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I cannoni del re - l'industria Armstrong in Italia (1885-1914) PDF

513 Pages·2014·8.54 MB·Italian
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI VERONA DIPARTIMENTO DI TEMPO, SPAZIO, IMMAGINE E SOCIETA’ SCUOLA DI DOTTORATO DI STUDI UMANISTICI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE STORICHE E ANTROPOLOGICHE CICLO 26° TITOLO DELLA TESI DI DOTTORATO: I CANNONI DEL RE: L’INDUSTRIA ARMSTRONG IN ITALIA (1885-1914) S.S.D. STORIA CONTEMPORANEA COORDINATORE: PROF. GIAN MARIA VARANINI TUTOR: PROF. RENATO CAMURRI DOTTORANDO: DOTT. MICHELE PAVINO ANNO 2014 ABBREVIAZIONI ACS: Archivio centrale dello stato ASC: Archivio storico della camera dei deputati AP: Atti Parlamentari T&W: Archivio Tyne and Wear di Newcastle 2 Indice Introduzione 5-17 1 La nascita del military industrial complex italiano (1860-1914) 1.1 La storiografia sul military industrial complex 18-41 1.2 Le navi da guerra e i cannoni: il ruolo dello Stato 41-49 1.3 L’industria bellica europea 49-55 1.4 La cantieristica italiana tra i giganti europei 55-62 1.5 La fondazione della Terni 62-66 1.6 Lo sviluppo della cantieristica italiana 66-69 1.7 La ricerca dell’egemonia di mercato 69-80 1.8 Rapporti di forza tra lo Stato e l’industria 80-83 Appendice capitolo 1 84-98 2 L’industria bellica europea: alcuni casi nazionali 2.1 L’industria di armamenti britannica nel XIX secolo 99-129 2.2 Trust, joint venture e dreadnought: la Belle Époque dell’industria 130-145 militare britannica 2.3 Le armi del Kaiser 145-164 2.4 Un’industrializzazione veloce: la Russia di Witte 164-177 2.5 Il riarmo dello zar (1905-1914) 177-203 2.6 Un’analisi comparativa 203-205 Appendice capitolo 2 206-211 3 L’espansione dell’Armstrong in Italia e il ruolo della Regia marina 3.1 La teoria del merchant of death nella storiografia italiana: un 212-217 esempio concreto 3.2 L’internazionalizzazione della produzione: la nascita 217-229 dell’Armstrong di Pozzuoli 3.3 Il dibattito parlamentare 229-244 3.4 Strategie d’impresa a confronto: l’Armstrong Whitworth e 244-280 l’Hawthorn Leslie in Italia Appendice capitolo 3 281-297 4 La Commissione d’Inchiesta sulle forniture militari (1904-1906) 4.1 Il lavoro della commissione 298-300 3 4.2 Il personale e gli organi di controllo 300-314 4.3 La direzione industriale del Ministero della marina 314-316 4.4 Una figura chiave: Augusto Albini 316-318 4.5 Le carenze della direzione industriale 318-320 4.6 “Il Pozzo di San Patrizio”: la Terni 320-331 4.7 I contratti 330-364 4.8 Il controllo delle forniture 364-379 Appendice capitolo 4 380-388 5 La politica industriale della Regia marina 5.1 La politica industriale della Regia marina: caratteristiche generali 389-394 5.2 Un mercato difficile 394-400 5.3 Il trasferimento tecnologico 400-405 5.4 La lobby dell’Armstrong 405-407 5.5 Il senso della corsa agli armamenti 407-408 Appendice capitolo 5 409 6 Le esportazioni dello stabilimento di Pozzuoli 6.1 La questione della materia prima 410-419 6.2 Il mercato internazionale 419-424 6.3 La battaglia dei prezzi tra la Terni e l’Armstrong 424-438 6.4 Le corazze speciali 438-441 6.5 I prezzi dell’acciaio 440-442 6.6 I prezzi delle artiglierie 442-445 6.7 Il protezionismo 444-451 6.8 Il ruolo dell’Ufficio tecnico 451- 459 6.9 Il rapporto con l’opinione pubblica 460-462 Appendice capitolo 6 463-485 Conclusioni 486-496 Fonti archivistiche 497-500 Fonti a stampa 501-513 Sitografia 513 4 INTRODUZIONE Questa ricerca costituisce un lavoro pilota sulla nascita del military industrial complex italiano, in cui la cantieristica militare ebbe un ruolo fondamentale. Il suo obiettivo è di definire i caratteri essenziali di questa struttura produttiva. La metodologia seguita si basa sullo studio dei rapporti commerciali tra il Ministero della marina e l’industria bellica privata. Per l’età liberale, queste relazioni rappresentano un punto di vista privilegiato sullo sviluppo del military industrial complex in Italia, in quanto la marina militare fu in prima fila nel dare grande impulso alla realizzazione di una moderna industria degli armamenti. Il primo mattone per la realizzazione di questo progetto fu la realizzazione di un grande stabilimento siderurgico, per la produzione dell’acciaio con cui costruire gli armamenti necessari alle forze armate. Per tale motivo il Ministero della marina favorì la nascita della Società degli Alti Forni Fonderie e Acciaierie di Terni (SAFFAT). In sostanza, questo approccio metodologico ha come oggetto privilegiato i contratti di fornitura e tutti i relativi aspetti relazionali tra fornitore e cliente. Tali fonti sono strumenti ideali per chiarire aspetti fondamentali dei rapporti commerciali tra l’amministrazione militare e i propri fornitori. Essi erano legati all’evoluzione del mercato e spesso si discostavano significativamente dall’andamento delle relazioni diplomatiche. In effetti, la stessa fondazione della SAFFAT fu possibile solo grazie all’assistenza tecnica della francese Schneider, nonostante l’Italia avesse abbracciato una politica antifrancese, successivamente all’occupazione della Tunisia da parte della Francia. A partire dagli anni ’70, con l’espansione dell’internazionalizzazione del mercato, la relativa competizione internazionale richiese capitali sempre più rischiosi per via della rapida obsolescenza tecnologica. In effetti, l’aumento delle capacità produttive permetteva di costruire più velocemente navi da guerra, venendo così incontro alle esigenze di un mercato in continua e rapida trasformazione, per via di un intenso processo tecnologico1. In questo senso, lo Stato aveva interesse a sostenere la produzione delle industrie nazionali, perché da essa dipendeva anche la sua forza politica nell’ambito delle relazioni internazionali. Secondo 1 M. Bastable, Arms and State. Sir William Armstrong and the remaking of british naval power, 1854-1914, Aldershot, Ashgate, 2004, p. 168-169 , 193 e 216-218. 2 Ibidem. 3 Cobden Club, The Burden of Armaments: A Plea for Retrenchment, Londra T.F. Unwin, 1905; G. Perris, For an Arrest of Armaments. A Note for the Second Hague Conference, Londra, Caxton House,1906; G. Jordan, Pensions not Dreadnoughts: the Radicals and Naval Retrenchment, “Edwardian Radicalism”, 1900-14, Londra, 1974, pp. 162-179; E. Giretti, La Società Terni, il Governo e il “Trust Metallurgico”, “Giornale degli Economisti”, 12, (1903), pp. 309-364; Id., I popoli e la lotta contro il militarismo, “Giornale degli Economisti”, 5 Marshall Bastable, lo sviluppo del military industrial complex, in vari paesi, fu sostenuto anche attraverso il supporto diplomatico dei governi alle esportazioni di armamenti, delle imprese nazionali. A partire dall’inizio del Novecento, facendo riferimento al caso britannico, lo storico inglese sostiene che la cooperazione sui mercati internazionali, tra istituzione e imprese, favorì una maggiore integrazione delle strategie di mercato dei fornitori di armamenti con le politiche estere dei propri Stati di appartenenza. In effetti, anche a metà degli anni ’80, con l’avvicinamento politico della Germania bismarckiana all’impero ottomano si registra un forte sostegno delle autorità politiche e militari tedesche alla penetrazione commerciale dell’industria militare tedesca, in Asia Minore. A sua volta, però, la politica estera degli stati era condizionata anche dallo sviluppo tecnologico nel campo degli armamenti che ne informava le politiche militari2. Ad esempio nel caso del neuer kurs di Guglielmo II, gli sviluppi degli armamenti navali, che permettevano l’affermazione di politiche coloniali su larga scala, convinsero le autorità politiche tedesche ad investire nella costruzione di una flotta anti-inglese, piuttosto che nel potenziamento dell’Esercito, al fine di incidere maggiormente sugli equilibri continentali delle potenze europee. In questo senso, dal punto di vista imperialista, vari stati puntarono a sfruttare il maggior valore logistico delle flotte militari, rispetto a quello degli eserciti, per poter affermare la propria leadership su vaste aree di territorio, terrestre e marittimo, seguendo così le teorie del più importante pensatore navale del tempo, Alfred Mahn. Questa ricerca si pone al confine fra vari settori della storiografia: storia delle innovazioni tecnologiche, storia militare, storia industriale, storia amministrativa e storia politica. Di conseguenza è necessario un approccio interdisciplinare, tale da permettere di individuare gli elementi caratterizzanti questo complesso relazionale. Analogamente, la stessa prassi di ricerca richiede un approccio integrato tra le fonti di varia natura, amministrativa, aziendale, giornalistica, parlamentare, non solo come mezzo ideale per affrontare la complessità in gioco, ma anche come espediente per cercare di superare la frammentarietà delle fonti che caratterizza questo tipo di studi, specie per le lacune nel campo degli archivi aziendali, ma anche per quanto riguarda i fondi di natura statale, ove spesso non sono presenti nemmeno i contratti di fornitura. Tra le fonti principali utilizzate vi sono quelle acquisite nell’archivio della contea del Tyne and Wear, sito a Newcastle, relativamente ai verbali dei consigli di amministrazione e 2 Ibidem. 6 agli scambi epistolari tra case madri e filiali, concernenti le attività delle società Armstrong di Pozzuoli e Hawthorn Guppy, due filiali italiane delle più conosciute industrie inglesi, Armstrong Whitworth e Hawthorn Leslie. Altrettanto importanti sono i documenti acquisiti all’Archivio di Stato, sul fondo del Ministero della Marina, Direzione di artiglieria e armamenti: l’organismo burocratico che si occupava di gestire l’approvvigionamento di artiglierie all’Armata e che decideva in merito all’assegnazione delle relative commesse all’industria privata. Un’altra fonte molto significativa per capire gli oscuri meccanismi che presiedevano alla gestione delle commesse è stata la Relazione della Commissione d’Inchiesta sulla Regia Marina, attraverso la quale è stato possibile mettere in luce non solo la tipologia di organizzazione amministrativa, ma anche i peculiari rapporti tra il Ministero della marina e un colosso industriale quale l’Armstrong di Elswick, capace di fornire produzioni d’avanguardia. In generale le fonti parlamentari, come i dibattiti alla Camera dei deputati circa i bilanci del Ministero della marina, sono state utili per evidenziare quali fossero le problematiche sullo sfondo che caratterizzavano questi rapporti di fornitura. Tra le fonti secondarie, vi sono da ricordare le pubblicazioni ufficiali dell’Armstrong di Pozzuoli e articoli di giornali, come quelli apparsi sulla “La Riforma” e “L’Opinione”, a metà degli anni ’80 dell’Ottocento, che commentarono la nascita di questa filiale, permettendo di chiarire meglio aspetti secondari delle vicende considerate. Importante è stato anche lo studio della produzione editoriale degli addetti ai lavori del Ministero, specie per la stampa specializzata, come nel caso di Rivista Marittima, sia per la comprensione del pensiero navale in relazione alla politica estera sia per quanto riguarda aspetti più propriamente tecnici, relativi allo sviluppo tecnologico del periodo, come il sistema di produzione dei cannoni dell'Armstrong. Lo studio di queste relazioni commerciali appare essere il mezzo più efficace per contribuire a delineare in maniera più chiara sia la politica industriale del Ministero della marina sia le strategie di mercato delle imprese. Con quest’approccio è stato possibile riconsiderare le posizioni della storiografia precedente, mettendo in discussione alcuni suoi punti cardine, quali l’inutilità della spesa militare e la presunta capacità di condizionare le relative scelte delle autorità politiche e militari, da parte delle imprese3 3 Cobden Club, The Burden of Armaments: A Plea for Retrenchment, Londra T.F. Unwin, 1905; G. Perris, For an Arrest of Armaments. A Note for the Second Hague Conference, Londra, Caxton House,1906; G. Jordan, Pensions not Dreadnoughts: the Radicals and Naval Retrenchment, “Edwardian Radicalism”, 1900-14, Londra, 7 Si tratta di un processo di revisione storica, iniziato negli anni ’60-70 del Novecento, soprattutto per impulso delle opere dello storico inglese, Clive Trebilcock4. Egli ha dimostrato sia che la spesa militare in sé non fu inutile sia che i governi non furono alla mercé delle grandi industrie belliche. In particolare fu proprio lo Stato che riuscì ad affermarsi su queste forze economiche, attraverso una politica industriale settoriale, per la costruzione di un progetto di politica di potenza, basato sull’espansione e il potenziamento delle forze armate, propria dell’età degli imperialismi. Relativamente all’utilità della spesa militare, secondo lo storico inglese, il processo d’intensa innovazione tecnologica nel campo degli armamenti si riverberò sulla produzione civile, con effetti espansivi per l’economia. La relativa crescita economica migliorò le finanze statali, attraverso il prelievo fiscale. Dal punto di vista del military industrial complex italiano, i gruppi economici legati alla spesa militare avevano la capacità di condizionare la politica industriale, ma solo nei suoi aspetti secondari, come ad esempio impedire all’Armstrong di realizzare un cantiere per le costruzioni navali, ma non in quelli principali decisi dal Ministero della marina, come ad esempio, la nascita della Terni e dell’Armstrong. Nella prima metà degli anni Ottanta, la 1974, pp. 162-179; E. Giretti, La Società Terni, il Governo e il “Trust Metallurgico”, “Giornale degli Economisti”, 12, (1903), pp. 309-364; Id., I popoli e la lotta contro il militarismo, “Giornale degli Economisti”, 20, (1900), pp. 550-560; L. Einaudi, L’odierna crisi di borsa ed i suoi insegnamenti, “Corriere della Sera”, 20 Novembre 1906; Cfr. K. Liebknecht, Militarismo e antimiltarismo e id., Contro l’Internazionale del capitale degli armamenti, in Scritti Politici, (a cura di E. Colotti), Milano, Feltrinelli,1971, pp. 117-121 e pp. 213-238; G. Jordan, Pensions not Dreadnoughts: the Radicals and Naval Retrenchment, in A. Morris, Edwardian Radicalism, 1900-14, Londra, 1974, pp. 162.179; C. Trebilcock, Radicalism and the Armament Trust, in A. Morris, Edwardian Radicalism, 1900-14, Londra, 1974, p. 181; G. Perris, The War Traders, Londra, National peace council, 1913; P. Snowden, Dreadnoughts and Dividends: Exposure of the Armaments Ring, Boston, World Pace Foundation, 1914; E. Gray, Twenty-Five Years, 1892-1916, London, Hodder and Stoughton, 1928; F. De Chaurand de St. Eustache, Come l’Esercito italiano entrò in guerra, Milano, A. Mondadori, 1929; J. Boswell, B. Johns, Patriots or Profiteers? British Businessmen and the First World War, “Journal of European Economic History”, 11, (1982), pp.423-446; E. Molander, Historical Antecedents of Military-Industrial Criticism, Military Affairs, 40, (1976), pp. 59-63; A. Brockway, The Bloody Traffic, Londra, V. Gollancz ltd., 1933; P. Noel- Baker, The Private Manufacture of Armaments, Londra, V. Gollancz ltd., 1936; H. Engelbrecht, F. Hanighen, Merchants of Death. A Study of the International Armament Industry, New York, Dodd, Mead & Co., 1934; E. Kehr, Battleship Building and Party Politics in Germany, 1894-1901. A Cross-Section of the Political, Social, and Ideological Preconditions of German Imperialism, Ann Arbor, UMI, 1994 (prima pubblicazione 1930). 4 C. Trebilcock, “Spin-Off” in British Economic History: Armaments and Industry, 1760-1914, “Economic History Review”, 22, (1969), 474-490; C. Trebilcock, British Armaments and European Industrialization, 1890- 1914, “Economic History Review”, 26 (1973), 254-272; C. Trebilcock, A “Special Relationship”. Government Rearmament and the Cordite Firms, “Economic History Review”, 19, (1966), pp. 364-379; C. Trebilcock, Legends of the British Armament Industry 1890-1914: A Revision, “Journal of Contemporary History”, 5, (1970), 3-19; C. Trebilcock, The Vickers Brothers. Armaments and Enterprise 1854-1914, Londra, Europa, 1977; C. Trebilcock,"Spin-Off" and the Armaments Industry: Rejoinder, “Economic History Review,” 24, (1971), 464-468; C. Trebilcock, British, Armaments and European Industrialization, 1890-1914: The Spanish Case Re- Affirmed, “Economic History Review”, 27, (1974), 625-631; C. Trebilcock, The Industrialisation of the Continental Powers, 1780-1914, Londra, Longman, 1981. 8 fondazione di questi monopoli riscontrò la forte opposizione di gruppi industriali di medie dimensioni, come Ansaldo, Odero e Orlando, vicini alle posizioni di Francesco Crispi e della pentarchia5. Nel contesto della politica trasformista di Depretis questi antagonismi andranno pian piano ricomponendosi, attorno alla compagine di Governo, ma secondo un approccio contingente e non organico che vedrà alla fine favorire l’ascesa politica di personalità politiche vicino a Crispi, come quelle legate alla pentarchia, più adeguate a rappresentare la complessità degli interessi dei nuovi ceti produttivi, nel contesto della politica protezionista e imperialista del tempo. In sintesi, con il diffondersi della Seconda rivoluzione industriale, e il conseguente allargamento del mercato che essa comportò, è possibile affermare che vari stati furono messi in condizione di acquistare un maggior potere contrattuale nei confronti di gruppi industriali monopolisti. In particolare, con l’ascesa sulla scena commerciale di outsiders che riuscirono a dotarsi del know how necessario per competere con questi grandi colossi industriali, il mercato registrò la rottura di posizioni di monopolio consolidate e il cambiamento di gerarchie a livello nazionale e internazionale che favorirono la domanda sull’offerta. Di conseguenza la maggior offerta di mercato, contribuendo a ridurre le rendite di posizione, poteva consentire alle amministrazioni di abbassare più facilmente i costi di fornitura, a vantaggio dei loro bilanci. In presenza di più fornitori, in grado di produrre armi d’avanguardia, i ministeri militari potevano così avere un maggior margine d’azione nell’allocazione delle commesse. In questo senso, la Regia marina prima, e poi anche l’Esercito, cercarono di favorire lo sviluppo di un’offerta nazionale, attraverso un’onerosa politica protezionista che fu a carico dei contribuenti. A riguardo, il Ministero della marina riuscì a conseguire quest’obiettivo, attraverso una complessa politica industriale, favorendo però sia le combinazioni industriali tra industrie italiane e quelle dei paesi più industrializzati sia la nascita di filiali di grandi società estere, come appunto l’Armstrong. Tale strategia di lungo periodo si basò sul trasferimento di know how dall’industria estera a quella italiana. Il contesto della politica industriale degli stati che perseguirono una politica di potenza durante l’età degli imperialismi fu condizionata dai cambiamenti rivoluzionari 5 G. Carocci, Agostino Depretis e la politica interna italiana dal 1876 al 1887, Torino, Einaudi, 1959, pp. 407- 411; Armstrong in Italia, in “La Riforma”, articolo del 24 gennaio 1885; Casa Armstrong e il governo, “La Riforma”, articolo del 25 gennaio 1885; Un po’ di cifre sulla questione Armstrong, “La Riforma”, articolo del 31 gennaio 1885. 9 occorsi nei sistemi di produzione e dei trasporti, emersi nell’ambito della Seconda Rivoluzione industriale. In questo contesto, lo sviluppo dell’industria bellica giocò un ruolo molto importante sia dal punto di vista dell’innovazione tecnologica sia da quello dell’internazionalizzazione della produzione. Il primo aspetto è stato ben descritto dai saggi di Clive Trebilcock, attraverso la teoria dello spin off, secondo cui, le attività di ricerca e sviluppo nel campo militare produssero un processo d’innovazione tecnologica senza precedenti che si riverberò positivamente anche in campo civile. Per l’internazionalizzazione della produzione, invece, si è fatto riferimento agli studi di Peter Hertner sul fenomeno della multinazionalizzazione delle imprese, così descritta dallo storico tedesco: L’analisi storica delle multinazionalizzazione dell’impresa è arrivata alla conclusione che il crescente intreccio internazionale dell’economia a livello d’impresa ha iniziato già relativamente presto - al più tardi nell’ultimo quarto del XX secolo - ed è già pienamente avviato allo scoppio della prima guerra mondiale. D’altro canto, l’analisi storica, finché essa si basa sulle fonti originali dell’impresa stessa, può documentare strutture e modelli di comportamento che l’economista, che oggi studia l’odierna impresa multinazionale, può descrivere solo indirettamente o in forma ipotetica6. In questo senso, la nascita dell’Armstrong di Pozzuoli, ossia la filiale italiana di una grande industria, come l’Armstrong Whitworth di Newcastle, rappresentò la conseguenza di questo processo di multinazionalizzazione dell’impresa che andò affermandosi proprio dalla metà degli anni Ottanta. Si tratta di un risultato specifico di un processo più generale d’internazionalizzazione della produzione. In particolare, secondo la “teoria eclettica” sviluppata da Peter Hertner, il significato d’internazionalizzazione della produzione non riguarda solo il caso specifico della costituzione di una filiale estera di una grande impresa, ma quello ben più generale che include anche le forme intermedie di cooperazione internazionale tra aziende, ad esempio tramite licenza o concessione di brevetto, tramite venture o altri accordi di cooperazione. In questo senso, secondo la “teoria eclettica”, la definizione di espansione internazionale di un’impresa multinazionale, implica non solo investimenti diretti nelle imprese produttive, ma comprende anche la costituzione di filiali 6 AA.VV., Per la storia dell’impresa multinazionale in Europa, (a cura di Peter Hertner), in “Fondazione Feltrinelli Quaderni/ 33”, Milano, Franco Angeli, 1987, pp. VII-XI; cfr. P. Hertner, Imprese multinazionali tedesche prima del 1914, in Il capitale tedesco in Italia dall’Unità alla prima guerra mondiale, Bologna, p. 17. 10

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