendevano a sviluppare la loro visione teologica e le loro usanze liturgiche specifiche. Le differenze erano marcate ulteriormente dalle rivalità degli alti prelati, guidati dai patriarchi di Alessandria e di Antiochia, ciascuno dei quali si riteneva pari al vescovo di Roma e superiore ai patriarchi, da poco costituiti, di Costantinopoli e Gerusalemme. Le comunità ecclesiali, per le quali le finezze teologiche erano oggetto di un intenso e appassionato interesse, tendevano a seguire i loro capi spirituali. Le dispute dottrinali erano incentrate sul problema della vera natura di Cristo. Gli imperatori cercavano di preservare l’uniformità religiosa mediante la convocazione di Concili ecumenici, ai quali erano invitati tutti i vescovi della cristianità, nella speranza che lo Spirito Santo scendesse su di loro come già era accaduto ai discepoli a Pentecoste. I Concili pervenivano all’unanimità solo perché i vescovi dissidenti si rifiutavano di votare oppure ne erano impediti. Dopo ogni Concilio vi era una parte della cristianità che si separava dal corpo principale. Gli eretici ariani, che si erano staccati nel IV secolo, scomparvero dall’Oriente. Ma dopo il Concilio di Efeso del 431 d.C. si costituì una Chiesa separata Nestoriana, che ben presto trovò rifugio presso il regno zoroastriano di Persia, dove fu tollerata e da dove i suoi missionari potevano recarsi in India e in Tartaria. Il Concilio di Calcedonia del 451 d.C. fu disertato dalle comunità sempre più ampie di Monofisiti, presenti in Egitto e in Siria. Essi non si staccarono subito; ma i tentativi di una loro riconciliazione fallirono. Alla fine del VI secolo, la maggior parte degli Egiziani apparteneva alla Chiesa Copta separata, mentre gran parte dei Siriani a quella solitamente nota come Giacobita, dal nome del suo fondatore, Giacomo Baradeo. I numerosi tentativi di riconciliazione da parte degli imperatori furono inutili, principalmente perché la loro politica occidentale li rendeva riluttanti a rompere con Roma. I teologi romani, che non gradivano le sottigliezze dottrinali, non avrebbero avallato formule destinate a dar luogo a compromessi. Nel frattempo, togliendo loro i diritti civili, il governo imperiale aveva allontanato le numerose colonie di Ebrei sparse su tutto il territorio dell’Impero. Nel 610 d.C. il re persiano Cosroe II dichiarò guerra all’Impero, che per otto anni fu governato da un usurpatore crudele ed incapace di nome Foca. A Foca ben presto succedette un giovane generale di origine armena, Eraclio. Egli aveva però ereditato un esercito disorganizzato e una situazione finanziaria in dissesto. Quando i Persiani invasero la Siria, le forze dell’imperatore non ricevettero nessun aiuto dalle popolazioni locali. Gli invasori occuparono Antiochia nel 611 d.C. e Damasco nel 613. Solo a Gerusalemme, uno dei centri dell’ortodossia, incontrarono opposizione; ma, con l’aiuto degli Ebrei che risiedevano entro le mura, la Città Santa fu presa d’assalto nell’aprile del 614 d.C. Ne seguì un terribile massacro di Cristiani. Le più sacre vestigia della cristianità, gli strumenti della Passione e la Vera Croce furono portati nella capitale persiana, a Ctesifonte. Successivamente, nell’arco di pochi anni, i Persiani occuparono l’Egitto, di nuovo senza incontrare opposizione da parte della popolazione, e le loro armate marciarono attraverso l’Anatolia per unirsi ai barbari Avari, provenienti dalle steppe, nell’assedio di Costantinopoli. La caduta di Gerusalemme e la perdita della Santa Croce inferse un colpo terribile al Cristianesimo. La guerra contro i Persiani assunse il carattere di una guerra santa. Quando Eraclio nel 622 d.C. fu in grado di sferrare un’offensiva, con solennità consacrò se stesso e il proprio esercito a Dio, ergendosi a guerriero cristiano che combatteva il potere delle tenebre. Le generazioni successive lo considerarono come il primo dei Crociati. Guglielmo di Tiro, nello scrivere la sua Storia delle Crociate cinque secoli dopo, includeva la narrazione della guerra persiana e l’antica traduzione in francese del libro era intitolata L’Estoire de Eracles. Dopo vari momenti di apprensione, la Crociata ebbe successo. I Persiani furono definitivamente sconfitti a Ninive, nel dicembre del 627. Nel 629 fu ristabilita la pace. Nell’agosto dello stesso anno Eraclio celebrò il suo trionfo a Costantinopoli. La primavera successiva andò nel sud a recuperare la Santa Croce e la riportò solennemente a Gerusalemme. Fu una cerimonia commovente. Ma quando l’entusiasmo si smorzò, Siria ed Egitto non erano certo più soddisfatte di prima. L’Impero era stato impoverito dalla guerra; ed Eraclio fu in grado di rifinanziarlo solo grazie ad un consistente prestito da parte della Chiesa ortodossa. A questo punto le chiese eretiche della Siria e dell’Egitto si trovarono ancora una volta costrette a pagare pesanti tasse, e videro i loro soldi entrare direttamente nelle casse della gerarchia ortodossa. Sotto l’autorità persiana, al contrario, non se la passavano male. La loro lealtà all’imperatore cristiano decadde. Come molti suoi predecessori, Eraclio tentò di elaborare un compromesso religioso inteso a riconciliare le Chiese separate. Ma il monoergismo e il monotelismo da lui proposti non riuscirono a soddisfare nessuno; inoltre, una persecuzione inopportuna gli alienò il favore degli Ebrei. Mentre Eraclio si trovava a Costantinopoli nel 629, per ricevere le ambascerie congratulatorie da parte di paesi tanto lontani come la Francia e l’India, si dice che gli fu recapitata una lettera a lui indirizzata da un capo arabo che, annunciandosi come il Profeta di Dio, ordinava all’imperatore di aderire alla sua fede. Messaggi simili furono inviati ai sovrani di Persia e di Etiopia e al governatore dell’Egitto. La storia è probabilmente apocrifa. È improbabile che Eraclio avesse idea degli eventi che stavano rivoluzionando la penisola araba. All’inizio del VII secolo l’Arabia fu occupata da un certo numero di tribù indipendenti e turbolente, alcune nomadiche e dedite alla pastorizia, altre all’agricoltura, e poche altre residenti in centri commerciali situati lungo i percorsi delle carovane. Esse erano idolatre e ciascun territorio era posto sotto l’egida del proprio idolo particolare, il più venerato tra i quali era conservato presso la kaabah, alla Mecca, la più ricca città commerciale; esisteva però anche un’antica tradizione monoteista conosciuta come hanif. Missionari ebrei, zoroastriani e cristiani erano attivi nella penisola, e fra chi riscuoteva i maggiori consensi vi erano i monofisiti cristiani, che erano riusciti a convertire alcune tribù ai margini del deserto e avevano chiese lungo tutte le vie carovaniere. Frattanto, le esigue ricchezze della penisola si facevano sempre più scarse e, in seguito alla distruzione delle opere di irrigazione del vecchio regno imiarita, esse divennero insufficienti per la popolazione in progressivo aumento. Nel corso della storia precedente i popoli del deserto si erano incessantemente riversati nelle circostanti terre coltivate. Ora la pressione si faceva particolarmente forte. Il genio peculiare e straordinario di Maometto si confaceva esattamente a questa situazione. Era originario della Mecca, congiunto povero del grande clan dei Qurayshiti. Aveva viaggiato e fatto qualche esperienza del mondo e delle sue religioni. Era stato attratto dal Cristianesimo monofisita; ma la dottrina della Trinità gli sembrò in contrasto con il monoteismo della tradizione hanif, che egli ammirava. La dottrina da lui elaborata non contemplava il rifiuto del giudaismo o del Cristianesimo, ma veniva proposta come rivelazione innovatrice, atta a semplificare e purificare la fede. Il suo successo come guida religiosa era dovuto principalmente alla sua profonda conoscenza dei suoi seguaci arabi. Al tempo stesso egli possedeva una straordinaria abilità politica. In dieci anni fu in grado di costruire dal nulla un impero capace di conquistare il mondo. Nel 622, l’anno dell’Egira, quando fu costretto a fuggire a Medina dalla Mecca, al suo seguito c’erano solo la famiglia e un piccolo gruppo di amici. Nel 632, quando morì, egli era diventato il signore dell’Arabia, e le sue armate ne varcavano le frontiere. Spesso in Oriente avventurieri emergono e scompaiono. Maometto lasciò invece un’organizzazione la cui stabilità era garantita dal Corano. Questo ragguardevole lavoro, riunito dal Profeta quale Parola di Dio, non contiene solamente massime e storie edificanti, ma anche regole di comportamento per la vita e un codice completo di leggi per governare un impero. Era sufficientemente semplice da essere accettato dai suoi contemporanei arabi e altrettanto universale da conciliarsi con le necessità del vasto dominio che i suoi successori andarono costruendo. La forza della sua fede, l’Islam, si basa proprio sulla sua semplicità. Esiste un unico Dio in Cielo, un’autorità suprema per il credente destinata a governare sulla terra, e una legge, il Corano, secondo la quale essa deve governare. A differenza del Cristianesimo, che predicava una pace mai raggiunta, l’Islam apparve sfrontatamente con una spada. La spada colpì l’Impero romano già durante l’esistenza del Profeta, con piccole incursioni in

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Epopea e storia della prima crociata (1096-1099).Piemme, 1996.ISBN: 8838425531.123 pagine.Considerate come la più romantica delle imprese cristiane oppure come l’ultima invasione barbarica, le Crociate rimangono una delle più emozionanti e avventurose storie di tutti i tempi. Chi per espiare le
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