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I Celti in Italia PDF

98 Pages·1991·59.337 MB·Italian
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RESA OR ]N llrA Longa&n eCs.i ISB8N8 -304-1012-8 t 1 .JIl l-• I CL043-07146 ,· .- I \. Anche l 'Italia ha un passato celti co: i Celti non hanno dominato solo il panQrama dell'Europa continen tale, ma sj sono inseriti, da età mol to antica. nella storia della nostra • BIBLIOTECA DI ARCHEOLOGIA • p-enisola. Episodio-chiave della lo ro presenza è la conquista di Roma VOLUME 16 nel 390 a.C., quando le trihù guida te da Brenna, dopo avér messo in fuga l'esercito romano, occupano la città per alcuni mesi. Da questo fui, mineo attacco contro i « futuri do minatori del mondo » nasce un mo tivato interesse per questi popoli che gli storici di Roma chiamano Galli e sui quali ci hanno lasciato preziose informazioni. Attraverso le fonti letterarie antiche, i docu menti linguistici. gli scavi archeo logici (oltre alle necropoli sonoJsta te recentemente messe in luce an che aree di abitato), è ora possibile - e questo libro ne è una testimo nianza - ricostruire la storia dei Celti in Itali_a, per un ampio arco cronologico che va dal VI al 1 seco lo a.C. Il quadro che ne emerge do cumenta con particolare evidenza il processo di accultl!.razione delle principali tribù celtiche stanziate nella penisola: a sud del Po, f Seno ni e i Boi (annientati dopo una lun ga serie di guerre tra IV e 11 secolo a.C.); a nord del Po, i Cenomani e gli Insubri (ibtegrati nel mondo ro mano nel1 secolo a.C.). Scopriamo così che l'adozione di manufatti e di modelli comgortamentali propri Segue sull'altro ris1•olro In copertina: fregio fittile da Civitalba, prima metà del n secolo a.C., .Ancona, Museo Archeologico Nazionale delle Marche (foto Piero Baguzzi/Photo Service - Gruppo Editoriale Fabbri) GRAFICA STUDIO BARONI Questo 1•olume appartiene alla collezione »BIBLIOTECA DJ ARCHEOLOGIA" 16 La collana è diretta da I CELTI Mario Torel/i IN ITALIA di MARIA TERESA GRASSI SESSANTADUE ILLUSTRAZIONI FUORI TESTO LONGANESI & C. MILANO JC eilIntt ia lia ISB8N8 -304-1012-8 J edizaipornie1l9 e9 1 Il ediziootnteo b1r9e9 1 Ai miei genitori Introduzione NEL VI e v secolo a.C. gli storici greci conoscono i Celti e, dal le scarne indicazioni desunte dai probabili racconti di mer canti e viaggiatori, ne ipotizzano le sedi nell'Europa centrale e nell'estremo Occidente del continente. Ecateo di Mileto (VI secolo a.C.), della cui opera perduta rimangono solo alcuni frammenti in autori tardi, ricorda che la colonia focese di Marsiglia, città della Liguria, è vicina al paese dei Celti (fr. 22) e menziona una città celtica, Nurax, la cui identificazione appare peraltro difficoltosa (fr. 21). Erodoto (v secolo a.C.) colloca le sorgenti del fiume Istro (Danubio) nel paese dei Celti e nella città di Pirene (?) (4.49.3) e inoltre afferma che i Celti confinano con i Kyne sioi, la popolazione che abita all'estremo Occidente dell'Eu ropa, oltre le colonne d'Ercole (2.33.3). Egli sembra quindi avere conoscenza di nuclei diversi di popolazioni celtiche, stanziate in parte nella Germania meridionale e in parte nella penisola iberica o nell'area meridionale francese. Ma questa fase di espansione dei Celti in vaste aree dell'Eu ropa è preceduta da una complessa fase di formazione dell'en tità etnica che i Greci riconoscevano come celtica, che oggi ri sulta piuttosto complesso distinguere e individuare nell'ambi to delle culture preistoriche sviluppatesi in area continentale. Mentre quindi l'identificazione dei primi Celti appare an cor oggi piuttosto controversa e dibattuta, poiché molteplici sono i fattori che concorrono al processo formativo di un ethnos, alla sua identificazione da parte di «esterni» (in que sto caso i Greci) e alla sua autocoscienza, viene attribuita ai Celti una jacies archeologica, convenzionalmente chiamata hallstattiana centroccidentale, che caratterizza nel VI seco lo a.C. l'area compresa tra la Francia centrale e la Boemia. (La civiltà hallstattiana trae il suo nome da un grande sepol creto di tombe a tumulo scoperto alla metà del secolo scorso a Hallstatt, in Austria.) Le affinità culturali - forse anche linguistiche ed etniche - tra le numerose comunità in cui era frazionato il mondo hall stattiano non devono però essere confuse con una inesistente unità politica, che i Celti non conobbero in nessuna fase della loro storia. 8 I diversi clan erano guidati da una ristretta aristocrazia, di I. La presenza celtica in Italia cui si sono conservate le fastose tombe a tumulo e in qualche caso le residenze fortificate. I principi (ma anche principesse) intrattenevano intensi rapporti con il mondo mediterraneo, .ANcHE l'Italia ha un passato celtico: i Celti non hanno domi da cui erano importati in Europa il vino, il vasellame pregiato nato solo il panorama dell'Europa continentale, ma si sono per allestire il banchetto e il corallo, in cambio di metalli (sta inseriti, da età molto antica, nella storia della penisola italia gno, rame), ambra, pelli, pellicce, schiavi. na. Le Alpi non sono mai state una barriera insormontabile È probabile che proprio il controllo dei punti-chiave delle tra continente europeo e penisola, che, in particolare nel suo vie commerciali abbia determinato il potere e la ricchezza del settore settentrionale, appare fortemente collegata al mondo le élites transalpine, a cui dovevano arrivare non solo prodot transalpino, come documenta, tra l'altro, anche il nome di ti commerciali, ma anche ricchi doni diplomatici. Gallia Cisalpina, cioè di Gallia al di qua delle Alpi, che le die Un ruolo di primo piano nei rapporti tra Europa centrale dero i Romani (Galli è il nome con cui i Romani definirono e Mediterraneo fu svolto dalla colonia focese di Massa/io i Celti). (Marsiglia), soìta presso le foci del Rodano, risalendo il quale Episodio-chiave della presenza celtica nella penisola è la si raggiungevano, lungo la Saona e il Doubs, i bacini superio conquista di Roma del 390 a.C.: i barbari irrompono nella ri della Senna, del Reno e del Danubio. Ma attraverso i vali città, la saccheggiano, la occupano per alcuni mesi e poi l'ab chi alpini anche l'Italia settentrionale era direttamente colle bandonano dietro pagamento di un riscatto. L'arrivo dei Cel gata con il mondo celtico europeo. ti è strettamente connesso, nella nostra memoria «scolasti I rapporti tra nord e sud dell'Europa non rimasero limitati ca», all'episodio di Brenna che getta la sua spada sulla bilan agli scambi commerciali e implicarono ben presto anche mo cia dove veniva pesato il riscatto di Roma, umiliando i futuri vimenti di persone e di gruppi attirati dalle ricche ed evolute «dominatori del mondo» (Livio, 5.48.8: populus gentibus civiltà urbane della penisola. mox imperaturus). Le leggende raccontano che la causa scatenante l'arrivo dei Ma la conquista di Roma è in realtà un episodio simile a Celti in Italia fu il vino, per il quale i Celti nutrivano una sfre molti altri di cui non è rimasta memoria: i saccheggi e le rapi nata passione (anche Platone li nomina tra i popoli guerrieri ne accompagnarono ovunque gli spostamenti delle popola che ne facevano un uso eccessivo). L'attrazione esercitata zioni celtiche. È per questo che emigrano verso il Sud, verso dalla terra produttrice di vino provocò l'abbandono delle ori le più evolute e più ricche comunità del Mediterraneo. ginarie sedi europee e l'invasione dei territori più settentrio Non è dunque singolare o eccezionale l'attacco portato nel nali della penisola. cuore della penisola, a Roma, ma assume invece una straordi Da aree differenti (Francia nordorientale, Boemia, regione naria importanza, distinguendosi da tutti gli altri episodi di danubiana), a ondate successive a partire dal VI secolo a.C., rapina, poiché ha provocato un fondamentale «salto di quali i Celti dilagarono quindi anche in Italia. tà» della documentazione relativa ai Celti in Italia, che non Galli li chiamarono i Romani, ma Cesare ricorda che Celti rimane così limitata ai reperti archeologici. era il nome che loro stessi si davano (De Bello Gallico, 1.1.1); Avendo infatti attaccato direttamente la città che si avvia Keltoi sono chiamati dagli autori greci più antichi (Erodoto), va a divenire la maggiore potenza del Mediterraneo, i Celti ma ad essi in età ellenistica fu dato anche il nome di Galati. entrarono nella storia scritta ufficiale di Roma. Gli storici di Roma non si limitarono a registrare e a raccontare gli av venimenti dal 390 a.C. in poi, ma ampliarono la loro indagi ne sui «barbari». Si chiesero quando fossero arrivati in Italia, dove si fossero fermati, perché avessero lasciato la loro terra d'origine. 11 npgdddeqoarea eILLeeugrlalla segcneaitrzlunlll C optereobisnlctaiardoe roinutri ds eonfa i iitnodit fiào-iloaeasnfineo o tr civer en atnnteilgniodhd ain cztio,po lzmedaensthet nrrhec u imto iai.licaci ciineherp orrn i icna ehs ris, Rdii lo lCeodnaédi logita,src idR sdipmciu tiva ai roo,ciaa toana ia it m imonaor opatpsl mvatmp o erer oenvtaazoa rtesiincrsnicrnstdiegoimieoqheo ip i tnci oi,es u rseaorr s.oancn t euaithinc tfreiftsé oeocstgtotratvoftp sz«aoearareriln iads ecimtlm a a d ec mraroluore irneplioincniaecittl �iuq»o­ ­u e ndcbrtr(atoeeea.esggrd 6i aodcdl0Cleneslai0a iasc ltll.iteao.idoCc.nz i 'peva iar.,lCeoiTc ilIlraIidie i) t.d oaaad rnt aa6Iqse,iinnvu naCet 1tbuecl l cbatr�eee taa6itnnii',erbiect_ -rneopt�t:im nvP ia5oai ornqmdorncsvo7h .oeiicfuoeoliln ll-i,8éC epooii ea tidtt ce .qermn,e_nJislpd ir h e�1)lcuiva ledtrvapl oridman'eio7ce _noa onelfasmis rlorr<? olt eoaot_nn i1nisa'reg ta diddrtgmool oo ie�oraa il�c,ia 1:l mzcicnn�a u: co lsngedVI iovvas�pmo mVIe�ogi a o RCeiie dna a c oe �s sbccci_tl toma�tsuro.i oamnilaadiuoolrea . eae o lme?ttI nnops.nel3Igeaa� ho�or ��oi i d�.aa ­a19l ­n s l­go 10ilaan ze gav1ndgcpsllfb'�!eae.scoi iiuoiirAne,aia«oeicee ra cgu n aocR i arpeucrei ueo.n oli rdlsn cosctaifge in�l iencagaogi pbaomlasaf..c oazC,ettn nuoanaletlsoi. ehee tmz teUialteltmla padc data.ncsoaeazi n tpmdri co li rciiiaei ioaq ti d ieror laocnl» gmmcneIuleeurort sicim , loida taariicnoqtrs uedneteb ieiann lnaedn i eo ua,eomolcta iatlltlo teriilanale zràsnlvaiatale'd ilmmionilln ecie i« ao tgnm'Aopo ntni tGMeeocoqn asurszaibstal rn oga inpitniinuolasr,ainricoddr ugcednrda cho lmcerse oveae iuo eebidigdh,ooelehdtoinaondar e i b,eaid ie sliClzaeec ilt ra , rutlelildoda gsupltlaarc aecenleea litgvrnvmnooe'dhsdcga 'l'aieoisetoercreiieaseiedaeIiianceqn ,,l doironz tm aselt aeinsacaeumo islml on,iaidoaemCrll otve»r i,o ec eetècz olgrreis ae noq ieen r ddeui hicnuligletned I elearduvrdta lrit eooaglaà aiaaiebieirill l­­ l­n­onl,lo­­g­ e r a­3ctDdcltpngc9MoriiPheoaeaSRao0rletappaama oo rranitu»o l .dg airfalerr nlnorcs lmcieuaiedd»bmtieieies io oec«ladive.n eig earAlned:s blv,ilreafm Pi ld eoPVi l(i il3ol nas o ooulaI t eovid tcllolo9a oi adtnnltntee rlaa to aal0 gbaaot o dage,sc'lref.l ii ssdriiilndco soalnCmfeioei diaideoioso ri'lepr.ndp llceed n pir at nr uiilooe iaerns'idel nrAd ii nnVInet n zlciazriea iilltnip»vi agi ovdCi hegsmfim n �eemeom,pd oz u r ree ereflbaplv«IVcca vi li cee. iatsmetccùaeadfmc ea ael o eiaia(cteoo d sooa�l imnsll r a� o dhdrellripn.catqldotl 'alii!lni�iloooiCo�toec.oiuti ai'anv lvb�a e«_n.n.dn il c.o ciPiccmttl_n�C�eu? m oci : ai con_R eh admacmtilts ri er�rc«sd t ,toeaz�e:hoccaeicassllhroooceprsmd rl oiaRa ih oar�IVceie, n.nrmotccnovo� eenoo oe e ouoopn s P1�onml �naeqds netlm norlt.ml�li:i.coeu, ,.maao­odio»la uo - l gl a­g ioiag­ i. rscmedrcbnfodnetee l,iieiahnAobMefeteifsrl lto rvcsncsp,ctbai huahapanqeli.eeaanttp iea niibnrerrt rir oauo ciie nilebnfreaae ecsni,presrcnp ooz eslerhatocde ocs ohesecrt qrirnouiaieeesass.o)eeiht thsuioia leo . mitc rdgn aoe.ononccosn pneaotdrlz l atni:osglelsoeir d iuorioal,len -aIip fdeidn cm v« rta se ltacaioille aiviutpcracr«ichùt n iaooio ainnpeuhennLids tesa,nlpvt irooenà eg 'ioleaei tcer tss»ai a letlusInrlne.g trir neeiti rcl aaiali ermtal in,liaszllsspati nositaun' e mzrozna eermapc tosbdiet caodei p oes rieaoieraip colileorstbeomnnceleo colazesmla attnsl cpiacuta , rp heniiardio eoe c nor rp ii»dnogstene pma atrle( nse avncgec aeloi ae dali PaiCiaotlcim rntlirdidmp,lo nspivl mttideiseatoaade onoiasa,o­­iioizmlriti ­,tn c ­­ioli­ oo eoln i lsitsgmasccntsavotLmoaiencoaaoepuoae.p tlp areanmr ii dfAlsCpderrolua ovetesc cionssrt .uioBigatdeMsi hatsu,retctinrdir) lboaiita'ail ealio to rouni al .ouaac CtOr v ll aougolnvdvaa egi alzaiaeeu nlnptctdu ieen neiti ntacge itdorduiatonidP:dedvaldtrbonv oimlanN,lasi,eeaci rCee oiao ooer laaCnoti im scmuhfleo ! ltv«emlotsgii chacfeiln �dtptocrdiieealin aooeIhu g1tio_shceuad crrpa vnene aassqroll v , ,linillsdaiii addosetFcauIe ia, ( iq s a(iamaduoqolse ru aain_l se uee neBspl,ancuvroreocl ta nlnsplnacol1ia t�o�alag tott1oi,pàoahheeil 8 ?roca, izi� n�qfr1fs n1 ldai ervaoht le iavoiuet in.mmzpI eait gpllrso cbmaeac eo oinezanr':1anr 'qroadncheu»aln ep1;1od o stao maa aiela (tArmloanannanatl�l)vl rnfl uevtraLicea aa•rnonoao ae'c cen �e�T)tsun h� t etsoesud dn lhaone rè so 1none gctbocaaenadee lo1sdn )u �ui:t r iipeog ar o·i te,­maao­h­ n Probal beamsarie èlq uelldoel lcar olongoai del'linvasio- svilupdpaavlt laa 1s eics olao. C. 13 12 profilo archeologico: della più potente tribù celtica della pe I materiali lateniani divennero quindi la «spia» della pre nisola (secondo un'espressione di Polibio) rimangono quasi senza celtica in Italia: sporadici durante il v e per buona parte del IV secolo a.C., conoscono in realtà un'ampia diffusione esclusivamente delle tombe databili tra la fine del n e il I seco lo a.C., nella piena età della romanizzazione della Transpa nella penisola italiana soltanto a partire dalla fine del IV seco dana, quando sono ormai pressoché del tutto scomparse le lo a.C. tradizioni culturali celtiche, soffocate dalla prepotente diffu L'equazione Celti/cultura La Tène; la rimozione dell'unica sione di oggetti e ideologie provenienti dal mondo romano. fonte, Livio, che «sbagliando» anticipava di due secoli la pre Sono anche ben poche le tombe di guerrieri relative a un'al senza dei Celti in Italia; l'assenza di documenti archeologici tra potente confederazione di tribù celtiche, quella dei Boi, «celtici» di VI secolo a.C. hanno condotto alla conclusione stanziatasi in area emiliana e particolarmente attiva sul piano che l'inizio delle invasioni celtiche in Italia si doveva porre tra militare tra la fine del m e gli inizi del n secolo a.C.: appare la fine del v e l'inizio del IV secolo a.C. indubbiamente ampio il divario tra le poche tombe di uomini Attualmente assistiamo invece a una parziale inversione di armati recuperate in Emilia e gli eserciti, ricordati dalle fonti, tendenza: nuove scoperte e nuovi studi sottolineano la credi bilità della versione liviana dei fatti (a proposito della presen formati da migliaia di guerrieri. Bisogna anche tener presente che l'esiguità dei documenti za degli «lnsubri» in Lombardia prima di Belloveso e della archeologici «celtici» in Italia deve essere imputata alla posi battaglia tra Etruschi e Celti sul Ticino, v. infra) e riportano zione di subalternità culturale dei Celti rispetto alle popola d'attualità la cosiddetta «cronologia lunga». zioni italiche. L'adozione di usanze funerarie tipiche delle più Le invasioni celtiche della penisola, e cioè le infiltrazioni di evolute culture mediterranee sembra cancellare, in alcuni casi tribù o confederazioni di tribù, sembrano avere origine a par in maniera particolarmente vistosa, le tradizioni culturali tire dal VI secolo a.C.: l'arrivo di Belloveso si inserisce nei «nazionali» dei Celti, rendendone addirittura problematico il considerevoli movimenti di individui che si spostano da nord a sud (v. capitolo 11). Ma le invasioni dal mondo transalpino riconoscimento. si susseguiranno per secoli: ancora nel m secolo a.C. nuove bande di Celti arriveranno nella penisola. I Celti portatori della cultura lateniana (dal v-IV secolo a.C.) costituiscono il gruppo di invasori più cospicuo, ma non sono né i primi né gli unici Celti ad arrivare nella penisola. Consideriamo poi le modalità delle invasioni: le tribù, nu mericamente più o meno consistenti, che si muovono rapida mente lungo la penisola per compiere rapine e saccheggi op pure per inserirsi come mercenari, al servizio del miglior offe rente, nelle lotte politiche in corso, non occupano subito sta bilmente un territorio secondo gli schemi e i modelli delle so cietà «civili». Non fondano città, non costruiscono strade, non bonificano e non coltivano la terra, non impongono la propria cultura agli indigeni e quindi, spesso, non lasciano tracce, archeologicamente verificabili, del loro passaggio. E in realtà il panorama dell'archeologia celtica in Italia è glo balmente scarno, non solo nel VI e v secolo a.C., ma anche dal IV al I secolo a.C. Gli Insubri, ad esempio, risultano quasi inesistenti sotto il 15 di Rubiera in un'epoca così remota, è stata proposta una sua II. Il ruolo dell'Italia nei rapporti interpretazione in senso militare: lo zi/ath di Rubiera sarebbe tra Mediterraneo e mondo transalpino quindi un comandante militare con pieni poteri, incaricato di difendere il territorio etrusco-padano in un momento partico NELLA lunga storia dei rapporti tra il mondo transalpino e il larmente delicato, in cui gli equilibri politico-demografici del mondo mediterraneo, l'Italia ricopre un ruolo di primo pia l'Italia settentrionale stavano cambiando a causa dei primi no. I contatti tra sud e nord, cioè tra le culture urbane della arrivi di Celti (è in quest!epoca che Livio colloca l'arrivo di penisola e i principi e le tribù dell'Europa continentale, sono Belloveso). La presenza di gruppuscoli transalpini in possesso di usan- ampiamente documentati dalle importazioni ed esportazioni ze funerarie estranee alle culture dell'Italia settentrionale è, di materie prime e manufatti fin dal VII secolo a.C. ad esempio, testimoniata dalla recente scoperta di una necro Le tombe dei principi hallstattiani sono ricche di pregiato vasellame bronzeo e ceramico proveniente dal mondo medi poli in Piemonte, a Crissolo, in provincia di Cuneo. terraneo e tra i beni di prestigio che raggiungevano l'Europa Un altro aspetto della mobilità dei Celti nel VI secolo a.C. un posto di rilievo aveva indubbiamente il vino, a causa del è la presenza di aristocratici transalpini in alcune comunità quale, secondo alcune leggende, i Celti avrebbero poi invaso peninsulari: a Orvieto il «proprietario» di una tomba della la penisola. necropoli della Cannicella, databile agli inizi del VI secolo a.C., è un celta, il cui nome, inciso sull'architrave, ne docu Già nel VII secolo a.C. i rapporti tra l'area hallstattiana e menta il pieno inserimento nelle strutture gentilizie orvietane. l'Italia non si limitano agli scambi commerciali, ma implica Il suo nome celtico originario, infatti, Catacius-Catacus, è no spostamenti di persone: in Etruria, a Vetulonia, ad esem pio, arriva dall'ambito hallstattiano un maestro bronzista che stato etruschizzato in Katacina, che è la traduzione-trasfor produce una serie caratteristica di bacili bronzei, e anche in mazione in un nome gentilizio etrusco. Un altro individuo di altre aree della penisola si può ipotizzare la presenza di arti origine celtica, arrivato nell'Italia centrale nel v secolo a.C., giani itineranti provenienti dal mondo hallstattiano. è il padre del personaggio che pone la dedica in lingua umbra su una famosa statua etrusca bronzea, il «Marte di Todi». Gli spostamenti di persone, accanto agli scambi commer I principi transalpini intrattengono strette relazioni con le ciali, hanno sempre caratterizzato i rapporti tra Europa e Ita lia. Questi movimenti di Celti, probabilmente non consistenti é/ites peninsulari: le alleanze, talora anche sancite da matri moni fra personaggi di rango, sono forse ratificate dallo sotto il profilo numerico, ma destabilizzanti gli equilibri della scambio di doni preziosi. In questo senso possono essere in Padania, a un certo punto generano allarme nell'Etruria pa terpretati alcuni preziosi oggetti d'ornamento (ad esempio fi dana, e cioè in quella parte di Etruria che si sviluppò in area bule in oro), testimoni non tanto di scambi commerciali, ma emiliana: al confine occidentale del territorio etrusco-padano viene eletto, tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C., uno di rapporti privilegiati tra aristocrazie. Altre classi di oggetti più modesti, quali le fibule in bronzo zilath, forse un «generale» dai poteri straordinari. In questo senso infatti è stata interpretata la menzione di uno zilath su di tipo tardo hallstattiano occidentale (fine del VI-V secolo uno dei due cippi di arenaria, ornati da una ricca decorazione a.C.), rinvenute nel Veneto, nel Piceno, nell'Etruria padana, documentano ancora la presenza di individui provenienti a rilievo di tipo orientalizzante, recentemente (1984) rinvenuti d'Oltralpe. Un chiaro esempio è costituito dalla cospicua pre a Rubiera (Reggio Emilia). senza di fibule di questo tipo nell'abitato etrusco-padano del La scoperta è stata clamorosa poiché si tratta della più an Forcello (a Bagnolo San Vito, in provincia di Mantova) nel tica attestazione epigrafica di questa magistratura etrusca, che, a partire dal v secolo a.C., indica in Etruria il supremo v secolo a.C. Non sembra verosimile, come è stato notato, che queste fi- magistrato cittadino in una struttura politica di tipo «repub blicano». Ma non potendo essere tale la valenza dello zi/ath bule fossero oggetto di commercio ed è più probabile che fos- 16 sero indossate da Celti presenti nella penisola per «affari», III. I Celti in Italia come mediatori e mercanti di prodotti transalpini, tra i quali, oltre ai metalli e alle pelli, figuravano certamente anche gli schiavi. l. L 'arrivo di Bel/oveso In questo quadro di movimenti di Celti verso il Sud, appare quantomeno verosimile che, accanto ai mercanti, agli artigia IL resoconto più dettagliato dell'invasione celtica della peni ni, agli aristocratici e ai loro emissari, agli schiavi, siano arri ·e sola - oggetto, come si visto, di ampie «contestazioni» - è vate in Italia anche bande di guerrieri come quella guidata da contenuto nel quinto ljbro delle Storie di Livio. Belloveso, attirate dalla ricchezza della penisola e dalle allet Narrando gli eventi del 391 a.C., e cioè l'assedio posto dai tanti possibilità di rapina e saccheggio, come pure dall'even Celti alla città di Chiusi, preludio all'attacco contro Roma, tualità di servire come mercenari nelle lotte tra le varie poten Livio apre un'ampia digressione retrospettiva dedicata alle ze della penisola. lontane origini della presenza celtica nella penisola. Il suo interesse particolare è dovuto, secondo alcuni, alla sua origine patavina: per questo, non solo sarebbe stato mag giormente sensibile alle antiche vicende storiche della Cisalpi na, ma avrebbe anche avuto accesso agli archivi e a opere di storia locale, e perciò a importanti fonti documentarie. Oltre ad attingere a fonti greche e latine, potrebbe inoltre avere ac colto, nel suo racconto, tradizioni orali sulla storia della Ci salpina, la cui valutazione appare oggi difficoltosa. Il suo racconto inizia con una leggenda, a cui Livio non crede, ma che nasconde un nocciolo di verità e forse il ricordo dei contatti tra l'Etruria e il mondo transalpino, in cui ebbe una parte preponderante il commercio del vino. La causa del la discesa dei Celti in Italia sarebbe stata la vendetta di un marito tradito, Arrunte di Chiusi. Scoperta la relazione tra sua moglie e il giovane pupillo Lucumone, di nobilissime ori gini e quindi «protetto» dal prestigio della famiglia d'origine contro qualsiasi proposito di rivalsa di Arrunte, egli, per ave re soddisfazione dell'affronto, non ebbe altro mezzo che ri volgersi a una potenza straniera, i Celti. Per raggiungere lo scopo di attirarli in Italia, aveva intro dotto e diffuso in Gallia il vino. E i Celti, «sulla via del vino», arrivarono sino a Chiusi. La diffusione del vino in area transalpina e quindi l'attra zione esercitata dall'Italia come produttrice dell'apprezzata bevanda sono alla base anche di un'altra versione leggendaria dell'arrivo dei Celti in Italia, riportata da Plinio (Nat. Hist., 12.5). Il vino ai Celti sarebbe giunto attraverso un fabbro el vetico, Elicone, che, ritornando in patria dopo un periodo di permanenza a Roma, avrebbe «esportato» Oltralpe i migliori

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