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Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità della Sardegna PDF

386 Pages·2016·8.56 MB·Italian
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284 Franco Fresi Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità della Sardegna Newton Compton editori Prima edizione in questa collana: giugno 2015 © 1999, 2008, 2015 Newton Compton editori s.r.l. Roma, Casella postale 6214 ISBN 978-88-541-8500-5 www.newtoncompton.com Realizzazione a cura di Librofficina, Roma I nuraghi: il grande mistero Nessuna terra ha (forse) più titoli della Sardegna per essere inclusa in una “Guida insolita”. Proprio perché è una terra insolita, un piccolo lembo di mondo che più di altri è ricco di elementi misteriosi, soprattutto sotto l’aspetto geografico e storico. A cominciare dalla provenienza della sua gente e dalle tracce che essa ha lasciato, non “passando sulla terra leggera”, come intitolò un suo libro Sergio Atzeni (Passavamo sulla terra leggeri), ma passandoci pesantemente, fermandosi e imprimendo su di essa segni duri da cancellare. Non per niente è stato detto che la Sardegna è il più grande museo all’aperto del Mediterraneo, che parla al visitatore di una preistoria ancora presente. Parla al visitatore attento, che sa guardare l’isola nei suoi caratteri particolari, oltre la sua dura scorza: vista così, la Sardegna è un “pezzo di luna”, come spiegò ad una sua amica che gli chiedeva informazioni sull’isola Giuseppe Dessì, uno dei più grandi scrittori sardi di questa seconda metà del secolo: «Immagina di essere sulla luna», rispose, «immagina un paese così, completamente diverso, arido come la luna, ma che però ha un’altra faccia che gli uomini non hanno mai visto…». È la sua faccia antica: quella che ci parla con voce di pietra, ci guarda con occhi di pietra. La faccia dei sinnos, ‘i segni’, le tracce. Le più importanti di queste tracce sono, in ordine di tempo, le “domus de janas”, i “circoli megalitici” e i nuraghi. I nuraghi hanno, nelle loro vicinanze, i “pozzi sacri” e le “tombe di giganti”. Prima di questi documenti corposi, inequivocabili, di una civiltà forte, altre tracce ed altri segni meno appariscenti testimoniano la presenza dell’uomo in Sardegna già in epoche remote. Una di queste testimonianze è il ritrovamento di centinaia di strumenti in selce lavorati con la tecnica cosiddetta “clactoniana”, che risalirebbero a 120.000, ma forse anche a 450.000 anni prima di Cristo, avvenuto casualmente nel 1979 lungo il greto del rio Altana a Pèrfugas, in provincia di Sassari. Queste schegge certificano, almeno fino a questo momento, la prima presenza dell’uomo in Sardegna. Avanzo di nuraghe in Sardegna. Le tracce di insediamenti abitativi e cimiteriali cui ci si riferiva prima di questa scoperta appartengono ognuna ad epoche diverse difficili da inquadrare esattamente in un loro spazio temporale: «L’occhio con cui guardiamo la preistoria», scrive Manlio Brigaglia (Sardegna, i luoghi, l’arte, la gente), «coglie con un solo sguardo fenomeni distanti fra di loro secoli, se non addirittura millenni, comprimendoli fino a farli sembrare contigui». A queste diverse epoche con i loro gruppi di popolazioni insediatisi in spazi territoriali distinti gli studiosi danno il nome di “culture”. Durante la cultura detta di San Michele o d’Ozieri (localizzata a nord dell’isola, e databile a 3000-2500 anni prima di Cristo), l’uomo da raccoglitore e cacciatore diventa pastore, costruisce villaggi sempre più complessi, lavora la pietra con più razionalità. Inizia in questo lungo solco temporale anche il culto dei morti, che vengono seppelliti in grotticelle dette “domus de janas”, ‘case di fate’, che riproducono, in piccolo, nei loro interni scavati a cellette nella roccia, le abitazioni dei vivi. Vengono fatti risalire a questo periodo anche monumenti religiosi un po’ anomali che possono rappresentare le prime testimonianze di quella vocazione dei sardi “a costruire in grande” che in seguito troverà nei nuraghi la sua realizzazione più compiuta. Uno di questi è la ziqqurat di monte d’Accoddi, vicino a Sassari (della quale si parlerà diffusamente più avanti). Un altro è quello di Pranu Mutteddu su un altopiano della regione montana del Gerrei, nella Sardegna sud-orientale: una vera e propria necropoli in cui, all’interno di un vasto recinto, si susseguono tombe sotterranee e a circolo, “vigilate” da menhirs (“pietre confitte” o “pietre lunghe”) che raggiungono anche i tre metri di altezza, lavorati in modo da richiamare la figura umana. L’allineamento simmetrico di queste statue all’interno dei circolo megalitico fa pensare ad una loro funzione religioso- astronomica. Contemporaneamente alla civiltà di Ozieri sorge in Gallura la “cultura di Arzachena”, o delle tombe a circolo. Il punto focale di questa civiltà è nello “stazzo” di Li Muri, a qualche chilometro dalla Costa Smeralda: un imponente complesso di tombe costituite da grandi lastre di granito disposte in cerchi concentrici, a protezione delle sepolture collocate al centro. Ma altre culture nascono e si diffondono in Sardegna nell’arco di tempo fra il 2500 e il 1500 prima di Cristo: la cultura di monte Claro (che prende il nome da una collinetta ormai dentro l’abitato di Cagliari) caratterizzata da una vasta produzione di raffinate ceramiche, dalle tombe “a forno” (i defunti vi venivano depositati in posizione rannicchiata); la cultura detta del Vaso Campaniforme (per la forma dell’oggetto che più la caratterizza) che viene da fuori, dall’Europa centrale e occidentale segnalando l’entrata nell’isola di nuovi modelli culturali e di nuove tecniche di lavorazione. E, infine, la cultura di Bonnànaro, ad iniziare dal 1500 avanti Cristo. È una cultura severa, testimoniata peraltro dalle forme delle terrecotte e degli oggetti funerari. È una civiltà che segna una svolta decisiva («una svolta d’“umore”», la chiama Brigaglia) da una concezione pacifica della convivenza ad un’inconsueta forza aggressiva ed espansionistica. Giovanni Lilliu, il più famoso degli archeologi sardi, conosciuto in tutto il mondo, la chiama: «La prima civiltà sarda d’altopiano, pastorale, guerriera». A questo marchio di vita pastorale e di guerra si raccorda la civiltà nuragica. Si svilupperà tra il 1800 e il 300 avanti Cristo connotandosi al suo culmine come una delle più significative manifestazioni della preistoria mediterranea: una civiltà, che, scrive l’archeologo Vincenzo Santoni, «si compenetra così profondamente nel paesaggio dell’isola da costituire un tutt’uno con esso e da comporsi quale simbolo-radice storica del popolo dei Sardi». Ci sono in Sardegna circa settemila nuraghi, la maggior parte dei quali non è stata ancora scavata. Quelli conosciuti, spesso intelligentemente restaurati e ben custoditi, si possono contare sulle dita delle mani. Di molti non si è neppure mai parlato.

Description:
Newton, 2015. — 352 p.Sardegna, una regione tutta da scoprireLa Sardegna è una terra “diversa” e per molti aspetti misteriosa. Questo volume cerca di penetrare tanta diversità, di svelarne la natura, e di farci conoscere gli aspetti più segreti e sconosciuti dell’isola. Si incontrano figu
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